~ Down ~

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~ Emma's POV:

Ho un grosso nodo alla gola mentre accanto a Lexa, ci dirigiamo verso il locale per l'addio al nubilato di Lucy. Il mio umore è altalenante: oscillo dalla felicità, o quella che credo sia felicità, al provare un dolore sordo al petto che non lascia scampo. Non ho la minima idea di cosa possa succedere in questa serata ma non riesco a frenare l'ansia che sento montare nel petto ad ogni passo. Ho la bocca asciutta, le mani sudate, le labbra screpolate dai tanti morsi che continuo a dare nel tentativo di controllare le mie emozioni.
Non appena Lexa apre la porta, sentiamo la musica che si diffonde alta in tutto il locale e delle voci concitate. La musica rimbomba sul petto attraversandomi da capo a piedi come un'onda anomala che non fa male.
A dire il vero, più che per me stessa, sono preoccupata per Parker e David, quei due sono con Max e Tony e con loro ci saranno anche altri ragazzi e invitati. Tutti adulti, tutti maschi. Spero non conosca lui in questa strana occasione. Ci sarà?
Per un momento, in mezzo a tutta questa gente mi sento una straniera. E' come se tutto ciò che mi circonda, non mi appartenesse più. Forse Lucy aveva ragione, cerco di allontanarmi da loro e da questo posto perchè non lo sento più mio, non lo sento più sicuro.
Il profumo del cibo aleggia in tutto l'ambiente unito a quello dell'alcol che si intravede non appena ci avviciniamo al frastuono ritrovandoci in mezzo alla gente. Alcune ragazze vengono subito a salutarmi. Non ricordo i loro nomi ma presento loro Lexa.
Lucy mi abbraccia più del dovuto e oscilla chiaramente brilla ad inizio serata.
«Grazie per tutto questo! Come sempre hai fatto un lavoro meraviglioso», sorride raggiante poi va a salutare altre ragazze che arrivano.
In effetti credo di avere sistemato tutto nel dettaglio per questo piccolo party. Ieri ho impiegato gran parte del pomeriggio nella sistemazione di bottiglie, piatti, bicchieri e tutto il resto. Per non parlare degli accessori da fare indossare alla futura sposa.
Guardo smarrita Lexa e lei mette subito un braccio attorno alle mie spalle trascinandomi verso il bar. Ci versiamo da bere e come due estranee continuiamo a guardarci attorno chiedendoci cosa diavolo ci facciamo con tutta questa gente sconosciuta.
«Mi servirà qualcosa di più forte», mi sporgo per prendere la bottiglia di bourbon. Riempio due bicchieri e con Lexa brindiamo alla nostra. Sembra più nervosa di me e in parte capisco perchè. Lei è veramente estranea a tutte queste persone. Nonostante venga riconosciuta dalle pubblicità e dai cartelloni, non ha niente in comune con le ragazze che continuano a chiederci una foto o si avvicinano per scambiare due chiacchiere o per qualche consiglio di bellezza.
La porta si spalanca e sento uno strillo sonoro seguito dal rumore dei tacchi. Mi volto e vengo abbracciata e sollevata quasi da terra da Camille. La stringo subito tra le braccia e per poco non scoppio in lacrime. Mi è mancata tantissimo. E' più bella che mai con quell'aria da francesina. Ha tagliato i capelli e glieli scompiglio un pò facendola ridere e piangere dalla gioia.
«Mi sei mancata! E' bello rivederti. Ah, ho quelle buste, Seth mi ha chiesto di passartele». Sorride raggiante quando parla di lui. I suoi occhi sono luminosi. Sembra una persona diversa, più matura e piena di vita.
Troppe cose sono cambiate in questi mesi. Il mio umore scende ulteriormente. Sciolgo l'abbraccio cercando di ricompormi.
Mentre Lexa si presenta a Camille, sento una voce familiare che mi chiama alle spalle. Vedo Anya a pochi passi. Se ne sta impalata e in imbarazzo. Non l'ho mai vista così prima.
Sorrido timida e quando si avvicina per abbracciarmi non mi scanso. «E' bello rivederti», poggia le mani sulle mie spalle e scruta il mio sguardo. «Mi sei mancata», sussurra abbassando lo sguardo.
Annuisco e le passo un bicchiere. Non voglio rovinare la serata alla futura sposa ed è meglio divertirsi e non pensare ad altro in questo momento. Anya capisce e si allontana verso Camille e Lucy.
Lexa mi si affianca porgendomi il bicchiere vuoto. «Ne avremo bisogno tesoro», sbuffa e lascia che lo riempia nuovamente di liquido ambrato.
A metà serata, ho condiviso una bottiglia intera di bourbon con Lexa e siamo sedute in disparte mentre le altre ragazze e invitate ballano al centro della pista. Si sono scatenate quando sono arrivati i "pompieri".
«Se richiedo una cosa del genere per il mio matrimonio, amica mia, uccidimi!»
Guardo Lexa e trattengo una risata. «Anche tu. Chi cazzo vuole degli spogliarellisti ad una festa di addio al nubilato? Hai il tuo futuro marito, te lo farà lui lo spogliarello la notte di nozze no?»
Ci guardiamo e scoppiamo a ridere. Siamo conciate proprio male. La mia testa inizia a girare, la vista ad appannarsi e ho la gola infuocata a causa dei liquori che abbiamo ingerito per non sentire e pensare a niente. Forse dovremo mangiare ma siamo ad una festa.
«Immagini David che fa lo spogliarello?»
Lexa è così seria che trattengo a stendo il sorso di liquore che ho in bocca, le risate e i singhiozzi dovuti all'eccesso di alcol. «Se fa lo spigliarello come balla amica mia, sei fottuta!», biascico incapace di trattenermi dal commentare.
Scoppia a ridere sonoramente e si piega in due. Non riusciamo proprio a riprenderci. «Oddio, mi serve aria», mi sventolo accaldata e fisso la bottiglia vuota mettendo il broncio. Lexa cerca di imitare la mia espressione finiamo per scoppiare a ridere ancora fino ad avere male allo stomaco.
Camille viene a sedersi tutta sudata ed eccitata accanto a noi. Le passo una bottiglia e lei accetta senza protestare. «Qui si sta decisamente meglio...»
Noto che ha gli occhi lucidi e rossi. Aggrotto le sopracciglia. «Perchè hai pianto?»
Trasalisce battendo le palpebre un paio di volte come se volesse mettere a fuoco. «Come, come hai fatto a capirlo?», balbetta.
«I tuoi occhi sono rossi e hai il mascara sbavato. Allora? Perchè hai pianto?», Lexa parla al posto mio.
Mando giù un lungo sorso di una roba strana che mi infiamma immediatamente il petto e tossisco per rimprendermi mentre fisso Camille.
«Mi sono emozionata...»
Io e Lexa ci guardiamo e scoppiamo in una sonora risata. Ridiamo proprio in modo sguaiato. A breve anche Camille scoppia a ridere. «Sono proprio messa male», biascica barcollando.
Le tolgo la bottiglia dalle mani e la faccio sdraiare sulle mie ginocchia per accarezzarle il viso. «Ti rendi conto? Lucy si sposa», mormoro più a me stessa.
«Si e sarà bellissima...», la sua voce si assopisce lentamente. «Ma Anya di più... e anche tu!»
Lexa accende qualcosa e capisco che ha rubato la scorta a qualcuno in sala. Presumo a Camille. Me la passa per un tiro e mi rilasso con la testa appoggiata alla parete mentre al centro della pista le ragazze continuano a divertirsi.
Vedo una sagoma avvicinarsi e quando metto a fuoco è Anya. Da uno sguardo a Camille tra le mie braccia e poi si siede accanto a me togliendo i tacchi con una smorfia. «Sei riuscita a calmarla», brontola.
«Ho il potere di fare addormentare chi voglio, vuoi provare?», ridacchio.
Poggia la testa sulla mia spalla. «In realtà vorrei tanto parlare con te, come facevamo un tempo», biascica chiudendo gli occhi.
Lexa mi ripassa la canna e ne prendo due boccate. Anya se ne accorge e me la toglie dalle mani ripassandola a Lexa. Siamo tutte e quattro sedute per terra, in un angolo, lontano dalla folla, dai finti sorrisi, dalla festa.
«Come stai?»
«Alla grande, la mia amica si sposa e sono felice per lei!», rispondo sospirando. Anche Lexa poggia la testa sull'altra mia spalla. Sono circondata, mi sento sopraffatta dal bene che nutro per queste ragazze.
«Allora perchè ce ne stiamo sedute qui in un angolo?»
Non rispondo, non so cosa dire. Potrei chiederle la stessa cosa, ma cosa risolverebbe? E' tutto un fottuto casino.
Anche Lucy si unisce a noi. «Grazie Emma, per tutto...», dice straiandosi accanto a Camille.
«Chi cazzo si addormenta alla sua festa del suo addio al nubilato?», rido e scoppio a piangere.
Tutte loro ridono credendo sia una battuta ma quando si accorgono che sto piangendo veramente si bloccano alzando lo sguardo allarmate. Sistemo Camille comoda e mi rialzo traballante.
«Scusate... ho bisogno di aria», corro fuori nel vicolo, mi piego e vomito.
Tutta l'ansia, la pressione, la paura, il dolore, scappano via dissolvendosi nel vomito. Sento caldo poi freddo, poi di nuovo caldo. Aspetto che i conati siano passati e mi rannicchio in un angolo tra le lacrime. Porto le gambe al petto e dondolo per un paio di minuti cercando di calmarmi, di fermare tutto quello che provo nella gabbia che è ormai il mio cuore.
Come posso essere felice per la mia amica se non so cosa significhi esserlo? Come posso stampare un finto sorriso sulle labbra e fare finta che tutto sia perfetto quando non lo è affatto?
Arrivo in bagno e sciacquo il viso, caccio in bocca una mentina e torno nell'angolino. Le mie amiche non si sono mosse. I loro occhi seguono ogni mio movimento. Sistemo Camille di nuovo sulle mie gambe e continuo ad accarezzarle i capelli. Emette un borbottio ma continua almeno lei a dormire.
«Cosa mi sono persa?», domando con un sorriso. Spero sia convincente.
«Oh, quella tipa ha appena ficcato la lingua in bocca a quel poveretto», Lucy ridacchia chiaramente al capolinea della sua sobrietà.
Faccio una smorfia di disgusto e accetto qualche altro tiro. Questa volta Anya non me lo sottrae dalle mani unendosi a noi.
«Sai? La tua serata, non è ancora finita», mi alzo.
Mi guardano perplessa. Camille si risveglia stordita e si mette in piedi di scatto facendomi ridere a crepapelle. «Andiamo, lasciamo qui a queste...»
In realtà io e Lexa abbiamo organizzato un'altra piccola sorpresa per Lucy e Tony. Loro non lo sanno ma credo sia meglio così.
Capitaniamo il gruppo mentre Lucy si aggiusta la tiara sulla testa con una mano. Teniamo tutte un bicchiere e camminiamo per strada come delle pazze. Le sto portando al parco dove abbiamo sistemato sul prato un piccolo picnic per i due innamorati.
Cerco il telefono per fare uno squillo a Parker, complice delle nostre malefatte. Mi risponde subito con uno squillo e mi tranquillizzo. Sapere che non è del tutto andato mi rasserena.
Mi fermo fuori dal parco e mi giro verso Lucy. Estraggo una cuffietta per gli occhi e gliela faccio indossare. Anya e Camille mi guardano curiose e ci seguono mentre porto Lucy sul luogo. Parker e Max stanno facendo lo stesso con Tony e non sembrano affatto andati.
«Mi devo preoccupare?», sussurra Lucy.
«No, ti piacerà. Divertitevi!»
Li lasciamo l'uno di fronte all'altra e corriamo verso l'uscita tra le risate.
David abbraccia Lexa e Parker mi solleva da dietro facendomi strillare. Quando mi giro mi solleva ancora e scivolo lungo il suo corpo. Ci baciamo istintivamente e in modo dolce.
Sentiamo delle voci che si schiariscono e ci stacchiamo. Arrossisco quando vedo Mark e Seth. Rabbrividisco saettando con lo sguardo, per fortuna non c'è nessun altro con loro. Max ci saluta e si allontana con una scusa.
Seth mi afferra abbracciandomi in modo possessivo. «Felice di rivederti!»
Ricambio con delle pacche sulle spalle e poi tentenno un momento prima di salutare Mark che apre le braccia rivolgendomi un caloroso e affettuoso sorriso. Mark per me è sempre stato come un fratello maggiore, non so perchè ma quando sono tra le sue braccia mi sento come un tempo, quando era bello potere contare su qualcuno.
Parker stringe la presa sulla mia vita mentre continuo a guardarmi attorno con una strana sensazione. L'alcol mi ha proprio dato alla testa e sto diventando paranoica. Vedo persone che non ci sono ovunque.
«Torniamo in motel?», domanda David con occhi rossi.
I saluti sono veloci e per nulla imbarazzanti. All'entrata del motel c'è un gran via vai di persone. L'aria è calda e asfissiante e in ascensore c'è troppo silenzio. Lexa e David si fermano al loro piano salutandoci come due stupidi ragazzini che stanno per correre e andare a fare cose sconce da qualche parte.
Quando le porte si aprono al nostro piano però la mano di Parker mi blocca. Fa di no con la testa e pigia nuovamente il tasto per il piano terra. Non capisco e inizio a sentirmi confusa. La testa gira tremendamente e ho ancora la vista un po' appannata dall'eccesso di alcol che ho in corpo ma stringendo la sua mano continuo a seguirlo nuovamente fuori.
Camminiamo per un lasso di tempo che a me sembra infinito. I piedi iniziano a farmi tremendamente male ma non mi lamento. Superata una traversa, mi ritrovo di fronte lo stadio. Spalanco la bocca stupita per quanto sia grande la struttura poi guardo Parker che invece ha lo sguardo serio e i suoi occhi saettano sulla figura che si avvicina. È una guardia, gli porge una chiave prima di lasciarci da una pacca sulla spalla a Parker e un cenno del capo per me.
Seguo in silenzio il mio ragazzo mentre i miei battiti aumentano man mano che ci avviamo verso gli spalti. Le luci sono accese e feriscono per un momento i miei occhi, verso il centro del campo, c'è una coperta . Prima di arrivare sull'erbetta mi fermo, slaccio i tacchi e tocco il terreno a piedi nudi emettendo un mugolio ma lui mi solleva portandomi verso il centro. Ci sediamo sul telo, con lo sguardo volto verso il cielo pieno di stelle: è meraviglioso.
Mi rannicchio tra le sue braccia poggiando il palmo sul suo cuore. Sotto pelle, sento il ritmo dei suoi battiti, più di quanto io li abbia mai percepiti. La cosa mi fa preoccupare. La sua mano si posa sulla mia e lo sento sospirare più volte. Cerca di contenere il panico.
«Perché hai pianto?», domanda ad occhi chiusi come per concentrarsi su altro.
Spalanco i miei e cerco di rimettere insieme una risposta plausibile ma non ci riesco. Cosa potrei dire? Mentire non se ne parla. «Chi ti dice che io abbia pianto?», domando invece.
«I tuoi occhi, il tuo corpo quando mi hai abbracciato, il tuo bacio...», mormora tranquillo.
Riesce sempre a stupirmi. Mi conosce più di quanto io conosca me stessa. «Era troppo per me...», lascio uscire il pensiero perché so che non mi giudicherà mai. «Era troppo...», sbuffo nervosa.
«Come se non respirassi?»
«Si», sussurro.
«Come se non riuscissi a mettere al loro posto i pensieri?»
«Già...», mormoro senza fiato.
«Come se non ti sentissi nel posto giusto?»
Annuisco ancora. Riesce sempre a capirmi e lo amo per questo. Amo questo ragazzo e le sue attenzioni. Non credo di meritarlo. «Perché siamo qui?»
Stringe la mia mano contro il suo petto e si alza a metà busto trascinandomi con sé. «Perché qui, è dove tutto ha avuto inizio e fine...», stropiccia gli occhi. «Perché ho bisogno di mettere un punto sul passato. Non potrò più giocare come un tempo, non potrò più essere chi ho sempre sognato, non potrò mai più vedere una partita senza ripensare cosa ho perso!»
Stringe così forte la presa sulla mia mano che temo di non sentirla più per un momento. Non voglio interromperlo ma quando allenta la presa istintivamente muovo le dita per capire se funzionino ancora e mi guardo attorno stordita. Noto una palla a poca distanza e mi viene una strana idea. Sistemo il vestitino quando mi alzo e corro a prenderla.
Parker mi guarda sgomento per un momento quando torno da lui con la palla lanciandogliela. «Gioca con me», barcollo leggermente.
«Emma, non posso...»
«Chi lo dice? Si che puoi! È tutto dentro la tua testa. Tu sei Parker Johansson, non c'è niente che non puoi fare. Facciamo una cosa, tu mi insegni qualche passaggio e io prometto di affrontare la mia paura senza battere ciglio».
Parker ci pensa su un momento. «Stai contrattando?»
«Si potrei anche metterci qualche bacio se questo ti farà accettare», lo guardo con malizia e mi avvicino a lui.
«Vuoi davvero giocare a piedi nudi?»
Faccio un si timido alzando una spalla e attendo con le mani unite.
Parker si toglie la giacca e le scarpe. Indugia un momento poi si lascia andare e inizia a spiegarmi come si gioca e come devo muovermi. Capisco che nonostante gli anni passati, la sua passione per questo sport, non è affatto diminuita. E' rimasta sempre nel suo cuore nonostante un giorno questa gli ha tolto il respiro e i battiti per un paio di interminabili minuti. Non posso immaginare come si sia sentito al risveglio ma posso vedere i suoi occhi ora, luminosi e pieni di vita. Chissà come era quel Parker. Ci saremmo mai conosciuti? Non credo.
Scoppio più volte a ridere quando mi placca con delicatezza strappandomi la palla dalle mani distraendomi con un bacio. Riesco a buttarlo a terra un paio di volte e tutte le volte gli stampo un piccolo bacio sulle labbra per rabbonirlo. Prende sul serio le sfide.
Ad un certo punto, si avviano gli impianti di irrigazione. Corriamo e strilliamo come due matti da una parte all'altra, lanciandoci la palla e ridendo fino alle lacrime. Salto per evitare il getto dell'acqua finendogli addosso. L'impatto è strano, devastante. Lascio scivolare la palla e mi lascio sollevare dalle sue braccia. Prendo il suo viso tra le mani e tocco le sue labbra con le mie. Scatta la scintilla ma questa volta è forte e ci stringiamo mentre il getto dell'acqua ci arriva addosso inzuppandoci da capo a piedi.
I suoi occhi accesi fanno tremare tutto il mondo attorno perché sono talmente intensi da trascinarmi in uno strano vortice. Il mio cuore batte all'impazzata. So a cosa sta pensando, è successa la stessa cosa quel giorno? Quel ragazzo lo ha investito? Io non sono lui, sono solo io.
Corriamo verso il telo, Parker lo solleva sulle nostre teste e poi andiamo a sederci sugli spalti, al riparo. Scompiglio i capelli tra le risate e poi li lego. Passo la mano sui suoi e lui mi attira sulle sue ginocchia. Mi sistemo a cavalcioni e poggio la mano sul suo petto per potere percepire ancora il suo battito. Mi sorride come un bambino mentre prova ad asciugarmi con la sua giacca. Continuo a ridere come una stupita e tremo leggermente.
«Posso riscaldarti?», poggia le labbra sulla mia gola provocandomi.
«Hmm Hmm», allungo il collo annuendo.
I suoi denti mordono la mia pelle sensibile. Spingo il mio corpo contro il suo stringendo la mano sulla sua nuca e facendolo ansimare sulle mie labbra. I suoi occhi fissano la mia bocca semiaperta poi si fondono con i miei quando avvicino la mia fronte alla sua.
«Torniamo al motel? Se rimaniamo ancora ci beccheremo un raffreddore».
Camminiamo bagnati come due pulcini tra la gente che ci fissa curiosa, arriviamo in motel e finalmente entriamo nella nostra suite più leggeri e spensierati. Tolgo il vestitino e mi infilo dentro la doccia senza aspettare. Sento la tenda spostarsi ed emetto uno strillo, mi copro anche se sono in intimo.
Parker alza le mani con un sorriso dolce sulle labbra come per dire "non sono armato". Siamo ancora un po' ubriachi e su di giri. Lo tiro dentro la doccia sotto il getto dell'acqua evitando di ripensare al passato.
Dopo la doccia, ci sistemiamo comodi sul letto. Poggia la testa sulla mia pancia e sfiora lentamente la mia pelle. Poso la mano sui suoi capelli e faccio lo stesso. È un momento così dolce, così intimo che mi sento sollevata, e raggiungo la calma di cui ho avuto bisogno nel corso della serata e che solo lui sa darmi.
«Come stai?»
Sospiro. «Ora sono tranquilla»
«E prima?»
Mordo il labbro. «Non lo ero prima di averti vicino. La festa è andata bene ma c'è stato un momento, in cui sono stata male...»
«E hai pianto...»
Annuisco arrossendo. Le sue labbra si posano sulla mia pancia e salgono lentamente sollevando la maglietta. Mi agito leggermente sentendo subito la pelle formicolare e prendere fuoco. La sua mano sale sul seno stringendolo mentre preme il suo corpo contro il mio. Si sistema tra le mie gambe e mi bacia con passione. Gemo sistemando le mani dietro la sua nuca.
«È sempre più difficile...», sussurra senza fiato nel tentativo di controllare l'eccitazione che si fa strada dentro i suoi boxer.
«Sei stato rispettoso e competitivo. Non vuoi proprio perdere e prendermi in ufficio eh?», ridacchio.
«Oh se mi stuzzichi ti prenderò ovunque», morde le mie labbra.
Noto un certo lampo nei suoi occhi e capisco che c'è dell'altro. Cosa non mi ha detto?
«Devi dirmi qualcos'altro vero?»
«L'ho conosciuto!»
Sento come un colpo al cuore ma rimango impassibile. Non so cosa dire. Mi sembra surreale parlare di lui.
«Adesso capisco perché hai perso la testa», sorride tranquillo e torna a sdraiarsi con la testa sulla mia pancia. «Capisco perché separarti da lui ti ha fatto stare male».
Guardo davanti senza aprire bocca. Mi sento improvvisamente lontana. Che senso avrebbe? Cosa dovrei dire? Non posso parlare con il mio ragazzo di un ex che mi ha strappato il cuore. Chiudo gli occhi cercando di non pensare. Cerco di non lasciare che i sentimenti prendano il sopravvento. Lascio solo sfuggire una lacrima e non la fermo.

N/A:
~ Come tutti sappiamo, la vita è fatta di scelte. Giuste o sbagliate sono sempre le nostre. Tra queste scelte c'è anche quella di lasciare andare chi ci ha fatto soffrire o semplicemente quella di andare avanti per la nostra strada voltando pagina. Il passato può fare male ma farà sempre parte di noi. Lascerà sempre dietro la sua scia come un segnale luminoso della nostra esistenza. Il passato è ciò che siamo ora. Il passato è ciò che saremo domani. Il passato siamo noi ora, solo un po' più forti e meno impreparati...
"C'è una storia dietro ogni persona.
C'è una ragione per cui loro sono quel che sono. Loro non sono così solo perché lo vogliono. Qualcosa nel passato li ha resi tali e alcune volte è impossibile cambiarli." -Sigmund Freud
Come avrà reagito Ethan? Cosa succederà ancora? A voi i commenti...
La canzone di oggi è di: Jason Walker (vi consiglio di ascoltarla)
Spero che questo capitolo a "sorpresa" vi sia piaciuto. Come sempre perdonatemi per gli errori. GRAZIE ❤️ buona serata! ~

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