~ Carry On ~

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~ Emma's POV:

Vengo risvegliata dal tocco leggero delle sue dita sulla spalla. Non ritrae la mano quando si accorge che ho gli occhi aperti e i sensi in allerta. Ha un sorriso dolce sulle labbra e ogni traccia di cattivo umore sembra essere sparita. Con la testa appoggiata al cuscino, mi ritrovo a sorridergli e a rilassarmi. Sono stordita e ho ancora i postumi della sbornia.
Il telefono suona e lo cerco a tentoni sul comodino. «Buongiorno!» La voce lugubre di Lexa mi fa sorridere. «'Giorno», la mia voce è terribilmente roca, un po' come se avessi urlato per tutta la notte. «Come va?», domando per assicurarmi che sia a casa e quanto meno al sicuro.
«Uno schifo!», si lamenta. «È con te vero?», domanda brontolando.
«Si», sorrido mordicchiando una pellicina sul dito e lancio uno sguardo a Parker che se ne sta steso con un braccio sul viso. Mi rendo conto che probabilmente è rimasto a vegliare su di me per tutta la notte e che sarà stanco.
«Ci vediamo tra qualche giorno. Non riuscirò a riprendermi tanto facilmente! Mi sento uno zombie», stacca.
Poso il telefono sul comodino. Mi sistemo su Parker e poggio la testa contro il suo petto che si alza e si abbassa lentamente. Scosta il braccio sul viso e mi avvolge subito in una stretta piacevole. Le sue braccia, sono il posto più sicuro che io abbia mai avuto.
«Sei stanco?»
«Un po'», risponde monosillabico.
«Non hai dormito?»
«No»
Tocco l'arco di cupido e l'accento di barba che adoro sul suo viso principalmente quando le sue labbra toccano la mia pelle incendiandola. «Dormi, vado a preparare la colazione», gli stampo un bacio a fior di labbra e lo lascio tranquillo.
Raggiungo la cucina sentendomi in colpa per lui. Sto davvero dando di matto? New York mi farà sempre questo effetto? I ricordi mi faranno sempre reagire in modo sbagliato?
Preparo la macchinetta del caffè e l'impasto per i muffin. Sono le sette del mattino e dalla finestra si intravedono i primi pedoni e le prime auto immettersi per strada. Inforno i muffin e do una ripulita al bancone poi mi sposto in soggiorno e inizio a sistemare i cuscini. Mi abbraccio mentre poggio la schiena contro il bancone freddo della cucina. Non sono solita camminare in intimo ma è da un paio di settimane che mi capita di aggirarmi per casa in questo modo o con una maglietta larga sopra.
Sforno i muffin e l'aria attorno si riempie dell'odore tipico. La macchinetta del caffè emette un brontolio e verso in una tazza un contenuto che potrebbe bastare per un'intera giornata. Parker beve troppo caffè, l'ho sempre detto. Non voglio svegliarlo quindi pulisco casa cercando di fare il minor rumore possibile poi mi siedo a ripassare per l'esame che avrò tra due giorni. Sono pronta e voglio che sia tutto sistemato prima della partenza. Ho anche il tempo di fare una doccia e di preparare il pranzo.
Richiudo lentamente la porta della mia camera e mi sdraio sul letto. Le finestre sono ancora chiuse e non entra nessun raggio di sole. Fuori la giornata è meravigliosa, limpida come poche. Il respiro lieve di Parker, interrompe il silenzio. Lo osservo da vicino. E' bellissimo anche mentre dorme. A torso nudo poi, è un vero e proprio Dio greco. Trattengo le mie mani che fremono dalla voglia di toccare il suo petto e ascoltare i battiti del suo cuore.
Le sue palpebre si aprono rivelando i suoi meravigliosi occhi in grado di incasinarmi la vita e la sua mano scivola sul mio fianco. Prima che io me ne possa rendere conto, sono sotto il suo peso. Le sue labbra si posano sulla mia gola e mordono la pelle delicatamente. «Mi hai fatto preoccupare, non hai risposto al telefono, sei stata male, non sono riuscito a chiudere occhio e ora, ho proprio voglia di prenderti ma non posso. Devo resistere ancora qualche altro giorno...», il suo più che un sussurro sembra un ringhio. E' ancora arrabbiato e ora anche eccitato. Non so come riesca a mantenere tutto questo controllo perchè io, sotto il suo sguardo ardente mi sto proprio sciogliendo. «Dimmi cosa dovrei fare...», solleva la maglietta e stampa piccoli baci sulla mia pancia. Sento la pelle formicolare e le mie mani si posano tra i suoi capelli morbidi. «Dillo tu a me...», rispondo con il fiato corto.
Sorride anzi ghigna in modo eccitante e inquietante. Stringe i miei glutei e mi sistema su di sé. La sua mano sale lungo la mia schiena sganciando il reggiseno. Mi avvicino al suo viso per baciarlo. Morde le mie labbra e spinge i miei glutei contro i suoi boxer. Socchiudo la bocca trattenendo un gemito. Il calore divampa lungo le mie cosce e le mie guance si imporporano immediatamente.
Il fatto che si sia trattenuto così tanto, mi preoccupa, in parte perchè troverà un modo per farmi impazzire, anzi lo sta già facendo.
Prendo iniziativa e scendo con la mano dentro i suoi boxer. Sorride e stringe maggiormente i miei glutei contro di sè. Inizia a gemere lentamente e le sue mani serrano la presa mentre i suoi occhi si chiudono per controllare il piacere che gli sto procurando. Mi piace vederlo così esposto, così eccitato, così pronto a lasciarmi fare. Lo libero dai boxer e i suoi baci si fanno insistenti sul mio collo. Sto bruciando ma resisto. Non mi ha ancora toccata ma è come se lo stesse facendo con il suo sguardo, con i suoi baci così intensi, così forti. Non mi fermo quando mugola e mi spinge sotto il suo peso e toglie la mia mano stringendo con una certa forza il polso sulla mia testa. La sua fronte si posa tra il collo e la clavicola, il suo respiro affannoso sulla mia pelle, il suo petto scosso dagli spasmi contro il mio. Quando si riprende, alza il viso e mi bacia. Non un bacio dolce ma un bacio forte, passionale.
«La mia maglietta?», domanda guardandosi attorno ancora stordito e accaldato.
«In lavatrice», sorrido timida e apro il cassetto prendendo dei fazzoletti. Glieli passo e torno supina sul letto mentre con delicatezza, mi ripulisce. Passo il dito sulla pancia e i suoi occhi saettano sul mio gesto. Porto il dito sulle labbra e il suo pomo d'Adamo sale e scende velocemente mentre la sua mano mi ferma. «Di cosa sa?», domanda poggiando la fronte contro la mia.
Faccio finta di pensarci un momento. «Di...»
Mi bacia con più trasporto di prima facendomi gemere.
«Vuoi fare una doccia o pranziamo prima?», mi sento stravolta, devo allontanarmi da lui. Devo anche smetterla di provocarlo in questo modo.
Parker si rialza dal letto in boxer, una visione divina ai miei occhi e mi solleva afferrandomi per una mano. Trova una delle sue camicie dentro l'armadio e mi aiuta ad infilarla. Andiamo in cucina e ci sediamo a tavola. Per fortuna avevo preparato qualcosa di freddo ma a lui non sembra dispiacere. Si adatta proprio a tutto quando preparo da mangiare e adora le verdure grigliate.
Tolgo i piatti sporchi. «Sei ancora arrabbiato con me?», domando insicura.
Mi lancia uno sguardo intenso in grado di farmi tremare le ginocchia e mi attira su di sè. Scosta i capelli e da un morso proprio sotto l'orecchio. «No...», sussurra monosillabico.
Odio quando è troppo silenzioso. Solitamente è pieno di vita, allegro, chiacchierone mentre il ragazzo che ho di fronte in questo momento è attento, calcolatore, sereno.
«Tu hai cucinato, io lavo i piatti ma dopo avere fatto una doccia», mi stampa un bacio sulla tempia.
«I vestiti sono al solito posto!», dico quando è nella mia stanza. Mi sistemo sul divano e continuo a ripassare per l'esame. Ho trovato delle possibili domande online e mi alleno in questo modo per essere preparata a tutto.
Quando arriva in cucina, non fa rumore. Mi lascia studiare e si occupa davvero dei piatti. E' molto ordinato e meticoloso. Inizia a disporre i piatti, i bicchieri e le posate in perfetto ordine.
«Ti da fastidio se mentre studi, lavoro qui accanto a te con il mio portatile?»
Gli faccio subito spazio e continuo a segnare e ripassare perdendo la cognizione del tempo. Mi sento davvero preparata per questo ultimo esame ma non voglio correre rischi.

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