~ Better In Time ~

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~ Emma's POV:

Sistemo i pancake fumanti su un piatto, aziono la macchinetta del caffè e sistemo la colazione sul vassoio.
Fuori è una bellissima giornata di sole. Farà caldo e non oso immaginare in ufficio come sarà. Alzo le braccia per stiracchiarmi e sorrido mentre verso il caffè dentro una tazza con la scritta "buona giornata".
Entro in camera e sistemo il vassoio sul comodino. Mi avvicino a Parker che dorme tranquillo. Mi dispiace svegliarlo ma sono le sette e lui solitamente è categorico con l'orario.
Poggio le labbra contro il suo orecchio e trattengo una risata. Oggi mi sento di ottimo umore. Non so cosa sia stato ma non mi sentivo così da tempo. E' una sensazione piacevole e spero duri. «Parker, svegliati», sussurro delicata e cantilenante.
La mano di Parker sotto il cuscino che tiene stretto, si sposta sul suo viso per allontanarmi dal suo orecchio. Metto le mani sui fianchi e riprovo. «Svegliati o faremo tardi!», continuo.
La sua testa si alza dal cuscino per un nano e lo sento brontolare. Mi scappa inevitabilmente una risata cristallina. Non ho mai visto così Parker. E' sempre il primo a svegliarsi e l'ultimo ad addormentarsi. Sembra in pace con se stesso e non credo voglia essere disturbato ma devo assolutamente farlo alzare, fare colazione e prepararci per il lavoro.
«Non vuoi la colazione?», domando stampandogli un bacio sul collo.
Lo sento irrigidirsi e mi ritrovo sotto il suo peso. I suoi occhi chiari sono aperti e sulle sue labbra aleggia un sorrisetto impertinente. «Stavo facendo un sogno bellissimo e tu mi risvegli in questo modo? Certo che voglio la colazione e sto per mangiarla!», inizia a mordicchiarmi e scoppio a ridere. Riesco a rialzarmi mentre passa le mani sul viso e sui capelli guardandosi attorno ancora stordito dal sonno. Lancia uno sguardo alla sveglia e spalanca gli occhi. «Cazzo! Faremo tardi!», salta giù dal letto e apre il mio armadio per prendere dei vestiti puliti.
Incrocio le braccia e metto il broncio mentre si muove in camera di corsa. Quando mi fissa, inarco un sopracciglio. «La colazione!», uso un tono di finta minaccia.
Come se si fosse appena reso conto della ridicola situazione, poggia gli indumenti sulla sedia e si siede sul letto appoggiando la schiena contro la testiera del letto. Prende i piatti con i pancake e me ne passa uno mentre assaggia il suo caffè facendo subito un verso di apprezzamento.
«Dimentico sempre che sono il capo e posso entrare e uscire dall'ufficio quando voglio!», si giustifica poi sorride guardandomi e so cosa sta pensando. «Tu invece signorina, sarai nei guai per il ritardo!»
Mando giù il boccone di pancake, poso il piatto e gattono su di lui. «Si? Davvero? E di chi è la colpa?», pulisco l'angolo della sua bocca con il polpastrello e lo porto in bocca.
Parker si agita impercettibilmente. So l'effetto che gli faccio quando mi ritrovo a provocarlo per ovvi motivi. Sorrido e gli stampo un bacio sulle labbra. «Buongiorno signore», gli do una pacca sulla gamba e mi rialzo stiracchiandomi davanti al suo sguardo ardente. Il suo sorriso si apre e noto le sue guance appena scaldate.
Mentre fa la doccia, porto i piatti in cucina e do una ripulita al bancone e al soggiorno. Ho anche il tempo di togliere le lenzuola e sistemare la stanza.
Quando esce vestito e sistemato si guarda attorno. «Sei micidiale!», mi attira per un bacio veloce. Prendo la borsa e infilo i tacchi mentre lui sistema la cravatta e scompiglia i capelli ancora leggermente bagnati. Ha decisamente l'aspetto rilassato di sempre. Un brivido mi attraversa quando prende la mia mano e usciamo dal mio appartamento insieme. Abbiamo più volte affrontato l'argomento ma so che prima o poi mi arrenderò alla sua proposta di non nascondere più il nostro rapporto. Oggi sento che sarà una bellissima giornata, forse piena di sorprese, chi lo sa?
In auto, lo sento canticchiare e con le dita sul volante segue il tempo di una canzone rock. Distolgo lo sguardo per un momento perchè la mia mente mi ha riportato per un momento al passato, quando ancora odiavo le auto e qualcuno mi aveva fatto scegliere una playlist da ascoltare per un viaggio.
«Tutto bene?»
Siamo fermi al parcheggio. Oh santi numi! mi sono persa tra i miei pensieri e non ho risposto alla solita domanda. Guardo attorno allarmata e molti colleghi stanno entrando in ufficio. Per un momento, mi sento come un animaletto in gabbia, uno di quelli che rischiano l'infarto.
«Si, si», provo a sorridere.
«Pronta?»
Per un momento lo guardo stordita poi capisco a cosa si riferisce e annuisco anche se non sono affatto pronta. Sto mentendo a me stessa, lo so ma prima o poi doveva succedere.
Mi apre la portiera da gentiluomo e prende la mia mano stringendo le sue dita alle mie. Stranamente l'ansia passa subito in secondo piano. Penso sia proprio il momento di ridefinire i confini e fare un passo avanti, uno alla volta mi dico. Oggi proverò a dimostrare a Parker che non voglio tenerlo nascosto, domani che è il mio ragazzo e dopo domani si vedrà. Non sono più brava con i piani, inizio a rendermene conto. Se prima bastava un post-it appeso al frigo ora è necessaria una scossa come questa per riprendermi.
Cammino al suo fianco impacciata. Superiamo l'atrio tra gli sguardi curiosi dei molti sorridenti, entriamo in ascensore dove troviamo parecchi colleghi di Parker che lo salutano e fissano increduli la sua mano stretta alla mia, ma anche due delle ochette che fanno gossip. La mano di Parker, le sue dita intrecciate alle mie, non si staccano un solo secondo. Questo gesto inizia a darmi una certa sicurezza. Mi spunta un sorriso timido sulle labbra.
Quando le porte dell'ascensore si aprono, usciamo a flotta. Molti sguardi si alzano nella nostra direzione dalle scrivanie. Tea alza la mano per salutarmi e intravedo anche un ok con il pollice alzato mentre Parker mi accompagna nel mio quadratino.
Devo proprio invitare quella donna ad uscire con me e Lexa almeno una volta, per ringraziarla per l'appoggio e la stima che nutre nei miei confornti. Le voglio bene, perchè qui dentro è stata una delle poche gentili nei miei confronti.
Parker si ferma sulla soglia con un sorriso dolce sulle labbra. «Arrivata sana e salva signorina».
Arrossisco. «Grazie signore. Le auguro una buona giornata», indietreggio verso la mia scrivania mentre lui dopo avermi strizzato l'occhio, gira sui tacchi, chiude la porta del mio ufficio e sparisce.
Getto immediatamente un sospiro. Non mi ero neanche accorta di avere trattenuto il respiro mentre camminavamo e ci salutavamo davanti a tutti. Devo ammettere che è stato strano ma piacevole.
Inizio a trascrivere dei verbali. Rispondo alle chiamate per fissare gli appuntamenti dei vari clienti e do una sistemata alle cartelle che ogni tanto Tea mi porta.
Il telefono vibra. «Ehi dove sei finita? Tutto bene?», domanda allegra Lucy. Non la sento da settimane. Non ho avuto molto da dirle ma ormai siamo quasi arrivati al giorno del suo matrimonio. Mi sento innanzitutto una pessima amica e anche un po' in ansia se ci ripenso, ma devo essere fiduciosa se voglio superare tutto al meglio.
«Ho avuto da fare. Tutto bene. Tu?»
«C'è stato un piccolo problema con l'abito da sposa ma abbiamo risolto.»
Aggrotto la fronte. «Come mai?», domando turbata.
«Sono andata alla prova e ho invitato Anya visto che tu non potevi esserci. L'abito mi veniva largo sul davanti e abbiamo apportato delle modifiche.»
Tea fa capolino e le dico di attendere un momento. «Capisco. Beh spero si sia risolto tutto», taglio corto. Sono dispiaciuta, inizierò a sentirmi in colpa a breve, mi conosco.
«Si, Anya è stata bravissima. Ha chiamato una sarta e si è occupata personalmente del problema per assicurarsi che io avessi un bel decolletè il giorno del mio matrimonio. Ma ti rendi conto? Mi sposo!», strilla poi sospira sognante.
«Sei molto emozionata. Sono davvero felice per te. Hai chiamato per sapere altro?», domando vedendo Tea in attesa.
«Si. C'è stato un altro piccolo problema. Volevo parlartene ma sai come sono che ho sempre paura di una tua reazione...»
Non riesco a sentire bene la sua voce, la rete inizia ad andare a strappo. «Ascolta Lucy, ora proprio non posso occuparmene. Devo lavorare.»
«Ti richiamo. Ti voglio bene, un bacio», stacca ed io sospiro.
Tea mi guarda comprensiva. «Scusa, un'amica che si sposa», borbotto.
«Sono qui per un consiglio», abbassa lo sguardo sulle mani in grembo. Sembra improvvisamente nervosa.
Giro dalla scrivania e mi siedo accanto a lei sul divano. Prendo le sue mani e la rassicuro con lo sguardo intimandole di continuare.
«Mi piace un uomo ma non so proprio come fare perché lui è come dire, irraggiungibile ed io beh, sono una semplice segretaria».
«Tea tu sei una donna meravigliosa. Dubito che quest'uomo non ti abbia ancora notata. Non conta cosa sei in ufficio o quale posizione hai, conta quello che dimostri di essere ed io ho di fronte una donna forte e dolcissima».
Sorride e sembra tranquillizzarsi. «Non so come attirare la sua attenzione», arrossisce.
Mi alzo e scendiamo a mensa. «Credo che tu debba cambiare un po' il look. Ad esempio: sbottoniamo questa camicia un po' di più e sciogli i capelli, ti donano visto che li hai scuri e corti. Adesso quando lo vedi, cerca con lo sguardo di attirare la sua attenzione ma non fissarlo troppo». Non so se questi consigli siano utili, non ho mai conquistato un uomo. Di solito sono i guai a venirmi a cercare però Tea sembra prenderli alla lettera e capisco subito chi le piace e per un momento sono tentata di dissuaderla. L'amico di Parker: George. Uno degli uomini più ambiti e chiacchierati dell'ufficio. Non si è mai preso una cotta per una donna dell'ufficio durante la sua carriera ma ha fatto strage di cuori ed esce ogni sabato sera con una donna diversa.
Prendiamo il primo e ci andiamo a sedere al nostro solito tavolo. Questa volta, le ragazze non osano alzare lo sguardo. Una addirittura mi saluta in modo gentile ma la ignoro. Non mi è piaciuto il suo atteggiamento e non sopporto i voltagabbana.
«Mi ha guardata», si stringe nelle spalle e sorride elettrizzata mentre pranziamo. «A proposito, cosa voleva la tua amica?»
Rigiro la forchetta nel piatto. «Ha avuto dei problemi con l'abito poi è successa qualche altra cosa di cui non so niente. Richiamerà sicuramente».
Sento una presenza dietro, mi volto e vedo Parker con l'uomo in questione. Mi spunta un sorrisetto sulle labbra e Tea mi da una pedata sotto il tavolo. Impreco sotto voce mentre Parker ci raggiunge. Sfiora la mia guancia con le dita e prende subito posto. George fa lo stesso sistemandosi accanto a Tea la quale è rossa in viso e in imbarazzo.
«Non vi dispiace se ho invitato un amico al nostro tavolo», esordisce Parker rilassato.
«Nessun problema!» Dico subito presentandomi. George mi bacia la mano come un uomo dei vecchi tempi poi fa lo stesso con Tea la quale arrossisce come un peperone e balbetta. Trattengo una risata perché mi rivedo spesso in lei ed è assurdo visto che lei è più grande di me.
Pranziamo per un paio di minuti in silenzio. «Giornata tranquilla oggi...», George si rivolge a nessuno in particolare e spazzola il suo piatto. Ha un fisico asciutto, occhi nocciola, capelli corti scuri e spalle larghe. È uno dei migliori avvocati in zona dopo Parker ovviamente suo socio in affari e amico. Credo abbia la stessa età di Tea.
«Signore, potrebbe accompagnarmi un momento? Devo prendere il secondo e avrei bisogno di aiuto».
Tea arrossisce maggiormente e mi lancia uno sguardo allarmato come per dirmi di non abbandonarla.
«Certo, dopo di lei», Parker mi fa passare e assieme ci dirigiamo verso il bancone. Lancio uno sguardo a Tea facendole cenno di conversare con lui e cogliere la palla al balzo mentre noi non siamo al tavolo.
«È una trappola vero?», domanda Parker curioso mentre prende due vassoi e me ne passa uno. Riempio un piatto di insalata e contorni vari mentre lui si occupa della carne.
«A lei piace e migliore occasione di questa...», uso un visetto angelico.
Si imbambola un momento poi scuote la testa e annuisce. «Allora dovremmo sederci altrove non credi? Stanno conversando e credo che George sia a suo agio con Tea. Solitamente le ragazze dell'ufficio lo rendono nervoso».
Li guardo e mi accorgo che Tea sta ridendo e conversando tranquillamente con quell'uomo. Annuisco e seguo Parker verso un tavolo libero accanto alle vetrate nella parte opposta della mensa. La gente continua a guardarci ma nei loro volti non c'è traccia di malizia e nessuno osa parlare o bisbigliare. Chissà quali conseguenze hanno dovuto subire in ufficio quelle poverette. Sento ancora un po' di nervosismo ma una volta seduta davanti al mio meraviglioso ragazzo, tutto si placa.
Divido il cibo sui piatti e mi perdo un momento guardando fuori dalla vetrata. I pedoni che corrono per strada, i turisti intenti a scattare foto, i bambini che escono da scuola. I genitori che passeggiano con i loro figli. Osservo proprio questi, ricordando come era sentirsi amati da mamma e papà e come era essere circondati dalla famiglia. Sono passati anni eppure la loro mancanza si sente ancora come i primi giorni.
«Non perderti», taglia la carne con meticolosa cura e mi porge la forchetta.
Mi guardo a disagio attorno. «Mi sta imboccando signore?», arrossisco.
«Si perché si sta perdendo guardando fuori dalla finestra e non sta mangiando. Non voglio che le sue prestazioni calino visto che la pago profumatamente per il suo egregio lavoro», ridacchia quando gli do una pedata.
Mangiamo avvolti nel brusio della mensa piena di persone. Ogni tanto lancio uno sguardo verso il tavolo dove Tea sembra avere ottenuto l'attenzione che merita da parte di George e batte pure le ciglia in modo civettuolo, insomma sta facendo la preziosa con lui. Brava, penso subito felice per lei.
La mia mano viene afferrata e sobbalzo leggermente. «Che fai?», bisbiglio colta alla sprovvista.
«Ti riporto al presente. Emma cosa ti succede? Sei distratta!»
«Non lo so. È una bella giornata e mi sento tranquilla ma ho anche dei pensieri e un dubbio. Prima Lucy ha chiamato e ha parlato di un problema. Non so di preciso a cosa si riferisse...», sospiro.
Parker avvicina la sedia alla mia e mi fissa intensamente. «Qualunque cosa sia, la affronteremo ok?»
La sua sicurezza mi riscalda il cuore così come il fatto che abbia parlato al plurale. Abbasso le spalle e stringo la sua mano tra le mie. È così che funziona un rapporto? È così che fanno le coppie normali? Si aiutano reciprocamente?
Sono come un pesciolino nato in cattività che si ritrova improvvisamente gettato in mezzo all'oceano. Mi sento tremendamente fuori posto. Cosa farò senza di lui? Il pensiero mi fa rabbrividire e decido di non tormentarmi con queste stupide domande.
Tea ci fa cenno di unirci nuovamente a loro e mentre i ragazzi vanno a prendere il dolce, mi avvicino a lei per avere un parere iniziale.
«Grazie Emma, è stato così gentile, così aperto e spiritoso. Non immaginavo fosse così, di solito sembra avere paura delle ragazze in ufficio.» Sorride raggiante. Si vede quanto sia emozionata. «Lo so che questo non significa niente ma il fatto che mi abbia messo a mio agio credo sia positivo e anche che mi abbia rivolto la parola», continua entusiasta.
I ragazzi tornano. George porge il piatto con una fetta di crostata a Tea come se sapesse già cosa le piace ma so che è stato Parker a consigliarlo. Quest'ultimo sistema un piatto con della torta al limone. Un piatto per due, sul serio? Arrossisco. «Tanto so che non la mangi tutta. Oggi sei distratta», mi punzecchia. Il suo tono è scherzoso e non mi ha dato del lei come prima. La cosa mi insospettisce.
Assaggio la torta e esprimo il mio apprezzamento e lui sorride soddisfatto.
Gli ultimi cinque minuti di pausa li passiamo a chiacchierare. George si rivela un grande chiacchierone così come Tea. Sono stupita di vederla così a suo agio così spontanea e solare. Questi due faranno scintille penso subito e noto che Parker sta pensando la stessa cosa perchè fissa l'amico incredulo.
«È stato un piacere George. Adesso devo proprio tornare in ufficio o il mio capo oggi mi darà del lavoro extra!»
George ridacchia e da una pacca sulla spalla a Parker il quale tossisce per finta mentre Tea scuote la testa incredula. Ci stiamo comportando davvero in questo modo?
Mi incammino verso l'ascensore. Poco prima che le porte scorrevoli si richiudano, una mano le blocca e spunta Parker. Si affianca con uno strano sorrisetto sulle labbra che mi rende nervosa. Non parla, non si muove, semplicemente sorride. Ha di nuovo quell'aria da bastardo che usa quando sta per fottere qualcuno e quel qualcuno, sarò io. Dovrei fare attenzione ma non posso, non ci riesco. Il telefono vibra. Ancora una volta Lucy sta chiamando. Fisso lo schermo per un paio di secondi indecisa. «È successo qualcosa?», domando allarmata.
«Non sei in pausa pranzo?», domanda insicura e apparentemente nervosa.
Parker mi lancia uno sguardo indagatore mentre le porte dell'ascensore si aprono al nostro piano. «È appena finita, sono entrata in ufficio proprio ora. Max sta bene? Luke? Tony?»
«Stanno tutti bene. Volevo solo assicurarmi che tu stessi bene. Ti lascio lavorare...ti voglio bene piccola»
«Anch'io.» Stacco stordita mentre cammino distratta verso il mio ufficio. Non so cosa stia succedendo a New York ma credo sia qualcosa che mi riguarda in qualche modo. Perchè mai Lucy vorrebbe assicurarsi che io stia bene proprio un'ora dopo che mi ha chiamata. Conosco Lucy e se è nervosa a parlarne riguarda anche qualcun altro che ha avuto a che fare con me.
«Emma?»
Arresto la mia corsa verso l'ufficio e mi volto lentamente cercando di mettere a fuoco. Parker si avvicina a grandi passi. Non mi ero accorta di avere superato parte dell'ufficio così in fretta e batto le palpebre interdetta. Non so cosa mi stai prendendo. Molti dei dipendenti ci osservano facendo finta di scrivere al computer o di parlare al telefono. Vedo arrivare Tea e George mentre chiacchierano come due vecchi amici.
«Mi dici cosa ti succede?»
«Sto impazzendo! Lucy continua a chiamare e non capisco cosa stia succedendo. Dice che deve parlarmi di un problema poi che vuole assicurarsi che io stia bene. Scusa... non me la sento di continuare questa conversazione in questo stato». Mi avvicino alla porta ma vengo bloccata e con uno strattone mi ritrovo tra le braccia di Parker. Il cuore inizia a battere all'impazzata. Credo che mi verrà un infarto da un momento all'altro a causa del suo sguardo intenso e del suo viso vicino al mio.
«Possiamo superarla assieme questa cosa?», digrigna leggermente i denti. So che si sta sentendo a disagio perché sembra che stiamo litigando e tutti continuano a guardarci attenti e curiosi.
Abbasso le spalle e annuisco fissando le punte delle scarpe. Scosto una ciocca dietro l'orecchio e tentenno un momento in imbarazzo.
«Lo senti anche tu vero?»
Alzo lo sguardo e non capisco a cosa si stia riferendo. Il suo viso si avvicina al mio mentre la sua mano alza il mio mento.
«Senti anche tu questa voglia, improvvisa, di...», si sporge e mi bacia e non un bacio a stampo ma uno vero, uno carico di sentimenti e passione.
Quando si stacca, boccheggio accaldata. Che cosa è successo?
E' stato... come se l'aria attorno si fosse fermata. Come se tutto fosse immobile e immutato mentre le sue labbra prendevano possesso delle mie, la sua bocca e la sua lingua reclamavano la mia. Mi schiarisco la voce. «Buon lavoro signore», sussurro prima di richiudermi nel mio quadratino e meditare su quanto è successo.
Parker ha davvero superato se stesso e i nostri limiti. In un giorno mi ha stravolto completamente. Non ho fatto un passo alla volta ma ho saltato un burrone. Questa mattina siamo arrivati insieme, mano nella mano, a mensa abbiamo mangiato soli e ora lui cosa fa? Mi bacia davanti a tutti, qui, in ufficio. Sono imbarazzata ma in fondo non è stato male come credevo. Il suo bacio, ha fatto risvegliare dentro qualcosa che dormiva da tempo.
Chiamo Lexa l'unica in grado di aiutarmi. Mi consiglia di fare quello che mi dice il cuore. Facile a dirsi penso in un primo momento confusa. Se dovessi ascoltare il mio cuore a quest'ora starei da un'altra parte a soffrire. Ma c'è una ragione se ho incontrato Parker e c'è una ragione se quando sono accanto a lui la mia vita sembra più semplice, piena di colori e sfumature. Non ho mai creduto nel colpo di fulmine o nel destino perchè credo sia tutto dettato dalle nostre scelte, siamo noi i veri artefici della nostra vita e io la mia la voglio vivere serenamente e a colori.
Ringrazio Lexa, prendo delle cartelle e a grandi falcate percorro il corridoio. Tea mi fissa interdetta ma non dice niente quando le passo accanto ignorando tutto e tutti. Busso alla porta abbastanza forte da avere male al palmo ed entro senza attendere.
Parker alza turbato il viso dal computer quasi pronto ad urlare mentre parla al telefono. «Ci risentiamo dopo papà», stacca la chiamata con un tono secco e mi guarda turbato.
Poggio le cartelle sul ripiano vicino, giro per la scrivania e mi sistemo a cavalcioni su di lui. Prendo il suo viso tra le mani e inizio a baciarlo come se non ci fosse un altro attimo da perdere.
Si stacca un momento e tocca l'interfono. «Tea avvisa se arriva qualcuno», boccheggia.
«Si signore», risponde subito pronta ed efficiente lei.
Non gli lascio altro tempo perchè il mio corpo agisce da solo spinto dall'impulso. Premo il mio corpo contro il suo. Geme e stringe i miei glutei contro la sua vita. «Lo sento anch'io...», sussurro prima di rialzarmi e lasciarlo inebetito ed eccitato sulla sedia. Torno nel mio quadratino accaldata e stupita dal mio comportamento e porto avanti il lavoro.

A casa, mi sistemo comoda sul divano davanti alla tivù mentre mangio e studio per l'ultimo esame. Non posso ancora credere di laurearmi in anticipo. Ancora non ho dato la notizia a Lexa e a Parker, in realtà sto aspettando proprio quest'ultima prova per avere la certezza.
Sento bussare alla porta. Mi rialzo e vado ad aprire. «Spuntino notturno?». Lo lascio passare. Si ferma al centro tra il soggiorno e la cucina quando nota i miei appunti sul piccolo tavolo poi posa le buste sul bancone. Mi siedo sul divano e lo guardo mentre tranquillo gira per la cucina e sistema qualcosa di appetitoso su un piatto. Si avvicina con una bibita e della pizza poggiandoli dove c'è spazio. Lo abbraccio. «Grazie». Mangiucchio mentre sistemo gli appunti e cerco di studiare.
«Me ne starò buono, promesso. Studia pure», si sistema comodo sul divano e mi lascia studiare.
Quando richiudo il libro, è l'una di notte. Mi stiracchio stanca e noto che Parker si è addormentato. Ha un visetto così tranquillo. Sorrido e mi accoccolo contro il suo petto facendo attenzione a non svegliarlo.
E' stata una giornata intensa e piena di sorprese. Non mi aspettavo tutto questo quando ho iniziato a lavorare nel suo ufficio. Non mi aspettavo proprio niente dalla vita quando sono partita per ricominciare e credo di averlo fatto, nel modo giusto.
Non so cosa mi riserva ancora il destino ma so cosa voglio e come voglio vivere il mio presente. Quello che ho davanti, è tutto quello che ho sempre desiderato ardentemente. Un lavoro, una certezza economica per pianificare un possibile futuro, una casa tutta mia, un'amica accanto in grado di sostenermi in tutto e per tutto, un uomo meraviglioso e unico al mio fianco nella buona e nella cattiva sorte. 

N/A:
~ A volte la vita è un vero casino. Non sempre possiamo rimediare ai nostri errori e non sempre possiamo sbagliare. Tutti abbiamo una crepa nel cuore che non si chiuderà mai. Tutti abbiamo quel conto in sospeso con qualcosa o qualcuno. Tutti continuiamo a mentire a noi stessi promettendo e non mantenendo. Tutti molliamo la presa quando lo sforzo per ottenere qualcosa è troppo eccessivo. Tutti proviamo a dimenticare una persona che ci ha ferito... In realtà è impossibile dimenticare. Forse mettiamo solo da parte quel dato ricordo e tentiamo di destreggiarci come dei giocolieri tra le macerie del nostro cuore. Fingiamo di essere forti e di apparire sereni. Indossiamo delle maschere nascondendoci dal "pericolo" che in realtà è solo dentro la nostra testa.
Emma ha davvero cambiato vita? Parker sarà il suo fino alla fine? Il matrimonio è sempre più vicino, siete pronti? Cosa starà facendo Ethan nel frattempo?
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Grazie a tutti come sempre per il sostegno! Significa tanto per me. Mi scuso enormemente per gli "errori". Buona serata team #EMKER ❤️ #EMVANS ❤️ ~

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