~ Lost ~

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~Emma's POV:

Apro la scatola arrivata da poco all'appartamento portata da un fattorino abbastanza cortese. Lexa si siede sul divano elettrizzata. Abbiamo trascorso parte del pomeriggio in un centro estetico. Sono come nuova da capo a piedi. Mi ha pure costretta a fare un massaggio sin troppo rilassante. Volevo portarmi a casa il massaggiatore. Come sempre è bello passare il tempo con una vera amica.
Estraggo uno ad uno gli abiti e mi concentro su quello lungo nero, è meraviglioso.
«Oddio!», Lexa trattiene il suo stupore con la mano sulla bocca mentre osserviamo gli abiti ad occhi spalancati. Sono uno più bello dell'altro.
Continuo a fissare l'abito incredula e mi sento improvvisamente sporca dentro per avere accettato una simile follia. «Non posso accettarlo», scuoto la testa e sollevo il biglietto.

"La aspetto per le sette in punto sotto casa. Si ricordi che è un appuntamento. -Parker"

«Si che puoi! Questo sai quanto vale? Credo di averlo visto ad una sfilata ed è pazzesco. Su, provalo!», mi incita.
Sospiro e sfilo la tuta. Lexa conosce bene il mio corpo quindi spogliarmi davanti a lei non mi turba. L'abito mi sta a pennello e ha uno spacco da capogiro sulla coscia. È legato al collo e aperto sul davanti e sul dietro. Una catenina di punti luce lo rende particolarmente elegante. Le scarpe, sono alte e piene di Swarovski e c'è pure un braccialetto coordinato.
«Ecco, ora mi sento in dovere di accontentarlo per tutto! farò una pessima figura, non posso...», il panico inizia a crescere.
Lexa si rialza dal divano e poggia le mani sulle mie spalle pronta a calmarmi. «Sei meravigliosa! Adesso signorina, ti trucchi, sistemi i capelli e fai un grosso respiro. So che è il tuo primo appuntamento dopo mesi di astinenza ma sono sicura che andrà bene.»
Seguo il suo consiglio e prima delle sette sono pronta e ansiosa. Non sono certa di potere reggere ancora per molto. Non sono certa di come andrà la serata ma so che devo trovare un modo per lasciarmi coinvolgere positivamente. Conosco più o meno il mio capo, in questi mesi sono riuscita ad osservarlo e a gestire i suoi sbalzi d'umore. Ho una paura matta di sbagliare qualcosa, di rendermi ridicola. Perché mi sto facendo prendere dal panico? Ok Emma, calma!
«Tu cosa farai?», le domando mentre estrae dalla borsa una grossa busta e me la porge con un sorrisetto. «Piccolo regalo per rallegrarti e distrarti. Io andrò al locale con le ragazze del set. A proposito, ti vogliono con noi.»
Apro la busta e rimango esterrefatta. Ho in mano le foto che mi hanno fatto sul set a tradimento. Sono meravigliose. Abbraccio Lexa e poi le sistemo per la casa. Quando se ne va, mi sento un po' sola e agitata. Ho i palmi sudati e le gambe tremano leggermente mentre il mio stomaco si contrae.
Qualcuno citofona ed io sobbalzo. Scendo usando l'ascensore e quando sono all'entrata, un uomo alto e massiccio mi sta aspettando. «Signorina Emma», esordisce accompagnandomi all'auto nera lucida. Apre la portiera e mi lascia entrare. Ringrazio e un pò nervosa mi siedo sul sedile. Ritrovo davanti Parker, sta sorridendo. Il lieve velo di ansia si dissolve immediatamente e mi ritrovo a sorridere in imbarazzo.
«È incantevole»
Arrossisco e stringo la clac mentre ringrazio.
«Troveremo solo noiosi uomini d'affari con le loro mogli a questa cena. Non si preoccupi.»
È un modo per rassicurarmi? «Non doveva comprarmi un abito e non doveva disturbarsi venendomi a prendere fino a casa per una cena d'affari signore.»
«Un gentiluomo deve fare queste cose ed è un appuntamento le ricordo.»
«Lei crede di essere un gentiluomo?», inarco un sopracciglio. Intravedo sulle sue labbra un sorriso, il terzo per l'esattezza. È meraviglioso. Sembra quasi un'altra persona.
«Spero di stupirla Emma.»
«Potrebbe, quando finirà di darmi del lei.» Ribatto convinta trattenendo una risata. Che mi succede? Ora familiarizzo con il capo?
«Le da tanto fastidio?», passa l'indice sulle labbra. Saranno morbide?
«Considerato che mi ha invitato ad un "appuntamento" si. In ufficio credo sia d'obbligo ma fuori, non credo sia necessario signore», alzo il viso soddisfatta.
Parker sorride e mi squadra in un modo ben diverso dal solito. Per un attimo mi sento messa a nudo e non è una sensazione nuova. Prima di uscire di casa, ho promesso a me stessa di jon pensare ad altro. Devo riuscirci.
«Ok facciamo un patto: io le do del tu se lei fa lo stesso», mi porge la mano.
Inizio a capire che pensi tutto come una trattativa. Stringe spesso la mano per accordarsi. «Affare fatto», stringo la sua mano e rivolgo un sorriso timido.
Arrivati di fronte all'enorme villa, Parker mi offre il suo braccio e ci incamminiamo attraverso l'enorme e sontuosa entrata, verso una sala da pranzo a dir poco maestosa. Al nostro ingresso parecchi uomini d'affari iniziano a lanciare i loro sguardi nella nostra direzione. Alcuni rivolgono i loro mielosi saluti. Parker durante la cena mi presenta quasi a tutti come la sua amica ma già da domani non ricorderò nessuno dei loro nomi e se tutto andrà bene non li rivedrò, il che è una vera fortuna. Questo posto non è il mio. Mentre chiacchiera ed io rigiro la forchetta su del purè di patate gustoso, noto lo sguardo di alcune delle donne presenti in sala. So a cosa stanno pensando, so che da domani parleranno male di me e non è ciò che voglio. Quando il mio cellulare vibra, chiedo scusa sollevata e mi alzo. Arrivo all'entrata e aggrotto la fronte quando però vedo il nome di Lucy.
«Tutto bene?», esordisco senza darle il tempo. La sua chiamata improvvisa e a distanza di così poco tempo, fa presupporre il peggio. Il mio cuore inizia a battere all'impazzata. Non so cosa aspettarmi. Ormai, sono pronta a tutto.
«Si Emma. Sei impegnata?»
«Una cena di lavoro, noiosa e con persone troppo opprimenti. Mi hai salvata.»
La sento sorridere poi sospira. «Ho chiamato per dirti che... abbiamo scelto la data»,  dice d'un fiato come se avesse paura.
Batto le palpebre e poso la mano sul cuore che rischia di uscire dal petto da un momento all'altro. «È fantastico!», sorrido e parlo senza fiato.
«La prima settimana di Giugno. Volevo condividere con te questa notizia. Sono davvero felice Emma.»
«Anch'io per voi. Adesso devo andare, ti voglio bene.»
Lascio uscire tutta l'aria che ho trattenuto durante la chiamata e trattengo le lacrime mentre torno al tavolo. Parker osserva la mia espressione ma non batte ciglio. Mi accorgo che molti degli invitati sono in pista e mi lascio distrarre per un momento.
«Ti va di ballare?», toglie la giacca e sistema la mia borsetta dentro la tasca interna. Mi prende per mano senza attendere risposta e ci spostiamo in pista. Le sue mani sistemano le mie sulle sue spalle poi le sue si posano sui miei fianchi con sicurezza. Trattengo un po' il respiro e cerco di non arrossire.
«Sei molto silenziosa», mi fa fare una giravolta ma continua a guardarmi negli occhi.
Non so cosa rispondere. Sono scossa e credo sia evidente. Continuo ad oscillare ma Parker si ferma e rimaniamo sospesi in pista per un momento. «Ha a che fare con la telefonata? Qualcosa non va?»
Non ho mai visto il mio capo curioso e preoccupato per una sua dipendente. Solitamente è così chiuso che a vederlo in questo modo, stento quasi a crederci che sia realmente così.
«No, era solo una vecchia amica. Mi ha dato una bella notizia. Il fatto è che... non mi trovo a mio agio in questo posto e con questa gente ad essere sincera», lascio uscire i miei pensieri. Spero non se la prenda in qualche modo perché la mia non è un offesa.
«Posso essere sincero? Neanche io», sussurra contro l'orecchio mandandomi un piacevole lieve brivido su per la schiena.
«Allora perché vieni a queste feste?» Cerco di non guardarlo negli occhi. Sono certa di essere rossa in viso.
«Affari. Vedi quel signore laggiù?», lo indica con il mento. Annuisco. «Lui è il mio peggior nemico. Sto cercando di capire cosa abbia in mente per la prossima causa che dovrò affrontare in tivù a breve. E vedi quella donna accanto a quell'uomo basso? Lei sta fregando tutti e sto cercando di inchiodarla. Ecco perché vengo a queste feste Emma. Se era una bella notizia dovresti sorridere no?», mi fa fare ancora una giravolta poi mi trascina verso il bar.
Mi concedo un prosecco e cerco di tenere a bada i pensieri che iniziano a circolare dentro la mia testa. Una donna grassa si avvicina e richiede l'attenzione di Parker ignorandomi del tutto. Che stronza! Iniziano a parlare di affari ed io mi isolo ancora una volta scostandomi.
«Mi scusi ma la mia compagna ha la priorità sugli affari questa sera. Se vuole un consulto, passi dal mio ufficio lunedì», taglia corto avvicinandosi a grandi falcate. Non mi aspettavo una simile risposta da parte sua.
«Possiamo andare», poggia una mano sulla mia schiena e usciamo dalla villa senza discutere e senza salutare. Sono sollevata di andare via, ancora un paio di minuti e mi sarei chiusa ulteriormente.
«Devi tornare a casa?», domanda mentre saliamo in auto. Ha una espressione incerta dipinta in viso. Cosa lo turba?
«Non necessariamente», sorrido timida di fronte al suo sguardo indagatore. Non voglio che inizi a fare domande.
«Ti andrebbe un gelato?»
«No, grazie», fisso fuori dal finestrino.
«No?», sembra che abbia appena ricevuto un colpo. Non è abituato al rifiuto ma io non sono una lecchina e se dico che non mi va del gelato è perché lo penso. Inoltre, se metto qualcosa dentro lo stomaco, con il groviglio che sento, non rischio di sentirmi male. Non è quello che voglio in questo momento.
«No», lo sfido.
Contrae la mascella e porta le dita sulle labbra. Un gesto che fa spesso quando cerca di trovare una qualche strategia. Mi vede come una sfida in questo momento, ne sono sicura e lo conferma il suo sguardo.
«Non ti va un gelato? Sul serio? Ed io che volevo portarti da Jo!», sorrise sbalordito.
«Mi dispiace per Jo ma non ho voglia di un gelato in questo momento.» Incrocio le braccia.
Parker storce le labbra. I suoi occhi chiari lampeggiano. Lo specchietto dell'auto si abbassa e l'autista in tono formale domanda dove deve portarci.
«Ci porti al parco», dico senza tante cerimonie.
Parker sembra stupito ma non fa obiezioni e quando la macchina si ferma, non attendo il suo aiuto ed esco. Sono sempre stata autonoma in tutto e non voglio più dovere dipendere da qualcuno. Non dopo quello che mi è successo.
Parker mi segue perso nei suoi pensieri. Trovo posto su di una panchina e alzo il viso verso il cielo pieno di stelle. L'aria è piacevolmente fresca.
Sento i suoi occhi puntati addosso e quando mi volto nella sua direzione, mi sta sorridendo e le sue dita scostano una ciocca dei miei capelli dietro l'orecchio. Il suo tocco è delicato e mi ritrovo ad arrossire.
«Non ti piacciono le attenzioni vero?», si protende con un braccio dietro le mie spalle sulla panchina e il viso a poca distanza.
«Non voglio abituarmi di nuovo a certe attenzioni», fisso la piccola fontana davanti. Per un momento mi perdo nel passato ma cerco di riscuotermi in fretta.
«Sei indipendente. Mi piace questo tuo lato.» Si rialza e mi porge la sua mano. Il suo sguardo sincero mi fa ammorbidire un po'. Poggio la mia mano sulla sua e le sue dita si intrecciano alle mie. Mi blocco un momento e provo a non pensare, a non ricordare dove ho già vissuto una situazione simile.
Passeggiamo mano nella mano sul piccolo viale acciottolato. Non è esattamente un comportamento normale, lo so, ma è una serata meravigliosamente tranquilla ed io credo di essere in pace con il mondo. Forse per la prima volta, mi trovo nel posto giusto.
Dopo essermi fatta convincere a prendere un drink, mi riporta a casa. Insiste per accompagnarmi davanti la porta del mio appartamento e glielo lascio fare.
«Davvero non c'era bisogno...», dondolo sui talloni e fisso le mie mani in imbarazzo. Non mi aspettavo di certo tutte queste premure da parte sua.
«Perché vivi in questo posto? Non puoi permetterti un appuntamento migliore? La paga non è sufficiente?», sembra stordito.
Apro la porta. «Questo appartamento rispecchia le mie esigenze.» Mi stringo nelle spalle.
«Non hai paura che qualcuno possa disturbarti? Non so, dei ragazzi sbronzi o quei barboni in fondo alla strada...»
«Ho tutto sotto controllo capo!», sorrido.
«Ok. Beh, buona notte Emma», indugia sulla soglia.
«Vuoi un bicchiere di vino? Non è come quello della cena ma credo vada bene lo stesso», sono insicura. Non so come ci si comporta in queste circostanze e principalmente dopo avere passato una serata con il proprio capo.
«Sarà per un'altra volta. A lunedì», poggia le sue labbra sulla mia guancia e se ne va.
Rimango sulla soglia stordita fino a quando non lo vedo sparire dalle scale. La guancia dove ha poggiato le labbra, pizzica piacevolmente.
Corro subito in casa e chiamo Lexa. Ho bisogno del suo aiuto e so che non risparmierà le sue critiche.
Si presenta cinque minuti dopo sulla soglia con una bottiglia di vodka e l'espressione di chi ha bisogno di un riassunto ricco di particolari. Come si fa a non volerle bene?
Rimaniamo a parlare fino a tardi. Le dico della chiamata di Lucy, della cena, delle donne che ci fissavano, del parco, del bacio sulla guancia.
«Credi che Lucy si sia resa conto della tua reazione?»
Faccio spallucce, «non lo so. Era così contenta ed io invece stavo per scoppiare in lacrime», scuoto la testa e sbuffo.
«E se ti chiede di andare al matrimonio? E se li trovi tu sai chi?»
Questa è proprio una bella domanda. Cosa farei? «Non credo di volere pensare a questa eventualità Lexa. E' già difficile parlarle ancora dopo mesi e fare finta di niente.»
Lexa mi abbraccia e per distrarmi si lancia in uno dei suoi racconti sulla serata passata con le ragazze del set fotografico.
«Dovrai aiutarmi questo sabato. Sei anche piaciuta alle ragazze e sai come sono le modelle», ridacchia notando la mia espressione torva.

N/A:
~ Ehy! Come sempre spero vi sia piaciuto anche questo capitolo. Come vedete, Ethan e Emma, stanno provando a vivere la loro vita divisi. Da una parte c'è Ethan ancora a New York, dall'altra Emma a Vancouver. Cosa succederà secondo voi? Si rivedranno? Vi piace Parker?
Per chi se lo stesse chiedendo, la canzone Lost è quella di Skin. Se vi va, ascoltatela! Bacioni!!! - Giorgina ~

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