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~ Ethan's POV:

Sono le sette del mattino. Non ho chiuso occhio per tutta la notte, sono sfinito. Tara si è sentita male e ho dovuto portarla in ospedale. I medici hanno tentato di rassicurarla. La bambina inizia a posizionarsi ed è normale che ogni tanto scalci. Non manca molto e quel tic toc giornaliero, sembra avvicinarsi sempre più. La bambina nascerà dopo il matrimonio di Anya. Non sappiamo ancora con esattezza la data del parto perché deciderà tutto la natura. Spero solo che non rovini proprio quel giorno perché non ho intenzione di perdermi la visione della mia bellissima Emma.
Non so ancora se andrò al matrimonio di Lucy. Sono ancora parecchio arrabbiato con quella donna. Ha trovato proprio un gran modo per salutare la sua amica. Chissà cosa penserà non appena lo saprà!
Passo una mano sul viso e torno a stendermi sul divano mentre Tara dorme tranquilla nel mio letto.

In casa di punto in bianco si sente un rumore e mi alzo di scatto. Devo essermi addormentato perché fuori è quasi sera. Anche Tara mi fissa allarmata mentre posa una mano sul pancione. «Rimani qui, vado a controllare!»
Scendo a passo felpato le scale a chiocciola poi sento delle piccole imprecazioni provenienti dalla stanza di mio padre.
Provo uno strano senso di sollievo quando capisco che a provocare il frastuono è stato lui perché per un momento, ho avuto paura di dovere beccare in flagrante dei ladri in casa. Avrebbero rischiato grosso, questo è certo.
Trovo papà a terra mentre tenta di raggiungere il letto. Mi affretto ad aiutarlo ma nervoso scaccia via le mie mani riuscendo con una strana forza a rimettersi a sistemarsi sulla coperta.
«Che cosa volevi fare?», domando preoccupato.
«Volevo alzarmi», sbuffa con le dita sull'attaccatura del naso. Un gesto che fa quando è nervoso. Siedo sul bordo del letto accanto a lui passandogli gli occhiali.
«Ti sei fatto male?»
«Tu no?» scrolla le mani e poi sbuffa. «Mi dispiace».
Lancio uno sguardo alla sua scrivania piena di fogli e noto la cartella del medico. Corro subito a prenderla e impallidisco. «Quando?» balbetto quasi.
«Mi hanno detto che non c'è speranza ieri», mormora sistemando le gambe sotto le coperte. «Quell'incidente ha proprio fatto un gran danno eh? Ricordo ancora quando mi svegliai...», scuote la testa con occhi velati di tristezza.
Un giorno era in ritardo. Doveva passare a prendermi da scuola e poi doveva lasciare Anya a lezione di canto.
Daniel Evans è sempre stato un uomo pratico e dedito al lavoro, alle sue stratosferiche invenzioni in fatto di protesi in titanio e attrezzature per disabili. Chi avrebbe mai detto che quel giorno avrebbe perso qualcosa di importante anche lui?
Non aveva mai tempo da perdere. Il matrimonio con mia madre stava andando a rotoli. Non era poi così presente in casa ma quel giorno, aveva promesso che sarebbe passato. Aspettai e aspettai per circa due ore ma di lui non c'era nessuna traccia. Strinsi la mano di Anya e iniziammo a camminare per le strade affollate verso la scuola di canto. Ricordavo il percorso a piedi. Mi era sempre piaciuto contare i passi e ritrovarmi a destinazione. Quel giorno, resi felice mia sorella e rimasi con lei per tutto il tempo nonostante la voglia di uscire da quel mortorio di note stonate e continui esercizi fosse tanta.
Mamma chiamò preoccupata prima a scuola poi l'insegnante di canto il quale le assicuro' che io e mia sorella stavamo bene ma di mio padre non c'era nessuna traccia.
Credo sia stato uno dei giorni più brutti della mia vita. Mamma corse a prenderci preoccupata e tornammo a casa. Più le ore passavano più era nervosa e tesa. Ricordo ancora come sgridò Anya quando questa rovescio per sbaglio a terra un bicchiere d'acqua.
Di punto in bianco, sentimmo bussare alla porta. «Rimanete qui con il nonno», ci disse.
Sentii qualche straccio di conversazione dal sontuoso soggiorno poi l'urlo agghiacciante di mia madre seguito dalla corsa di mio nonno verso l'entrata. Andai a sbirciare, curioso com'ero di capire cosa stesse succedendo.
Nonno reggeva mamma mentre piangeva rannicchiata contro il suo petto per terra. «È finita!», continuava a mormorare tirando su con il naso. «Questa volta è finita!»
Mio padre, il brillante Daniel Evans, aveva subito un bruttissimo incidente all'uscita dall'ufficio. Lui distratto per il ritardo e per avere dimenticato i figli a scuola, il conducente per essere stato disattento e qualcuno ha anche affermato "in pessimo stato"; da quel giorno le nostre vite sono cambiate. Papà si è risvegliato dal coma dopo mesi e non si è più rialzato dalla sedia a rotelle, mamma lo ha lasciato ed entrambi hanno tentato di crearsi una nuova vita.
«Tutto bene figliolo?» il suo sguardo attento mi fa capire di essermi perso. I ricordi sono come dei post-it appesi sulle pareti del cuore. Ricordare non è dimenticare ma rivivere qualcosa depositatosi nel profondo del cuore per troppo tempo.
«Si, si. Ti preparo una tisana», dico rialzandomi dal letto e incamminandomi verso la cucina. Trovo Tara sulle scale. Sembra davvero allarmata. «Mio padre è caduto. Torna pure a dormire», la rassicuro.
«Posso avere un po' di tisana anch'io prima?»
Annuisco. «Rimettiti a letto, arrivo subito».
Sale due gradini poi si volta. «Sai che non avrò scelta vero?»
Spalanco gli occhi mentre me ne sto di spalle intento a preparare delle tisane. Questa strana affermazione anche se fatta a domanda, mi fa rizzare i peli sulla nuca. Che cosa significa?
Mi volto ma lei è già al piano di sopra. Mordo le guance porto la tazza fumante a mio padre che se ne sta con il tablet in mano e dopo averlo salutato, richiudo la porta della sua camera e salgo al piano di sopra. Poso la tazza sul comodino ma Tara sembra essersi addormentata.
Le sue parole, iniziano a rimbombarmi dentro come stilettate. "Sai che non avrò scelta vero?"
Il telefono segna una notifica. Sblocco lo schermo e trovo messaggi e chiamate. Che lei abbia visto chi mi stia chiamando? Che abbia notato il numero di TJ?
Spero proprio di no! Sarebbe una situazione davvero complicata da gestire più di quanto già non sia.
Seth mi invita a passare una serata con loro. Non vedo Irina, Patricia e Josh da un bel po' di tempo. Loro sono stati impegnati tra viaggi e lavoro mentre io... Beh, sanno tutti che cosa ho dovuto affrontare.
Prendo il mio bolide e sfreccio tra le strade di New York. I grattacieli già da quest'ora, sembrano quasi mimetizzarsi nell'ombra dell'oscurità. New York sta per essere avvolta nel manto della notte.

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