~ Stay High ~

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~Emma's POV:

Seduta al tavolo con Lexa, pianifichiamo il nostro soggiorno a New York. Ammetto di essere ansiosa per le settimane che passerò lì e non sarà affatto facile gestire le emozioni e i ricordi che tengo dentro di quel posto. Ho già sistemato tutto in ufficio: io e Parker lavoreremo a distanza con il portatile. Ci vogliono delle distrazioni e quindi con la mia amica, stiamo trovando qualcosa da fare per i giorni liberi in modo tale da non dovere accettare altri inviti, ritrovandoci in situazioni difficili o imbarazzanti.
Lucy vuole l'addio al nubilato quindi ho dovuto organizzare qualcosa per lei al locale e ho già chiesto a Max di sistemare la sala senza che se ne accorga. Era parecchio felice di sentirmi e di programmare qualcosa di diverso dai soliti compleanni. Anche Anya vuole una festa quindi grazie a Lexa e alla sua esperienza abbiamo messo giù qualche idea per differenziare le due serate e divertirci.
La mia amica, ha deciso di accompagnarmi subito e di non aspettare il matrimonio di Anya per raggiungermi a New York. Ha addirittura invitato David con lei visto che c'è un posto libero in aereo e anche al tavolo per il ricevimento e lui ha accettato. È strano vederlo così gentile nei nostri confronti. Da quando ho dato il pugno ha Red, sembra che io le stia più simpatica. Forse si sentiva in competizione ma lui è il capo del locale e non si è mai degnato fino ad ora di fare conversazione con noi, sue clienti abituali. Tutto è cambiato, si è evoluto. Red è sparito dopo essersi licenziato, David ha trovato un nuovo barman e ha dato un lavoro regolare al fratello di Lexa, che dopo l'aggressione, sembra avere messo la testa apposto.
«Ho trovato due abiti niente male», dice entusiasta mostrandomi le foto così come le ultime fatte al servizio fotografico nei giorni precedenti. È bellissima, sia dentro che fuori, non c'è altro da aggiungere.
«Sicura di stare bene?»
Annuisco facendo tintinnare il ghiaccio dentro il bicchiere. In realtà sto male. Non credo di essere pronta ad un viaggio del genere ma devo farlo e poi devo andare avanti per la mia strada. Saranno solo due matrimoni, due giornate da passare con un sorriso stampato in viso. Continuo a ripetermi questo mentre le ore passano e il giorno della partenza si avvicina.
«A me non sembra», fa cenno a David di riempirci nuovamente i bicchieri.
Lo so che con l'alcol non si possono riempire i vuoti che si hanno dentro al cuore. E so anche che l'alcol non può risolvere i drammi e tutto il resto, ma per un momento potrebbe farmi rilassare.
Beviamo continuando a parlare e programmare. Beviamo e continuiamo a fare finta che tutto vada bene. Beviamo e dimentichiamo di tutto il resto.
«Davvero non ti sei accorta che continua a farti gli occhioni?»
Scuoto la testa e trattengo una risata. «Impossibile», biascico.
«Emma, sei proprio una ragazza ingenua. Ti mangia con gli occhi dalla prima sera che ti ho portata in questo posto! Ha accettato il mio invito solo per potere vedere te, fidati!», biascica convinta.
«Ma non è vero! Ti ha sempre guardato quando stavi con Red e ti ricordo che ha anche offerto il lavoro a tuo fratello. Più prova di questa...», sorseggio altra vodka. Inizio a sentirmi stordita.
Lexa sembra rifletterci su un momento poi arrossisce con occhi sognanti e un sorrisetto da stupida sulle labbra. Fa uno strano gesto con le dita mentre tiene per aria il bicchiere e poi lo svuota riempiendolo nuovamente fino all'orlo. «Glielo chiederemo!», conclude convinta e so che lo farà.
Un tempo avrei rifiutato di bere alcol. Non solo per quello che è successo ai miei genitori. Avrei giudicato sbagliato un simile comportamento ma una volta tanto, accanto ad un'amica, non fa male perdersi e divertirsi.

Fisso Lexa intenta a conversare con David al bancone. Sembra essersi ripresa in fretta dalla delusione amorosa. È una ragazza così forte e così solare. La ammiro e le voglio un bene incondizionato. Solo io continuo a farmi le paranoie...
«Da quanto non fate sesso?», domanda di punto in bianco seria.
Mi riscuoto dalla bolla. Gira tutto e ho la vista appannata dall'alcol. «Qualche settimana», biascico.
«Fino a quando?», sembra divertita.
«Fino al matrimonio di Lucy. Sta andando così bene e ho paura...». Inizio a sentire caldo e mi sventolo con la mano.
«Siete strani voi due! Io avrei dato di matto e sto dando di matto! Ho bisogno di sentirmi viva lì sotto, ho bisogno di divertirmi e provare quel fuoco della passione, capisci?»
Faccio una smorfia disgustata. «Lexa!», la rimprovero divertita.
«Sei una santarellina apparente lo sai?», mi lancia un chicco di ghiaccio.
Rido forte e metto la mano sulla bocca perchè molti dei clienti al bancone si girano e alzano i loro calici pieni di coraggio liquido nella nostra direzione.
«No, cerco di rispettare una certa privacy e non spiattellare al mondo che ho bisogno di fare sesso!», biascico.
Ridacchia e riempie ancora i bicchierini svuotando la bottiglia per fare l'ultimo brindisi.
«Ci viene a prendere?»
«Non so dove sia», dico mentre ci avviamo all'uscita. Quando ho detto a Parker che sarei uscita con Lexa, non ha obiettato. Non so cosa stia facendo e non voglio disturbarlo. In realtà, ho lasciato il telefono a casa.
«Ehi, non vi lascio andare da sole in questo stato». David si fa avanti con un mazzo di chiavi tra le mani.
Lascio che Lexa prenda posto davanti e mi rannicchio dietro. Durante il tragitto, li sento chiacchierare e ridere ma non presto molta attenzione perché sono frastornata dall'alcol e ho proprio voglia di dormire.
Quando l'auto si ferma di fronte al mio palazzo, faccio fatica a scendere e in ascensore ho una strana sensazione sulla bocca dello stomaco. Lexa ha deciso di farsi lasciare a casa sua quindi sono sola.
Mi fanno male i piedi, barcollo nel corridoio e cado sui miei stessi passi facendomi male. Gira tutto e scoppio a ridere come una ragazzina tappando la bocca per non fare troppo rumore. Il vicino potrebbe insospettirsi. Cerco di rialzarmi e il dolore alla gamba aumenta mentre mi avvicino alla porta. Per poco non mi viene un infarto, perché vi trovo Parker appoggiato.
Drizzo le spalle ma sono troppo ubriaca per muovermi con disinvoltura e grazia. Sembro più uno Pterodattilo ubriaco.
«Dove sei stata?» chiede in tono calmo, troppo calmo. «Ti ho cercata per ore. Dove diavolo hai il telefono?», i suoi occhi si fanno seri.
«Shhh», poggio due dita contro le sue labbra per farlo smettere. Cerco le chiavi dentro la borsa e apro la porta, poi barcollo verso la mia stanza.
Parker mi segue chiaramente arrabbiato e segue con sguardo attento ogni mio movimento scoordinato. Lo so che sta morendo dalla voglia di farmi la ramanzina ma è troppo preoccupato per il mio stato per aprire bocca. Non si tratterrà ancora per molto.
Mi spoglio apposta davanti a lui, senza il minimo imbarazzo. Mi piace sempre come mi guarda anche quando è arrabbiato. Mi piace il modo in cui i suoi occhi si incendiano e le sue pupille si dilatano, il modo in cui le labbra si schiudono leggermente e le sue mani fremono dalla voglia di toccarmi. Sembra banale ma inizio a conoscerlo nei dettagli e questo mi permette di sperimentare cose nuove quando mi ritrovo da sola con lui.
Mi siedo con i piedi sotto il sedere sul letto e gli faccio cenno di avvicinarsi ma si siede a distanza con sguardo freddo e contrariato. Mi abbraccio prima di rannicchiarmi contro il suo petto. Inizialmente ho paura che possa rifiutarmi ma quando le sue braccia mi avvolgono ogni dubbio si dissipa.
«Sei arrabbiato con me?», gioco con il bordo della sua maglietta.
«Perché sei sparita per ore e ti ritrovo ubriaca? Si, tanto. E' un comportamento da immaturi. Poteva succedere di tutto...»
Lo stringo in un abbraccio con le labbra vicino al suo collo. «Tanto tanto?», la testa gira tremendamente.
«Hmm Hmm», poggia le labbra sulla mia testa. La sua mano carezza la mia schiena.
Lo trascino su di me tenendo stretta la mano sul suo viso. «Avevo bisogno di non pensare», mormoro contro le sue labbra. Non so se sia vero tutto questo perchè mi sento confusa.
«E ci sei riuscita?», inarca un sopracciglio spostando il viso per guardarmi.
Mordo il labbro e faccio di no con la testa. Bere non mi ha aiutato affatto. Ha solo peggiorato ogni cosa. Ogni sensazione, ogni pensiero: è amplificato.
«Togli i vestiti!»
Non protesta. Sfila la maglietta e sbottona i pantaloni poi si alza e sistema tutto nella poltrona. Mi alzo malamente e lo trascino con me dentro la doccia dopo essermi spogliata a mia volta. Lo abbraccio e rimaniamo così, sotto il getto dell'acqua, per un po' in silenzio.
«Lo so che sei ancora arrabbiato...»
Alza il mio viso con le dita sotto il mento e mi fissa intensamente. Le sue dita carezzano le mie labbra e il mio corpo ha uno strano spasmo. Tocco il suo petto e vengo attirata dalla sua mano dietro la schiena. Alzo le punte e le nostre labbra si sfiorano.
«Voglio solo che tu non stia male...», preme il mio corpo contro le piastrelle fredde. Vengo attraversata da un brivido violento quando la sua mano solleva la mia coscia e le sue labbra percorrono tutto il mio collo mordendo e succhiando la pelle sensibile. «Non voglio che tu beva così tanto quando io non ci sono perché non posso proteggerti...», si impossessa della mia bocca e la sua lingua si fa strada trovando subito la mia. Mi stringe a sé sempre più forte fino a quando non ci stacchiamo senza fiato.
Dopo esserci asciugati, ci stendiamo sul letto e mi accoccolo su di lui. «Ho paura di partire e perdere tutto questo».
Le sue dita si intrecciano alle mie e le osserva. «Affronteremo tutto insieme ok?»
La nausea sale improvvisamente. Annuisco e corro in bagno. Vomito tutto l'alcol che ho in corpo. Parker mi aiuta senza battere ciglio e con una calma impressionante. Lavo i denti mentre lui se ne sta a braccia conserte contro lo stipite della porta con sguardo fisso.
«Non ti merito», lo abbraccio per la vita.
Indietreggia verso il letto senza dire niente. Mi fa sedere e mi passa un bicchiere di spremuta e della cioccolata. Sta attento ad ogni cosa, ad ogni mio gesto, con premurosa cura. Attende che io abbia finito per stringermi a sé e spegnere la luce. Sono un po' in imbarazzo per il mio pessimo comportamento e sono anche molto stanca. Le palpebre iniziano ad appesantirsi e il corpo si adatta al materasso.
«Parker?»
«Si?»
«Grazie, perché sei mio...»

N/A:
~ Ho sempre pensato che l'essere umano sia scostante e imperfetto. A volte capita di sentirsi come un errore di fabbrica e per un dettaglio insignificante, un piccolo difetto inutile, pensiamo di non andare bene. In questi momenti, quando ci sentiamo abbastanza di pessimo umore, tendiamo a demolire le emozioni e ad allontanarci dalle persone perché ci sentiamo "non all'altezza". È bello trovare quel qualcuno in grado di capirci al volo. Quel qualcuno che non ha bisogno di parole per capire il nostro stato d'animo. Quel qualcuno in grado di amarci per i nostri difetti, per quel dettaglio o errore di fabbrica insignificante...
Nel caso di Emma, penso non sia facile dimenticare Ethan perché con il tempo è riuscito ad insinuarsi sotto pelle, in ogni suo pensiero, perché lui è in parte responsabile di ciò che prova quando pensa al suo ritorno a New York. Ha paura di dovere rivedere quei due occhi azzurri che l'hanno incantata e tenuta sveglia per mesi. Ha paura di riprovare forti emozioni. Ha paura di sentirsi confusa. Ha paura di vederlo felice, senza di lei... Ma soprattutto: ha paura di perdere quello che ha sempre desiderato e che ha trovato a Vancouver: la serenità.
Ps: scusate per gli "orrori". Piccola sorpresa per voi!!! ❤️

#EMKER ❤️ (adoro il suo sorriso)

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