Disinnescare

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T

Mi svegliai nel letto di Gabe e lo trovai ancora addormentato. Avrei voluto essere felice in quel momento ma non lo ero per niente. Le confessioni della sera prima erano lì, turbinando velocissime mentre mi alzavo piano per non svegliarlo.
Andai in bagno e mi feci una bella doccia calda. Potevo ancora sentire le sue mani su di me, così come i suoi baci. Mi aveva marchiata e mi sarei portata questa sensazione con me per tutta la vita. Gabe era troppo in tutto. Aveva questo dono innato di far sentire l'altra persona completa, di sapersi dare completamente senza risparmiarsi mai. C'era solo un problema, i suoi demoni erano lì, in attesa. Gabe era una bomba a orologeria. Ora mi era chiaro il perché di tutte le volte in cui era scattato in quei modi bruschi e preoccupanti. Non aveva ricevuto quello che i bambini della sua età hanno, ciò di cui hanno più bisogno e questo lo ha incasinato ancora di più incontrando me. Mi era chiaro come il sole che per lui ormai ero importante. La confessione di ieri mi ha lasciata raggiante di felicità per le cose che mi ha detto certo ma anche molto turbata. Il rapporto con i suoi..suo padre era diventato un mostro e lui ha paura di fare la stessa fine.
Uscì dalla doccia e mi guardai allo specchio. Ero furiosa. Se avessi avuto i suoi genitori a portata di mano non so cosa avrei fatto! Come si può picchiare un bambino, rovinargli l'esistenza e aspettarsi poi qualcosa? È logico che lui non voglia più avere a che fare con loro. Non sono degni di essere chiamati genitori, persino sapere che condivido la stessa aria con quella donna mi fa ribrezzo. Mi cambiai e andai in cucina a preparare la colazione. Tra pochi giorni sarei tornata a lavoro finalmente. Mi mancava poter avere i miei spazi, la mia indipendenza.
Mentre pensavo a tutte le cose che avrei ripreso a fare, squillò il telefono.
Sobbalzai, spaventata. "- Maledizione!!-"
Esclamai mentre andavo a rispondere.
-" Pronto?-"
-" Quindi sei ancora lì...-"
Sua madre. Imprecai mentalmente e mi salì una rabbia accecante.
-" Si signora, sono ancora quì e non ho intenzione di starla a sentire. -"
Ci fù un momento di silenzio.
-" Te lo ha detto vero?-"
Feci finta di niente.
-" Cosa mi ha detto?-"
Altro momento di silenzio.
-" La situazione in cui è cresciuto.-"
Il modo in cui disse "situazione" mi fece ancora più rabbia.
-" Non so a cosa si sta riferendo signora, quale situazione?-"
Lei non disse nulla, ci fù solo silenzio.
Cominciavo davvero a non poterne più.
-" Senta ora devo andare, dirò a Gabe che ha chiamato. Buona giornata!-"
E attaccai.
Ero incazzata, aveva paura che suo figlio parlasse o che la sua reputazione potesse essere compromessa? A giudicare dal tono di voce penso più la seconda. Che donna terribile. Poi controllarmi, riprendermi, ma come si permette, non è mica mia madre! E nemmeno mia madre si comportebbe così.
Ero talmente assorta che non mi accorsi della presenza di qualcuno in cucina.
Mi accanì sui cuscini e cominciai a picchiarli. Sentì una risata soffocata e quando mi girai, beccai lo stronzo appoggiato allo stipite della porta, senza maglietta e con un asciugamano in vita.
Capelli scompigliati, occhi luminosi. Il ritratto di Gabe era di un uomo felice, come un ragazzo normalissimo. Non lo avevo mai visto cosi sereno, come un ragazzone della sua età.
La salivazione mi mancò di colpo per quanto era illegale in quel momento.
-" Ricordarmi di non farti arrabbiare pinguino!-" Mi prese in giro. Adoravo quando era giocoso ma questo lui non doveva saperlo. Non volevo ancora sbilanciarmi troppo perché avevo una gran paura del suo atteggiamento. Ne avremo parlato a tempo debito, questo me lo promisi. Gabe andava aiutato e non ero certo io la persona più qualificata per farlo.
Presi uno dei due cuscini e glielo lanciai.
Lui lo schivò con classe.
-" Che mira orribile hai, sei sempre stata una frana, specialmente in palestra!-"
Su quello non potevo ribattere ma la linguaccia gliela feci lo stesso.
Lui rise e si avvicinò. Mi girai, dandogli le spalle e me lo ritrovai a fianco.
Sentivo il suo sguardo addosso mentre si lavava le mani.
Mi concentrai su quello che stavo facendo quando a un certo punto, mi ritrovai le sue mani sul mio didietro.
Mi sentì una morsa allo stomaco e mi mancò per un attimo l'aria.
Girai la testa verso di lui interdetta: -" Scusamii?-"
Lui mi guardò ridendo: -" Non trovavo lo strofinaccio!"-
-" Beh, non potevi prendere i tovaglioli sul tavolo?-"
-" No la carta mi si appiccica sulle mani.-"
-" ...che è un pò quello che tu stai facendo ora non credi?-"
Lui mi strizzò di nuovo i glutei.
-" Preferisco di gran lunga quando sono appiccicato a te pinguino!"-
Mi dice allusivamente e mi sorride malizioso.
Lascia la presa quando sentiamo il campanello.
Ci guardiamo e per un attimo penso di sapere chi sia.
Gabe va verso la porta ed io lo seguo.
Quando guarda dallo spioncino, vedo la sua schiena irridirsi di colpo.
Quanto mi vorrei sbagliare certe volte!!
Apre la porta e sua madre è lì, in tutto il suo non splendore. Lo supera senza dire nulla e viene dritta verso di me togliendosi gli occhiali da sole.
Quando mi raggiunge, si mette davanti e mi fissa negli occhi, freddamente.
Provo a dire qualcosa ma lei non me lo permette perché mi parla sopra.
-" Non ti aspettavi di vedermi quì immagino, vero signorina?
Devo parlare con mio figlio!"-
Si gira verso di lui.
-" Da soli!"-
Gabe non dice nulla, la guarda freddamente.
Io senza nemmeno fiatare mi allontano ma mi blocco di colpo quando lo sento parlare.
-" No lei non si muove. Tutto quello che mi devi dire lo puoi dire davanti a lei!"-
Mi giro a guardarlo e nel suo sguardo vedo chiaramente il suo bisogno di me. Non fiato mentre sua madre mi riguarda freddamente con gli occhi socchiusi, studiandomi.
Poi si dirige verso il salotto e noi facciamo altrettanto.
Lei si siede sulla poltrincina e io sul bracciolo del divano, con Gabe vicino a me. Noto subito la sua postura ancora rigida, quasi come se fosse subentrata la sua personalità più stronza, la sua maschera. Poi mi prende la mano e sua madre lo nota. Sono grata che non noti quanto in questo momento sia agitata io.
-" Dunque... cosa vuoi mamma?"-
Esordisce lui senza tanti complimenti.
-" Sono venuta perché non rispondi al telefono e la questione non può più aspettare. La società di tuo padre è passata a me dopo la sua morte. I soci sono scontenti delle perdite dell'azienda di tuo nonno. Hanno indetto un'assemblea ed è stato deciso che qualcun'altro prenda il suo posto...
Ci vuole nuova linfa dicono, vogliono qualcuno che è stato cresciuto con la determinazione e l'educazione necessaria per intraprendere questo compito o saremo noi ad andare in bancarotta!'-
Seguì un silenzio tombale.
Ero allibita! Gabe proprietario dell'azienda di suo nonno?
Sentivo la sua mano stritolarmi e per poco non la levai.
-" Che sdidetta...andrete tutti nei casini e perderete i vostri soldi. Sono davvero amareggiato!'-
Ma era chiaro che lui non lo era affatto. Il sarcasmo grondava da tutte le parti.
Sua madre scattò dalla poltrona.
-" Tu non capisci! Hanno minacciato di spartirsi l'azienda, di liquidarci e riassorbire le azioni di tuo padre. Distruggeranno tutto ciò che tuo padre e tuo nonno hanno costruito. Non ti importa di vedermi crollare?-"
Lui guardò sua madre senza un briciolo di empatia. Solo io notai nella sua mano un sussulto. Gabe si stava trattenendo.
-" No mamma, non vedo perché dovrei rimediare io ai tuoi casini.-"
-" Sul testamento che ha lasciato tuo padre c'è scritto il tuo nome in caso di una sua dipartita. Non puoi più tirarti indietro. Tu hai il potere di risollevare l'azienda. Solo tu.-"
Lui lasciò la mia presa e si alzò.
Si voltò dandoci le spalle..
-" Non puoi farlo mamma. Non mi interessa far parte del vostro sistema, non sono mai stato interessato. È una cosa che volevate tu e papà. Non io.
Io non centro nulla con voi.-"
-"Gabriel per l'amor del cielo! Sei nostro figlio. Il tuo sangue scorre nelle mie viene. In quelle di tuo nonno. Non puoi agire così!!-" disse lei alzandosi e raggiungendolo.
Fu allora che lo vidi esplodere.
-" Ora sono tuo figlio vero? E dov'eri quando papà mi picchiava! Quando nonno lo trattava di merda, quando mi sono sentito inutile, senza amore, come un essere inesistente! Dove cazzo eri mamma quando piangevo nella mia stanza di notte e desideravo di non essere mai nato!! IO non ti devo nulla!-"
Si avvicinò a sua madre a pochi centimetri dal suo naso.
-" Tuo padre era malato, ho fatto quello che ritengo più giusto!-"
-" Lasciandomi solo e indifeso in attesa di nuove punizioni? Papà andava curato, vi siete tutti sentiti in diritto di fregarvene e ora questo è il risultato. Questa è la conseguenza delle vostre azioni!-"
Sua madre provò a prendergli la mano ma lui la schivò.
-" Figliolo ascolta, io avevo le mani legate! Tuo nonno non vol..-"
-" Non me ne frega un cazzo di cosa volesse o non volesse mio nonno! Avete continuato a chinare la testa e a fare finta di niente! Il solo fatto di condividere lo stesso sangue mi fa schifo.-"
Fu allora che arrivò lo schiaffo.
Seguì un silenzio tombale. Ero pietrificata.
-" Non ti permetto di parlarmi in questo modo. Io sono tua madre e questo non potrai mai cancellarlo.-"
Lui si girò e la guardò negli occhi. Le mani tremavano leggermente e solo io lo notai.
-" Magari potessi farlo mamma!-"
Lo disse così piano che pensai di averlo sentito solo io, poi lei si avviò verso la porta ma non prima di chiudere il discorso.
-" Ti aspetto in ufficio lunedì. Questa faccenda è seria Gabriel, non puoi sottrarti... ne va della nostra vita.-"
Lo disse in tono disperato, come se da questo potesse succedere davvero una tragedia. La cosa mi turbò. Stava davvero raccontando tutta la verità? Era terrorizzata e la cosa mi fece tremare.
Poi il suo sguardo si incupì e si girò verso di me.
-" Mi farò viva, arrivederci signorina!"-
Detto questo, girò i tacchi, aprì la porta e se ne andò, senza darmi possibilità di replicare.
Rimanemmo in silenzio, non osai fiatare finché lui non si mosse e spazzò via tutto quello che c'era sul mobiletto del soggiorno. Si ruppe una lampada e un grido di frustrazione uscì dalla sua gola.
Mi fece accapponare la pelle.
In quel momento vidi ancora di più un ragazzo intrappolato nella sua stessa famiglia, nel suo stesso sangue e non poteva scappare, i problemi sarebbero rimasti comunque.
Si inginocchiò e cominciò a rimettere a posto tutto. Lo raggiunsi e mi inginocchiai a mia volta, fissandolo.
-" No.-"
Mi disse quando vide che stavo per mettere mano sui vetri.
-" Faccio io. Voglio stare un momento solo, per favore!"-
Così feci. Mi alzai e me ne andai. Uscì sul balcone a prendere una boccata d'aria fresca. Ero provata da quello a cui avevo assistito. Può un figlio odiare la proprio madre, non provare davvero amore? E può una madre trattarlo come un essere inesistente?
In quel momento ero fiera di avere i miei genitori così com'erano e mi reputavo fortunata. Avevo vissuto una vita fin'ora sana e normale.
Erano le 22 e decisi di chiamare Sabine.
-' Ehi straniera! Come ti va?-"
-" Ehi, beh..insomma..
Tu come stai?-"
Non parlò subito, sicuramente per riflettere su quello che le ho appena detto.
-" Ti sento strana, stai bene?-"
-" No, non proprio.. è appena passata la madre di Gabe. Non so che fare Sab..
Sono così amareggiata per lui, per la vita che ha vissuto.-"
-" Te la senti di raccontami tutto?-"
E lo feci. Le dissi tutto quello che sapevo e quello che era appena successo. Avevo bisogno di sfogarmi con qualcuno e lei mi ascoltò senza giudicare, sempre in modo dolce. La adoravo.
Rimasi a parlarci per quasi un'ora, poi le augurai la buona notte.

La Mia Vita Senza TeWhere stories live. Discover now