Cena Di Famiglia - Seconda Parte

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Saverio & Ginevra

Si dice che la competizione tra fratelli e i seguenti litigi sia fisiologico. Com'era fisiologica la voglia impellente che avevo di tirargli un pugno in pieno viso ogni volta che oltrepassava il limite. Io e il mio fratellone, non eravamo mai stati complici e neanche minimamente amici. Avevamo passato l'esistenza a farci i dispetti e a fare a gara davanti a nostra madre per chi fosse il più bravo a mangiare i broccoli nel minor tempo possibile. Ovviamente, tutte cose da ragazzini, ma che avevo visto evolvere anche nell'età adulta. La stronzaggine di Nicolò, oltre ad essere un pigro mutandone, andava al di là dell'immaginario umano. Ma la cosa che lo aveva definitivamente incoronato stronzo per eccellenza, era quell'occhio malandrino sul culo di mia moglie. Diciamolo pure, il sedere di Ginevra, aveva destato da sempre la curiosità di tutti, compresa la mia quel giorno lontano a villa Smeralda. Da quando Nicolò, aveva incontrato Ginevra e il suo sedere, gli si erano riattivati i recettori del piacere. Gli stessi recettori che avevano smesso di funzionare una volta mollato dalla bibliotecaria. Da quel momento, ogni qualvolta Ginevra era nel raggio d'azione di Nicolò, i suoi occhi si deliziavano con quella visione paradisiaca. Nel corso degli anni, avevo imparato a gestire la voglia di strozzarlo grazie ai consigli zen di Ginevra e le raccomandazioni di mia madre, ma in quel contesto familiare e con la fidanzata alla sua destra, tutto andò a farsi fottere. La mia mente si era totalmente annebbiata facendomi sbottare peggio di uno squilibrato.

« Tesoro, tutto bene? », domandò mia madre, notando il mio sguardo omicida verso Nicolò.

Sbuffai sedendomi al mio posto per poi volgere lo sguardo verso mia madre. « Si mamma, tutto ok », in realtà volevo inscenare una puntata di Beautiful dove Ridge prendeva a pugni Thorne.

« Bene, avete visto Alba? Stava cercando il bagno. »

« Si Valeria, Saverio le ha indicato il bagno di bravo padrone di casa. » affermò Ginevra regalandomi un sorriso malizioso mentre sistemava il tovagliolo sulle gambe.

« Già, sono sempre ad aiutare, anche quando sono in altre faccende affaccendato. »

Le sorrisi pensando alle mie mani su di lei e a quel bacio da togliere il fiato di un attimo prima. Che lei fosse mia moglie, era un dato di fatto registrato dall'ufficiale di stato civile, ma che lei fosse mia corpo e mente, era qualcosa di ultraterreno.
Appoggiai anch'io il tovagliolo sulle gambe mentre Genoveffa faceva di nuovo il suo ingresso in salotto. Con lo sguardo basso e la disinvoltura di chi non sapeva come comportarsi, si sedette alla destra di Nicolò e alla sinistra di mio padre.
Preso da un momento di compassione verso quella ragazza che sembra uscita da un convento in Tibet, pensai bene di rompere il ghiaccio per quella visione non adatta ai minori a cui aveva fatto parte inconsapevolmente

« Quindi sei di Bergamo? », domandai porgendole il vassoio con i voulevant al salmone.

« Si, ma svolgo il mio lavoro qui a Milano. »

« Nicolò ci ha detto che lavori come infermiera al San Raffaele. » aggiunse Ginevra prendendone uno con la ricotta. La guardai stranito, data la sua riluttanza per quella prelibatezza bianca, facendomi distrarre da Genoveffa e dalla sua risposta.

« Si, lavoro come infermiera al pronto soccorso. », sorrise lei guardando verso il beniamino di casa. « È lì che ci siamo conosciuti. »

« Come mai? Avevi qualche problemino alla prostata? », ridacchiai prendendo il vassoio con le verdure in pastella.

« Faccio un lavoro pericoloso, fratellino. Può capitare di infortunarmi. Non sono tranquillo e calmo dentro uno studio con l'aria condizionata. »

« Anche il mio lavoro è pericoloso. Prova a lavorare in quello studio senza aria condizionata e con trenta gradi all'ombra. Ho avuto problemi di pressione, sai? », risi portando una carota alla bocca.

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