Tra L'incudine E Il Martello

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Dario & Mirko

Fin da quando avevo conosciuto Mirko in prima media avevo capito fin da subito che lui era un ragazzo speciale. Oltre ad essere un ragazzo dai mille pregi era anche affine a me in molte cose. Gli piaceva nuotare, adorava leggere e amava il campo della fisioterapia. Sognavano spesso di avere il nostro bel studio e i nostri pazienti che ci aspettavano nella sala d'attesa, con gli occhi pieni di speranze e che brillavano come stelle comete. Quando poi, quel sogno è diventato realtà, ci eravamo buttati a capofitto su quel progetto investendo tutto quello che avevamo e anche di più pur di farlo funzionare. Ma, come ogni sogno che si rispetti, non era stato per niente facile.

Poca gente e poco guadagno.

Mio padre si era prestato più volte, chiedendoci se volevamo un piccolo aiuto tramite i suoi "cari amici medici" , trovando sempre il mio dissenso. Avrei preferito morire pur di non dare a mio padre e alla dottoressa, la soddisfazione di chiedere il loro aiuto. E così, armati di buona volontà e di speranze riposte nelle nostre capacità, continuammo a lavorare senza sosta costruendo il nostro piccolo mondo fatto di gioie e di realizzazioni personali.

Quel passato fatto di sacrifici e di soddisfazioni, si catapultò davanti ai miei occhi non appena varcai il portoncino dello studio. Una miriade di persone affollava in ordine sparso la sala d'attesa con un curriculum in mano e gli occhi spaesati di chi stava cercando il Santo Graal. Mi guardai intorno nero di rabbia trovando gli occhi di Vanda pronti a fuggire dai miei.

« Lui, dove? », domandai torvo ricevendo come risposta solo l'indice di Vanda che indicava il nostro studio personale e un foglio con tutti i nominativi raccolti.

Strinsi la mascella come a voler impedire alla mia bocca di far uscire un imprecazioni colossale, quando fui spinto da uno dei candidati. Mi voltai verso l'individuo tutto muscoli e gel tra i capelli stringendo tra di loro le sopracciglia.

« Dove vai, belloccio? Guardate c'è una fila da rispettare. »

Guardai immediatamente verso Vanda che si fece il segno della croce sperando che non andassi di matto. Nella mia mente passò per un millesimo di secondo, la voglia di sbraitare e mandarli tutti a fanculo, ma c'era qualcosa che mi premeva ancora di piu: disintegrare Mirko.
Mi voltai dall'altra parte senza dare risposta al super palestrato, e facendomi largo tra la gente che si accalcava davanti alle porte. Presi la maniglia portandola in posizione verticale, e spingendo con la spalla dove tenevo ancora il borsone, entrai velocemente sbattendo la porta.
Guardai verso Mirko che se ne stava seduto sulla scrivania con la testa tra le mani e lo sguardo rivolto sulla scrivania.

« Da, posso spiegare. »

« Ok, spiegami le trenta persone che ci sono in sala d'attesa, e dove cazzo sono i nostri pazienti. »

« Non credevamo si sarebbero presentati in tanti. È stata un'idea presa d'impulso- »

« Credevate chi? »

« Da, non rendere tutto difficile! Non lo capisci che sono tra l'incudine e il martello? »

« L'incudine e il martello? », replicai sbattendo il foglio che avevo tra le mani sulla scrivania. « Questo è il nostro lavoro! Lavoro che ci siamo guadagnati con il nostro sudore! Questo lo capisce Claudia? »

« Non è colpa di Claudia… »

« Ah no? Perché quel "credevamo" dice il contrario. A meno che tu non abbia un alter ego con cui prendi decisioni, Claudia è l'unica che mi viene in mente. »

« Che cosa dovevo fare? Avevo le mani legate! », gridò alzandosi in piedi. « Non appena sono tornato a casa ieri ha dato di matto! Ha iniziato a gridare e a etichettarmi come uno schifoso che gli nasconde le cose! Non so chi l'abbia avvertita di questa cosa della "fisioterapista" ma la cosa l'ha fatta imbestialire. »

Tu, Che Sei Parte Di Noi Where stories live. Discover now