32. Micah

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 Mi appoggio al cofano della mia auto e osservo le nuvolette bianche del mio respiro che si alzano al cielo come spirali. Ci sono tre gradi e mezzo. Fa freddo. È il mio clima preferito in assoluto. Non so perché, ma l'inverno mi è sempre piaciuto.

Il portone di ingresso del condominio si apre e Ava sbuca dal buio, tutta infagottata. Ah, Los Angeles! Sorrido appena i nostri occhi si incrociano e le vado incontro. Spalanco le braccia e lei si tuffa senza esitare nel mio calore.

Chiudo gli occhi e inspiro a fondo il suo profumo. Mi è mancata da impazzire. Non ci vediamo da alcuni giorni. Dopo la festa di compleanno di Ethan, ho dovuto rimettermi in pari con le lezioni e gli allenamenti. Ci siamo scambiati qualche messaggio, ma non è come averla qui, di fronte a me.

<<Ehi>>, sussurro contro il suo orecchio, provocandole un brivido.

Stringe la mia giacca nei pugni. <<Ehi>>, risponde. <<Perchè mi sembra passato un secolo dall'ultima volta che ci siamo visti?>>, chiede ad alta voce.

Sorrido contro il suo collo. Allora non sono l'unico ad aver avuto questa sensazione. <<Perchè è così>>, concordo.

Si stacca dall'abbraccio e si stringe nel cappotto. <<Dove andiamo?>>.

Le strizzo l'occhio. <<Credo che ti piacerà. Ormai ho fatto conoscenza con il tuo lato competitivo>>.

<<Spero che nel posto in cui mi stai portando, ci sia il riscaldamento>>, dice tremando per il freddo.

<<Ah, Los Angeles! Fa ancora troppo caldo per morire di freddo in questo modo>>, la prendo in giro. Vedo a malapena la sua faccia sotto tutti quegli strati di sciarpa.

<<Taci! Non tutti siamo nati con queste temperature!>>.

Ridacchio mentre le apro la portiera della macchina. <<Ti ci abituerai>>. Mi zittisco di colpo però perché probabilmente non sarà così.

Faccio il giro del cofano e mi infilo dietro il volante. La spensieratezza di un attimo fa, volata fuori dal finestrino. Il fatto che ormai mi sono affezionato a lei, che passo la maggior parte del mio tempo a pensare a lei, non cambia il fatto che non resterà. E questa cosa mi fa incazzare.

È la prima ragazza per cui nutro un interesse così forte e di sicuro mi farà finire con il culo per terra. Letteralmente.

<<Qualche indizio?>>, chiede interrompendo il silenzio nell'abitacolo.

Stringo il volante un po' più forte, immettendomi nella statale che porta in centro città. <<Puoi lanciarmi una sfida, se vuoi. Sta volta però non ho intenzione di perdere>>.

Aggrotta le sopracciglia, riflettendo. <<Andiamo al Red a giocare a biliardo?>>.

Scuoto la testa. <<No, in un altro posto>>.

<<Sono coinvolte altre palle?>>, chiede. Appena si rende conto del doppio senso, arrossisce violentemente.

Getto la testa indietro e scoppio a ridere fino alle lacrime. <<Dovresti vedere la tua faccia, Los Angeles!>>.

Mi tira uno schiaffo nel braccio. <<Pervertito!>>, mi rimprovera, ma vedo che sta trattenendo la risata con tutte le forze che ha in corpo.

Il mio sorriso non accenna a diminuire. Spazza via tutte le nuvole temporalesche che avevo nella mia testa, ripensando al momento in cui sarò costretto a non vederla più. <<Sono coinvolte delle palle. Per rispondere alla tua domanda, sporcacciona>>.

Mi guarda di traverso. <<Mi sto pentendo di aver accettato di uscire con te stasera>>, borbotta. Non è davvero infastidita. Lo capisco dal luccichio divertito nel suo sguardo.

<<Non preoccuparti>>, ammicco. Non riesco a trattenermi. <<Non stiamo parlando delle mie>>.

Arrossisce di nuovo violentemente e mi pizzica, forte, un braccio. <<Sei impossibile!>>, dice offesa. Incrocia le braccia al petto e osserva il mio ghigno come se volesse cancellarmelo a suon di schiaffi.

Ok, forse me la sono cercata.

Un paio di minuti più tardi, arriviamo a destinazione e le scappa un sorrisetto. <<Bowling?>>, domanda eccitata. I suoi occhi brillano nel buio dell'abitacolo.

Annuisco. <<Ti va?>>, domando ora insicuro.

<<Certo, anche se non ci ho mai giocato>>, ammette con un'alzata di spalle.

Entriamo nella sala semi deserta e un dipendente ci accoglie. Sicuramente è uno studente del nostro College. Osserva Ava con gli occhi che a momenti gli escono dalle orbite. Eh, no. Mi piazzo fra lei e il ragazzo. <<Siamo in due>>, dico bruscamente.

Lui continua a guardare Ava alle mie spalle. <<S-Sì>>, balbetta intimidito. <<Numeri delle scarpe?>>, domanda.

Gli fornisco l'informazione e quando mi passa le scarpe, quasi gliele strappo di mano, infastidito. Mentre avanziamo verso la postazione che ci è stata assegnata, quel cretino non toglie gli occhi di dosso ad Ava.

<<Ok, cosa è appena successo?>>, domanda Ava, interrompendo il mio contatto visivo con quel tipo che non fa altro che spogliarla con gli occhi. Si piazza fra me e il bancone. Mi osserva sollevando un sopracciglio in attesa di una risposta.

<<Niente>>, ringhio.

Si morde l'angolo del labbro inferiore per non ridere. <<Sei geloso?>>, chiede sorpresa e divertita.

La fulmino con un'occhiataccia. <<No>>, mento. Certo che lo sono!

Scuotendo la testa, si siede e si cambia le scarpe. <<Dai, insegnami a giocare. Ho intenzione di stracciarti anche a questo gioco>>.

<<Aspetta e spera>>. Mi cambio anche io le scarpe e raggiungo Ava che mi aspetta di fronte alla pista lucida di legno. Prendo una palla e gliela metto fra le mani. <<Ecco la tua palla>>, non riesco a fare a meno di commentare ridendo.

Mi tira una gomitata sullo stomaco. <<Cretino!>>.

Mi posiziono dietro di lei e appoggio le mani sui suoi fianchi. Per essere una persona davvero freddolosa, sta sera si è vestita meno del solito. Le felpe larghe sono sparite, lasciando spazio ad un maglioncino corto che le lascia scoperta una striscia di pelle della pancia che mi sta facendo impazzire.

La sua pelle, a contatto con la mia è calda e morbida. Profuma di cocco e non riesco a concentrarmi su niente. Il suo profumo è ovunque.

<<Devi portare indietro il braccio in questo modo>>, le spiego dimostrandoglielo, <<e lasciare andare la palla in questo, dopo aver preso una breve rincorsa>>. Le sfioro il collo con le labbra e trattiene il respiro. Il suo corpo si inclina leggermente all'indietro, in cerca del mio.

<<Ok>>, dice a corto di fiato.

Avvicino la bocca al suo orecchio. <<Fai del tuo meglio>>, sussurro.

Con le gambe malferme, fa due passi avanti ed esegue un lancio di prova. La palla si infrange contro un solo birillo laterale. Quando si gira ad incrociare i miei occhi, mi rendo conto di essere spacciato. Fottuto sarebbe più corretto.

Sul suo viso, c'è qualcosa che fino ad ora non aveva mai fatto la comparsa: desiderio.

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Buongiorno! Spero che questa storia vi stia piacendo! Leggo sempre i vostri commenti <3 

Sono qui per dirvi che siamo più o meno a metà e non credevo sarebbe diventato più lungo di "Qualcuno come te" quando ho iniziato a scriverlo! Cercherò di aggiornare più spesso!

A presto! 

QUALCUNO COME MEWhere stories live. Discover now