18. Ava

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 Mi sento una gran stupida. Possibile che la mia guancia sente ancora le labbra di Micah dopo giorni, nel punto esatto in cui si sono appoggiate, per quanto? Tre secondi al massimo? Mi aveva colto alla sprovvista ma mi era piaciuto.

Non avevo un contatto fisico con un ragazzo da sette mesi e le sue attenzioni mi piacevano parecchio. E aveva guadagnato un sacco di punti non facendomi domande su quello che mi era capitato. Perché dai, era impossibile non notarlo. Ne portavo i segni addosso.

Era stato carino e divertente per tutto il tempo. Mi aveva distolta dal pensare a Rowan per un paio di ore. Mi aveva fatto stare bene.

Ella infila la testa dentro alla mia stanza. <<Fra quanto usciamo?>>, chiede.

È venerdì e ci stiamo preparando per andare a vedere la partita. Sembra una giornata come tutte le altre, ma sta notte mi sono svegliata piangendo. Stavo sognando Rowan. Come ogni notte da quando se ne è andato. È stato bruttissimo, aprire gli occhi e ricordarmi quello che è successo.

Oggi è uno dei miei giorni no. Vorrei solo ributtarmi sotto le coperte e nascondermi dal mondo. Eppure resisto alla tentazione. Continuano a dirmi di vivere. Ci sto provando.

Rowan mi manca più dell'aria.

<<Fra poco>>, dico priva di ogni entusiasmo.

Ella si avvicina e mi stringe una mano fra le sue. <<Stai facendo la cosa giusta, questo lo sai, vero?>>.

Scuoto la testa. <<Non lo so cosa sto facendo>>.

<<Non vivere con il senso di colpa pensando di fargli un torto solo perché qualche momento sei felice. A parti inverse, tu non vorresti lo stesso per lui?>>.

Mi aggrappo alla sua mano. <<Vorrei fosse felice sempre>>.

<<Esatto. Conoscevo abbastanza Rowan da sapere al cento per cento che non ti vorrebbe vedere così. Vi siete amati da impazzire ma adesso è giunto il momento di lasciare andare. Vivi un giorno alla volta, momento per momento. Se senti la voglia di ridere, fallo>>.

<<E' solo che...>>, inizio. Provo a mettere in ordine i miei pensieri. <<Lui non è qui>>.

Mi abbraccia. <<Allora dovrai vivere tu per entrambi>>. Si fa indietro ed esce dalla mia stanza.

Allo stadio, la gente è tutta in trepidazione. La maggior parte delle persone che mi stanno attorno, indossano la maglia ufficiale della squadra e tengono fra le mani una birra. Oggi è una giornata fresca e mi stringo nel mio cappotto. Non sono decisamente nel mio elemento in questo clima.

Maddie si aggrappa al mio braccio e mi indica con l'indice della mano libera la biglietteria. <<Dobbiamo andare lì, giusto?>>.

Ci facciamo strada fra questo mare di corpi e ci mettiamo in fila. Appena raggiungiamo l'addetto alla consegna dei biglietti, gli do il mio nome. Mi consegna la busta bianca e ci augura buona partita.

La apro e oltre ai nostri tre biglietti in tribuna Vip, noto un biglietto scritto con la tipica calligrafia maschile.

"Ricordati che sono il numero 1, nel caso te lo fossi scordato. Goditi la partita e divertiti.

M.".

Sbuffo una risatina. <<Che cretino presuntuoso!>>, borbotto ad alta voce.

Le mie amiche mi guardano. <<Cosa?>>, chiede Ella confusa.

Faccio leggere loro il messaggio che mi ha lasciato. <<Però>>, commenta Maddie con un sorrisetto. <<Bello, sicuro di sé, sfrontato... chissà se le aspettative su di lui sono veramente alla sua altezza. Io, in nome della nostra amicizia>>, e mi fissa divertita, <<mi offro volontaria come giro di prova>>.

La spingo via ridendo. <<Ma taci, tu! Non lo faresti in nome dell'amicizia ma solo perché è un figo da paura e potrai vantartene a vita>>.

<<E poi è troppo cotto di Ava. Non ti degna di uno sguardo>>, aggiunge Ella.

Alza le spalle. <<Non importa>>, si guarda attorno. <<Troverò qualcun altro su cui mettere le grinfie>>.

Dopo essere entrate allo stadio, andiamo a cercare i nostri posti. Rimango parecchio sconvolta, quando realizzo che sono proprio a bordo campo. I giocatori saranno a pochi metri da noi. Wow, è una piacevole sorpresa. Vorrei solo capirne di più di questo sport. Ammetto che sono un po' scarsa in materia.

Mi calco sulla testa il mio berretto da baseball e mi concentro su me stessa. Sono contenta di essere venuta. È una piacevole distrazione, anche se il pensiero di essere riconosciuta da qualcuno mi terrorizza. So che non sono a Los Angeles ma resto pur sempre una cantante famosa. Tinta di biondo, con dei vestiti che non sono nel mio stile, ma pur sempre io.

Lo stadio è rumoroso e pieno di vita. L'attesa per l'inizio è adrenalina pura. Lo speaker prende parola dopo poco che siamo sedute e annuncia l'ingresso dei giocatori in campo per il riscaldamento. Entrano per primi gli avversari e poi la squadra di casa.

Un boato accoglie i giocatori in campo. Micah, con la divisa di allenamento rosso fiammante, entra per primo e saluta gli spettatori con una mano. Non si concede che qualche secondo e poi si infila in un angolo, per il riscaldamento con il loro preparatore.

Resto un attimo delusa quando non mi cerca con lo sguardo nemmeno una volta. Eppure sa che ci sono. Cerco di cacciare via questa sensazione di fastidio. Micah deve concentrarsi sulla sua partita.

Eppure il mio cuore resta deluso.

QUALCUNO COME MEWhere stories live. Discover now