13. Ava

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"Bisogna saper scegliere 

i posti da cui non andarsene".

(J. Didion)


 Le ultime ventiquattro ore sono state le peggiori e le più lunghe della mia vita. Ventiquattro ore di angoscia, paura e silenzio. Ventiquattro ore in cui immagino la scena terribile di non riuscire ad arrivare per tempo mentre Rowan esala il suo ultimo respiro senza che io sia lì a tenergli la mano. Ventiquattro ore di terrore di essere riconosciuta e inseguita.

Ventiquattro ore.

Ella e Maddie non hanno detto una parola da quando siamo atterrate qualche ora fa. Nemmeno quando la mia guardia del copro ci è venuta a prendere in aeroporto con una berlina nera dai vetri oscurati e ci ha portate via da lì in tempo record.

Nessuno mi ha riconosciuta. Mi sono nascosta nella mia felpa enorme e con il cuore in gola, ho attraversato quella marea di corpi sconosciuti in attesa del proprio volo o dei propri conoscenti. Nessuno ha badato a me. È stato un sollievo ma ho ricominciato a respirare solo quando sono salita in auto, al sicuro.

<<Signorina Hawkins, dove la porto?>>, chiede Adam, la mia guardia del corpo.

<<Alla clinica>>. La mia voce esce roca dopo ore in cui non ho aperto bocca, chiusa nei miei pensieri. Ella e Maddie mi stringono le mani. So che sono felici di essere di nuovo a casa nonostante il motivo per cui siamo qui. <<Dovreste andare dalle vostre famiglie. Io posso stare da sola>>.

Si guardano fra di loro. <<Dopo>>, dice Ella e Maddie annuisce, d'accordo. <<Prima pensiamo a Rowan>>.

Sentire il suo nome è una stilettata al mio petto. Rowan. L'amore della mia vita. L'amore che mi è stato portato via. Sospiro. <<Ok>>, dico in un sussurro.

Arrivati alla clinica, Adam si assicura che nessuno ci abbia seguito e fa un rapido controllo della struttura, nonostante sia sorvegliata a tutte le ore del giorno. Me ne sono assicurata personalmente.

Appena entro nella clinica, l'odore del disinfettante mi punge le narici. Odio questo posto con tutta l'anima. Mi riporta alla mente solo brutti ricordi che non voglio che tornino a galla. Vorrei tanto che rimanessero nell'aria più introvabile delle mia testa, ma sarebbe come chiedere un miracolo.

Sono lì, appena dietro l'angolo ed io non so come gestire tutta questa angoscia che sento stringermi la bocca dello stomaco.

È proprio in questa struttura che i medici mi hanno detto che Rowan non c'era più. Dove mi è crollato il mondo addosso, dopo il mio risveglio dall'incidente. Rowan, il mio bellissimo e dolcissimo ragazzo si è spento quella notte terribile e devo convivere con il senso di colpa per sempre.

Mi faccio forza, e anche se è l'ultimo posto dove vorrei essere, mi incammino verso la sua stanza. L'unica cosa che so è che lui non sorriderà appena mi vedrà. Lui non mi riconosce più.

Appena entro nella stanza, l'unica cosa che si sente è il rumore dei macchinari a cui è attaccato Rowan da sei mesi. È un rumore assordante che mi spezza il cuore. Sposto lo sguardo dai monitor e i miei occhi si posano sulla figura minuta ed esile al centro del letto.

Oh, mio dolce ragazzo.

Rowan ha gli occhi aperti e sta fissando il soffitto. La sua mente persa chissà dove. Non mi sente entrare. Non si accorge mai di niente di quello che succede attorno a lui. È qualcosa di atroce.

Stringo i pugni lungo ai fianchi e faccio un passo dentro alla stanza su gambe malferme. Sto tremando e sento le lacrime pungermi gli occhi. Sono passati sei lunghissimi mesi, ho visto Rowan così per settimane, eppure è sempre uno shock per me.

Ricordo un ragazzo diverso. Pieno di vita, solare, divertente e sarcastico. Amava prendermi in giro, tenermi sulle spine e viziarmi. Cantava per me mentre stavamo distesi nel suo letto a guardare l'alba sorgere fuori dalla finestra. I suoi testi parlavano di noi, dell'amore incondizionato che provava per me. Li sussurrava nel mio orecchio, mentre mi abbracciava e il mio corpo tremava per lui.

In quei momenti Rowan era solo mio. Non lo condividevo con il resto del mondo. Mio, mio e basta.

Ora guardando il suo viso scavato, le braccia esili senza muscoli, non riesco più a ricordarmi di quel Rowan. Vedo solo la sua vita rovinata. La sua carriera stroncata.

'Ecco, ciò che nascondo al mondo.'

Rowan Allen, star della musica pop, non c'è più. Se n'è andato una notte di pioggia, mentre stavamo tornando a casa da un mio concerto, lanciato fuori strada da un paparazzo ubriaco che ci stava inseguendo per avere una foto esclusiva della coppia d'America preferita.

Non hanno ancora ritrovato il responsabile. È scappato dal luogo dell'incidente senza lasciare traccia. I detective stanno ancora indagando. In mano hanno solo una targa e un nome, ma questa persona sembra esser scomparsa nel nulla. 

I paparazzi ci stanno cercando. Nessuno sa dove siamo spariti. Non ne hanno proprio idea.

Quando ho scoperto le condizioni critiche di Rowan, dopo essere uscita dal coma, l'unica cosa a cui riuscivo a pensare era di dargli il riposo e la privacy che si meritava. Doveva soffrire in pace. E io dovevo sparire.

Tutta la mia squadra ha lavorato affinché ciò avvenisse. Hanno raddoppiato la sicurezza di questa clinica privata, messo in giro notizie false sul suo conto, dicendo che stava lavorando a dei nuovi pezzi nel suo studio in casa e hanno dato a me una nuova identità.

Ava Hawkins non esiste. Non è una studentessa del College come gli altri. I suoi capelli sono tinti di biondo, i suoi vestiti troppo larghi e nasconde un bagaglio pesante sulle sue spalle.

Il giorno in cui Micah mi ha trovata a cantare una delle mie canzoni in quella aula di musica, ho temuto che la mia copertura saltasse. Stavo già pensando a dove sarei potuta andare per nascondermi. Invece non aveva capito. Era stato così dolce con me che parte del mio peso si era alleggerito quel giorno. Provavo però un gran senso di colpa: avevo permesso ad un altro ragazzo di starmi vicina, mentre io mi struggevo per Rowan.

Non doveva accadere. Quando ho attraversato il Paese per lasciarmi alle spalle i paparazzi, mi ero ripromessa di non parlare con nessuno, di non farmi nuove amicizie. Micah mi era letteralmente piombato addosso e non ho potuto farci niente.

Parlare con qualcuno che non mi conosce è stato elettrizzante e mi ha fatta sentire una persona completamente diversa. È stato bello finché è durata.

Mi siedo accanto al letto e prendo la sua mano fra le mie che tremano. <<Rowan>>, sussurro trattenendo a stento il singhiozzo che ne segue.

Gira la testa verso di me e per un attimo mi illudo che sia davvero lui, che mi sorriderà e che dirà qualcosa che mi farà incazzare. Apre la bocca, ma non succede niente. Lui non parla più. I danni celebrali che ha riportato dopo l'incidente lo hanno ridotto ad un corpo senza anima.

'Cavolo, quanto sono incazzata per questo. Non dovevano portarmelo via'.

Una mano tocca la mia spalla. <<Le sue condizioni sono peggiorate nelle ultime quarantotto ore>>, dice Rachel, la sua infermiera, alle mie spalle. <<Abbiamo dovuto attaccarlo al respiratore e dall'ultima Taac che abbiamo eseguito, le cose non vanno bene. Mi dispiace, tesoro>>.

Mi asciugo le lacrime con rabbia. Gli occhi marroni spenti di Rowan sembrano mi stiano guardando attraverso e non mi vedessero affatto. La sua mano fra le mie è fredda, il suo viso scavato. <<Quanto?>>, domando.

Stringe più forte la presa. <<Poco>>.

'Poco', odio questa parola.

QUALCUNO COME MEWhere stories live. Discover now