27. Ava

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 Sto cercando con ogni grammo di autocontrollo che possiedo in corpo di non guardare, nemmeno di sfuggita, gli addominali scolpiti e di marmo di Micah che si vedono benissimo sotto la maglia bianca bagnata appiccicata alla sua pelle.

Vi giuro, ci sto provando.

Eppure il mio sguardo finisce sempre su quelle caselle perfette. Otto -sì, le contate- caselle perfette che si contraggono ogni volta che respira.

Micah -impossibile negarlo- è bellissimo. Ha un fisico spaziale e una personalità brillante a fargli da contorno. Se non avessi questa situazione, se non fossi una cantante famosa, se non fossi in lutto per aver perso l'amore della mia vita, Micah sarebbe in tutto il ragazzo su cui avrei messo gli occhi.

E le mani. Soprattutto avrei potuto accarezzare quegli addominali.

Dio, che corpo strepitoso! Illegale.

Trovarlo sotto casa mia avrebbe dovuto preoccuparmi. In circostanze diverse l'avrebbe fatto. Perché ammettiamolo, averlo trovato lì su quel marciapiedi non è propriamente una coincidenza. Ma non mi da fastidio. Per niente. Sono felice di vederlo.

Oggi è una bella giornata. Mi sento felice e le ombre messe in pausa almeno per un paio d'ore. Sarà per l'uscita della mia nuova canzone.

Al contrario, quello strano è Micah. Da quando è entrato nella mia stanza è ammutolito. Sta fissando la pila di scatoli che contengono alcune delle cose che ho tenuto di Rowan e i miei vestiti, come se fossero un pericolo pronto a saltargli alla gola.

Vorrei tanto sapere che cosa gli sta passando per la testa.

<<Ti ho portato un asciugamano>>, gli dico porgendoglielo.

Lo prende senza guardarmi. <<Grazie>>.

<<Ok, cos'hai?>>, chiedo incrociando le braccia al petto. Non è lui in questo momento.

Finalmente mi guarda. Sembra anche sorpreso. <<Come sai che c'è qualcosa che non va?>>.

Sollevo un sopracciglio. <<Non hai ancora fatto una delle tue battutine da quando ci siamo visti. Nemmeno quando mi sei finito addosso>>.

Accenna un minuscolo sorrisetto. <<Ero solo sorpreso di vederti>>.

<<Balle. Non sei finito qui per caso>>.

Scoppia a ridere. <<Non è così. Audrey mi ha fatto uscire di testa>>.

<<Ceerto>>, rispondo sarcastica. <<E dovresti toglierti quella maglietta se non vuoi stare male domani>>.

Ammicca e si avvicina di un passo. Solleva le braccia in aria. <<Vuoi farlo tu? Stai sbavando sui miei addominali da quando mi hai incontrato>>.

Gli tiro un pugno contro il petto. Aia. Ha fatto male. È di acciaio il ragazzo. <<Non è vero, idiota>>, protesto. L'ho fatto eccome.

Ridacchia e si sfila la maglia tirandola da dietro in una sola mossa. <<Ecco, sono tutto tuo>>, scherza allargando le braccia. <<Tocca pure, Los Angeles>>.

Alle mie spalle c'è la scrivania e portando una mano dietro la mia schiena, trovo un evidenziatore che ho lasciato lì proprio sta mattina. Lo apro senza farmi vedere e lo tengo stretto nel mio pugno. Faccio due passi verso l'enorme giocatore di football di pessimo umore e in una sola mossa, lo striscio di verde fluo.

Scoppio a ridere quando osservo la sua faccia scioccata. Si guarda la pancia e resta a fissare il segno che lo attraversa da parte a parte. Poi si unisce alla mia risata e il suo cattivo umore scivola via.

Appena si riprendere, si asciuga i capelli con l'asciugamano che gli ho dato. <<Quanti scatoloni>>, dice guardandosi attorno.

<<Sono solo vestiti che non so dove mettere>>, dico mentendo solo a metà. <<L'armadio è troppo piccolo>>.

<<Sembri in partenza>>.

Scuoto la testa. <<No, non vado da nessuna parte>>. Per ora. Non so ancora quanto la mia casa discografica potrà darmi di tempo prima di una apparizione pubblica.

<<Ok, bene>>. Si gira a guardarmi e accenna un sorriso. <<Ti ho fatta arrabbiare?>>.

<<Quando?>>, chiedo senza capire.

Solleva le spalle. <<Mi hai trovato sotto casa tua come uno stalker>>.

Mi siedo nel mio letto e lo osservo dal basso verso l'alto. Si è gettato l'asciugamano sul collo e davanti ai miei occhi, in tutto il loro splendore, brillano di pioggia i suoi addominali. <<Direi proprio di no>>. Assolutamente no.

<<Ehi, i miei occhi sono quassù>>, dice cercando di attirare la mia attenzione più in alto, indicandosi la faccia.

<<Mi distrai>>, protesto.

Alza gli occhi al soffitto. <<Sarà meglio che vada allora. E poi Audrey si starà sicuramente chiedendo che fine ho fatto. Riparte domani mattina>>.

<<Ti accompagno a casa? Ho la mia macchina giù in garage>>.

Scuote la testa. <<Non ti preoccupare. Non mi ammalerò. Non prendo un raffreddore dal liceo>>.

<<Le ultime parole famose...>>, borbotto sottovoce. Se c'è una cosa che ho imparato su di lui è che fa finta di essere un duro. Invece è un ragazzo con le sue fragilità. Solo che lui non lo sa. <<Ok, come preferisci>>.

Micah sembra di pessimo umore, come una donna con gli ormoni impazziti. Forse è il caso di lasciarlo stare e basta. Gli passerà.

Scappa via con una faccia talmente seria che resto a fissare la posta dell'appartamento domandandomi cosa è successo oggi. Perché di solito quella che se ne va via in questo modo sono io.

QUALCUNO COME MEWhere stories live. Discover now