Capitolo 6

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ALEKSEJ

La prima volta che schegge di piombo si conficcarono nella mia carne avevo all'incirca tredici anni.

I flagelli che mio padre mi ha inflitto non sono state solo delle scudisciate che hanno marchiato la mia pelle di piccole cicatrici, molto spesso i suoi martiri sono stati molto più punitivi di una semplice frustata.
E la cicatrice del proiettile che mi sparò all'altezza del polpaccio ne è la prova evidente, se adesso ripenso al motivo per il quale fece partire il colpo non mi sento più colpevole per averlo condotto verso la morte.

Quando hai tredici anni possiedi un naturale senso di attaccamento verso le cose e le persone, è facile per un ragazzino affezionarsi alla gente, e nel mio caso mi attaccai sentimentalmente a un Dogo argentino che mio padre portò a casa.

Quando rincasò insieme a una palla di pelo fatta d'intelligenza e furbizia non capi il perché di questa scelta, all'inizio pensai che lo prese per difendere la dimora da eventuali intrusi, perché il Dogo argentino è un cane terribilmente territoriale e se un individuo a lui sconosciuto invade il suo territorio fa valere la sua potenza, non esitando ad attaccare con astuzia e coraggio.

Sebbene sia un vero cacciatore diffidente e con una natura dominatrice, tuttavia è un cucciolo estremamente affettuoso e difende il proprio padrone fino alla morte.
Mi affezionai a quel cane, e solo quando mio padre lo uccise dinanzi ai miei occhi capì le sue spregevoli intenzioni.
Lo portò a casa nostra e lo fece vivere insieme a me e Matvey per dei mesi solo per insegnarci una dura lezione.
"Mai affezionarsi a niente e nessuno, perché i sentimenti sono una debolezza che un Sokolov non può permettersi"

Quel giorno odiai più delle altre volte le sue spietate lezioni, e accecato dal dolore per la perdita subita feci ció che non avrei mai dovuto, mi scagliai contro di lui con tutte le forze che possedevo.
Lo colpì di pugni e schiaffi che ovviamente gli fecero il solletico, malgrado gli innocui graffi il mio fu un affronto che dovette punire duramente, e con la stessa pistola con il quale uccise il mio cane mi sparò diritto al polpaccio.

Ho odiato mio padre per molte cose, ma questa è la cosa peggiore che mi ha fatto in tutta la mia vita, e al momento il ricordo malefico surclassa il senso di colpa.

Quando il proiettile è entrato nell'addome ho sentito come se qualcuno mi avesse sferrato un forte pugno, il dolore è subentrato dopo qualche minuto estendendosi in un formicolio che è partito dalla parte colpita spargendosi man mano per tutto il corpo.
Sebbene il sangue zampilla dalla ferita non arresto i passi, perché devo portarci al sicuro.

«Stai perdendo molto sangue devi andare in ospedale e fermare l'emorragia» La voce di Eliska trema sulle sue labbra.

«Non ho tempo per fermare la dannata emorragia» Barcollo verso il mercato con delle bancarelle che vendono souvenir di ogni genere, svelto e come un vero cleptomane rubo da uno stand una delle magliette con su scritto Praga. Ho bisogno di cambiarmi la maglia che continua a infradiciarsi di sangue che presto tutti noteranno.
Con Eliska al mio fianco m'imbuco dietro un angolo, lontano da occhi indiscreti lancio un veloce sguardo alle sue iridi atterrite e con un gesto lento e dolorante mi sfilo la maglia.

«Oh mio Dio ma cosa ti è successo?» Scioccata è la voce che nota i miei molteplici sfregi e di certo la ferita d'arma da fuoco non aiuta il suo sgomento.

«Ascolta Eliska...» Inizio con il poco fiato che mi è rimasto nei polmoni, strappo la maglia insudicia di sangue e come una benda la stringo intorno alla ferita.

«Non possiamo tornare al mio hotel perché non so da quanto Sasha ci seguiva e il tuo alloggio non è un opzione» Infilo la maglia pulita e sofferente continuo a dettare istruzioni.

Kpokyc 2 (Croco)Where stories live. Discover now