Chapter 46

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5 ottobre 1997

Le strade erano vuote, era notte fonda e ormai quasi tutti gli abitanti di Buenos Aires erano nelle loro case, dormienti nei loro letti.

La mia vita era cambiata drasticamente da un giorno all'altro, senza che me ne rendessi troppo conto. Che avessi compiuto per caso un nuovo scalino della vita? Non saprei dirlo con esattezza. Eppure quel periodo mi fece maturare ancora di più, rendendomi a tutti gli effetti un uomo.

Il mio armadio era accatastato di vestiti, alcuni mal piegati, altri buttati alla rinfusa per la fretta.

Il tavolino del mio monolocale non era più ordinato come qualche mese prima. Ora era ricolmo di ciotole, con un po' di riso avanzato sul fondo, diverse bacchette in metallo sporche di cibo e vari pacchetti di sigarette finiti e mai buttati.

Forse crescere significa anche questo, non trovare neanche il tempo e la forza per occuparsi di sé.

Il mio ciclo giornaliero era cambiato, ora vivevo seguendo i ritmi di Hong Kong. Questo mi riavvicinò a quella terra che tanto bramavo e nella quale da sempre speravo di tornare.

Avevo lasciato il mio lavoro da cameriere, poco dopo la partenza di Wu. Non era stata una decisione semplice, forse perché ormai mi ero legato a quel locale e al suo personale. Solo tra quelle mura avevo ritrovato il mio Wu e il barlume d'amore puro che provavo nei suoi confronti. Eppure dovevo accantonare i pensieri insistenti del mio cuore, lasciando prevalere quelli della mia mente, o avrei continuato a rimanere incastonato lì a Buenos Aires per sempre.

Il mio unico obiettivo era tornare ad Hong Kong e avrei fatto di tutto per raggiungerlo. Così mi cercai un lavoro, più redditizio, che mi avrebbe consentito di mettere da parte quanti più soldi possibili per tornare dall'altra parte del mondo.

Finii per essere assunto come magazziniere in un posto alquanto squallido e disgustoso. Oltre a me c'erano circa altri dieci uomini, tutti puzzolenti, dal fisico più massiccio e muscoloso del mio, alcuni provenienti dall'America Latina, altri dall'Europa dell'est. Ero l'unico cinese e ancora una volta mi ritrovai da solo, ricominciando a vivere nella mia solitudine.

La paga era molto buona, anche solo nel giro di un mese mi avrebbe consentito di mettere da parte abbastanza soldi per tornare ad Hong Kong. Avrei dovuto lavorare in un ambiente freddo, circondato da frigo gelidi e da grandi carcasse di animali precedentemente passati al macello.

Vivevo di notte e dormivo di giorno, ma non fu affatto facile per me. Ricominciai a fumare tanto, perché non avevo altra valvola di sfogo e infine, per questo motivo, mi ritrovai a soffrire di insonnia.

A Buenos Aires faceva sempre più caldo. Fu strano per me rimettere gli stessi vestiti con i quali ero partito, insieme a Wu, un anno prima. Mi calzavano ancora alla perfezione, ma una volta indossati non potevo che notare la differenza rispetto a prima. Non ero più lo stesso. Il tempo può non cambiare l'esterno di una persona, non così velocemente almeno, ma l'animo aimé muta repentinamente.

Quel giorno, dopo aver provato a rigirarmi nel letto per un'ora buona senza alcun risultato, finii per perdermi nel bagliore del sole e nei raggi che filtravano oltre le fessure degli scuri. Mi immaginai Wu, come diversi mesi prima, sul divano intento a fumare una sigaretta, con le mani fasciate e ancora alcuni lividi sul volto. Quelli erano stati forse i nostri giorni più belli, ma solo ora me ne rendevo conto.

Per questo motivo decisi di alzarmi e di vestirmi in fretta e furia per fare una camminata tra le strade di Buenos Aires, semplicemente perché avevo voglia di vederlo, ma la mia autoconvinzione mi avrebbe solamente lasciato a bocca asciutta.

Quelli sarebbero potuti essere i miei ultimi giorni lì a Buenos Aires e così cercai di immagazzinare quante più informazioni su ciò che mi circondava, conservandole nella mia memoria.

Mi ritrovai per puro caso nello stesso quartiere dove risiedeva il ristorante in cui lavoravo fino a qualche tempo prima e così, senza indugio, decisi di andare a salutare i miei ex colleghi.

Il locale doveva ancora aprire, le tendine erano arrotolate solo parzialmente. Il cartello, attaccato alla porta, era girato su "closed", ma io entrai comunque, perché sapevo ci fosse qualcuno al suo interno, intento a pulire e a lustrare il bancone, come facevo solitamente io.

L'insegna non era ancora accesa. La lanterna rossa con i classici caratteri cinesi impressi sopra era del tutto spenta. Una volta aperta la porta, un profumo inebriante di piccante misto ad agrodolce, catturò le mie narici, immergendomi quasi in un altro mondo.

Hendery era lì davanti a me, con gli occhi accigliati e le sopracciglia alzate perché sorpreso di trovarmi lì. Le sue mani, da prima impegnate con la scopa, scrivolarono lungo la superficie legnosa e un po' ruvida, per infine staccarsi da essa. La appoggiò al bancone e poi si girò nuovamente verso di me, sorridendomi energicamente.

<< Sicheng >> disse con un accento molto diverso da quello dei miei genitori << Che ci fai qui? >>

<< Stavo facendo un giro >> e per l'imbarazzo iniziai a guardarmi attorno, osservando per l'ultima volta le mura di quel locale.

<< Stai bene? >> mi chiese indagando oltre i miei occhi.

<< Sì, sì... >> da sempre non ero bravo a mentire << Hai chiamato i tuoi genitori? >>

<< Certo, sono felici che sia qui a Buenos Aires >> rispose allegramente << Pensano che questa esperienza mi possa aiutare davvero, per crescere intendo >>

Eppure più cresci e più ogni parte del tuo animo si sgretola irrimediabilmente.

<< Ah! >> e ancora una volta la sua voce, limpida e piena di gioia, schiarì i miei pensieri cupi, immergendomi nuovamente in quel lato del mondo in cui mi trovavo.

<< Liang Wu è passato di qua, circa due settimane fa. Ci ha chiesto di te >>

Il mio cuore molto probabilmente smise del tutto di battere, non saprei affermarlo con certezza. Il mio respiro si accorciò e le mie mani iniziarono quasi a tremare.

<< Cosa? >> balbettai.

<< Sì, si è precipitato qui chiedendo di te, dicendoci che ti doveva parlare >> disse velocemente mangiandosi le parole.

<< E? >>

<< Noi non sapevamo dove fossi >>

D'altronde ero stato io a non lasciare alcuna informazione ai miei ex colleghi, forse perché volevo solamente sparire nell'ombra.

Imprecai dentro me stesso, per la mia pessima decisione passata.

<< E tu sai dove posso trovarlo ora? >>

<< Penso sia partito >> continuò gesticolando e schiarendosi ogni tanto la voce per le continue domande che forse lo stavano mettendo sotto pressione.

<< Partito? >> aveva per caso fatto ritorno ad Hong Kong?

<< Sì, è tornato qui due giorni fa dicendoci che partiva per Taipei >>

E lì, in quell'esatto momento, ogni cosa, ogni tassello, si riunì nella mia testa, completando il quadro che mi ero fatto di lui. E così finii per capire.

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2046 | Dong SichengWhere stories live. Discover now