Chapter 39 : past

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29 marzo 1996

Avevo ricominciato a lavorare da circa una settimana e la mia vita era tornata ad essere del tutto monotona.

Dopo che mi avevano licenziato dall'azienda che tanto detestavo, mi ero ripromesso di non cadere più negli stessi sbagli, ma piuttosto di provare qualcosa di diverso. Non ebbi molta scelta, Hong Kong in quel periodo era attraversata da disordini di vario tipo, tra cui il trasferimento della sovranità dal Regno Unito alla Cina. Questo momentaneo appello causò molti problemi, sia economici che finanziari. Ma di fatto il compimento di questo patto doveva essere ancora appurato. Eravamo ancora in mano agli inglesi, ma nonostante il nostro odio nei loro confronti, passare nelle mani della Cina non sarebbe stato tanto meglio.

Mi trovai in un limbo, ancora una volta mi sembrò che la Cina non mi volesse lasciare andare del tutto. Non sarei mai tornato a Wenzhou, a casa dei miei genitori, ma allo stesso tempo quella era la mia patria.

Ebbi la fortuna di essere assunto in un piccolo ristorante tipico, nonostante non avessi esperienza, tutto questo perché avevo mentito sul mio curriculum. Non fu un problema per me, mi sarei rimboccato le maniche e mi sarei dato da fare, neanche mi accorsi di star iniziando un capitolo nuovo della mia vita.

Facevo un po' di tutto, essendo l'ultimo arrivato gli altri camerieri mi trattavano un po' male, senza alcun riguardo. Poi, non essendo di Hong Kong, ma cinese, questo accresceva il loro risentimento.

Non riuscivo quasi mai a riposarmi, anche solo per un secondo. A stento bevevo, prendendo direttamente l'acqua dal rubinetto della cucina.

In pochi minuti mi insegnarono tutto quello che c'era da sapere. Dove erano disposti i prodotti, come si facevano i drink, quali bicchieri usare, come impiattare i dolci, come preparare i caffè, dove trovare le bevande. Dovevo ricordarmi il numero dei tavoli, sparecchiarli una volta che i clienti avevano finito, chiedere se volessero qualcos'altro, portare via le posate prima dei dolci, fiondarmi a rifare i tavoli non appena si liberavano. Era un lavoraccio certo, ma proprio per il mio duro lavoro fui finalmente grato a me stesso.

E in ogni mio singolo gesto ripensavo a Liang Wu e al Tulip. Prima di questo lavoro non pensavo fosse così estenuante, non lo vedevo mai stanco, forse per via della sua forza di volontà. La stava per caso infondendo anche a me?

Solitamente lavoravo alla sera, il mio grembiule rosso era sempre ben tirato in vita. Cercavo di vestirmi bene, nonostante non fosse richiesto, infatti i miei colleghi il più delle volte mettevano capi del tutto sciupati. Spesso mi sporcavo con il vino, il più delle volte quando avevo indosso una maglietta bianca.

Io e Wu ci incontravamo di rado, solo in tarda mattinata e spesso pranzavamo insieme, prima che lui iniziasse a lavorare al Tulip. Sapevo non gli andasse molto bene questo nuovo programma, eppure non potevo farci molto, mi avevano accettato solo per quell'impiego.

Dopo una settimana imparai a prendere anche le ordinazioni e a ricordarmi tutti gli ingredienti dei vari piatti, finalmente gli altri si fidavano a lasciarmi questo compito. Il mio cantonese migliorava sempre di più, soprattutto con i toni e questo mi rallegrava.

Quando c'era poca affluenza uscivo dalla porta sul retro, verso il piccolo giardinetto esterno che non aprivamo mai al pubblico perché contornato da bidoni della spazzatura e altre casse d'acqua.

Quella sera, con il tramonto del sole, mi accesi frettolosamente una sigaretta, molleggiando le mie ginocchia e piegando le gambe quasi fino al suolo, rimanendo comunque in sospensione. Roteai la scatola dei fiammiferi tra le mie dita, ripensando a Yukhei e alla fine della nostra amicizia.

Potevo risentire quel dolore, lo stesso che provai quando i miei genitori mi rifiutarono e mio padre mi umiliò per i miei errori. Sembrava quasi acqua passata, eppure, proprio in questi momenti i ricordi emergevano più limpidi di prima. Forse, il mare che tenevo dentro, la marea incontrollata e feroce, si stava abbattendo negli angoli più remoti del mio animo, rendendomi irrequieto.

Sorrisi ingenuamente, cercando di soffocare le lacrime e infine tirai un respiro profondo, tornando più serio e controllato di prima. Non dovevo lasciarmi andare, non ora che avevo lottato tanto per rimanere in superficie e non cadere nel turbinio della vita. Pensai di essere forte, ma in verità non ero mai stato così debole fino a quel momento, neanche quando ero caduto nell'alcolismo e non uscivo di casa.

Certe volte i clienti mi ringraziavano per la mia gentilezza, mettendo qualche moneta di mancia nel bicchierino posizionato sopra al bancone. Quando succedeva mi rifugiavo nel magazzino, facendo finta di sistemare alcuni prodotti, quando in verità stringevo forte i pugni e mandavo giù il grumo di saliva che mi si formava in bocca. Aveva il sapore della gratitudine e della mia estrema forza di volontà. Non appena i miei occhi smettevano di essere lucidi tornavo in sala e mi rimettevo a lavorare, più energico di prima.

Avrei tanto voluto chiamare mia madre e mio padre in quei momenti, per riferire loro dei miei traguardi raggiunti, per renderli fieri di me, eppure non potevo. Mi avrebbero riattaccato la cornetta o peggio ancora mi avrebbero urlato dietro, perché sì, non sono stato un bravo figlio devo ammetterlo. Li avevo delusi e non c'era più modo di rimediare agli errori commessi.

Quella sera, dopo il lavoro, andai da Liang Wu come ci eravamo accordati per telefono. Mi promise una deliziosa cenetta, tutta cucinata da lui. Molte volte, per dimostrare il suo amore, faceva queste tipo di cose e io ne ero immensamente felice.

E questo era l'unico momento che aspettavo durante tutto l'orario di lavoro, tornare a casa da lui, tra le sue braccia e baciarlo sulle labbra.

Liang Wu non poteva di certo risolvere i miei problemi e colmare il mio vuoto interiore, eppure, in quel periodo, finii per pensarci molto meno del solito. E questo fu un traguardo per me.

 E questo fu un traguardo per me

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2046 | Dong SichengWhere stories live. Discover now