Chapter 44

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20 settembre 1997 - Liang Wu pov

Ero tornato da due giorni a Buenos Aires, il mio breve viaggio era già finito, forse perché avevo anche terminato tutti i miei risparmi con esso.

Come ultima cosa, prima di lasciare Ushuaia e recarmi all'aeroporto, decisi di inviare una busta ai miei genitori, con destinazione Taipei, Taiwan. Avevo scattato alcune fotografie con una macchinetta usa e getta che avevo comprato in uno dei tanti negozi turistici della città più a sud dell'Argentina.

Non avevo voglia di scrivere una lettera, per dire a mia madre che tutto sommato stavo bene. Non sapevo esattamente che cosa dire, non ero mai stato molto bravo con le parole. Così decisi di esternare tutto ciò che provavo e pensavo grazie a delle fotografie. Mi feci alcuni autoscatti davanti al faro, con la sciarpa stretta al collo e il mio solito berrettino sulla testa.

Ero sorridente, potevo fingere per una semplice fotografia, l'importante era che i miei genitori non si preoccupassero.

Non ero sicuro che la busta sarebbe arrivata a destinazione, ma non mi importava più di tanto. Forse qualcuno avrebbe potuto aprirla durante il viaggio, forse qualche postino. Forse si sarebbe rovinata con la poggia. Forse sarebbe caduta per strada, forse sarebbe finita nel cestino. Quelle fotografie erano più per me che per loro alla fine dei conti, ma questo me ne resi conto solo quando tornai a Buenos Aires.

La prima cosa che feci fu andare da 3 Amigos, quel luogo mi ricordava i momenti passati con lui. Presi una birra, in memoria dei vecchi ricordi e poi mi guardai attorno, sperando di incrociare i suoi occhi tra quella moltitudine di persone, ma purtroppo non fu così.

Chiesi al personale del locale, che ormai ci conosceva bene perché eravamo clienti abituali, ma nessuno sapeva dove fosse finito. Mi dissero che erano circa due settimane che non lo vedevano e che pensavano fosse partito con me. Avrei voluto anche io fosse così.

Io sbiancai, persi due battiti e poi il respiro. Mille idee mi venirono in mente, quella più insistente e che si insidiò ben presto in tutto il mio sistema nervoso, era che fosse tornato ad Hong Kong senza di me. Non ci eravamo promessi niente di simile, eppure, mai avrei voluto che mi lasciasse lì da solo a Buenos Aires, perché ormai, senza di lui, non ero più nessuno.

Così corsi, ancora con la bottiglia in mano, nel ristorante in cui lavoravamo. Lì avrei trovato sicuramente delle risposte. Forse semplicemente aveva smesso di frequentare 3 Amigos, perchè stanco di rivedermi nei suoi ricordi.

Mi accolse la titolare, con gli occhiali squadrati e appoggiati sulla punta del naso. Le mie condizioni non erano delle migliori, eppure senza pensarci più di un secondo mi spinsi all'interno del ristorante, cercando la sua presenza tra le mura. Lei, completamente sbalordita di trovarmi lì, aggrottò le sopracciglia confusa.

Che stai cercando Wu? Mi chiese, tenendomi dietro, facendo numerosi passi, tanto che il rumore dei suoi tacchetti rieccheggiò per tutto il locale. Questo atteggiamento mi ricordò gli anni passati a lavorare al Tulip, quando le mie colleghe più anziane mi riprendevano per i miei comportamenti sopra le righe, tanto che mi correvano dietro per colpirmi la testa con il giornale.

C'è Sicheng? La mia domanda sembrò quasi una questione di vita o di morte, ma in fin dei conti per me lo era.

Durante il mio viaggio ad Ushuaia scavai dentro me stesso e iniziai a conoscermi come mai prima d'ora. Capii gli sbagli commessi e finalmente mi resi conto di quanto fosse prezioso per me Sicheng. Mai più l'avrei lasciato andare, così, lì a Buenos Aires, avrei fatto di tutto per riconquistarlo, per riaverlo con me.

Ma purtroppo lui non c'era.

Era partito da due settimane, non sapevano neanche dove. Io feci una sceneggiata, forse perché in queste circostanze sono un po' melodrammatico. Continuai ad insistere, chiedendo loro se avesse detto qualcosa, perché avevo bisogno di vederlo. Ma niente, semplicemente aveva lasciato il lavoro da due settimane. Aveva persino dimenticato la sua mancia sul bancone, ancora arrotolata dentro ad un fazzoletto pieno di scotch di carta.

La proprietaria mi intimò di dargli quei soldi, prima che qualcuno potesse rubarli. Certo, l'avrei fatto, se solo avessi saputo dove trovarlo.

Alla fine decisi di cenare lì nel suo locale, giusto perché non sapevo dove andare. L'ultima tappa era il suo condominio, ma mi sembrò quasi eccessivo come atto. Se Sicheng non voleva più vedermi l'avrei accettato, a malincuore certo, ma l'avrei comunque accettato. Se non ne voleva più sapere di me, avrei mandato giù il boccone amaro e avrei ricominciato, questa volta da solo.

Mi sedetti in uno dei tanti tavoli liberi, non era ancora orario di punta. Alcuni uomini appartati stavano giocando a Mahjong, infondo al locale, i loro visi erano illuminati da una luce debole, proveniente dalla lampada vicino.

Io appoggiai il mio cappello affianco al mio piatto, rivelando così ai presenti i miei capelli mossi, leggermente bagnati dal mio sudore. Ero accaldato, non tanto per la zuppa bollente e piccante davanti a me, ma per i continui tormenti della mia mente. Pensavo a Sicheng, neanche mi rendevo conto di quello che stava accadendo attorno a me.

Un ragazzo molto giovane, poco più giovane di Sicheng, si stava destreggiando con vari piatti, portandoli dalla cucina alla sala a grande velocità, sfrecciando tra i clienti. Ogni volta che entrava ed usciva, la porta a battenti, che separava le due aree, sbatteva con forza bruducendo un rumore abbastanza fastidioso. Ma non ci diedi molto conto.

Forse lo avevano assunto da pochi giorni per rimpiazzarmi, sembrava molto inesperto. Ancora non poteva sapere davvero il significato dell'essere un cameriere. Forse un giorno, una volta scoperto, avrebbe cambiato mestiere.

La titolare non mi domandò alcunché. Né come stessi, né come fosse andata la mia "vacanza" ad Ushuaia.

Non mi chiese di tornare a lavorare con lei. Ora che non c'era più Sicheng non aveva più senso. Così pagai e me ne andai, cercando di trovare sollievo solamente in una sana dormita in uno dei tanti motel di Buenos Aires. Forse sarei tornato al Kosmos, ma non avevo per niente voglia di ricordarmi il litigio con Sicheng avvenuto molti mesi prima in una delle camere dove alloggiavo. Avrebbe solamente portato a galla vecchi ricordi, brutti, che solo ad Ushuaia avevo deciso di dimenticare, in mezzo al vento gelido.

Altre due settimane dopo mi sarei ritrovato a Taipei, dai miei genitori. Finalmente sarei tornato a casa, per risolvere i miei ultimi guai, per infine ricominciare ad Hong Kong, come avevo fatto numerosi anni prima.

 Finalmente sarei tornato a casa, per risolvere i miei ultimi guai, per infine ricominciare ad Hong Kong, come avevo fatto numerosi anni prima

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