Chapter 6

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8 giugno 1997

Quella sera cercai di rimanere fuori il più possibile, entrando nel locale solamente qualora servisse bisogno.

Vedere Liang Wu in mezzo a quei ragazzi, per la seconda volta, mi irritò e non poco.

Continuavo a strusciare le suole delle mie scarpe eleganti sul marciapiede ruvido, le uniche veramente decenti che mi ero portato da Hong Kong, mentre ero seduto sul davanzale della vetrata.

Le mie mani erano perfettamente inserite nelle tasche del mio cappotto. Sapevo stessero tremando e non certamente per il freddo. Ma se non le vedevo potevo quasi dimenticarmi di quella sensazione.

Ad un certo punto, quando l'orologio di fronte segnò le 22:45, la porta si aprì e alcune persone uscirono. Poco dopo un taxi si fermò bruscamente a diversi metri da me. Con il riflesso del finestrino vidi il volto di Liang Wu, insieme ai suoi amici. Feci finta di niente, ma con la coda dell'occhio lo vidi comunque entrare all'interno dell'abitacolo, per una destinazione ignota.

Dunque mi alzai, fermandomi al centro della strada e guardando il taxi proseguire per la sua corsa.

Wu si accese una sigaretta e poi si voltò, per osservarmi dal vetro posteriore, finché non diventai un puntino sommerso dalla vastità architettonica del quartiere. Ci perdemmo nel volto l'uno dell'altro, finché una lacrima non mi solcò le gote, depositandosi sul mento.

Passarono ben due giorni, quando qualcuno telefonò, componendo il numero del locale di tango in cui lavoravo. Era quasi orario di chiusura e io ero appena andato a prendermi un panino, come era mio solito fare, nel tabacchi di fronte.

Diedi un morso, poi due e il proprietario uscì di fretta dalla porta principale urlando il mio nome.

<< Sicheng! Ti vogliono al telefono! >> lì per lì aggrottai le sopracciglia confuso, continuando a masticare la mia cena.

Nessuno aveva mai chiesto di me da quando ero lì a Buenos Aires.

Così corsi velocemente dall'altra parte della strada, tenendo ben stretto il panino.

Presi in mano la cornetta, precedentemente appoggiata al tavolino e infine, dopo un lungo respiro, risposi.

<< Hola? >> ma solamente dei rumori di sottofondo mi risposero, così continuai << Hola? >>

<< Sicheng >> ed ebbe finalmente il coraggio di palesare la sua voce. Come avrei potuto non riconoscerla? Anche se fosse stata in mezzo a migliaia di persone l'avrei riconosciuta.

Il mio cuore mi ricordò della sua esistenza, lasciandomi una dolorosa fitta al petto.

<< Che vuoi? >> risposi in cinese. Cercai di sforzarmi, per non apparire debole e comprensivo nei suoi confronti.

<< Ti prego... Ho bisogno di parlarti >> solo in quel momento capii fosse ubriaco, dal suo tono e dalla sua difficoltà nel comporre le frasi. Girai gli occhi, irritato, dando due colpetti al suolo con la scarpa << Vieni da me ti prego... Ho... Ho bisogno di parlarti... Vieni al motel Cosmos... Quello in centro... Stanza 144 >>

La sua voce era impastata eppure era quella di sempre, quella che mi sussurrava buongiorno al mattino, quella che mi esclamò ti amo sulla costa di Hong Kong e ancora quella che mi ricordava che non ne poteva più di me.

Io inclinai la testa, come consuetudine.



Quella notte, dopo l'orario di lavoro, mi lasciai andare all'ebrezza dell'alcool dopo tanto tempo, insieme al proprietario del locale. Lui bevette solamente due bottiglie di birra cinesi, quelle che era riuscito ad importare nel paese, mentre io quattro.

2046 | Dong SichengΌπου ζουν οι ιστορίες. Ανακάλυψε τώρα