Chapter 24

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Ciao Sicheng,
So che sarai confuso, data la mia assenza, ma voglio rassicurarti e dirti che sto bene.
Mi hai detto che per sistemare realmente le cose tra noi dovremmo conoscerci nuovamente come se fossimo degli estranei.
Ci ho pensato e per questo ho deciso di lasciarti andare, per poi ricominciare un giorno, quando il tempo ce lo permetterà.
Spero tu stia bene, non volevo approfittarmi di te, so che l'hai pensato. Ti ringrazio per essermi stato accanto in queste ultime settimane, per quanto successo. Ti ringrazio perché nonostante tutto continui a prenderti cura di me. Non penso di star facendo lo stesso, per questo mi scuso fortemente.
Spero che il destino sia dalla mia parte e spero di rincontrarti presto qui a Buenos Aires.

P.s. ti ho rubato una felpa, pensavo di aver freddo fuori. Non preoccuparti per me.

Ti amo, ti amerò sempre, anche quando tu non lo vorrai.

Liang Wu


Sicheng lesse questa breve lettera, scritta su un foglio mezzo stracciato, forse trovato appallottolato nel cestino. La penna era ancora appoggiata al tavolo vicino al pezzo di carta.

In quel momento si sentì svenire, forse per la stanchezza, ma anche per l'estremo panico che quelle semplici parole gli provocarono. Soprattutto le ultime. Lui lo amava ancora, lo avrebbe amato per sempre. Leggerle su quel foglio di carta gli scombussolò l'animo, come se fosse un ragazzino alle prime armi con l'amore.

Si appoggiò con una mano alla sedia per non perdere l'equilibrio e poi prese un respiro profondo. Si colpí la testa debolmente, serrando la mascella e stringendo gli occhi per le conseguenze del dolore. Continuò tra sé e sé a pensare di essere stato uno scemo nei suoi confronti. Ora che se n'era nuovamente andato, avrebbe voluto il suo amore, come fonte primaria per la sua esistenza. Eppure era troppo tardi e per colpa del suo scudo emotivo ora ne avrebbe pagato le conseguenze.

Si precipitò poi all'armadio, per capire quale felpa avesse preso. Non che gli importasse in fin dei conti. Buttò tutto all'aria, spostando alcuni vestiti e buttandone altri alle sue spalle, fino a quando realizzò che si trattava proprio di quella felpa blu con il cappuccio, quella che solitamente non metteva mai perché gli cadeva male e non sapeva come abbinarla agli altri vestiti.

Liang Wu questo se lo ricordava bene. Sembrava una persona piuttosto espansiva, che preferiva parlare, che blaterava per ore, ma era fin troppo riflessivo per non accorgersi di quei particolari. Ascoltava Sicheng, lo ascoltava per davvero, anche quando erano tra gli scaffali del supermercato per fare la spesa e attorno a loro c'era trambusto. Anche quando era stanco e faceva finta di riposare con gli occhi chiusi.

Quella sera, prima di andarsene, guardò un po' il suo armadio, ritrovando tutti i capi che gli aveva visto indosso nel giro di quei due anni. Non gli rubò le felpe più pesanti, per paura potessero servirgli e allo stesso tempo non prese neanche le sue preferite, ma l'unica che avrebbe voluto buttare.

Sicheng si sedette poi sul divano, aggrottando le sopracciglia e fumandosi una sigaretta in tranquillità. Pensò a lui e a dove fosse andato, fino a quando non gli scapparono gli occhi e si addormentò con il viso appoggiato allo schienale. La stanza era diventata fin troppo silenziosa senza di lui, persino il suo cuore.




15 luglio 1997

Ten era partito da poco più di tre giorni. Gli chiesi se potessi fare la strada con lui verso l'aeroporto e lui annuì, così lo aiutai portandogli una valigia e lui mi ringraziò con una bella chiacchierata, ne avevo decisamente bisogno.

Da quando Wu se n'era andato nuovamente dalla mia vita, mi sembrò quasi di non aver più la capacità di parlare, non so per quale motivo, forse perché ero troppo introverso per approcciarmi agli altri.

La capa del ristorante in cui lavoravo piegò l'uniforme di Ten, per poi buttarla in lavatrice, compreso il cappellino bianco. Solo in quel momento accettai la sua partenza.

All'aeroporto lo salutai con la mano, lasciandolo nella zona d'imbarco, dopo esserci abbracciati velocemente. Restai lì in piedi a muovere la testa seguendo la sua sagoma, fino a quando non scomparì in mezzo agli altri viaggiatori. Ten sarebbe tornato dall'altra parte del mondo, ero quasi geloso di questo aspetto, avrei voluto tornare anche io ad Hong Kong, sebbene Parigi fosse un'altra meta degna di nota. Aveva deciso di andare lì alla fine, per ricominciare.

Quel giorno, tornando a casa, salii su un'imbarcazione che stava attraversando il fiume centrale Rio Matanza-Riachuelo. Si potevano fare queste cose a Buenos Aires, decisi quindi di avvicinarmi al marinaio principale, che stava scaricando varie merci sulla barca, chiedendogli in spagnolo se potessi salire a bordo per poi scendere verso il centro di Buenos Aires. Lui mi sorrise debolmente e mi invitò all'interno.

Restai tutto il tempo seduto a terra, con le braccia sopra le mie ginocchia. Guardavo il cielo con gli occhi semichiusi per la troppa luce. I raggi solari scaldarono il mio viso, finalmente la primavera stava arrivando, non potevo esserne più felice. Mi abbandonai al rumore dell'acqua e come la barca che attraversava il fiume, lasciandosi andare, vidi il mio amore per Wu segnare il mio corpo. Rividi il suo volto davanti al mio, nonostante lui non fosse lì con me. Due lacrime mi solcarono il viso. Il capitano dell'imbarcazione mi guardò quasi curioso, ma non accennò nessuna parola, restò quasi in balia della mia sofferenza.

Quella sera andai al lavoro, nonostante avrei voluto poltrire sul mio divano, mangiando cibi argentini che di solito mi davano fastidio allo stomaco. Avrei voluto bere una birra e fumare numerose sigarette, perdendomi in uno dei programmi televisivi di poco conto alla TV. E invece riuscii a sentirmi meglio in quella cucina chiassosa, pulendo piatti sporchi e preparando caffè disgustosi.

Non parlai con nessuno, nonostante mi avessero invitato a giocare a Mahjong dopo la fine del turno. Era pura gentilezza la loro, non avevano assolutamente voglia di diventare miei amici.

Decisi quindi di tornare a casa, con una confezione di ravioli di carne in un sacchetto, cotti da me medesimo poco prima di andarmene. Tenevo la busta di plastica con cura, assicurandomi che l'olio non uscisse dall'alluminio, mentre camminavo in modo lento verso la fermata dell'autobus.

Mi sedetti poi sulla panchina adiacente, per aspettare e lì, dopo tutta la tensione accumulata in quei giorni e i miei pensieri soppressi, scoppiai a piangere per via della mia solitudine. Osservai la mia immagine nel vetro della piccola cabina e lì intravidi tutti i miei errori, fissi nei miei occhi.

Avrei voluto solamente abbracciare qualcuno, non per forza Wu, ma ormai non avevo più nessuno.

Avrei voluto solamente abbracciare qualcuno, non per forza Wu, ma ormai non avevo più nessuno

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2046 | Dong SichengWhere stories live. Discover now