Chapter 35 : past

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6 marzo 1996

Non mi ricordo molto di quel giorno, forse perché l'alcool mi ha cancellato la maggior parte della memoria di quelle svariate ore passate a bere. Eppure una cosa me la ricordo molto bene, Liang Wu mi chiese di ricominciare e così io ritrovai me stesso con lui.

Dopo svariati giorni che non andavo al lavoro, per via del mio malessere e della mia depressione, il mio capo mi chiamò per informarmi del mio licenziamento. In quel momento ogni emozione lasciò il mio corpo. Pensai di provare tristezza o dolore ma niente, ero solamente amareggiato e deluso da me stesso. Strinsi forte i pugni e accettai la sua risposta, senza controbattere, perché ero a conoscenza di quanto fossi stato debole nei confronti della vita. Eppure non ero ancora riuscito ad accettare questo fatto umano, imprescindibile, che tutti noi condividiamo. La debolezza.

Dopo un primo stato di euforia, non appena mi sciaquai il viso per riprendere conoscenza, ossia dopo aver pensato di rimboccarmi nuovamente le maniche per cercare un nuovo lavoro, arrivò lo stato di inferiorità, che mi prosciugò le energie e la mia poca forza di volontà.

Parlare con Mei mi aiutò molto, forse perché era un'estranea ai miei occhi. Mi rivelò un detto assai saggio, che non avevo mai sentito qui ad Hong Kong, forse anche lei l'aveva provato sulla sua pelle. È solo quando perdi te stesso in qualcun altro che ritrovi te stesso.

Fino a quel momento ero riuscito a superare tutto, ritenendomi forte e pieno di volontà, solo così ritrovai la mia parte sensibile e la mia vera persona. Ero stanco di combattere e così mi arresi, inevitabilmente.

In quel periodo iniziò la mia dipendenza con l'alcool, quasi me ne vergogno.

Non avevo mai fumato veramente prima d'ora, prima di conoscere Wu e sempre per colpa sua, dopo esserci lasciati e dopo essermi fatto licenziare, caddi nel vortice dell'alcool. Sperai con tutto me stesso di perdere quella sensazione di spaesamento, il mio unico obiettivo era soffocare il mio malessere, così decisi di recarmi in uno dei locali vicino a dove abitavo. Non avevo mai frequentato quei posti loschi, abitati da uomini violenti e completamente ubriachi, eppure quel giorno ci andai.

Ordinai una bottiglia di birra, ma non riuscii a fermarmi solamente a quella. Il mio stomaco continuava a brontolare per la fame, io sperai di metterlo a tacere continuando a bere.

Mi sedetti in un tavolino in disparte, lasciandomi trasportare dai miei pensieri. Guardavo le luci al neon dei pannelli scritti in cantonese, cantavo nella mia mente le canzoni che contornavano l'ambiente di quel locale tanto squallido quanto affascinante. Avrei tanto voluto che qualcuno ci girasse un film, che qualcuno ritraesse la vita lì ad Hong Kong, così pura, per quella che era. La mia vita non era entusiasmante, eppure, in quel momento, sperai che un regista la prendesse come spunto per girare un lungometraggio.

Ordinai un alcolico puro che non avevo mai visto prima d'ora, ma dall'etichetta doveva essere una bevanda tipica di Hong Kong, con un tasso alcolemico nettamente superiore alla precedente birra che avevo bevuto. Mi grattò in gola, facendomi perdere il respiro, per poco non mi andò di traverso. Vidi il suo volto, mentre quel liquido continuava a scendere giù per la mia laringe, riempiendomi lo stomaco e facendolo contorcere per l'acidità.

Lo finii dopo dieci minuti così continuai ancora, fino a quando la mia mente non si annebbiò, facendomi perdere totalmente la mia connessione con la realtà. Caddi dallo sgabello, sentii un male atroce al fondo schiena e alle gambe. A fatica riuscii a rimettermi in piedi barcollando e infine mi toccai il volto, accorgendomi delle lacrime amare che stavano solcando il mio viso. Mi uscirono in maniera inconscia. Molto spesso è difficile reprimere le emozioni, soprattutto se si parla d'amore.

Non ricordo esattamente come ho fatto ad uscire dal locale, forse aggrappandomi ad altri tavoli o appoggiandomi a una delle due pareti laterali. Riuscii solamente a sentire il vento freddo di Hong Kong insinuarsi nella mia epidermide, facendomi sentire nuovamente vivo.

E proprio mentre stavo per cadere sulle mie ginocchia per lo sconforto, oltre che per l'instabilità che mi aveva causato l'alcool, due braccia mi presero, facendomi aderire al suo petto. L'acidità di stomaco mi salì fino alla bocca tanto che mi piegai nuovamente ma questa volta per vomitare.

<< Sicheng >> sentii finalmente la sua voce, mi apparve come se stessi sognando << Stai bene? >>

No, non stavo bene, eppure non avevo le forze per chiedere aiuto. Pensai fosse il mio angelo custode, eppure era una persona in carne e ossa. Era Liang Wu, il destino ci fece rincontrare quella sera. Molto probabilmente se non avesse imboccato quella via per tornare a casa dopo il lavoro non ci saremo più incontrati.

Poco dopo mi tirai su, pulendomi la bocca con la manica della mia camicia in flanella. Solo così lo guardai, vedendo la luce calda proiettata sul suo volto. I suoi occhi erano vuoti, quasi quanto i miei.

<< Hai bevuto? >> poi mi squadrò il viso, accorgendosi del mio stato << Quanto hai bevuto? >>

Ricordo la sua voce, molto debole, molto distante dalla mia percezione della realtà. Io non riuscii a rispondere, i pensieri non si incastonarono regolarmente nella mia testa. Forse sbiascicai qualche parola, ma non ne sono così sicuro.

Mi trasportò quindi di peso per le strade di Hong Kong, tenendomi accuratamente per la schiena, mentre un mio braccio avvolgeva il suo collo.

Non so esattamente quanto tempo dopo, ma mi portò a casa, in quella camera che tanto odiavo, che aveva assorbito il mio malessere, la mia depressione, ma anche la mia gioia e tutte le nottate passate a fare l'amore con lui.

Mi posò sul letto, togliendomi le scarpe e sistemandole all'ingresso. Poi mi cambiò i vestiti, prendendo una maglietta pulita e dei pantaloni dall'armadio. Sentii le sue mani gelide sul mio corpo, attorno al mio petto, sul costato e sulla mia pancia, mentre era intento a togliermi la camicia, il maglioncino e i pantaloni.

Il suo respiro mi arrivò all'udito come una sinfonia, solo così capii di essere finalmente a casa, lui era la mia casa dopotutto.

Avrei voluto baciarlo, per ringraziarlo e per dimostrargli che il mio amore non era svanito, eppure mi dimenticai quasi di come si facesse.

Il mio capo poi toccò il cuscino e in poco tempo la mia testa si alleggerì. Venni poi sommerso da alcune coperte, che mi sistemò accuratamente sul corpo. Me le piegò all'altezza del mio mento, stirandole velocemente con le mani.

Odiavo l'idea che qualcuno dovesse farmi da padre, non ne avevo bisogno, eppure in quel momento apprezzai quei semplici gesti. Solo così capii che anche lui provava ancora amore nei miei confronti.

Si sedette poi sul bordo del mio letto, tenendo una mano sulla mia spalla. Mi accarezzò dolcemente, riuscii quasi a percepire un suo piccolo sorriso.

<< Sicheng, ricominciamo >> disse improvvisamente a bassa voce. Quella parola comparì quasi nel mio dizionario, nonostante prima l'avessi già usata in molti altri contesti. Era da tutta una vita che ricominciavo, eppure, in quel momento, pensai fosse la prima volta. E così ritrovai me stesso con lui.

 E così ritrovai me stesso con lui

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2046 | Dong SichengWhere stories live. Discover now