Chapter 45 : past

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2 giugno 1996

<< Ricominciamo >>

Mai avrei pensato che da quel giorno, quella singola parola, potesse perseguitarmi durante la notte, senza farmi dormire.

Il suo respiro era affannato, la sua voce debole, piena di risentimento. I suoi occhi erano lucidi, nonostante fossero coperti dagli occhiali da sole scuri, le sue labbra erano screpolate per la poca saliva.

Io e Wu ci eravamo lasciati qualche giorno prima, per la seconda volta. Eventi che avrebbero costellato la mia vita per sempre, ricordandomi del nostro amore tormentato da vari fantasmi nascosti nell'armadio. Fantasmi? Non saprei bene come descriverli. Forse come ricordi del passato, figure aleggianti, lo sguardo di suo padre, le grida dei suoi genitori quando litigavano e che da sempre erano in riproduzione continua nella mente di Wu.

Non mi aveva mai raccontato niente della sua vita precedente, prima che mi incontrasse, quando ancora viveva a Taipei, su quell'isola boschiva attraversata dalla sempre più crescente industrializzazione.

Da quando era atterrato ad Hong Kong non ci aveva più messo piede. Non chiamava mai i suoi genitori, non quando era con me almeno e allo stesso tempo anche loro non lo contattavano. Forse non erano neanche a conoscenza del suo numero di telefono o addirittura che si trovasse lì ad Hong Kong.

Ma di una cosa ero certo. I suoi genitori, la sua visione dell'amore, costruita unicamente da questi eventi malsani e pieni di rabbia, stavano perseguitando anche la nostra relazione, minando la nostra stabilità.

Wu iniziò a chiudersi in se stesso, spesso gli capitava d'altronde. I pensieri gli laceravano la mente e nonostante non riuscisse a parlarmene io potevo vederli con i miei stessi occhi.

Sempre più frequentemente mi rispondeva in modo brusco, chiudendomi la porta in faccia o agganciando le varie chiamate. Ero solamente preoccupato per lui, per le sue improvvise solitudini e così iniziai a scontrarmi con i suoi scatti d'ira.

Non c'era un apparente motivo, semplicemente non mi voleva più vedere. Ma nonostante questo incominciai a pensare a tutti i miei ipotetici sbagli, incolpandomi di fatti inesistenti. Forse lo avevo trattato male, forse se l'era presa per qualcosa. Nulla di tutto questo, io non c'entravo niente, erano solamente i fantasmi del suo passato.

Così un giorno, con le lacrime agli occhi, davanti alla porta di casa sua, gli confessai che non ero più in grado di aiutarlo. Avrei voluto, solamente, un uomo forte abbastanza da sostenere i miei malesseri e le mie debolezze, senza rendermi conto che ero io quello più forte nella coppia. Accettai il destino, a malincuore. Come avrei potuto aiutarlo, se prima non aiutavo me stesso? Stavo cadendo nel baratro con lui, mai ne avrei fatto ritorno e così, accantonando i miei sentimenti, lo lasciai andare, come tanto aveva voluto.

Lui pianse, piegandosi sul letto, tirando le sue ginocchia fino al mento, chiudendosi simbolicamente in se stesso. La sua sigaretta gli sfiorò la gota, il fumo continuò ad uscire denso in linea retta, propagandosi in tutta la sua camera, annebbiandomi i pensieri.

<< È meglio se ci prendiamo una pausa allora >> mi disse tra i singhiozzi, senza guardarmi dritto negli occhi. E io mandai giù la poca saliva amara, sperando con tutto me stesso che quella situazione non durasse per l'eternità.

Pochi giorni dopo tornò da me. Profumava, i suoi occhiali da sole riflettevano i raggi caldi dell'estate appena sbocciata. La sua giacca di un giallo ocra appariscente catturò immediatamente la mia attenzione. Per poco non strabuzzai dallo sconcerto.

Entrò nel locale in cui stavo lavorando, chiedendo ai miei colleghi dove fossi, dato che voleva parlare direttamente con me. Io deglutii a fatica. Lo osservai attraverso la finestra plasticosa e del tutto putrida che separava la cucina dalla sala di consumazione.

Quegli occhiali scuri, nonostante gli donassero sicurezza, stavano decisamente nascondendo il suo stato d'animo. Gli occhi, da sempre, esprimono tutto ciò che coviamo nelle profondità del nostro cuore, tutto ciò che la mente cerca di nascondere e che la voce non riesce a dire.

Finimmo a parlare, dopo il turno, in uno dei tavolini appartati del locale, lontano da occhi indiscreti. La sua presenza era seducente, proprio come quando lo avevo conosciuto un anno prima.

Le nostre dita, completate da una sigaretta fumante, continuarono a sfiorarsi tutto il tempo, vicino al posacenere grande e in vetro. Due tessere di Mahjong, dimenticate sopra alla tovaglia sgargiante, di un verde saturo, erano accatastate l'una sull'altra.

Non un suono, non una melodia, solo le bacchette in acciaio che stridevano sui piatti dei clienti. Le bocche fameliche, piene di riso, solo risate soffocate dalla golosità. L'orologio continuò a rintoccare sopra di noi, ricordandomi del labirinto del tempo, in cui come pedine comtinuavamo a muoverci su quello scacchiere.

<< Ricominciamo >> mi disse senza molti giri di parole, causandomi un sovraccarico nel mio cuore. I livelli del mio battito quasi si allinearono dopo quella stupida e ingenua parola.

L'unica cosa che sapevo per certo, l'unica vera credenza della mia vita, l'unica certezza che mi portavo appresso, era che lo volevo con me. Che non volevo nessun altro uomo se non lui.

Non mi imposi. Sorrisi leggermente, perché dopotutto ero felice di vederlo nuovamente alla normalità. Forse era stato solamente un momento passeggero. Questo continuai a ripetermi tra me e me, senza considerare che di lì a poco altri di questi momenti avrebbero segnato la nostra relazione, rendendola oscillante come sulle montagne russe.

Ci saremmo lasciati e ci saremmo ripresi altre decine di volte, ma nonostante questo, sapevo che mi avrebbe comunque amato, perché eravamo destinati l'uno all'altro.

Ma mai avrei immaginato che questo avrebbe iniziato poi a dilaniarmi nel profondo, per poi corrodermi e rendermi una persona che in fin dei conti non ero.

Wu avrebbe tirato fuori il peggio di me, ma era solo questione di tempo.

<< Ricominciamo >> confermai con le mie stesse parole. E un pezzettino del mio cuore volò via, come la cenere della mia sigaretta, non appena la toccai per continuare a fumare, dissipandola fino all'esaurimento.

 E un pezzettino del mio cuore volò via, come la cenere della mia sigaretta, non appena la toccai per continuare a fumare, dissipandola fino all'esaurimento

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2046 | Dong SichengWhere stories live. Discover now