capitolo 9.

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quando lasciai il vassoio sulla scrivania di mattheo lo vidi sorridere, ma si nascose.

riposi le chiavi della sua stanza dove le avevo trovate ed andai via senza dire una parola.

tornata nella mia camera pensai un po' a quella giornata, precisamente a quando avevo fatto quella proposta a mattheo.

era vero, avrei voluto essergli amica, odiavo vederlo sulla torre di astronomia mentre fumava per dimenticare i problemi, quella roba gli faceva solo male e non serviva ad un cazzo.
lui non si era mai confidato con nessuno, non aveva mai raccontato i suoi traumi infantili, si teneva dentro tutta la merda che lo riempiva i pensieri e questo non faceva altro che peggiorare la sua situazione.

"sono un mostro" mi aveva detto.

e giuro che quando pronunciò quelle parole il mio cuore perse un battito, perché non era la verità.

lo sapevano tutti..

realizzai che il getto d'acqua era aperto da circa mezz'ora e non avevo ancora sciacquato il viso.

indossai il pigiama e mi coricai, la mia migliore amica era ancora in bagno.

ma dopo quella giornata dormire non era affatto semplice per una ragazza come me, pensierosa ed intelligente.

una di quelle a cui piaceva frullare col cervello perché sapeva di poter trarre conclusioni esatte e confrontarsi.

quando entrai nella stanza di mattheo la prima cosa che notai furono gli specchi coperti da lenzuola nere e morbide, e quando andai in bagno ne tolsi una.

lo specchio era in mille pezzi, ma la mia attenzione fu catturata da una foto.

rappresentava se stesso a quattro anni, molto prima che il padre prendesse la decisione di fargli del male fisico e psicologico.

aprii il rubinetto per far credere al mio amico di star facendo tutt'altro che ficcare il naso in cose che non mi riguardavano e quando finii di osservare misi tutto come prima.

lavai davvero il viso e poi tornai da lui.

perché nascondere una foto che ritraeva uno dei suoi pochi anni felici?

mattheo era un ragazzo complesso..

e per la sua complessità tutti lo avevano abbandonato facendolo sentire mostro.

sorrisi quando riuscii ad arrivare alla prima conclusione.

non era a causa di suo padre che si sentiva così, ma a causa di chi lo circondasse.

quando camminava solo per i corridoi con il suo atteggiamento sfacciato tutti correvano dalla parte opposta, come se avessero visto un fantasma.

durante le ore di lezione era sempre solo nel suo banchetto.

ma mattheo non era questo, non era un diavolo.

era un ragazzo che a soli dieci anni aveva deciso di chiudersi in se stesso per evitare di soffrire ulteriormente.

quella sera di febbraio promisi a me stessa che avrei fatto di tutto per mattheo, per non farlo sentire un mostro, per fargli capire che il problema erano gli altri, non lui..

ma soprattutto per far in modo che si fidasse di me e mi mostrasse ogni singola parte di sé, anche la più oscura.

compreso il sorriso che quel giorno aveva deciso di nascondermi.

-

quella mattina era il 1 marzo. finalmente si stava avvicinando il mio diciottesimo e non vedevo l'ora di poter festeggiare con i miei amici.

your moonWhere stories live. Discover now