[LOG 12 - DATA FRAGMENT 03/03]

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Sorridendo mi avvicino al mio obiettivo, le mostro il distintivo allo stesso modo di prima, senza aprirlo.

» La signora Takaki?

La donna sembra quasi balzare in avanti, tradendo un impeto di sollievo nel momento in cui qualcuno sembra rivolgerle la parola e prestarle attenzione.

» Sì! Sì... cioè, sono sua figlia. Quando potrò vedere mio padre?

» Porti ancora pazienza, e tra poco potrà incontrarlo. Nel frattempo, potrebbe rispondere ad alcune delle mie domande?

» Io... sì. Non sapete chi potrebbe essere stato a fare questo?

» Abbiamo delle piste su cui stiamo indagando, e per farlo ci servirebbe il suo aiuto. Suo padre ha provato a dirci qualcosa, in giapponese. Sa cosa potrebbe voler dire?

Cerco di ripeterle come posso quello che mormorava il vecchio, ma non mi pare di riuscirci molto bene nel notare un espressione confusa dipingersi sempre di più sul volto di lei. Le sue sopracciglia si alzano e strabuzza gli occhi più volte. Poi sembra venirle un'idea e mi risponde in giapponese. Non ci capisco un cazzo, ma sembra abbastanza simile alle parole di suo padre. Quando annuisco risponde inclinando il capo di lato, sorpresa, ora che posso vederla meglio mi rendo conto che dovrebbe essere sulla trentina. Eppure quell'aria stanca che si porta dietro la fa sembrare più vecchia.

» Cosa significa?

» È una domanda... tradotto sarebbe "Dov'è l'altro demone"?

L'altro demone? Che vuol dire? Non è Yae il demone? Perché... l'altro demone?

» La risposta non è di suo gradimento agente?

» No, no... è solo che non è quello che mi aspettavo...

» Io... c'è qualcos'altro in cui posso aiutarla?

Sollevo un sopracciglio nel non notare in lei il forte istinto di resistenza alle forze dell'ordine, radicato in tutti quelli che vivono nello sprawl. Tiene il capo basso e si regge le mani all'altezza dello stomaco.

Suo padre potrebbe essere gravemente ferito e lei sceglie di restare qui ad aspettare? Soltanto perché glielo hanno detto? Non prova neanche a farsi valere?

» Sì, ma io non voglio sapere di Takaki Kazuo, voglio che lei mi parli invece di Shibata Koichi.

Drizza la testa a fissarmi negli occhi per la prima volta dall'inizio di questa conversazione. Arretra d'istinto cercando di articolare delle parole ma producendo soltanto un farfuglio confuso misto a parole in giapponese. Impallidisce, come se le stessi puntando contro una pistola.

» C-Come... fa...?

» Come faccio, cosa? A saperlo? Suvvia, sono dell'Interpol, mica uno di questi zotici in blu.

Quando cerca di arretrare ancora la incalzo, sussulta e si lascia sfuggire un urletto nell'urtare con la schiena contro un lampione. Un paramedico della polizia, in attesa sulla camionetta, ci rivolge un'occhiata incuriosita ma con la mano gli faccio cenno che va tutto bene.

» Allora? E non provi a mentire, sarebbe inutile e deleterio. Che cosa è successo quella notte di tre anni fa?

» No, io... vi prego! Non so niente di quella notte. Giuro! Solo storie... voci. Mio padre era il waka gashira del clan Hōnoki, e...

» Waka... che?

» Ah, come posso dire, il... secondo in comando? Sì, ecco.

» Vada avanti.

» Non so molto. Mio padre non era lì al momento del mass-... della tragedia. Rientrò troppo tardi, quando tutto era già... fatto. Incappò nel demone mentre questo stava uscendo... o così mi disse la polizia. Il demone lo ridusse in quelle condizioni... da allora non ha più-...

I suoi occhi si gonfiano, sembra sul punto di piangere, le afferro una spalla e la scuoto, costringendola a guardarmi.

» E poi? Come è passato da Koichi a Kazuo?

» In... ospedale ebbe un arresto cardiaco. Sopravvisse ma per errore lo registrarono deceduto. Io... avevo paura che il demone tornasse. Gli comprai una nuova identità... ma non è bastato! Non è servito a niente! Il demone è... tornato. L'ha trovato comunque...

Poi, prima che possa impedirglielo, affonda il volto nel mio petto, afferrandomi la sahariana e cominciando a singhiozzare.

Che cosa venuto a fare qui? Ho rischiato per cosa? La storia del vecchio non mi serve a nulla. E i due demoni? Che diavolo vuol dire? Dannazione.

Interdetto la lascio fare per alcuni secondi per poi scrollarmela di dosso, proprio mentre una donna in uniforme fa la sua apparizione dal portone del condominio.

» Attenda un altro minuto e qualcuno sarà da lei, per farle avere notizie di suo padre. Buona serata, signora Takaki.

Mi allontano senza darle tempo di rispondere, con la coda dell'occhio scorgo un altro agente avvicinare la poliziotta e indicarle la donna. Quando raggiungo la barriera di auto parcheggiate mi arriva uno stralcio della loro conversazione, che mi fa affrettare il passo.

» Ma come? Ho già detto tutto all'agente dell'Interpol.

» Come ha detto?

» Ho già risposto alle domande del suo collega.

» Chi!?

Merda.

Non mi serve voltarmi per sentire il peso dei loro sguardi sulla mia schiena. Supero un agente distratto mentre mi raggiungono le urla della poliziotta, ma non mi fermo. Spintono un cinese ubriaco e mi insinuo di nuovo nella folla. Grida, qualcuno geme e qualcun altro mi insegue. Forse la donna, o forse l'agente distratto di prima, non mi preoccupo di accertarmene. Sbuco dall'altro lato della calca e mi lancio in mezzo alla strada, davanti a me un piccolo vicolo dove potrei scomparire senza lasciare tracce.

Ma prima che possa farlo un singolo suono mi costringe a rallentare il passo e poi a fermarmi. Il click metallico del cane di una pistola.

» Mani in alto!

Schiocco la lingua seccato mentre la mano destra prende a prudermi, il calcio del mio auto-revolver sembra quasi magnetico. Un impulso primordiale preme per impugnare l'arma in risposta alla pistola puntata contro la mia schiena.

» Non me la punti contro, potrebbe farsi male.

» Ho detto mani in alto, adesso!

Non lo faccio, ma mantengo i palmi ben aperti e visibili mentre mi volto verso di lei. Quello che mi colpisce per primo sono i suoi fiammanti capelli ramati, lunghi e selvaggi. Poi gli occhi furenti e la sua truce espressione, il dito sul grilletto pronto a sparare. Aggrotta le sopracciglia, retrocedendo quando le lancio un sorriso divertito.

» Mostrami il distintivo.

Con molta cautela prendo la tessera di riconoscimento da investigatore privato e gliela mostro. Scuote la testa rinsaldando la presa sulla sua semi-automatica di ordinanza.

» Non prendermi per il culo! Mostrami il distintivo, o ti sparo e me lo cerco da sola.

» Ecco qui la vera faccia del NBPD. Quando muore qualcuno nello sprawl vi limitate a riempire un fascicolo e finisce tutto lì. Ora vi invece che è morto uno dei vostri, siete come bestie rabbiose. Non dovreste essere al servizio della gente?

» Stronzate. Allora? Sto aspettando.

Altri agenti si avvicinano, iniziano a mettere mano alle pistole, imitano la detective anche se le facce tradiscono confusione. Con ancor più lentezza recupero il mio vecchio distintivo dell'Interpol e lo alzo ben in vista.

» Contenta? Posso andare ora?

» Aprilo.

Sospiro.

» Ho detto aprilo.

Schiocco di nuovo la lingua e poi sollevo il lembo posteriore della fodera in cuoio, rivelando un piccolo proiettore olografico. Ma per aria invece di esserci la mia faccia, con tutti i miei dati, viene mostrata solamente una grossa X rossa, con scritto sotto, sempre in rosso, expired.

» Lo sapevo! Prendetelo e portatelo dentro.

Il suo volto si trasforma in una velenosa maschera di vittoria, mentre gli altri agenti si chiudono intorno a me.

» Di nuovo? Sangue e piombo!

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⏰ Ultimo aggiornamento: Feb 11, 2022 ⏰

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