[LOG 01 - DATA FRAGMENT 02/03]

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La porta è di metallo sporco, coperto di scritte e graffiti come le pareti tutt'intorno. Mi basta una rapida occhiata per capire che non è blindata, al contrario della mia. Poco più sopra della maniglia sporge un grossolano intercom; una cassetta metallica con una microcamera, spenta, e un piccolo schermo audio-video. Di fianco vi è anche il bottone del citofono. Arriccio il naso e picchio con le nocche contro la porta, il suono del titanio contro l'acciaio che rimbomba tra le pareti cupe e soffocanti. L'unica finestra è in fondo, ma i vetri sono oscurati e coperti di nera vernice spray.

Il primo piano di un occhio cisposo riempie lo schermo quando questo si accende tremolando, l'interfono gracchia trasmettendomi una voce maschile, bassa ed esitante.

» C-chi è!? Se è di nuovo per la decima ai puristi, ho già detto che non voglio dar-...

» Non so dei puristi ma la decima la accetto volentieri.

» Chi è lei?

» Wright. Sono al 606 e...

» E adesso cosa vuol-...

Il pugno in titanio colpisce la porta con tale violenza da farla tremare tutta, l'occhio nella ripresa sobbalza.

» Se mi lascia finire! So che è stato un tecnico di terzo livello per la MILLSEC. Risulta licenziato per, testuali parole, "comportamenti di natura inappropriata nei confronti del personale di sesso femminile" ma, lei andrà più che bene!

» Lei, cosa? Che cazzo vuole? Come fa ad avere accesso a quelle informazioni!?

» Non ha importanza. Voglio solo chiederle un favore, e neanche a titolo gratuito. Venti Euro-Crediti per cinque minuti di lavoro.

Per enfatizzare la cosa sventolo davanti la telecamera una banconota spiegazzata. L'occhio strabuzza, poi la fronte si ricopre di rughe e il sopracciglio prende a puntare verso il basso.

» Sto cercando di montare un fottuto proiettore alla porta ma non riesco. Mi aiuta un attimo, si guadagna i venti crediti e se ne torna a fare qualsiasi cosa stesse facendo prima.

Mentre attendo un responso scelgo di non tirare in mezzo il braccio ferito come causa dietro la mia incapacità tecnica. Lo schermo dell'intercom si spegne e dopo un tramestio di chiavi e serrature girate la porta viene aperta. Dalla semi-oscurità spunta una figura rattrappita e ricurva su stessa, per come cammina pare di avere a che fare con un vecchio gobbo, nonostante abbia soltanto qualche anno in più di me. Sul capo un cespuglio biondiccio che gli scende lungo le guance e poi si ricongiunge sotto il mento in un ammasso informe e incolto di peluria dal colore slavato. Struscia le mani sulla camicia sudicia, infilata nel pantalone di una vecchia tuta rappezzata, e poi si chiude la porta alle spalle, assicurandola a più mandate. Mentre mi domando quale tesoro possa mai nascondere all'interno si volta e prende a farmi da guida.

» 606, hai detto?

Ridacchia e cammina senza neanche curarsi di mascherare il tono retorico della domanda, ogni tanto si volta a fissarmi con quei suoi occhietti cisposi e sottili, che lo fanno sembrare un piccolo ratto furtivo.

» Ma non è da quella parte?

» Nuovo vero?

Altra domanda retorica e altra risatina fastidiosa, regge la mano sinistra con la destra, dalle dita incredibilmente lunghe e sottili, gommose. Va nella direzione opposta a quella da cui sono venuto ma ormai la sua stranezza ha catturato la mia attenzione e voglio sapere dove mi porterà. Terminiamo il corridoio e passiamo sotto una tenda di perline colorate, ritrovandoci in una strana stanza di preghiera orientale. Calpestiamo tappeti, di colori e forme diverse, che ricoprono il pavimento. L'ometto attraversa l'ambiente circumnavigando le due figure, su piedistallo, poste al centro della camera. La statua di un Buddha dorato in meditazione e quella della dea Kalì, con quattro braccia e dalla pelle blu, in bilico sul piede sinistro. Come se chi avesse preparato la stanza fosse stato indeciso sul culto a cui votarsi. Abbandono il tempio e seguo l'uomo all'esterno su un lungo e stretto balcone che costeggia l'edificio. Ritrovarmi colpito dai raggi smunti del sole mi sembra un'esperienza da lungo tempo dimenticato, dopo aver attraversato quel labirinto che rappresenta il sesto piano del condominio. Il balcone è in pessime condizioni, coperto da carta squagliata dalla pioggia acida e da merda di piccione; sotto i nostri piedi una ventina di metri di vuoto, e poi le caotiche vie dello sprawl di Neo Bruxelles. Giriamo intorno all'edificio, torniamo all'interno e dopo quindici secondi esatti mi ritrovo a fissare la porta blindata del 606, con l'olo-proiettore mezzo smontato e il cacciavite abbandonato in terra.

» Visto? Per nulla difficile.

Quando Mr. Ratto ridacchia per l'ennesima serro la mano a pugno pur di trattenermi dal farmi del male. Credo di essere riuscito a celargli la mia espressione irritata ma forse non sono stato così bravo, perché subito devia lo sguardo e si avvicina al proiettore.

» Questo vero? Un giochetto da bambini...

Fa per ridere ancora ma si blocca da solo lanciandomi una rapida occhiata preoccupata. Mi affianco a lui mentre si afferra la mano destra con l'altra, agisce su alcuni meccanismi a scatto, nascosti sotto la pelle gommosa, e il guscio esterno delle sue dita viene via. Indice e pollice rivelano all'interno delle pinze-tronchesi mentre il medio un cacciavite elettrico.

Protesi da lavoro, e persino una di pessima qualità.

» Allora senti: quel filo grigio va qui, l'alimentazione va connessa lì sopra e devi attaccare i contatti olografici qui giù, invece...

Mi sorprende con una gomitata e un'occhiataccia, che mi spingono a lasciargli più spazio, dopo essergli quasi saltato addosso per vederlo armeggiare.

» Chi cazzo lo deve fare il lavoro? Io? Tu? Parla ancora e te lo fai da solo!

» Va bene amico, come vuoi.

» E non sono tuo amico!

» Ok... amico.

Scuote il capo, mormorando qualcosa che mi sfugge, e si rimette al lavoro. In un paio di minuti, con un "clack" la scocca esterna dell'olo-proiettore viene fissata alla porta.

Testiamolo.

Lo attivo e davanti la porta appaiono delle parole a mezz'aria, seguite sotto da una testa di aquila stilizzata, vista di profilo.

Wright

Private Investigator

Annuisco soddisfatto. L'ometto fissa la proiezione luminosa e poi si volta a fissarmi. Gli allungo la banconota promessagli ma esita, concentrato a guardare nel vuoto.

» Wright... Wright?

Alzo un sopracciglio mentre gli si illuminano gli occhi.

» Ma io ti ho già visto. Sei quello sui notiziari! Quello ch-...

» Jonathan!

Una voce squillante, che mi è ben nota, risuona alle mie spalle. Mi volto godendo della spettacolare vista della figura in avvicinamento, cammina morbidamente illuminando il corridoio con la sua sola presenza, raggiante come la personificazione del sole. I suoi fianchi, fasciati stretti da un pantalone di seta nero, attirano i miei occhi come magnati. Seguo la linea delle sue gambe verso il basso, fino alle scarpe basse e aperte, sorrette da nastri neri avviluppati intorno alle sue caviglie delicate. Come raggiunge il fondo, il mio sguardo schizza verso l'alto soffermandosi sulla camicetta che, senza nascondere le sue linee, si infila nel pantalone a vita alta. Alza un braccio agitando una bottiglia incartata premunendosi, con ponderata agilità, di non far cadere l'impermeabile appoggiato soltanto sulle spalle. Le sorrido, per poi rendermi conto che la mia mano è vuota. Sia la banconota sia Mr. Ratto sono spariti. Scrollo le spalle e torno a guardare lei.

» Ehi, che ci fai da queste parti?

» Dovevamo festeggiare il nuovo inizio, no? Come fai a dimenticarti sempre 'ste cose!?

Mette il broncio, aggrotto le sopracciglia mentre, dubitando delle sue parole prendo il mio linker, per controllare tra i messaggi chi abbia ragione e chi torto. Lei si avvicina cercando di sbirciare lo schermo del mio cellulare.

» Che fai?

» Disdico le spogliarelliste.

Mi spinge una spalla mentre sorride, lo fa anche con i suoi radiosi occhi castani, che poi deviano puntando verso la proiezione olografica.

» Semplice ma efficace, mi piace.

» Dai, vieni. Ti faccio entrare.


[FINE DATA FRAGMENT 02/03]

Silicium Souls II: AratareKde žijí příběhy. Začni objevovat