[LOG 07 - DATA FRAGMENT 01/02]

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00.17 PM
24.01.2067

» È tutta colpa tua, Johnny.

No, no...

» Indossi quel tuo sorriso come fosse una maschera di cera e trascini gli altri a fondo con te. Come mosche invischiate nella tela di un ragno e destinate a morie. Ma tu sopravvivi, lo fai sempre... e ne sei orgoglio, vero, Johnny!?

No!

» Sì, che è vero... e tu lo sai.

Le orbite vuote di Vincent mi fissano cupe, non minacciose, ma tristi e solitarie, portatrici di una verità che non voglio ascoltare. Il suo corpo mutilato e grondante sangue emerge dall'oscurità dello studio.

» Non ti è mai importato nulla di nessuno. Perché ora fingi che sia così? Perché fingi che ti importi di lui? Vuoi sentirti umano? Vuoi fingere di esserlo?

» Taci!

Afferro una bottiglia e gliela scaglio scontro, affonda nel suo corpo come fosse stata gettata nella torbida superficie di un lago. La figura di Vincent prende a liquefarsi, la carne sciogliendosi gocciola giù sul pavimento.

» E di me? Ti sei scordato di me?

Mentre una pozza disgustosa e maleodorante si allarga ai suoi piedi, un'altra figura emerge dalla massa di carne e ossa in putrefazione. Un bambino dalla pelle scura e i capelli neri. Al posto della vita un orrendo squarcio, come se la metà superiore del suo corpo fosse solamente appoggiata sulla parte inferiore.

» Neanche il mio nome ricordi.

Un tuono mi fa sobbalzare, il paesaggio fuori dalla finestra cambia. I palazzi e i grattacieli vengono sostituiti da una piana sabbiosa e brulla. Un luogo che non dimenticherò mai; i dintorni di Al-Hawl. Un ragazzino, quel ragazzino, si sgancia dal nostro gruppo di guerriglieri allontanandosi dal percorso sicuro, tracciato nel campo minato.

Non fa neanche dieci passi. Un clic metallico. Una brutale esplosione. Il suo torso viene scagliato all'indietro, ai miei piedi. Le sue gambe invece, alcuni metri più in là.

Le mine che io avevo piazzato. Mi era stato dato un pattern secondo cui disporle, ma dopo aver ignorato gli ordini, a favore di un posizionamento più efficace, non avevo riferito la cosa a nessuno. Credevo che tracciare un percorso sicuro al suo interno sarebbe bastato.

La sua risata mi riscuote, così acuta da perforarmi i timpani.

» Non provi nulla, vero? Sei sicuro di essere umano? O sei soltanto un altro mostro, proprio come Al-Shayṭān!?

Mi salta addosso, urlo precipitando al suolo. Il pavimento sotto di me si spacca, cado oltre, cado nel vuoto, buio e infinito. Mi schianto sul mio letto sfatto, coperto di sudore con i polmoni che bruciano per il fiato corto. Nel sonno mi sono aggrappato con tale forza al materasso da averlo sventrato. Sciogliendomi dalla matassa di lenzuola strappate mi metto a sedere sul bordo del letto, per poi afferrarmi la radice del naso.

Non darti all'alcol dicevano... ti farà bene, dicevano. Fanculo!

Il braccio debole è così contratto da non poter far altro che massaggiarmelo, le ossa e i muscoli mai guariti a dovere mi urlano il loro dolore nei nervi. Le dita di freddo titanio e grafene scorrono su quella pelle, ricoperta di tessuto cicatriziale, strizzandola per costringere l'arto a rilassarsi.

Alla fine decido di alzarmi, sperando che l'acqua calda di una doccia possa aiutarmi. Quando ne esco sul mio corpo nudo decine e decine di cicatrici spiccano, come pallide macchie di vernice, sulla mia carnagione quasi mulatta. Raccolgo da terra i vestiti che la sera prima avevo gettato ai piedi del letto; un paio di jeans anti-taglio e una felpa grigia che necessitava già ieri di una buona lavata. Passo alle scarpe soltanto dopo aver mandato giù un paio di dita di whisky. Mentre mi lancio la giacca sulle spalle, il rumore della porta che sbatte risuona nel corridoio come un tuono.

Uno speziato aroma di fajitas mi solletica le narici mentre mi avventuro giù per le scale. Risveglia il mio appetito sopito e mentre il mio stomaco si rimesta, ribellandosi, mi interrogo su quale sia stato il mio ultimo pasto completo. Lascio perdere quando arrivo al piano terra e mi infilo nell'atrio; un piccolo corridoio, costeggiato da un lato da una fila di panchine divelte e dall'altro da una guardiola blindata.

E ora alla Little Tok-...

» Wright!

Cazzo!

Sobbalzo alla voce gracida e velenosa proveniente dall'altra parte del vetro crepato della portineria. Le dita di gomma strette intorno a un linker, anch'esso scheggiato, e gli occhi spalancati e senza palpebre come quelli di una bambola.

» Wendy! Cristo!

» La rata. Ricordati la rata del mese!

» Vaffanculo, mancano ancora dieci giorni. È terrorismo psicologico questo!

» Vaffanculo lo dici a quella lurida troia succhia cazzi di tua ma-...

L'ultima parola viene soffocata dal suo sbattere i pugni contro il vetro della guardiola. Le sue protesi sono coperte di finta-pelle così scadente che sembra la plastica di quei vecchi giocattoli pieni d'aria, che producevano suoni buffi se schiacciati. Mi lascio alle spalle il portone d'ingresso mentre lei ancora mi sbraita contro. Non posso far altro che ridere quando urla che se continuerò a fare lo stronzetto verrò cacciato.

Non lo farai, Wendy. Così come non cacci nessuno di quegli altri disadattati. In fondo, ti piacciono troppo i nostri Euro-Crediti.

All'esterno, sotto la grigia luce di mezzogiorno, mi fermo a studiare il palazzone, decrepito quanto eclettico, da cui sono uscito. Sembra il miscuglio confuso di un condominio e di una fabbrica di qualche tipo, con tutte quelle passerelle esterne e quei tubi che sporgono. È un arlecchino di palazzo, un'accozzaglia di diversi stili architettonici; come se fosse stato tirato su in momenti diversi e ristrutturato durante periodi di tempo ancora più dilatati. Socchiudo gli occhi per un attimo cercando di cancellare tutti quei cartelloni luminosi che bombardano ininterrottamente tutti di pubblicità fastidiose. Alla fine non c'è altro da fare che andarsene. Sospiro ripensando alla mia adorata Chevy Cauchemar, parcheggiata non troppo distante da qui.

Perlomeno tu sei in un posto decente...


[FINE DATA FRAGMENT 01/02]

Silicium Souls II: AratareWhere stories live. Discover now