12. Take me home

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Caught before I hit the ground

Tell me I'm safe, you've got me now

Would you take the wheel if I lose control?

If I'm lyin' here, will you take me home?

Could you take care of a broken soul?

Will you hold me now? Oh, will you take me home?

[Jess Glynne]

***

In quella zona della casa, la luce del giorno estiva giungeva più attenuata e sopportabile. Poiché non si riversava direttamente sulle superfici di castagno e pietra, aleggiava come una presenza estranea insieme alla penombra generale. Se all'esterno la canicola impazzava, ivi desisteva, soccombendo a una piacevole sensazione di freschezza.

Mentre Ecuba rovistava nel quarto cassetto sotto al pianale dell'angolo cottura, dandole le spalle, Camila virò lo sguardo su di Lauren, che sedeva su uno sgabello, apparentemente persa nel cosmo dei pensieri. Avrebbe desiderato scusarsi, gravida di un molesto senso di colpa. Oh, suo padre l'avrebbe sentita forte e chiaro, stavolta! Insomma, aveva promesso di risolvere la questione di Rodrigo definitivamente. Come poteva sentirsi al sicuro quando v'era una tale bestiaccia nei paraggi?

Istintivamente, chiuse una palma sulla spalla destra di Lauren. Ella sussultò, come scottata, e incrociò il suo sguardo. Era un unico, tesissimo fascio di nervi; nelle iridi accoglieva lampi e tremori di ciglia, nella cavità toracica un battito roboante.

Ecuba s'intromise giusto in tempo a dissolvere la tensione. Chiese di vedere le palme della corvina, che si erano sfregiate nella caduta. Pazientemente, le ripulì con l'ausilio di un batuffolo intriso di una soluzione alcolica.

Camila rivolse occhi colmi di dolcezza alla donna con cui sua madre l'aveva cresciuta. Ella era tenera e rugosa in un viso solo, pari alla sughera plurisecolare che si ergeva nella piazza principale del paese. Possedeva le premure di una madre, sebbene madre fosse stata solo per esperienza indiretta, e soffriva indicibilmente nel testimoniare i dolori che la gioventù recava a se stessa. Come un'ape che si posi delicatamente sul fiore prescelto, così con l'ovatta tangeva le mani inermi cui recava beneficio.

Quando però Lauren si lasciò scappare un sibilo insofferente, la minore rimpiombò alla realtà con il pensiero e le strinse la spalla, come a rassicurarla. Non si avvide tuttavia, del sorriso che provocò in lei.

***

Al luogo d'incontro prestabilito, U Picciriddu (Vito La Rosa all'anagrafe trapanese) pareva più minaccioso che mai, con alle spalle una dozzina di scagnozzi armati pronti a ricevere ordini; e chissà quanti altri ve ne erano bene appostati nelle immediate vicinanze.

Christopher, che era incappato in lui durante i festeggiamenti della maggiore età, in una disgraziata (disgraziatissima!) mano a poker, si pentì immediatamente di essere giunto lì in completa solitudine. Insomma, non disponeva nemmeno di un'automobile per scappare!

Avanzò, inquieto, aggrappato al pensiero di Elena con tutti e quattro gli arti, e depose a terra il sacco di iuta in cui aveva raccolto la merce ripescata dai fondali marini. Fece scattare le mani ai lati della testa, mentre indietreggiava, giusto in tempo per accogliere la canna di un fucile alla tempia.

Vito, notando come impallidì, si aprì in un sorriso sinistro.

- Vedi se il uaglione ha fatto il dovere suo - ordinò, scimmiottando la cadenza locale, mentre si fregava le mani ed estendeva il ghigno alle guance glabre. Da esse, e dall'aria innocente che sgorgava dagli occhi che aveva ereditato dalla madre (un taglio dolce, ma deciso, due mandorle imperfette nel colore e nella forma) gli derivava quel soprannome di uso comune in Sicilia.

Un ragazzino che non doveva superare l'età di Taylor si chinò sul sacco di iuta, aprendolo per ispezionarne la merce. Lesto come una volpe che rubi una gallina succulenta, ne estrasse una parte e la mostrò al resto della cricca. Vito annuì e con un cenno del capo invitò tutti a sbaraccare. Al fucile sostituì la propria calibro nove. Ancora una volta, digrignò i denti indorati dal fumo e dalla scarsa igiene. Costituivano quanto di più vicino al fetore di morte ci fosse, tra i vivi.

- Tu mo' qua stai - minacciò. - Conti fino a cento e poi sparisci. Mi hai capito bene, picciò? -.

Christopher serrò la mandibola, insofferente. Di natura di solito assai benevola, in quella ardua fase di vita avrebbe pestato a sangue soltanto due individui: Rodrigo Álvarez e U Picciriddu. Attese, immobile e inerme, che i trafficanti sgombrassero rapidamente l'area, e poi, quando non udì più nemmeno il minimo rombo di automobile, lasciò andare le braccia lungo i fianchi, perché preda di un doloroso formicolio.

Mosse solo qualche passo verso la bicicletta sgangherata con cui era giunto, quando la carrozzeria rosso fiammante dell'Alfa Romeo 33 di suo padre lo affiancò. Impietrì sul posto, traboccando di bestemmie e maledizioni. Poi, distinguendo il profilo dietro al volante, si sciolse in un sospiro esausto.

- Sali -.

Era Lauren. Probabilmente, diffidando delle ultime menzogne con cui era stata liquidata, l'aveva seguito a distanza in ogni mossa e l'aveva colto in flagrante con Vito. Mente ella guidava verso casa (e imprecava in un dialetto così stretto da apparire grottesco), di tanto in tanto volgeva lo sguardo al fratello, colpevolmente schiacciato contro il finestrino del passeggero. Oh, se non fosse stato parte viva e integrante di sé, l'avrebbe coperto di ingiurie!

***

- Sai che non bevo - borbottò Lauren, ripensando ai liquori invecchiati che il padre collezionava in una credenza dedicata ben chiusa a lucchetto. Puntò i gomiti sul bancone e coricò il viso in ambo le palme. Sospirò gravemente.

Diego, che la osservava rimuginare intensamente da almeno un quarto d'ora, ma che non osava indagare più a fondo, le porse un bicchiere di acqua liscia. Tuttavia, insieme a una genuina preoccupazione, la curiosità divenne presto incontenibile.

- Mi vuoi dire che t'è successo? - eruppe. - Pari un fantasma -.

Poiché la sete era feroce quanto il nervosismo, Lauren vuotò il bicchiere in un solo sorso.

- Sto nella merda fino al collo - ammise, piantando lo sguardo sulla superficie ruvida del bancone. Dal momento che la faccenda minacciava di sfuggirle di mano da un momento all'altro, si sentiva profondamente a disagio.

Diego, che non aveva mai testimoniato una resa tanto plateale da parte sua, si allarmò all'istante. A causa di un presentimento inquietante che assumeva via via i contorni di Vito La Rosa, la bionda peluria della cervice gli si rizzò. Così, d'impulso, accolse le mani dell'amica nelle proprie: egli in primo luogo necessitava di una rassicurazione; rassicurazione che però non pervenne, nel momento in cui Lauren addusse: - Me lo ammazzano, Diè. O quello strunz o quell'altra arpia; e io muoio con lui -.

Un velo di lacrime fece giusto in tempo a comparire davanti alle sue iridi verdi che ella lo scacciò, battendo le palpebre velocemente. Si era ripromessa di non articolare mai ad alta voce i propri timori, poiché una volta collocati nella realtà fisica del suono sarebbero parsi più che possibili, probabili.

Ricordandosene, ingoiò a vuoto. Poi si alzò di scatto, animata da un moto di terrore e confusione. Non udì nemmeno una sillaba di quello che Diego le disse, mentre frugava frettolosamente in tasca e saldava un conto aperto da settimane. Si gettò fuori dal locale, come preda di una dionisiaca follia, in cerca di una boccata d'aria che potesse saziarla di pace.

Non la trovò.

Sali mestamente nell'automobile del padre. Sistemò l'alberello profumato che pendeva dallo specchio retrovisore, poiché s'era ingarbugliato, e in un paio di movimenti partì.

Si preannunciava un'altra notte travagliata, con Taylor aggrappata alle spalle, Camila fissa nella testa, e Christopher gravante sul petto come un macigno pronto a sbriciolarsi e a franare.

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