8. Young volcanoes

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When Rome's in ruins

We are the lions, free of the Colosseums

In poison places we are anti-venom

We're the beginning of the end

[Fall Out Boy]

***

"Santa Ana, California

Giugno 10, 1984


Cara Mila,

la tua lettera è giunta molto prima di quanto mi aspettassi. Ci avrai pensato così assiduamente da guidarla tu stessa oltreoceano, con la forza della mente; e mi rendo bene conto delle cagioni che ti hanno spinto a tanto. Per quanto mi riguarda, portano tutte un solo nome: questa Lauren che continui a citare in ogni paragrafo.

Non ricordo tu me ne abbia mai fatto parola così di frequente, negli anni passati, come non credo corra buon sangue tra voi. So che vorresti un consiglio quanto più adatto al caso, ma ti deluderà sapere che da parte mia posso solo dirti di stare attenta e di valutare se sia una opportunità pacifica o meno. Insomma, nulla che tu non avrai già considerato. Mi fido molto del tuo buon giudizio [...]"


Camila rialzò lo sguardo dalla missiva, interrompendone la lettura: oltre alla delusione che la invase, lo smarrimento. Nemmeno se Dinah fosse stata fisicamente al suo fianco avrebbe potuto sperare di ottenere qualche vantaggio contro l'ignoto; invero, non rimanevano molte vie d'uscita prima di doversi considerare braccata da ogni parte. Ognuna di esse, tuttavia, anziché evitarle l'incontro con il pericolo, chiedeva che lo affrontasse senza pavore, sia che volesse sbarazzarsene o meno.

Ecco la vera questione: ignorare quel tarlo molesto, lasciandosi portare lentamente verso la pazzia, oppure fronteggiarlo, rinunciando alla faida, accogliendolo in gran segreto?

L'occasione si presentò subito al suo cospetto: Lauren, in viso assai corrucciata, costeggiava in fretta e furia gli uliveti di famiglia, ancora acerbi; in spalla un sacco di iuta che doveva essere tutt'altro che lieve. Affiancata da altri due operai di Don Jauregui, si affrettava verso uno scalpitante Juan. Quando l'ultima parte del carico di ciliegie fu sistemata uniformemente nel cassone, il camion poté partire.

Preda di un leopardiano rapimento, Camila ripiegò la lettera di Dinah in una coppa del reggiseno. Ora che il soggetto costante dei suoi pensieri stazionava nell'immediata prossimità, era terribilmente incapace di distrarsi. Avrebbe dovuto portare nutrimento alla bestie, invece attese che Dorado la affiancasse, poi parve pronta ad azzardare finalmente una mossa. Rialzando lo sguardo tuttavia, si accorse di aver esitato troppo: Christopher, che chissà da dove era comparso, si proponeva a ostacolo, confabulando fitto fitto con la sorella maggiore.

Allora s'arrestò, riducendo le iridi a due minacciose fessure. Cercami, meditava testardamente, già immemore del piccolo, vivace scambio avuto nel locale di Diego Brancaccio. Piuttosto, sembrava vittima di quell'ardore zelante che i non cultori della lingua chiamano gelosia.

Avesse potuto dichiararsi parzialmente analfabeta come i genitori, avrebbe certo potuto fornire una buona scusante per quell'ostinazione. Invece possedeva un'ottima padronanza della lingua italiana, e conosceva a menadito la parola faida e le locuzioni dialettali relative a essa: quell'insormontabile montagna che cercava di impedirle di raggiungere l'altra sponda del fiume della discordia, oltre il sentierino di confine.

Allorché ebbe nuovamente libero il campo visivo, Lauren fissò lo sguardo nel suo, fomentando incautamente la sfida. Allargò le braccia con fare eloquente. Che diavolo aveva da guardare? Voleva forse sguinzagliarle contro quel grasso sacco di pulci?

- Il cinema è finito! – gridò, con tono sardonico.

S'apprestò a battere in ritirata; e in verità ci sarebbe anche riuscita, se solo Camila non avesse prontamente replicato: - Essere civile non ti riesce proprio, vero? -. E poi, sibilante e velenosa come un aspide: - Persino le bestie fanno meglio -.

Pacifico che avrebbe potuto risparmiarsi quell'ultimo commento, tanto fuori luogo e offensivo. Non sapeva nemmeno da dove l'avesse cavato, a dire la verità, ma chiaro era il movente: evitarsi il catenaccio difensivo con un'aggressività artefatta.

Lauren, che non trovò alcuna via di evasione, dato l'impedimento offerto da Dorado, si limitò a incassare in silenzio, stringendo l'acerba collera in un pugno. Si voltò lentamente, sorprendendo Camila già alle proprie spalle; sfrontata e confidente pure in territorio nemico. Sebbene vi fosse una piccola differenza nelle rispettive costituzioni fisiche che l'avvantaggiava, non si sarebbe mai permessa di torcerle un capello.

- Io non ti devo dimostrare niente - asserì, mentre le nocche sbiancavano, le unghie affondavano nella carne, gli occhi mandavano lampi e il cuore crepitava, addolorato.

Tentò ancora una volta di andarsene, ma Dorado le impedì la via, brontolando minacciosamente. Sozza bestiaccia!

Camila l'agguantò prontamente per un gomito, traendola alla propria mercé. Non poteva sentirsi più impavida, così insuperbita. Tu mi devi dire il perché, ringhiò nel dialetto locale, non puoi tenere gli occhi a terra quando passo.

Per sfregio e solo per sfregio, Lauren replicò in un italiano perfetto, senza nemmeno l'ombra della cadenza regionale: - È per ricordarti di stare al posto tuo -.

Si divincolò bruscamente e tenne a bada Dorado con lo stesso accendino con cui avrebbe dato fuoco alle basette di Rodrigo, se in quel momento fosse capitato sulla sua strada.

- Se tu stessi nel tuo... - masticò Camila, quasi tra sé e sé. Lasciò che l'avversaria si mettesse in salvo, meditando se scatenare o meno un inseguimento. Poi rinunciò, scevra di risposte. Ma prima che ella scomparisse oltre le fronde verdeggianti degli ulivi, gridò: - Vigliacca! -.

Lauren rispose alzando il terzo dito della mano destra, e proseguì. Innamorata sì, docile no.

***

Quella stessa sera (una delle poche che si concedeva da sobrio), Michael convocò i propri figli al tavolo padronale, collocato tra il soggiorno e la cucina in uno studio che rimaneva chiuso per la maggior parte del tempo.

Christopher sedeva in disparte, in viso cupo. Rispetto alle sorelle, possedeva una conoscenza della materia incognita già sufficiente a odiarla. Purtroppo però, non aveva ancora idea delle sorprese che essa, identificabile come un cantiere aperto, gli avrebbe riservato, se non a grandi linee. In verità sperava di affrancarsi molto prima di essere schiavizzato di nuovo.

Taylor invece, appariva assai corrucciata. Non ricordava di aver mai preso posto a quel tavolo, né di aver condiviso una discussione di notevole spessore con suo padre, dunque stazionava, indecisa, tra un moto di preoccupazione e uno di serenità. Al suo fianco, Lauren irradiava la calma e la solidità che necessitava. Pareva non temere alcunché, tanta era l'imperturbabilità che sgorgava dai suoi occhi. In verità avrebbe voluto rodersi le unghie per l'ansia.

Al contrario, com'era inevitabile che fosse, Ottilia sapeva e, sostenuta dalla porta dello studio, osservava le schiene incordate dei figliastri, stizzosa: non approvava (Certo che no!), ma non possedeva l'autorità per impedire che la pallina di neve in cima al monte, scivolando, mutasse in una inarrestabile valanga.

Michael si lisciò i folti baffi a manubrio che giorno dopo giorno crescevano fieramente come i suoi ulivi. Sotto di essi celava grasse risate, memore della proposta allettante che aveva ricevuto, in termini economici, e in un primo tempo scartato per la sanguinosa etica della faida.

- Ho trovato un accordo vantaggioso con Don Cabello - dichiarò, con gli occhi che rilucevano avidamente. - Ora siamo soci in affari -.

Indicò la copertina lucida del fascicolo che giaceva sul tavolo. Poi si alzò, e in pochi passi fu oltre la soglia principale d'ingresso, diretto al bar per festeggiare.

FieldsWhere stories live. Discover now