Chapter 2

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Un'altra giornata di merda era alle porte. Mi alzai e mi diressi in cucina alla ricerca di cibo. Mi ero svegliata con un certo languorino questa mattina, frenai i miei passi alla vista di mio fratello Matthias, seduto a fare colazione.

«Buongiorno» sussurrai con la voce ancora rauca.

Mi fece un cenno con il capo e si alzò dirigendosi in bagno, direi un coglione nato. Presi una merendina dal mobile, placando il mio appetito. Potrebbero mettere più cioccolato! Aprì la merendina ed aggiunsi un po' di Nutella.

Dopo aver constatato di essere in ritardo come al solito, cercai di correre il più possibile per arrivare in tempo a scuola. Mio fratello preferiva far riscaldare il culo dei suoi amici piuttosto che sua sorella, io che morivo di freddo ed inoltre facevo le maratone ogni mattina per non subirmi i rimproveri dei professori.

Percorsi il corridoio a novanta chilometri all'ora, rischiando di rompermi le gambe e fracassarmi la faccia. Bussai, colpendo con le nocche la grande porta di legno e dopo aver udito "avanti", entrai in aula e trovai già il professore di attività fisica che faceva l'appello.

Quando mi vide e si rese conto che ero nuovamente in ritardo, assottigliò lo sguardo.

«Signorina è in ritardo!» esclamò esasperato, ormai era abituato ma ripeteva puntualmente sempre la stessa frase.

Mi fece posare lo zaino e andammo in palestra per la partita di pallavolo. Oltre noi, era presente anche la classe di Charlotte, la quale appena mi vede, venne a salutarmi.

«Kate» sventolò la mano e corse ad abbracciarmi, rimasi un po' interdetta ma ricambiai la stretta.

Non ero abituata agli abbracci, i miei genitori invece di abbracciarmi e darmi baci, mi davano semplicemente una pacca sulla schiena. Imparai così ad essere forte, nel vedere le persone più care che avevo, trattarmi come una sconosciuta.

«Hey» ricambiai il suo saluto

«Come stai?» mi chiese

Alla sua domanda, sospirai. Se solo sapessi il mondo che mi circondava.

«Bene, tu?» mi ritrovai a mentire

La maggior parte delle persone, mentiva rispondendo a questa domanda. Dobbiamo ammetterlo, era più una forma di cortesia!

«Bene, è da tempo che non ti vedo» mi guardò dispiaciuta

«Sì, sono stata un po' impegnata in questo periodo» dissi la prima cosa che mi passò per la mente, alquanto squallida.

«So che stavi passando quel famoso periodo sul letto» commentò divertita

«Chiedo venia» risposi portando una mano sul cuore in modo teatrale.

«Per farti perdonare, vuoi venire stasera con me e gli altri alla piazza» continuò sorridendo a 32 denti, la piazza... La piazza era sempre stato un luogo un po' particolare, di giorno tranquillo ma di notte girava gente non molto affidabile. Quel luogo che tutti i genitori sconsigliavano ai propri figli.

«Io non so» mormorai, mi prese le mani guardandomi con i suoi grandi occhi verdi.

«Dai su, ci divertiremo!» provò a convincermi

«Sicuramente» risposi tirando un finto sorriso.

E così mi ero ritrovata davanti all'armadio alle nove di sera per decidere cosa indossare. Non potevo starmene a casa? Magari in pigiama, un sacchetto di popcorn e un bel film. Sospirai profondamente e decisi di indossare un paio di jeans chiari con una maglioncino di cotone viola, spruzzai un po' di profumo ed uscì di casa.

Un amore dannatamente folleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora