Capitolo 6 (part1) - Hope

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Dopo aver riaccompagnato Amelia, Jason raggiunge casa mia in soli 3 minuti, sfrecciando preoccupato per il mio stato di salute.

Giunti a destinazione, quando provo ad aprire la portiera della Maserati nero opaco posteggiata di fronte al cancello, abbandona il posto guidatore e si precipita ad aprire la mia portiera per evitare che io faccia sforzi.

Non riesco a trattenere un mezzo sorriso di rimprovero verso me stessa.

Ho tutto questo.

Ho Jason, ho una famiglia unita, e credo di avere progetti ambiziosi per il futuro -perché sei arrivato a rovinarmi la vita?- sussurro impercettibilmente, un pelo prima che Jason apra la portiera e ascolti la mia confessione.

Sono confusa, ferita e reduce da un'ora e mezza di attesa in pronto soccorso. Voglio solo che questa giornata finisca il prima possibile.

"Sei stata fortunata", mi hanno detto. Un taglio più profondo avrebbe potuto causarti un'emorragia femorale.

Alla fine sono riuscita a cavarmela con 4 punti e un'anestesia locale.

Ma l'emorragia è come se lavessi avuta, come se la stessi avendo in questo momento. Qualcosa sanguina dentro me, riesco a sentirlo chiaramente. Non so se mi sto paragonando ad un rubinetto rotto o se sto semplicemente perdendo me stessa. Me stessa come la conoscevo.

Grazie, Jas... Jason-, balbetto per il dolore, nonostante io sia saldamente ancorata al suo braccio, appena il mio piede destro tocca terra.

Ma è un attimo, e dopo una breve fitta, la gamba non fa più tanto male.

-Se non fosse stato mio amico-, sbotta Jason, guardandomi negli occhi, ancora sconvolto per come era andata a finire la serata -ti giuro che lo avrei ucciso!- dice col sangue agli occhi, mentre si tocca il viso spasmodicamente.
Probabilmente per evitare di piangere.

Socchiudo gli occhi per il dispiacere e contraggo il viso.

-Perché ha picchiato quell'uomo?- mi azzardo a chiedere sotto i suoi occhi lucidi e gonfi di lacrime. Ma non fa in tempo a prendere aria e proferire parola che vengo sorpresa dal rumore meccanico dell'apertura del cancello, dietro il quale scorgo già due sagome dritte e contratte, oscurate dalla luce dei fari della macchina di Jason, che si appresta a spegnere. Sono i miei genitori.

Mio padre, Scott, rimane indietro, mentre mia madre, Esther, avanza con la mascella serrata verso di noi, agitando le braccia che formano due angoli retti. Sembra quasi che stia marciando per dichiararmi guerra.

Quando è abbastanza vicina da farmi temere il peggio, però, mi scavalca impassibile, come se fossi invisibile, e si ferma di fronte a Jason: -Jason, caro. Siamo mortificati per quello che è successo. Siamo rientrati prima che potevamo, eravamo al lago. Grazie per averci avvisati!- pronuncia monocorde, come se stesse leggendo un telegramma.

-Signora Wilson, Hope è Tutto per me. Dovrete essere voi a scusarmi perché non sono riuscito a prevenire questo- pronuncia mortificato, indicando la mia gamba, ma mia madre non la degna di uno sguardo.

-Purtroppo nessuno di noi si sarebbe aspettato una cosa del genere da Artem- ammette sull'orlo del pianto. Sembra sinceramente dispiaciuto per il suo amico, nonostante trabocchi di rabbia.

-Chi non si sarebbe aspettato una cosa del genere? Chi???- chiede retorica. -Forse solo mia figlia!- ironizza, degnandomi di uno sguardo carico di disprezzo misto a compassione.

-Mia figlia! Che, noncurante di essere ospite ad una serata d'eccezione, decide di mettersi ad arbitrare uno scontro tra straccioni!- termina con uno strillo.

#LOVEME - Tutta colpa di un bacioOù les histoires vivent. Découvrez maintenant