«Samantha!» urlo iniziando a rincorrerla, ma le sue falcate sono decisamente più veloci.

La scorgo sorpassare diversi studenti. Così cerco di raggiungerla, sbandando contro alcune persone. Tutto questo però non importa, perché dopo un paio di secondi si blocca davanti a una porta.
Precisamente quella del bagno.

La vedo entrare all'interno e di conseguenza la inseguo celermente.

Appena mi immetto nella stanza noto delle ragazze ai lavandini con faccie schifate. Quando le guardo una di loro provvede a mormorare: «Mi sa che non si sente bene...» Indica una porta.

Mi affianco a essa.
Provo a bussare, ma è chiusa a chiave.
Sto per chiamarla, ma dopo un attimo inizio a percepire dei suoi lamenti.

Sta vomitando.

Chiudo gli occhi per non far uscire nessuna lacrima e poi mi volto verso quelle ragazze.
«Potete uscire per favore?» chiedo debolmente.

Loro fortunatamente annuiscono e scappano immediatamente.

L'istinto mi dice di tapparmi le orecchie per tutti i conati che Samantha sta producendo, ma non lo faccio.

Devo torturarmi da sola.
Devo capire sino in fondo tutte il dolore che le ho procurato.
E patire insieme a lei.

Premo la testa contro la porta, percependo il corpo fremere nel momento in cui Samantha comincia a singhiozzare.

«Mi dispiace», sussurro stringendo gli occhi, combattendo con tutte le mie forze contro le lacrime che premono per uscire.

È così, sono una debole. Lo sono sempre stata.

«Samantha giuro che mi dispiace.»

Lei piange ancor di più al di là della porta.

«Dimmi solo perché.» Sembra più un'affermazione quella che spara, con il suo tono disperato e totalmente sofferto.
A malapena riesce a parlare con tutti i conati che sta producendo.

Grazie a tutto lo schifo che le ho dato.

Inizio a piangere. «Ti giuro che non volevo ok?» Lei non mi risponde.
«Sam non volevo è successo e basta cazzo!» sbotto con le lacrime che mi rigano il volto.

«Mi avete preso in giro!» strilla con i singhiozzi che la ripercuotono. Tira su col naso.
«I-io mi fidavo di voi. Ma ve ne siete fregati e mi avete mentito, da sempre! Come cazzo mi dovrei sentire adesso eh?!»

Apro bocca, ma non esce nulla. Zero assoluto.
Non c'è scusante per ciò che abbiamo fatto. L'unico motivo che le potrei dichiarare è solo ed esclusivamente l'amore, ma so che non capirebbe.

«S-scusa. Puoi aprire la porta così ti posso aiutare?», sussurro per l'ennesima volta.
Aspetto una sua risposta, ma quello che odo è semplicemente lo sciacquone e i suoi singhiozzi.

Resto col fiato sospeso per il silenzio che si è creato.
Il mio battito sembra cessare nel momento in cui comincia di nuovo a parlare. «Vattene.»

«No.»

Sento un colpo al di là della porta. «Ho detto di andartene.»

Il mio respiro trema. «Ti prego Sam. Parliamone. Esci fuori e parliamone», ripeto piangendo.

«L'unica cosa che non desidererei adesso è ascoltare le tue cazzate. Quindi, ti scongiuro, vai via.»

Mi porto una mano sul volto scostandomi un ciuffo di capelli, attaccato sulla mia guancia umida. «Samantha io non l'ho dettati questi sentimenti. Giuro che non volevo che andasse così.»

«Tu l'unica cosa che non dovevi fare era mentirmi. Ed è tutto ciò che hai compiuto», sibila con infinito disprezzo. Con talmente tanto ribrezzo da accapponarmi la pelle.

«Non te lo volevo dire all'inizio solamente perché...» Mi interrompe bruscamente.

«Ho detto che te ne devi andare cazzo!» grida facendomi sobbalzare.

Mi mordo il labbro, piangendo silenziosamente, ma alla fine acconsento.

Le gambe mi tremano mentre mi allontano dalla porta e prima di uscire mi guardo un secondo allo specchio.

Ho gli occhi contornati di nero e la faccia congestionata, ma non mi interessa di come mi guarderà la gente. Del loro giudizio me ne sbatto perché, al momento, mi interesserebbe solamente parlare con Samantha.

Ma lei non vuole e io lo devo accettare.

Faccio un respiro profondo e, prima di uscire dal bagno, guardo un secondo verso la toilette dove è rifugiata.

Sospiro chiudendomi la porta alle spalle.
Sto per proseguire nel corridoio, per scappare a gambe levate da questo incubo, ma mi fermo sul posto nel momento in cui noto Liam e Aria l'uno accanto all'altra.

Mi fissano con lo stesso sguardo.
Occhi addolorati, proprio come i miei.

Mi rivolgo a entrambi. «L'abbiamo distrutta.» Le mie braccia si afflosciano e a stento continuo a stare eretta sul posto.

«Lo sapevi pure tu che andava a finire così», prende parola Liam.
Viene verso di me con aria imbronciata, mentre constata il mio stato d'animo. Sta per prendermi il volto tra le mani, ma io lo blocco immediatamente.

Seppure lui non sia d'accordo, scuoto la testa. «Non stare qui, vai da lei.»

«Mi ammazzerà pure a me e lo sai.»

Forse ha ragione, ma non voglio che resti da sola.

«Non sta bene. Penso stia vomitando ancora», lo informo.

La sua espressione emana preoccupazione nel momento in cui lo dico. Mi passa affianco pronto a entrare in quel bagno, ma prima di farlo mi guarda di sfuggita. «Dispiace anche a me.»

Detto questo sparisce.
Mi giro verso Aria che continua a guardarmi di sottecchi. La fisso mortificata e lei con occhi lucidi si avvicina a me e mi abbraccia.

«Scusa», sussurro sulla sua spalla.

Lei mi accarezza la schiena. «Non ti scusare con me.»

Però io non riesco a frenarmi. «Tu me l'hai sempre detto e adesso ti ho allontanato un'amica per colpa mia.»

«Smettila...»

«Hai detto che siamo le uniche persone che hai...» Lei però non si arrabbia per averle tolto una ragazza fondamentale nella sua vita, anzi, mi stringe ancora più forte.

«Risolveremo tutto. Promesso.»

Prova a fermarmiWhere stories live. Discover now