It's a Cliché

By -Happy23-

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Hayden Miller è un eccellente pianista, vincitore di moltissime competizioni, prossimo prodigio della Juillia... More

Premessa
Prologo
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12 - Parte 1
Capitolo 12 - Parte 2
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42 - Parte 1
Capitolo 42 - Parte 2
Capitolo 43 - Parte 1
Capitolo 43 - Parte 2
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 53
Capitolo 54
Capitolo 55
Capitolo 56
Capitolo 57
Capitolo 58
Capitolo 59 - Parte 1
Capitolo 59 - Parte 2
Capitolo 60
Capitolo 61
Capitolo 62
Capitolo 63
Capitolo 64
Capitolo 65
Capitolo 66
Capitolo 67
Capitolo 68
Capitolo 69
Capitolo 70
Capitolo 71
Capitolo 72
Capitolo 73
Capitolo 74
Epilogo
Capitolo 1 Bonus - Parte 1
Capitolo 1 Bonus - Parte 2
Capitolo 1 Bonus - Parte 3
Capitolo 2 Bonus - Parte 1
Capitolo 2 Bonus - Parte 2
Capitolo 3 Bonus - Parte 1
Capitolo 3 Bonus - Parte 2
Capitolo 3 Bonus - Parte 3
Capitolo 4 Bonus
Capitolo 5 Bonus
Profilo Instagram

Capitolo 6

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By -Happy23-

Solo quando mi ritrovai di fronte a quel palazzo in mattoni rossi, adiacente ad altri con struttura simile, realizzai quanto avessi camminato. Nel momento esatto in cui mi fermai e osservai il semplice ingresso composta da una porta in vetro, capii quanto tutto quello mi fosse davvero mancato. 

Ero immobile, in mezzo all'ampio marciapiede a intralciare i passanti, ignorai anche le spallate delle persone che mi urtavano, probabilmente vogliose di tornare a casa dopo una lunga giornata di lavoro. Mi passai le dita sotto gli occhi, i dorsi delle mani sulle guance per ripulirmi dalle lacrime secche e buttai fuori un sospiro frustrato mentre guardavo il cielo.

Il sole stava tramontando, il cielo aveva iniziato a prendere quelle sfumature tra rosa, rosso e arancione, le nuvole creavano disegni spettacolari insieme a quei colori. Il tramonto era decisamente il mio momento preferito della giornata. 

Abbassai il mento e tornai a fissare quella porta. Il mio subconscio mi aveva trascinato fin qui, per cui non potevo voltare le spalle e tornare a casa. Anche se, immaginata l'ora, sarebbe stata la cosa migliore da fare, ma quella giornata peggio di così non sarebbe potuta andare per cui mi diedi coraggio e avanzi.

Girai la manopola di ottone e la spinta entrando nel locale. Era esattamente come lo ricordavo. Il piccolo atrio con una scrivania nella parete opposta all'ingresso e di fianco una porta chiusa che avrebbe condotto ad un lungo corridoio. Be', alla fine erano passati due anni, perchè avrebbe dovuto essere diverso.

C'era una madre con la figlia che discutevano con la segretaria e io mi trovai ad osservare le fotografie incorniciate sulle pareti laterali e i ripiani con i trofei.

Individuai molte mie foto, in molte ero semplicemente seduta sullo sgabello mentre suonavo, in altre stringevo i premi e avevo di fianco Rhonda che sorrideva.

«Che mi venga un colpo, ma quella è proprio Makayla Adams?»

Un sorriso spontaneo si incurvò sul mio viso nell'udire quella voce femminile che da anni mi mancava.

Mi voltai e incrociai gli occhi scuri ma pieni di sorpresa di Rhonda. Non era cambiata affatto. I suoi tipici capelli afro tenuti stretti da piccole treccine, oggi acconciate in una crocchia gigante. Le guance paffute e le mille collane rumorose attorno al collo. I grandi occhi scuri sempre vivi da quella scintilla di gioia.

«Rhonda!» esclamai e mi avvicinai a lei a braccia aperte.

Ricambiò l'abbraccio e quasi mi soffocò per quanto fosse stretto.

«La mia piccola star,» mi strinse e poi si allontanò lasciando le mani sulle mie spalle per studiarmi, «mi avevi promesso che non saresti sparita, piccola peste e invece l'hai fatto.»

Abbassai la testa colpevole ma continuai a sorridere, «chiedo venia.» 

Agitò una mano, «ma smettila. Dimmi, come stai? Guarda quanto sei cresciuta, sei diventata ancora più bella.»

Arrossii per quei complimenti, non ero abituata a riceverne di quel tipo, «grazie e tu non sei invecchiata di niente.»

«Sono passati due anni, ragazzina, mica dodici.» 

Risi e le diedi ragione.

«Be', cosa ci fai qua? Forza vieni, sta per iniziare una lezione.»

«Oh, n-no. Non voglio disturbare-»

«Ma che disturbare. Fai vedere un po' a quelle pesti cosa significa saper suonare.»

Accettai, anche se titubante, la sua offerta  e superammo la porta che conduceva alle diverse aule studio. In questa scuola, oltre a pianoforte, veniva insegnato anche il corso di violino, chitarra, flauto e batteria. Per cui c'erano diverse stanze tutte insonorizzate per i diversi corsi. 

«Forza, raccontami. Come stai?»

«Bene, ho iniziato da poco l'anno dei senior.»

«Uh, l'anno delle pazzie.» mi diede una leggera gomitata ammiccando.

Ruotai gli occhi ridendo, «ancora nessuna pazzia.»

«Tu sei pazza.»

«Lo prendo come un complimento.»

«Ah, lo so.» mi sorrise e poi si fermò di fronte ad una porta e l'aprì.

Al suo interno c'erano i soliti banchi con le tastiere in ognuno e in fondo all'aula un pianoforte. Quello che mi fece soggezione fu il fatto che i banchi fossero tutti pieni. 

«Ѐ l'orario dei piccoli.»

L'avevo intuito. Avranno avuto sui sei o sette anni. 

«Ciao.» salutai con un sorriso gentile e amichevole.

Alcuni ricambiarono mentre quelli più timidi si limitarono a guardare Rhonda con confusione.

«Bambini, lei è Makayla. Una mia vecchia studentessa. Posso dirvi che lei è stata la migliore, e secondo me lo è ancora adesso.»

«Um, non esagerare. Non suono più ormai.» ammisi con imbarazzo mentre andava a sedersi davanti al pianoforte.

«Non puoi perdere un talento, Makayla. Forza vieni, oggi farai tu lezione.»

Era la seconda volta che qualcuno lo diceva. Vero o no, iniziava a mettermi i brividi quella frase.

Spalancai gli occhi, «c-cosa? No, io non posso...»

«Oh, non fare la sciocca. Vieni, coraggio.»

Deglutii e guardai i bambini che incuriositi non comprendevano quello scambio di battute.

Mi avvicinai a Rhonda e guardai il piano. Era da due anni che non ne toccavo uno.

«Sul serio, Rhonda io non-» mi zittì mettendomi le mani sulle spalle e mi spinse in basso per farmi sedere.

«Io spiego, tu lo mostri e loro lo ripetono, capito?»

Annuii con le mani che iniziavano ad essere appiccicose. Sapevo cosa dovevo fare, solo non sapevo come. Non sapevo con quale coraggio toccare nuovamente quei tasti.

«Bene. Cominciamo.»

Ah si?

⚜️

Tornai a casa con un lieve tremolio nelle ossa. Non indossavo altro che un paio di pantaloncini e una maglietta a maniche corte, ero scappata di casa senza preoccuparmi delle temperature. Di pomeriggio era accettabile, ma alla sera si alzava un leggero venticello fastidioso.

Non volevo suonare alla porta per cui feci il giro della casa per entrare dalla porta sul retro che sapevo fosse aperta. Infatti, entrai senza problemi e immediatamente sentii il vociare di tutta la famiglia dalla cucina.

Mi chiesi se mio padre fosse stato informato del litigio o mia madre avesse deciso di lasciarlo all'oscuro.

Ad ogni modo mi sarei beccata una sgridata per non aver avvisato della mia assenza a cena.

«Makayla?» tuonò grave mio padre dalla cucina.

Avevo appena messo il piede sul primo gradino di scale e sbuffando sottovoce mi obbligai a fare dietrofront e andai verso la cucina.

Li trovai tutti seduti ma nessuno mi guardava. O meglio, Dave e mia madre non mi guardarono. I più piccoli mi salutarono, tranne Gabe perché era occupato al telefono.

Incrociai gli occhi scuri di mio padre e aprii bocca per scusarmi ma non feci in tempo.

«Sai quali sono le regole. Entro le sette a casa e se non ceni devi avvisare.»

«Mi dispiace, sono uscita senza telefono e-»

Si pulì la bocca con il tovagliolo e mi guardò severo, «non mi interessa. Oggi laverai i piatti di tutti.»

Non avevo voglia di discutere anche con lui, per cui annuii e me ne andai in camera.

Quel pomeriggio avevo totalmente ignorato il telefono e non sapevo se i miei amici mi avessero cercato.

O Hayden...

Non mi interessava di lui in quel momento. In parte era colpa sua, della sua proposta, se mi ero fatta trasportare nei ricordi. 

Trovai il telefono sopra al letto e mi sdraiai.

La chat del gruppo tra i miei amici aveva pochi messaggi, ma quei pochi discutevano su una possibile partecipazione ai provini di football di Hayden. 

Per quanto fossi curiosa di sapere più informazioni riguardo quell'argomento, avevo ben altro a cui pensare. Avevo davvero bisogno di parlare con qualcuno. Di sfogarmi di tutta quella giornata ma non volevo discuterne con i miei amici perchè per quei momenti avevo necessità di solo una persona. 

Prima però, dovevo lavare i piatti.

Dopo essermi cambiata in vestiti più morbidi e coprenti, andai in cucina e notai che molti avevano finito di mangiare. Anzi, tutti si stavano alzando lasciando il tavolo pieno di piatti, posate e bicchieri sporchi.

Grazie tante, almeno metterli nel lavandino sarebbe stato gentile...

Non volendo sentire gli schiamazzi dei miei fratelli e sorelle davanti alla televisione, mi infilai le cuffie che mi ero portata via dalla camera e ascoltai la musica mentre sistemavo l'intero casino della cucina.

Non avevo toccato cibo e non avevo intenzione di farlo perché non avevo fame.

«Ci suoni qualcosa?»

«Si dai! Suonaci qualcosa»

Guardai Rhonda in cerca di aiuto e lei rise buttando indietro la testa, «adesso Makayla vi farà un piccolo concerto.»

«Oddio, no il massimo che posso fare è Twinkle Twinkle Little Star...» borbottai nervosa.

La lezione era andata bene. Nonostante mi sentissi super in ansia perché se io sbagliavo, loro avrebbero sbagliato e non volevo far sbagliare nessuno.

Ruotò gli occhi, «Makayla, hai vinto premi su premi, hai un dono. Come puoi pensare di dimenticare tutto?»

«Dai, avanti! Suonaci qualcosa.» parlò un bambino in fondo alla classe.

«Fai Beethoven.»

La guardai come se le fossero sbucate altre due teste, «sei pazza? Cosi, su due piedi.»

«La sapevi ad occhi chiusi a soli nove anni.»

«Si ma-»

«Forza.»

Sospirai e alzai le mani sfiorando con le dita i tasti.

Di Beethoven ne avevo studiate diverse ma quella che più mi piaceva e una delle più famose era Für Elise.

Chiusi gli occhi e pensai che in fondo erano solo bambini alle prime armi. Potevo permettermi di sbagliare, non mi avrebbero giudicata male.

Sfiorai i primi due tasti e poi venni trasportata dalla musica e-

«Makayla.»

Mi voltai di scatto verso la persona che mi aveva tolto la cuffietta dell'orecchio.

«Che vuoi, Gabe?» sospirai, facendo dei movimenti strani con le braccia per tenermi su le maniche della felpa.

Ogni volta mi scendevano e rischiavo di bagnarmi il polsino. Era fastidioso il polsino bagnato. 

«In frigo ti ho lasciato del pollo.»

«Oh, grazie.»

Ero sorpresa, stranamente faceva carinerie di questo tipo.

«Dove sei stata?» chiese appoggiandosi contro al ripiano vicino a me.

Inarcai un sopracciglio sospettosa, «ti interessa davvero o sei qui per conto di qualcun altro?»

Sbuffò e scrollò le spalle, «rispondi o no, sfigata.»

«Sono stata da Rhonda.»

Si accigliò e sembrò essere più interessato di prima. «La tua vecchia insegnante di musica?»

«Si.»

«E perché?»

«Perchè... si.»

Non sapevo nemmeno io perché fossi finita li. Il mio subconscio mi ci aveva trascinata.

Terminai di lavare i piatti con ancora la sua presenza al mio fianco.

«Lo mangi quel pollo?» chiese aprendo il frigorifero.

Ruotai gli occhi, «me l'hai appena- ugh, mangialo.»

Mi mandò un bacio volante, sospirai lasciando la cucina e uscii dalla porta sul retro, o almeno ci provai.

«Dove vai?»

Non mi voltai alla voce di Dave.

«Affari miei.» risposi atona mentre aprivo la porta e uscivo in giardino.

Sarei andata nella casetta sull'albero. Ero da sola e mi sarei sentita meno soffocata.

Mi arrampicai sulla scaletta appesa al tronco, una volta arrivata in cima spinsi la botola in legno della casa ed entrai. Era sempre un disastro perché ci venivano le gemelle a giocare ma almeno la parte dei puf e coperte era sempre intatta.

Mi buttai su uno di quelli e accesi una piccola torcia sopra di me per illuminare la casetta.

Ero confusa, arrabbiata, offesa e triste. Era da molto che non provavo cosi tante emozioni insieme e mi serviva qualcuno su cui appoggiare la testa senza finire con litigarci.

C'era solo una persona che chiamavo durante quelle situazioni, ma questa volta avendo litigato anche con la mia famiglia non credevo che mi avrebbe aiutato più di tanto. Sicuramente avrebbe dato ragione a loro e non volevo litigare anche con lui. 

Ma come se ci fosse un filo conduttore a legarci arrivò presto la sua chiamata. Il suo nome lampeggiò sullo schermo e mi morsi il labbro decidendo cosa fare, era come se le nostre menti fossero legate, se io stavo male, lui stava male. 

Mi rannicchiai sul puffo e decisi di accettare la chiamata. 

«Ehi...»

«Il mio sesto senso diceva che qualcosa non andava e avevo ragione

Abbozzai un sorriso perché anche io stavo pensando a lui in quel momento.

«Non dovresti essere con la tua ragazza invece che chiamare tua sorella?» chiesi con una nota di ironia e sospirò.

«No, se so che mia sorella ha bisogno di me.»

Mi morsi il labbro e giocai con una mia ciocca mentre le immagini di quel pomeriggio si ripetevano in sequenza nella mia mente.

«Che succede?» mormorò Ethan.

«Non voglio discutere anche con te...» affermai con un mezzo sospiro tremante.

«Sai che non potrei mai arrabbiarmi davvero con te, mostro.» rispose con tono calmo e dolce.

Avrei voluto che fosse qui. E non dovergli parlare attraverso un telefono.

«Ho- um, ho detto delle cose e ho litigato con mamma e Dave.»

Rimase in silenzio aspettando che andassi avanti ma non volevo raccontarlo anche a lui, «del tipo?»

Anche se titubante per la reazione che avrebbe potuto avere, iniziai a spiegare la discussione tra nostra madre e Dave. Nuovamente, non mi interessava se fossi sembrata egoista o capricciosa, perché non lo ero mai stata, ma quel giorno ero arrivata al punto di scoppio e avevo buttato fuori ciò che mi stavo tenendo dentro da diversi mesi.

«Io non sto dicendo che non mi importa dei miei fratelli, okay? Solo che- i genitori dovrebbero riuscire a mantenere i figli e loro stessi non hanno mai viaggiato nell'oro, perché cazzo ti metti a sfornare una tribù se poi non sei in grado di mantenerla?» mi fermai dal monologo che stava andando avanti da cinque minuti e presi fiato tra le lacrime e la gola pulsante, tirai su con il naso e presi il suo silenzio un invito a proseguire, «io non mi sono mai buttata a terra, pestato mani e piedi chiedendo di fare quelle lezioni o sbaglio? Ho s-sempre saputo dei problemi economici, lo capivo anche se ero piccola, per cui non mi sarei mai lamentata se avessero detto subito di no o appena le c-cose stavano diventando troppo grandi. E se ora io volessi riprendere e pagarmele da sola, sottolineo da sola perché non chiederei niente a loro, non posso perché loro lasciano i loro figli a carico mio o di Dave.»

Avevo il respiro pesante e avevo anche bisogno di un fazzoletto per soffiarmi il naso e asciugarmi il viso.

«Come mai cercavi quella scatola?»

«Come? Nessun motivo io-»

«Mak, voglio aiutarti, va bene? Ma devo sapere perché di colpo hai pensato queste cose

«Le ho sempre pensate ma mai dette.» replicai amara.

«Bene, allora voglio sapere cosa ti ha fatto sbloccare. Perché cercavi quella scatola?»

Rimasi a fissare la botola chiusa a qualche metro da me e ripensai alla conversazione con Mrs Kreene e Hayden.

«La mia professoressa di musica ha chiesto a me e- e Hayden di partecipare insieme ad una competizione tra scuole. In palio ci sono molti soldi, vorrebbe costruire una vera aula di musica, con strumenti nuovi e non quei catorci che hanno, che avrebbe permesso a tutti di avere un luogo per suonare. Persone come me non dovrebbero più abbandonare i propri sogni se si vincesse...»

«E hai risposto di no?»

Spalancai le braccia anche se non poteva vedermi, «certo che ho risposto di no. Non suono da due anni, cazzo! Ma poi Hayden...» mi morsi il labbro per non andare avanti.

Non volevo dirgli anche quello ma sapevo che ormai non potevo stare zitta.

«E poi Hayden?»

Sospirai e risposi con gli occhi arrabbiati, «anche Hayden ha detto di no, a quanto pare è qui perché vuole prendersi una pausa... ma mi ha riportato a casa e mi ha chiesto che se ci tenevo cosi tanto potevo esercitarmi da lui.»

«A casa sua?»

«Um, credo... di si.»

Borbottò qualcosa che non capii ma lo ignorai.

«Quindi, volevi guardare quella scatola per rivangare i ricordi?»

Alzai una spalla e mi mordicchiai la pellicina del pollice, «si, e pensare a dove sarei se non fosse stato per tutto quanto... ma è arrivata mamma e abbiamo litigato.»

«E dopo dove sei andata?»

«Non mi piacciono queste domande da avvocato, avvocato

Sospiro, «Makayla

«Da Rhonda. Mi sono trovata li senza neanche pensarci.»

«Oh, e hai suonato?»

Il tono caldo e sorpreso mi fece sorridere.

«Si, ho tenuto una lezione per dei bambini e...»

«E?»

«E ho suonato Für Elise.» mormorai con un pizzico di orgoglio mentre sul mio viso si allargava un sorriso spontaneo.

«Stai scherzando? E senza sbagliare?»

Ridacchiai, «magari, ho fatto qualche errore ma niente di che. La lezione era per i bambini quindi non l'hanno neanche notato...»

«Ti piace vincere facile.» 

Abbozzai un sorriso ma lo persi poco dopo. Non sapevo come uscire da quella situazione, o meglio, la cosa più logica era scusarsi ma dall'altra parte era più forte di me.

Fino a quel momento avevo tenuto nascosto quanto stessi male per non aver proseguito ma solo perché era l'unica cosa che sapessi fare.

Io ero brava solo in quello e non mi vedevo fare altro, non mi vedevo fare qualcosa che mi portava ad alzare la mattina con il sorriso perché sapevo di star facendo ciò che amavo. La musica, suonare, era quello che volevo fare. E lo so che forse mi stavo comportando come un'egoista ma in fondo per realizzare ciò che si voleva fare, tutti lo erano. Tutti dovevano perdere qualcosa per avere altro.

Era l'equilibrio della vita, no? Io prendo qualcosa da te e tu lo prendi da me.

«Non ci hai mai raccontato davvero cosa provassi in quel periodo. Non deve essere stato facile mollare cosi, da un momento all'altro, e non sai quanto mi sia dispiaciuto vedertelo fare

«Non c'era niente da dire. E anche se l'avessi detto, non avrebbe cambiato le cose...» mormorai in risposta.

Sentii un sospiro e stette in silenzio per un po' per poi continuare, «è ciò che vuoi fare davvero?»

«È l'unica cosa che so fare, Eth.» affermai con voce esausta.

«Non è vero, Mak

«Si invece. Non so fare nient'altro, non mi piace nient'altro. Non sono un genio come te o brava nello sport come Jamie o... costante nello studio come Dave. Io so suonare e basta. Senza quello sono... niente. Faccio schifo.»

«Accetta

«Come?»

«Accetta l'offerta di Hayden e partecipa alla competizione

«Scherzi? Riprendo per poi smettere di nuovo. No, io non-»

«No, riprendi e lotta per quello ciò che credi. Quel ragazzo avrà contatti con chiunque in quel mondo se ti sta aiutando ora, sicuramente lo farà anche dopo. Devi cogliere le opportunità che la vita ti mette a disposizione, ora la tua opportunità è Hayden

E se non mi avesse aiutato? Se non avesse potuto fare niente per aiutarmi? Avrei dovuto abbandonare di nuovo e scegliere una strada che ancora non aveva un nome o una luce. Era buia e non sapevo neanche cosa aspettarmi.

«Smettila di distruggerti con domande su domande. Il futuro nessuno lo prevede, non sai cosa succederà. Ma hai una possibilità ora di ricominciare ciò che ami, sfruttala

Mi sollevai dal sacco colorato e mi passai una mano tra i capelli sentendomi motivata e anche un po' spaventata.

Avrei suonato con Hayden. O meglio, lui mi avrebbe guardata suonare, sarebbe stato strano, no? Passare del tempo insieme al di fuori di quello scolastico. E soprattutto suonare di fronte ad un genio musicale.

«E se... non dovessi essere più brava come prima?» mormorai timorosa che anche quella fosse un'altra verità che avevo paura di affrontare.

Lo sentii schioccare la lingua al palato, «ma se mi hai appena detto che hai suonato Für Elise dopo due anni di fermo totale. Non sei meno brava, devi solo rispolverare un po' le cose ma puoi solo che migliorare

Hayden potrebbe aiutarti a rispolverare, ad aprire zone sempre state chiuse...

Ignorai quella voce pervertita nella mia testa. Sospirai e mi mordicchiai il labbro, «cosa faccio con mamma e Dave?»

«Con Dave ci parlo io, ma devi chiedere scusa alla mamma. Tutti abbiamo avuto i tuoi pensieri, okay? Io e Jamie che dovevamo prenderci cura di tutti voi quando mamma e papà erano a lavoro ed eravate tutti piccoli e delle palle al cazzo

«Ehi!»

«Diverse volte abbiamo pensato di regalarvi,» sospirò drammatico e ruotai gli occhi sorridendo, «so quello che vuoi dire, va bene? Tutti abbiamo rinunciato a delle nostre libertà per la famiglia, ma è la famiglia, capisci? Si farebbe di tutto per quella e tutti farebbero qualsiasi cosa per te

Dave aveva dato parte dei suoi soldi per pagare quel viaggio. Papà aveva fatto ore in più. 

Annuii pensierosa e arricciai le labbra, «si, lo so. Ero solo... arrabbiata.»

«Lo so, mostro. E molto probabilmente anche la mamma l'ha capito, ma dovresti scusarti lo stesso

«Si, hai ragione. Lo farò.»

«Brava

«Sei l'unico con cui possa parlare senza litigare. Per questo sei il mio preferito...» ridacchiai guardandomi la punta dei piedi scalzi.

«Sono il migliore, che ci posso fare? Ora vai a dormire che è tardi

Ruotai gli occhi, «non sono neanche le dieci...»

«E per le bambine come te è tardi

«Non sono una bambina.» ribattei annoiata ma sapevo stesse scherzando.

«Si, l'ho intuito in diversi momenti.» 

Oddio, no.

Spalancai gli occhi e sbuffai, «ancora per quella storia con Jordan? Dimenticala, okay? Anche io ho sentito cose che avrei preferito non sentire.»

Ed era vero. Forse non lo sapevano che i muri non erano insonorizzati. Neanche la soffitta lo era.

«È diverso sapere di tuo fratello maggiore e vedere certe scene di tua sorella minore

Ero solamente in ginocchio, potevano essere molte cose.

Ti stavi legando i capelli...

Eh, faceva caldo.

«Per me ha lo stesso valore. Meglio evitare entrambe le situazioni.»

«Sono d'accordo e in merito a questo, Hayden-»

«No. Niente Hayden. Non c'è e non ci sarà niente, okay? Lui è tipo... mezzo famoso e ricco e io... be', sono io. Di certo ha altre a cui pensare.» dissi nervosamente ma era un pensiero sincero.

Hayden non avrebbe mai guardato me in quel modo. E poi non volevo che mi guardasse in quel modo. Giusto?

«Scommettiamo?»

«Vuoi scommettere su chi potrebbe scoparmi, davvero?»

Calò il silenzio. E mi trattenni dal ridere.

«Mh, no. Non so perchè lo abbia detto, che schifo

«Grazie per il complimento.»

«Non 'che schifo' a te. Hai capito cosa intendo...»

Sorrisi e scossi piano la testa, «si, certo. Be', ti lascio andare. Grazie per aver chiamato e per avermi ascoltato.»

«Non ringraziarmi mai per questo, Mak. Lo sai che farei qualsiasi cosa per te.» rispose serio e lo sapevo che avrebbe fatto qualsiasi cosa.

«Lo so. Ti voglio bene, Eth.»

«Ti voglio bene, mostro. E chiedi scusa alla mamma e parla con Hayden.»

«Si, avvocato.»

«'Notte

«'Notte.» 

Miseriaccia. Dovevo accettare la proposta di Hayden?



S/A.

Come state?👽

La storia inizia ad ingranare e i due protagonisti sembrano avvicinarsi verso un unico filo conduttore 👀

➡️ Forse la reazione di Makayla è stata esagerata, o forse no, voi come avreste reagito?

➡️ Soprattutto, voi accettereste la proposta di Hayden?

Non dimenticate di mettere una stellina e di commentare, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate! ❤

A presto, Xx.

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