It's a Cliché

Par -Happy23-

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Hayden Miller è un eccellente pianista, vincitore di moltissime competizioni, prossimo prodigio della Juillia... Plus

Premessa
Prologo
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12 - Parte 1
Capitolo 12 - Parte 2
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42 - Parte 1
Capitolo 42 - Parte 2
Capitolo 43 - Parte 1
Capitolo 43 - Parte 2
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 53
Capitolo 54
Capitolo 55
Capitolo 56
Capitolo 57
Capitolo 58
Capitolo 59 - Parte 1
Capitolo 59 - Parte 2
Capitolo 60
Capitolo 61
Capitolo 62
Capitolo 63
Capitolo 64
Capitolo 65
Capitolo 66
Capitolo 67
Capitolo 68
Capitolo 69
Capitolo 70
Capitolo 71
Capitolo 72
Capitolo 73
Capitolo 74
Epilogo
Capitolo 1 Bonus - Parte 1
Capitolo 1 Bonus - Parte 2
Capitolo 1 Bonus - Parte 3
Capitolo 2 Bonus - Parte 1
Capitolo 2 Bonus - Parte 2
Capitolo 3 Bonus - Parte 1
Capitolo 3 Bonus - Parte 2
Capitolo 3 Bonus - Parte 3
Capitolo 4 Bonus
Capitolo 5 Bonus
Profilo Instagram

Capitolo 26

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Par -Happy23-

Non credevo che gli spalti potessero riempirsi ancora di più dall'ultima partita in casa, ma dovetti ricredermi quando arrivai accompagnata da Malcolm e Brandon. 

I camioncini del notiziario erano ancora presenti, pronti addirittura a bordo campo a riprendere la partita. Spalti della nostra squadra e degli avversari erano colmi di gente, tutti ammassati e appiccicati tra loro. Striscioni con scritto Forza Sharks! erano appesi un po' ovunque e diversi cori femminili incitavano per l'arrivo del numero 18, Hayden Miller.

«Dubito si riesca a trovare posto.» commentò Brandon.

Eravamo sul campo di atletica che circondava quello da football. Attorno a noi gente andava e veniva e sembrava davvero impossibile intrufolarsi e avere dei posti decenti in prima fila o vicini alla ringhiera. 

«Mettiamoci in alto, sembra non essere così pieno.» proposi, lanciando uno sguardo agli spalti.

Alla fine optammo per quella decisione. Prima di andare, però, raggiunsi Donna sul campo, dopo tanta fatica e diversi spintoni, per augurarle buona fortuna.

«Ehi, hai sentito Hayden?» domandò appena mi voltai per andarmene.

Quella frase mi fece girare di colpo e tornai di fronte a lei per evitare che altri sentissero, «non oggi, perchè?»

Dopo averlo intravisto nei corridoi quella mattina, nel pomeriggio io dovetti stare a casa e lui aveva il doppio turno di allenamenti per cui non ci fu tempo per parlare o scriverci.

«Travis mi ha detto che sembra essere molto stressato oggi. Ha anche discusso con il Coach e ha quasi rischiato di stare in panchina.» 

Non ne avevo idea. Brandon mi non aveva detto che ci fosse qualcosa che non andava, e lui doveva saperlo per forza.

«Davvero? Non sembra essere da lui, comunque no, non so niente.» ammisi con leggermente preoccupata.

Cos'era successo?

«Be', speriamo si calmi prima della partita. Sai che quelli della Johnson High sono davvero stronzi.»

La Johnson High era una scuola di un'altra cittadina ed era conosciuta per essere molto aggressiva durante le partite. Certe volte erano scoppiate anche risse tra i giocatori. 

Ci salutammo una seconda volta e lasciai il campo. Lanciai un'occhiata a Mal e Brandon, feci fatica a scovarli nell'ultima fila in alto ma quando il mio amico si sbracciò gli feci segno di aspettarmi.

Non potevo andare negli spogliatoi, sicuramente si stavano preparando e volevo evitare di essere sgridata dal Coach ma potevo sempre provare a chiamarlo. Restai sulla pista di atletica osservando i vari stand del cibo con una lunga fila davanti. 

Feci partire la chiamata e sperai che rispondesse. Non sapevo perchè ma volevo assicurarmi che adesso fosse tutto okay e che non entrasse sul campo nervoso. Quando non avevi la testa per giocare era pericoloso. Soprattutto in uno sport come questo.

Dopo diversi squilli, sospirai capendo che non avrebbe risposto ma sul punto di allontanare il telefono i bip si stopparono.

«Ehi, puoi parlare?» dissi frettolosa, mordendomi il labbro.

Sentii molte voci in sottofondo e poi una porta che si chiudeva e ora solo silenzio. 

«Si.»

Deglutii, qualcosa lo tormentava ancora. Mi guardai attorno mentre cercavo di raccogliere i pensieri.

«Stai bene? Donna mi ha detto che hai rischiato di restare fuori questa sera.»

Sbuffò con fare seccato, «di a Donna di farsi gli affari suoi la prossima volta.»

«Perchè stai facendo lo stronzo?» scattai in difesa della mia amica e perchè non mi piaceva il tono che stava usando. Io stavo cercando di essere gentile.

«Non sto facendo lo stronzo

«A me sembra di si,» risposi piccata, «volevo solo capire cosa ti fosse successo.»

«Niente e anche se fosse non sono obbligato a raccontarti ogni dettaglio della mia vita

Ignorai le sue parole velenose e fredde. Stavo solo cercando di essere una buona amica. Era così sbagliato?

«Ero solo preoccupata.» 

«Grazie ma non ho bisogno dello psicologo,» aprii bocca per ribattere ma lui continuò, «se hai finito con le domande dovrei andare.»

«Si, vaffanculo Hayden, ho finito.» sibilai e terminai la chiamata con rabbia.

Aveva decisamente qualcosa che non andava e il fatto che una mia semplice domanda lo avesse fatto incazzare così tanto, mi suggeriva che fosse anche qualcosa di serio. Ma se questo era il suo modo di comportarsi di fronte all'aiuto di qualcuno poteva anche andare a farsi fottere per quanto mi riguardava. 

Raggiunsi i miei amici con il sangue che mi ribolliva e la sua voce distaccata e irritata nella mente. 

«Con chi eri al telefono? E perchè sembra tu voglia uccidere qualcuno?» domandò Mal appena li raggiunsi.

Erano in piedi contro le sbarre che fungevano da protezione. 

«Cosa vinco se indovino, dolcezza?» ammiccò Brandon, incrociando le braccia.

Lo guardai male, «io volevo solo essere gentile e lui mi ha trattato di merda!»

«Si be', è un bambino particolare.» schioccò la lingua.

«E' uno stronzo.»

«Cos'è successo?» intervenne Mal confuso.

Gli raccontai quello che mi aveva detto Donna e poi della chiamata. Non riuscii a trattenermi dal chiedere a Brandon se sapesse qualcosa ma si limitò a dire che gli sarebbe passata e che mi avrebbe chiesto scusa. Era chiaro che lui sapesse il perchè del cambio di umore e non volesse dirmelo.

Cercai di tranquillizzarmi ma sentivo ancora la sua voce irritante e questo mi faceva venire voglia di scendere, andare negli spogliatoi e insultarlo. Riuscii a togliermi dalla mente Hayden solo quando venni affiancata da Myles.

Però, quando entrarono in campo le squadre, la mia attenzione venne catturata nuovamente dal numero diciotto in prima fila con il capitano, cioè Travis, mentre discutevano su qualcosa. Non indossava ancora il casco e questo permise a tutti di vedere il suo volto cupo ma nessuno sembrò farci caso perché lo chiamarono a gran voce per fare il suo tifo.

«Stai bene? Sembra tu voglia staccare la testa a qualcuno?»

Guardai Myles che mi aveva appena parlato e mi piantai un finto sorriso, «ho solo discusso con qualcuno.»

«Miller?»

«Perchè pensi sia lui?» lo guardai, mordendomi il labbro.

I suoi occhi chiari smorzarono la loro felicità del momento, «lo stai fissando.»

Tornai al campo e questa volta incrociai per pochi secondi gli occhi di Hayden facendomi dimenticare di rispondere a Myles. Poi la sua traiettoria si spostò al ragazzo pel di carota al mio fianco e sembrò volerlo uccidere solo con lo sguardo.

«Sbaglio o mi ha guardato molto male?»

«Non sbagli.»
«Sbagli» mentii mentre Brandon rispondeva.

Mi sporsi guardandolo male e lui alzò le spalle come per dire "cos'ho detto di male?"

«Ce l'ha un po' con tutti oggi.» abbozzai un sorriso verso di lui.

Si grattò il collo a disagio, «oh be', questo mi fa sentire meglio.»

Avrei voluto migliorare la situazione ma purtroppo lo sguardo omicida che Hayden aveva rifilato al povero Myles era ancora nella mente di tutti noi.

Speravo che nessuno si fosse accorto di dove stesse guardando altrimenti sarebbero sorti problemi.

Come aveva detto lui, in un paio di giorni molti si erano dimenticati di me e lui che suonavamo insieme. E volevo che il mio nome venisse dimenticato del tutto.

«Sai, non credo di stargli simpatico.» ammise.

Le squadre nel mentre si stavano posizionando per l'inizio della partita.

«È difficile star simpatico a mio cugino. È abbastanza asociale.» commentò Brandon.

«Perchè lo pensi?» chiesi dando ragione a Brandon.

«Non so, a volte se mi vede in biblioteca o in corridoio mi lancia brutte occhiate e una volta ho anche provato ad andare a parlargli ma ha raccolto tutta la sua roba e se n'è andato dandomi una spinta.» ammise con una nota dispiaciuta e confusa.

Non ero a conoscenza di questo comportamento del moro. E qualcosa mi diceva che faceva così per colpa mia. Avrei dovuto parlargli.

«Gli stai sul cazzo.»

«Brandon!» lo sgridai e lui ammiccò e per un momento mi sembrò di vedere lo stesso sguardo del cugino.

«Hayden è...strano.» buttai fuori verso Myles.

«Quindi lo conosci bene. Quando ci siamo incontrati hai detto di non conoscerlo.»

Mi prese in contro piede e mi strinsi nelle braccia, mordendomi il labbro. Non lo conoscevo bene. Lo conoscevo in generale e conoscevo bene solo alcune sue parti.

«Non voglio che la gente pensi male, preferisco tenere privata la nostra amicizia.»

Già notavo fin troppi sguardi quando per puro caso ci incontravamo nei corridoi. Per ora non c'erano voci strane ma ero certa che sarebbero sorte presto. Nella mia scuola l'importante era fare gossip.

E sapevo benissimo che ora gli occhi erano puntati su noi due, e se avessimo partecipato alla festa di quella sera sarebbero aumentati. Anche se dopo quella breve discussione non credevo sarebbe venuto.

Cercai comunque di godermi la partita e non pensare che il numero diciotto faceva impazzire i tifosi ogni volta che toccava palla.

⚜️

Mancava l'ultimo quarto d'ora. Ed eravamo sotto di dieci punti. Non era impossibile vincere, servivano solo due semplici touchdown.

Okay, forse era impossibile vincere.

La Johnson High aveva provocato diversi nostri giocatori, commettendo anche diverse azioni fallose che però l'arbitro non aveva fischiato facendo infuriare noi tifosi. Inoltre, durante gli ultimi dieci minuti prima della pausa Hayden sembrava essere stato preso di mira dal capitano. Si erano scontrati petto a petto già due volte ed era dovuto intervenire Travis per dividerli.

Myles se n'era andato durante metà partita dicendo che si doveva preparare per la festa. E Hayden aveva guardato prima lui scendere dalle gradinate e poi aveva lanciato uno sguardo a me prima di prestare.

Ora il Coach aveva richiamato una pausa e la nostra tribuna continuava a fare il tifo per i tifosi incitati dalle cheerleader. Io mi stavo mangiando le unghie dal nervoso. Non potevamo perdere. Noi non perdevamo. Non contro questi cazzoni.

I miei occhi erano puntati su Hayden, la squadra offensiva era tutta attorno all'allenatore che stava dirigendo i prossimi schemi. Ma Hayden aveva la testa girata verso il campo e quando seguii la direzione del suo sguardo, notai che dall'altra parte di fosse il numero 6, capitano della Johnson High, che insieme ad altri due ragazzi si lanciavano occhiate minacciose.

Soliti idioti che volevano atteggiarsi da maschi Alpha, pensai annoiata.

Poi tornai ad Hayden quando il Coach lo riprese e lui parlò. Non riuscivo a leggere il labiale da quassù ma da come agitava le braccia e indicava i suoi compagni sembrava star dando delle indicazioni sul gioco.

«Jordan non sembra felice da ciò che sta dicendo Hayden.» commentò il mio amico.

Effettivamente ora stava gesticolando verso di lui in modo arrabbiato. Hayden lo ignorò e guardò il coach che stava stava tenendo il mento con fare circospetto. Poi fece un cenno con il capo e i giocatori si allontanarono mentre Jordan sbraitò qualcosa al moro.

«Ora gli salta addosso...» continuò a commentare Malcolm.

«Si può sapere chi è quel tipo?»

«Il mio ex.» sospirai rispondendo a Brandon.

«Oh, ora spiega tutto.»

Purtroppo Mal aveva ragione perché Jordan continuò a discutere anche con Travis mentre la squadra offensiva si dirigeva in campo e poi capii perché Jordan si stesse lamentando.

C'era stato un switch nei giocatori e ora Hayden era al posto di Jordan e giocava come running back.

«Oh, cazzo. Qua si mette male.» mormorò Mal.

«Perchè l'ha fatto?» domandai perplessa.

Così faceva solo incazzare Jordan, e già stavano perdendo, non portava a niente di buono.

«Ha capito lo schema degli avversari, sa di dover cambiare gioco per coglierli di sorpresa.»

«Non è molto una sorpresa. Ora sanno che gioca da running back.» continuai confusa.

«Guarda la partita, dolcezza.»

Assottigliai lo sguardo verso di lui ma ignorò la mia occhiata e così tornai al campo.

Incrociai le dita e sperai che Hayden avesse fatto bene a cambiare gioco altrimenti questa partita sarebbe stata dura da recuperare.

⚜️

Avevamo vinto. Grazie a due touchdown, rispettivamente uno di Hayden e l'altro di Travis.

Il boato che ci fu al fischio fu assordante, probabilmente anche i miei genitori a casa lo avevano sentito. Tutti erano corsi ad abbracciare il capitano e il numero diciotto, tutti tranne Jordan perché dal suo cambio di gioco a quanto pare lui doveva solo liberare il passaggio e non avrebbe potuto avere il suo momento di gloria.

«Questo vestito è una bomba.» disse Malcolm mentre cercavo di mettermi l'eyeliner con perfezione.

Dopo il termine della partita Brandon era rimasto per aspettare Hayden per portarlo a casa e, sotto mia richiesta, convincerlo a venire alla festa perché volevo parlargli.

E ora mi trovavo nel bagno del mio amico a prepararmi. Avevo indossato un vestito blu notte in raso, dalle spalline sottili e uno scollo a cappuccio. Accarezzava come un guanto le mie curve fino ad una spanna sotto il mio sedere. Lo amavo. Ed era davvero figo quindi speravo che Hayden si presentasse perché- non lo sapevo, ma volevo che mi vedesse con quel vestito.

«Lo so. Infatti dobbiamo farci molte foto prima di uscire.» ammiccai guardandolo dallo specchio.

Lui si stava sistemando le lunghe ciocche dorate. Li aveva lasciati al naturale e i boccoli erano morbidi e lucenti. Si era già truccato con una matita sotto l'occhio e un po' di illuminante sugli zigomi.

«Lo sai, a volte ti guardo e vorrei limonarti.» affermai, guardandolo con attenzione.

Lui bloccò i movimenti delle sue mani e mi lanciò un'occhiata furba, «se mai vorrò provare il genere femminile sarai la mia cavia.»

«Wow, che emozione.»

Sorrise e tornai al mio trucco. Passai un po' di mascara e infine un gloss color pesca che risaltava il mio colore naturale e le rendeva più carnose di quanto già non fossero.

«Hai già detto ai tuoi della cena che vuole fare Hayden?» domandò il mio amico.

Sistemai tutti i trucchi nella mia trousse e sospirai, «non ancora, in questi giorni papà non era di buon umore e devo cercare il momento adatto per dirgli "ehi, il mio nuovo amico con mezzi benefici accetta la proposta di conoscervi ma vuole farlo in un ristorante di lusso e pagare tutto lui"» buttai fuori l'aria guardandolo stancamente, «sai che mio padre odia la pietà degli altri. Figurati se vorrà farsi pagare la cena da un ragazzino.»

Storse il naso sistemandosi le maniche della camicia rossa leggermente trasparente, «si, be', comunque eviterei la parte dello scopamico.»

Ovviamente, era una battuta

«Perchè no? Almeno lo distrarrebbe dalla parte dei soldi.» ironizzai e poi uscii dalla stanza per mettermi davanti al suo bellissimo specchio.

Era perfetto per fare le fotografie. Mi infilai i tacchi, che erano un semplice paio neri, aperti e ovviamente non a spillo o mi sarei uccisa.

«Forza, vieni mio cavaliere.» dissi, sistemandosi le ciocche mosse.

Lo vidi uscire dal bagno e fermarsi mentre mi scrutava da capo a piedi.

«Secondo me appena Hayden ti vedrà con questo vestito infrangerà la regola del non scoparti.»

Ma magari...

Sospirai amaramente perché non sarebbe mai successo e nel mentre Mal si mise alle mie spalle, baciandomi la guancia.

«Togli quel broncio e fai la posa più figa di questa terra, Miller deve capire cosa si sta perdendo.»

Miller non aveva bisogno di capire cosa si stesse perdendo. Perché non aveva nulla da perdere. Ma mi piaceva l'idea. Perciò, beccati questa, Miller.

⚜️

Una volta arrivata alla festa, io e Mal ci trovammo subito con Donna, Travis e gli altri della squadra.

Di Hayden e Brandon nessuna traccia ma Malcolm aveva ricevuto un messaggio da quest'ultimo che diceva che non mancava molto al loro arrivo. Così mi rilassai sul divanetto della casa, per quanto possibile. Nella mia mente cercavo di preparami un discorso per affrontare il moro.

Non avevo idea di quale potesse essere il suo atteggiamento adesso. E non volevo farmi trattare come qualche ora prima. Ma allo stesso tempo non volevo che se ne andasse senza aver risolto.

Uscimmo di casa solo quando Brandon ci disse che erano quasi li. Da fuori si poteva udire l'alto volume e le luci del giardino sul retro che illuminavano la zona atto, insieme a risate e il resto del vociare.

Passarono diversi minuti e poi due fari illuminarono la strada mentre il rombo di un motore a me familiare mi fece alzare dal marciapiede. La Porsche nera lucida si fermò proprio davanti a noi e quando il motore e le luci si spensero lanciai un'occhiata ai miei amici.

«Ti aspettiamo dentro.» disse Donna.

Annuii e poco dopo le portiere si aprirono. Udii un fischio di apprezzamento e mi voltai vedendo Brandon squadrarmi con un sorriso ammiccante.

«Sei uno schianto, dolcezza.» disse avvicinandosi per abbracciarmi e lasciarmi un bacio tra i capelli.

Lo ringraziai e poi puntai lo sguardo alle sue spalle. Hayden era contro la sua portiera e ci dava le spalle.

«Se fa troppo lo stronzo ti autorizzo a tirargli un calcio nei coglioni.»

«Fottiti, Brandon.» replicò il cugino con tono piccato.

Lui mi fece un occhiolino e io abbozzai un sorriso per poi prendere un sospiro e scendere dal marciapiede. Sentii Brandon parlare con i miei amici e insieme si allontanarono. Senza guardare di striscio Hayden, camminai per la strada e sapevo che mi avrebbe seguito.

Nelle vicinanze c'era un piccolo parchetto e la mia intenzione era proprio andare li per poter parlare senza essere disturbati. Il vento freddo salì e mi colpii le braccia, mi abbracciai e continuai a camminare in silenzio in mezzo strada vuota.

In prossimità del parchetto, passai tra due macchine e salii sul marciapiede per poi entrare nel giardino recintato con alcuni giochi per i bambini e qualche panchina.

Feci attenzione a non prendere nessuna storta con quei tacchi e poi mi voltai. Lo vidi incamminarsi con fare sciolto su una panchina e sedersi portando una caviglia sul ginocchio dell'altra gamba e incrociare le braccia. Come sempre indossava una solita camicia nera completamente abbottonata e jeans scuri. I riccioli definiti e morbidi erano ben sistemati. Come sempre era da togliere il fiato.

E come io avevo perso alcuni secondi ad osservarlo, lui fece lo stesso soffermandosi sulle mie gambe nude per poi risalire lentamente fino a ritrovare i miei occhi. Ignorai il nodo allo stomaco creato dal modo in cui mi aveva guardato, mi sentii come accarezzata.

«Spero tu abbia preso una camomilla prima di venire, non vorrei doverti spaccare la faccia.» scattai, incrociando le braccia.

Era ad un paio di metri di distanza da me. Seduto con disinteresse. Annoiato di essere lì a fare quella discussione.

«Simpatica, Adams.»

Mi leccai l'interno guancia guardandolo male, anche se non mi passò inosservata l'occhiata al mio corpo.

«Oggi non eri in te. Neanche in partita. Hai addirittura rischiato di lussare la spalla a quei due ragazzi.»

Anche se un po' se lo erano meritato.

«Sanno qual è il rischio del gioco. E comunque hanno iniziato a starmi loro addosso per primi.»

Aprii bocca ma non mi uscì nulla. Parlava come se non gliene fregasse niente. E l'espressione neutra mi faceva solo infuriare.

«Hayden, cos'è successo? Non ci sentiamo tutto il giorno e l'unica volta che lo faccio, è solo per sapere come stai e vengo anche trattata male.»

Piegò le labbra in basso scuotendo la testa, «non è successo niente e ripeto non devo darti spiegazioni.»

Sentii uno spillo punzecchiare il mio cuore a quelle parole e cercai di non darci troppo peso. Non era obbligato a darmi spiegazioni, vero. Ma volevo solo aiutarlo, capirlo.

«Quindi mi hai risposto da stronzo per niente

Sbuffò una breve risata amara. Si passò le dita sugli angoli della bocca per poi chinarsi in avanti e appoggiare le braccia alle ginocchia, «hai finito?»

«No e di nuovo stai facendo lo stronzo. Sto solo cercando di capire perché ad un tratto è impossibile anche solo rivolgerti la parola.»

Non rispose e si guardò le mani, ignorando le mie parole.

Mi passai una mano tra i capelli. Ero arrabbiata con lui per come mi stava rispondendo. Perché non voleva aprirsi con me. Perchè mi stava ignorando e questa discussione non stava portando a niente di buono.

«Non puoi trattare di merda le persone, sei-»

«Sono cosa? Vuoi dirmi come comportarmi perché sono un personaggio pubblico? Che devo stare attento a quello che faccio per rovinare l'immagine di famiglia? Se vuoi parlare come i miei puoi star certa che abbiamo chiuso qua questa conversazione.»

Chiusi la bocca sorpresa da quello scatto di rabbia. Non mi offesi, sapevo che non ce l'avesse davvero con me ma comunque non mi sarei fatta trattare in quel modo. Ma almeno avevo scoperto che in parte c'entrassero i suoi genitori.

«Vaffanculo, Hayden. Non era quello che stavo per dire. Sei una persona, puoi avere dei momenti no, ma ciò non ti permette di trattare di merda gli altri. E soprattutto non trattare di merda me perché io non ti ho fatto assolutamente niente!»

Feci per andarmene e lasciarlo solo su quella panchina, ma non riuscii a fare nessun passo perché mi sentii afferrare il polso. Inchiodai i tacchi a terra e lentamente mi voltai guardandolo dall'alto con fare scocciato. Ero sul punto di insultarlo ancora quando però, vidi il suo sguardo stanco che fissava dietro di me.

«Non volevo prendermela con te.» disse a voce bassa.

Sospirai e avanzai fino a far sfiorare le nostre gambe, il mio polso era ancora nella sua mano.

«Ma l'hai fatto.»

Alzò il mento per guardarmi negli occhi, «e non avrei dovuto, scusa.»

Inarcai un sopracciglio, sorpresa dal fatto che si fosse scusato. Ero certa che se gli avessi chiesto di ripeterlo non l'avrebbe fatto.

Mi tirò a sé e mentre lui portava la schiena verso le assi in legno dietro di lui, io venivo trascinata in avanti. Alla fine mi ritrovai seduta sulle sue gambe. Il vestito era stretto in quella posizione ed era salito molto, praticamente il mio perizoma era in bella vista ma non me ne vergognavo.

«Mh, in tinta con il vestito.» mormorò dando una rapida occhiata tra le mie gambe.

Gli diedi un colpo al petto, molto forte, «non sei nella posizione per fare commenti di questo tipo.»

Distolse lo sguardo, scottato dalle mie parole. Passò la lingua sui denti e appoggiò le mani sulle mie cosce nude, «mi sono comportato da stronzo, hai ragione, ma non ne voglio parlare.»

«Eri molto incazzato.» analizzai, premendo le labbra.

Lui sospirò buttando indietro la testa e poi la scosse lievemente osservando dietro di me, «si, ho i miei motivi. Lo so che non ero in me e mi dispiace averti trattata male.»

«E con Jordan-»

Già, perché Donna mi aveva detto che negli spogliatoi lui e Jordan avevano litigato. Quasi mettendosi le mani addosso. Ovviamente Jordan aveva provato ad attaccarlo per primo ma il Coach lo aveva allontanato subito.

«Non è successo niente di diverso. Lui si è lamentato del cambio di gioco, ma solo perché è stato improvviso ed è stata una mia idea.»

«Sembra comunque che ti diverta ad innervosirlo con queste cose.»

Non confermò. Ma non smentì nemmeno. Il che mi fece pensare che , gioisse nel farlo. Rimase a fissare le sue dita tamburellare sulle mie cosce.
In parte mi sembrava di star sgridando un bambino, consapevole che avrebbe rifatto lo stesso danno appena avrebbe potuto.

«Ho fatto quello che era meglio per vincere.»

Lo guardai sospettosa ma non replicai. Poteva anche essere così ma tra lui e Jordan non scorreva buon sangue da subito. Si sarebbero punzecchiate per molto tempo ancora.

Dopo diversi secondi passati in silenzio, l'aria tra noi cambiò. Più tranquilla, meno tesa e soffocante.

Poco dopo mi afferrò i polsi tirandomi contro il suo petto e sfiorando il mio naso con il suo. Le farfalle presero vita ma le avrei uccise volentieri. Non doveva avere questo effetto su di me.

«Carino il vestito.» disse con tono caldo.

Inarcai un sopracciglio, «solo carino?»

Sogghignò e abbassò lo sguardo, lo scollo morbido da quella vicinanza permetteva di avere una ampia e dettagliata visuale del mio seno.

Arricciò il naso, «effettivamente ora guadagna qualche punto in più.»

«Pervertito.»

Sospirò e aggrottò la fronte, «lo sai che sei bella, non hai bisogno di sentirtelo dire ogni secondo.»

Ma non sarebbe stato male. Sentirselo dire da lui. Ma non era neanche il suo compito farlo. In fondo, non era il mio fidanzato.

Il suo sguardo si accese e il naso andò a tracciare una linea sulla mia mascella, scendendo fino a che non sentì le labbra sotto il lobo. Strinsi le dita attorno alle sue mani e deglutii, avvertendo quella sensazione mistica di piacere iniziare a fiorire in me.

«O forse vuoi sentirti dire che sei bella, e lo sei in questo vestito così come quando indossi qualsiasi altra cosa.» graffiò il mio collo e il respiro iniziò a farsi più rarefatto.

Non doveva dire quelle cose. Non sapeva che effetto scaturiva in me.

«Scommetto che la metà dei coglioni in quella casa avrà già fatto troppi pensieri su di te in questo vestito.» continuò, liberando una mia mano e andando ad accarezzare un mio braccio con le nocche.

Abbassai lo sguardo soggiogata dalla sua voce profonda e osservai le nocche raggiungere la mia spallina e infilare sotto un dito.

«Non dovrebbe essere un tuo problema questo.» soffiai debole.

La sua bocca si staccò dal mio collo e si scostò permettendomi di trovare i suoi occhi più scuri di prima.

«Siamo amici, no? Gli amici si guardano le spalle a vicenda e avvisano quando qualcuno vuole fare cose che non dovrebbe.» replicò con scioltezza, osservando il suo dito muoversi tra la spallina sottile e la mia pelle.

Sbuffai con un mezzo sorriso socchiudendo gli occhi, «gentile da parte tua avvisarmi delle loro cattive intenzioni.»

«Non c'è di che, Adams.»

Scossi la testa non riuscendo davvero a decifrare la sua persona. Poi, la sua mano si spostò, agganciò il retro del mio collo e mi spinse contro il suo viso. I nostri respiri caldi si unirono e io mi aggrappai all'asse in legno dietro di lui.

«Avrei bisogno di te.» sussurrò, mentre l'altra mano accarezzava la mia coscia.

Un sorrisetto si creò sul mio viso, «ma davvero?»

«Si, avevo bisogno di te prima, soprattutto prima della partita, e ora che ho vista in questo vestito è diventata una questione di vita o di morte.»

«Esagerato.» dissi mentre le mie mani si allacciavano dietro al suo collo e i pollici giocavano i baby ricci della nuca, «e comunque ti sei comportato male anche con me, non sono sicura se ti meriti il mio aiuto.»

Il suo corpo si irrigidì e espirò dal naso facendo scontrare le nostre fronti, «Makayla.»

«Hayden.»

Rimase in silenzio, cercando di controllare la tensione del suo corpo e nel mentre io abbassai lo sguardo trovando la reazione del suo corpo al mio vestito. Non avevo idea se prima avesse avuto davvero bisogno di me, ma ora era abbastanza evidente.

Portai una mano sul suo petto e scesi lentamente fino a superare la cintura. Lui emise un verso di gola mentre affondava le dita nella mia coscia e mi stringeva di più.

«Non ti meriteresti il mio prezioso aiuto, Hayden.» schioccai la lingua tracciando le con le labbra la linea della sua mascella definita. La mia mano accarezzò la sua lunghezza che premeva nei boxer e pantaloni.

Sussultò impercettibilmente al mio tocco e io proseguii, mordendo un lembo di pelle sotto alla mandibola.

«Ma sono troppo buona per lasciarti in questa situazione. Deve essere difficile camminare con un'erezione che sta per scoppiare, vero?»

«Non giocare.» disse a denti stretti, inclinando il collo indietro.

Notai le vene ingrossarsi e così ne baciai una mentre spingevo il bacino contro il suo e ad entrambi scappò un gemito.

«Scommetto che vorresti la mia bocca. Vorresti sentire le mie labbra attorno a te, non è così?» continuai a provocarlo con fare cantilenante.

Respirò a fondo e un verso di gola sfuggì da lui quando premetti il palmo sulla sua lunghezza dura.

«E io scommetto che non lo farai, non è così?» sibilò rauco.

Tornai con il collo dritto, per poterlo guardare negli occhi con una scintilla di divertimento, «e scommetti bene. Ti sei comportato da stronzo e gli stronzi non ottengono sempre ciò che vogliono.»

Non replicò ma serrò la mascella facendo guizzare un muscolo. Era una bella sensazione vederlo in quello stato. Consapevole che avessi in mano io il controllo. Mi avvicinai e gli afferrai il labbro tra i denti mentre con la mano andavo a slacciare la cintura.

«Se vuoi posso darti una mano, per risolvere questo tuo problemino,» dissi mielosa, dopo aver lasciato il labbro e incontrai i suoi occhi blu liquido scintillante, «ma se non vuoi, basta dirlo e-»

Bloccò la mano che avevo deciso di allontanare dopo aver slacciato la cintura e un sorriso affilato si formò sul volto, «non ti azzardare a non finire quello che hai iniziato o la prossima volta te ne pentirai, puoi starne certa.»

«Chi è il bisognoso adesso?» cantilenai, facendo il labbruccio.

«Mi ricorderò di questo tuo comportamento la prossima volta che vorrai qualcosa da me.»

Ridacchiai e sfilai il bottone dall'asola. Lui sembrò risollevarsi e quasi esultò.

«È considerato un atto osceno in luogo pubblico?» domandai, mentre abbassavo la cerniera.

«Solo se ci beccano.»

Non era sicura funzionasse proprio così, ma una volta liberato il suo membro d'acciaio e pulsante non me ne importai. Con la mano ancora incastrata nei miei capelli mi tirò contro la sua bocca risucchiando con veemenza le mie labbra. E ogni volta che mi baciava, io sconnettevo il cervello. Era come se entrassi in un mondo parallelo e non ne volevo più sapere di tornare sul pianeta terra.

Ansimò nella mia bocca quando iniziai i movimenti su di lui. Spostò poi entrambe le mani, le fece scivolare dietro la mia schiena accarezzando la pelle nuda per poi fermarsi e aggrapparsi alle mie natiche. Sentivo il calore dei suoi palmi superare il tessuto e incendiare la mia pelle. Morse le mie labbra, le succhiò, tirò e infilò la lingua alla ricerca disperata della mia mentre io mi lasciavo fare qualsiasi cosa lui volesse. Ero burro fuso nelle sue mani.

Stuzzicai la sua punta bagnata e scattò con i fianchi premendo le dita nella mia carne. Era bollente, pulsante e duro. Davvero mi domandai come avrebbe fatto a camminare se non avessi deciso di aiutarlo.

Non me ne importava nemmeno di essere in un parco. In fondo era tarda sera, il silenzio era interrotto dalla musica proveniente dalla casa a diversi metri da noi e se qualcuno ci avesse visti, non ci avrei neanche fatto caso. Speravo però, che non sarebbe successo.

Ad ogni movimento fatto con decisione, si ingrossava sempre più e per un momento mi chiesi come sarebbe stato averlo dentro me. Sembrava poter distruggerti con solo poche spinte. Quel pensiero mi causò un calore estremo che mi provocò un movimento del bacino alla ricerca di lui.

«Serve una mano, Kay?» soffiò contro la mia bocca gonfia.

Tirai un manciata dei suoi capelli continuando a pompare la sua lunghezza con l'altra mano e lui sorrise ghignante contro le mie labbra. 

«Scommetto che sei già fradicia. E ancora non ho fatto niente.»

Odiavo il fatto che nonostante tutto avesse sempre lui il controllo. Anche quando non credevo fosse così, lui sapeva dimostrarmi il contrario. Odiavo il mio corpo che aveva sempre quelle reazioni estreme con lui. 

«Posso sempre chiedere aiuto ad altri. Myles ne sarebbe--»

Non terminai la frase. Non me lo permise. Baciò le mie labbra con ferocia mentre una sua mano si ritrovò rapida tra le mie cosce facendomi ansimare e bloccare per qualche secondo i movimenti su di lui.

«Non dovresti essere geloso, Hayden.» cinguettai, staccandomi dalla sua bocca per recuperare l'ossigeno che mi aveva bloccato all'improvviso.

«Non dovresti parlare così tanto sapendo che posso lasciarti in questo stato.» 

Serrai i denti e premetti un pollice sulla sua punta, stuzzicando quel punto sensibile che lo fece imprecare sottovoce.

«Sei tu quella stronza ora.»

«Tra stronzi ci si intende.»

Rise e mentre riprendeva a baciarmi le sue dita non persero tempo a scostare di lato il tessuto e a sfiorarmi. 

«Tra i due sei sempre tu quella più bisognosa, Adams.» ghignò, accarezzandomi con le nocche e sentendo la pozza di umori che mi copriva.

«Tra i due sei tu quello che potrebbe entrare alla festa con un occhio nero.»

«Aggressiva, mi piace.»

Non risposi e gli tirai ancora i capelli facendogli inclinare la testa indietro, incrociai il suo sguardo sfacciato e si leccò le labbra mentre con il pollice andava a stuzzicare il mio nodo pieno di nervi. Ansimai e strinsi leggermente la presa su di lui facendolo gemere.

«Facciamo un gioco?» propose con voce calda, continuando a ruotare il dito su di me.

Chissà perché ma già immaginavo che gioco fosse.

«Del tipo?»

I suoi denti perfetti furono in bella vista grazie al sorriso languido che mi regalò, «se vieni prima tu, ti porto via da questa maledetta festa. Se vengo prima io, resterò.»

«Perchè vuoi portarmi via?» chiesi sorridente, ma quel sorriso celava sorpresa e confusione.

Osservò intensamente i miei occhi prima di rispondere, «hanno già avuto troppo tempo per pensare a cosa farti in questo vestito, ed è nauseante.»

Il mio cuore mancò un battito che mi finì probabilmente in gola dato che soffocai nelle mie parole. 

«Allora, ci stai?» 

Deglutii e allontanai momentaneamente quella frase dal mio cervello. 

«Non sei nella posizione di poter pensare di vincere. Quindi, accetto molto volentieri.»

Sbuffò in una risata mentre faceva passare un dito tra le mie pieghe calde e troppo scivolose rubandomi un gemito, «non dovresti sottovalutarmi, bellissima.»

Giocava sporco con quelle parole. E lo sapeva. Non dovevo lasciarmi incantare.

Nonostante il calore provocato dal nomignolo, non mi lasciai intimorire e dopo aver raccolto un po' di liquido caldo con il pollice, lo portai alle labbra mantenendo il contatto visivo con lui. La sua espressione cadde, non pensando ad un gesto simile in quel momento. Quando tornai ad afferrare la sua eccitazione, gemette più di quanto avesse voluto fare.

Sorrisi angelica, «e tu non dovresti sopravvalutare il tuo cazzo, bellissimo





S/A.

Makayla 😈 = Hayden💀

Hayden sembra aver avuto problemi con i genitori, ma cosa sarà successo esattamente? 🤔

➡️Ma soprattutto, chi dei due avrà perso la scommessa? 👀💦🌶

Ricordate di lasciare una stellina e un commento, se vi è piaciuto 👽❤️

A presto, Xx

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