It's a Cliché

Von -Happy23-

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Hayden Miller è un eccellente pianista, vincitore di moltissime competizioni, prossimo prodigio della Juillia... Mehr

Premessa
Prologo
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12 - Parte 1
Capitolo 12 - Parte 2
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42 - Parte 1
Capitolo 42 - Parte 2
Capitolo 43 - Parte 1
Capitolo 43 - Parte 2
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 53
Capitolo 54
Capitolo 55
Capitolo 56
Capitolo 57
Capitolo 58
Capitolo 59 - Parte 1
Capitolo 59 - Parte 2
Capitolo 60
Capitolo 61
Capitolo 62
Capitolo 63
Capitolo 64
Capitolo 65
Capitolo 66
Capitolo 67
Capitolo 68
Capitolo 69
Capitolo 70
Capitolo 71
Capitolo 72
Capitolo 73
Capitolo 74
Epilogo
Capitolo 1 Bonus - Parte 1
Capitolo 1 Bonus - Parte 2
Capitolo 1 Bonus - Parte 3
Capitolo 2 Bonus - Parte 1
Capitolo 2 Bonus - Parte 2
Capitolo 3 Bonus - Parte 1
Capitolo 3 Bonus - Parte 2
Capitolo 3 Bonus - Parte 3
Capitolo 4 Bonus
Capitolo 5 Bonus
Profilo Instagram

Capitolo 28

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Von -Happy23-

«Mak, scendo a fare colazione, okay?» disse Malcolm, dall'altra parte della porta del bagno.

Deglutii continuando a fissare il mio telefono. Mormorai un 'si' che speravo gli fu udibile e mi accasciai contro la porta.

Avevo moltissime notifiche sul mio telefono. Tag in video, foto, commenti e addirittura messaggi nei direct.

E la maggior parte avevano tutti lo stesso contenuto: puttana.

Be', era magnifico svegliarsi e vedere quanto amore stessi ricevendo da gente totalmente estranea.

I video che erano argomento principale anche dei tabloid erano quelli della festa della notte passata.

Io che mi baciavo con Brandon. Se così poteva essere definito quel tocco di labbra.

Hayden che mi faceva quello stupido succhiotto per quel maledetto gioco.

E io che uscivo dalla stanza dopo Hayden.

Praticamente sembrava mi fossi divertita con entrambi i cugini. Cosa in parte vera e in parte falsa. Ma alla gente non importava la verità, voleva solo esprimere giudizio su quello che vedeva e quello che si vedeva era difficile da smentire.

Ma i messaggi e i commenti, per lo più di ragazze, erano davvero cattivi, dispregiativi e alla fine totalmente inutili. Anche se fosse stato così, era un loro problema? Non credevo proprio.

Nonostante la parte più saggia di me diceva di ignorarli, che non sapevano nulla. Non riuscivo a non fissarli, o andare ad aprire le pagine che mostravano quei video e leggere i commenti.

Le persone sapevano essere davvero malvagie e non ti conoscevano nemmeno.

La cosa peggiore era che i miei fratelli li avrebbero visti. I miei amici. E...Hayden.

E come se non bastasse, ero anche a casa sua. Non potevo sfuggirgli.

Dopo la festa io e Malcolm ci eravamo fermati a dormire da Brandon e Hayden, senza però dormire con loro. Infatti utilizzammo la stanza degli ospiti insieme. E ora ero chiusa nel bagno della stanza a cercare di ricacciare dentro le lacrime. Più che per la tristezza, o perché fossero vere quelle parole, per la rabbia.

Malcolm non sapeva niente. Il suo telefono era scarico e non aveva avuto modo di guardare i social, per questo si era dileguato a fare colazione. Altrimenti sarebbe rimasto fuori dalla porta a bussare insistentemente e a dirmi di uscire.

Stavo guardando il video del "bacio" con Brandon quando qualcuno bussò alla porta alle mie spalle facendomi sussultare.

«Apri.»

La voce inconfondibile di Hayden mi procurò un nodo allo stomaco che quasi mi fece vomitare.

«Sono nuda.» mentii, cercando di far risultare la mia voce ferma e tranquilla.

«Un motivo in più per farlo.»

Ruotai gli occhi e se avessi avuto energie avrei anche ribattuto ma ero stanca. Tornai al telefono vedendo altre notifiche apparire sul mio schermo. Altri messaggi. Altri insulti.
Perché la gente si doveva comportare così? Come se fosse una loro questione personale?

«Sappi che ho una seconda chiave.»

«È invasione della privacy.» replicai seccata.

«Sei sempre in casa mia.»

«Non funziona così, Hayden.» dissi, picchiando la nuca alla porta con fare esausto.

Lo sentii sospirare bruscamente, «apri, forza.»

Prima o poi devi uscire, mi dissi.

Preferivo il poi, soprattutto lontano da iridi blu che sapevano leggermi come se fossi trasparente.

«Voglio stare cinque minuti da sola, è possibile?» scattai mentre mi obbligavo a non piangere dalla frustrazione.

«Sei qua da dieci minuti.»

Davvero?

Guardai l'ora ed effettivamente Malcolm se n'era andato quasi dieci minuti. Non me n'ero neanche accorta. Troppo presa da quei maledetti video.

«Non farmi perdere la pazienza, Makayla.» avvertì già spazientito.

In più, mi aveva chiamato per nome. Non era un buon segno.

Sospirando, mi alzai da terra e mi avvicinai al lavandino per guardarmi allo specchio. Ero ancora un disastro, occhiaie, occhi e labbra gonfie per il sonno, ma almeno mi ero già lavata i denti.

Bloccai il telefono e mi avvicinai alla porta, guardai la serratura. Sapevo che avrei dovuto affrontarlo ma avrei voluto farlo in un modo diverso. E non sull'orlo di una crisi isterica.

Girai la serratura e aprii la porta.

Hayden si trovava in piedi, contro lo stipite e per un secondo mi fu difficile non sbavare di fronte alla maglia bianca, leggermente aderente, che gli faceva risaltare il fisico.

Scrutò il mio volto e provai a non abbassare lo sguardo per l'imbarazzo. Poi, alzò il braccio con il palmo aperto e inarcai un sopracciglio.

«Telefono.»

Deglutii, «perchè?»

«Così eviti di continuare a leggere tutte le stronzate che stanno scrivendo.»

Le aveva lette? Ci credeva?

Guardai lui e poi la sua mano. Ma io volevo sapere cosa pensavano di me. Perchè? Non ne avevo idea. Forse ero solo masochista e cogliona. Sicuramente.

«Adams, il telefono. Subito

Irritata dal suo tono autoritario, borbottai un insulto sottovoce ma gli piantai il telefono sul palmo che di affrettò a infilare nella tasca dei pantaloni della tuta.

«Contento?»

«Un po',» si passò una mano tra i ricci, «ora, andiamo a fare colazione.»

«Non ho fame.» dissi stanca, andando verso il letto ma venni afferrata per i fianchi. «Mollami!»

Ignorando la mia voce stridula, mi buttò sulla sua spalla e uscì dalla porta.

«Mi stai facendo incazzare, ti avverto.» sibilai a testa in giù.

«Gloria ti ha preparato dei pancake al cioccolato apposta per te. Si offende se non li mangi.»

Ugh. Maledetto. Sapeva come farmi sentire in colpa.

«Va bene, ma fammi scendere.» dissi esasperata.

Mi lasciò andare solo dopo aver fatto le scale. Mi sistemai i capelli e gli feci il medio che ignorò, superandomi e dicendomi di andare fuori in giardino.

Lanciai uno sguardo al patio e vidi che Malcolm e Brandon erano ancora seduti al tavolo ma i loro piatti erano già vuoti.

Li salutai con un flebile 'buongiorno' e presi posto sulla sedia frontale a Brandon. Ero più che sicura che ora Malcolm fosse a conoscenza di quello che pensavano di me i social e lo capii dall'occhiata preoccupata che mi lanciò.

Di fronte a me trovai un piatto con diversi pancake al cioccolato e anche il barattolo di nutella e un bicchiere di spremuta.

Non avevo visto Gloria in soggiorno o in cucina ma avrei dovuto ringraziarla perché solo l'aspetto era delizioso. C'era solo un problema, non avevo fame. Il mio stomaco era chiuso, annodato con tanto di chiodi.

«Non li vuoi?» chiese Brandon.

Allontanai il piatto con sospiro, «non ho fame.»

«Assaggiane almeno uno, sono molto buoni.»

Guardai Malcolm, seduto affianco a Brandon, con un'occhiata stanca. Sapevo che si stavano muovendo come se avessero delle uova sotto i loro piedi. Mi vedevano fragile e io lo odiavo.

Stavano evitando l'argomento. E probabilmente era stato proprio Hayden a dire di non parlarne. E io non sapevo se volerlo evitare o affrontare.

Parlando del diavolo, arrivò e si sedette a capotavola. Guardò il mio piatto vuoto e senza dire niente, affilò la mascella guardandomi.

«Ti avevo detto di non avere fame.» risposi al suo commento silenzioso.

«Gloria si offenderà.»

Serrai i denti e sentii un risolino da parte di Brandon. Lo fulminai con lo sguardo e strinse le labbra cercando di tornare serio.

Dannazione. Infilzai il primo pancake della pila e lo presi con le mani per poi darne un morso irritata.

«Felice adesso?»

«Molto, si.» replicò atono Hayden.

Trattenni in insulto e gustai in silenzio quel pancake che era davvero squisito.

«Non vuoi la Nutella?» chiese poco dopo.

«No.»

Sospirò e il silenzio tornò tra noi. Malcolm e Brandon parlottavano tra loro a bassa voce.

Era difficile mangiare con tre paia di occhi che provavano a non guardarti ma con evidente insuccesso.

«Mi state fissando,» dissi, con gli occhi puntati sulla città in lontananza sotto di noi, «ed è fastidioso.»

«E perchè sei bellissima, dolcezza.»

Saettai su Brandon e scossi la testa, «non è giornata.»

«Quindi...» tossì Malcolm, «continuiamo a far finta che il suo fandom non sia fatto da ragazzine pazze isteriche o se ne parla?»

Ringraziavo che Mal avesse tirato fuori l'argomento perché io non ero sicura che sarei stata in grado di farlo. Forse, avrei gradito lo facesse con più tatto ma era Malcolm, e non potevo pretendere troppo. Hayden si mosse a disagio alle sue parole.

«Non penso ci sia molto da discutere.» commentò Hayden.

«Davvero? Perché sono le tue ammiratrici che stanno insultando la mia migliore amica.»

Malcolm poteva sembrare dolce e buono. E lo era. Tranne quando qualcuno a cui lui voleva bene subiva un torto. E anche io ero come lui. In questo momento però non riuscivo a difendere me stessa.

«Grazie per aver reso chiaro qualcosa che sapevo già.»

Si lanciarono occhiate per niente amichevoli e incrociai lo sguardo teso di Brandon. Eravamo tra l'incudine e il martello, lui più di me.

«Non è colpa di Hayden. Non può controllare ciò che pensa o dice la gente.» rispose Brandon con tono pacato.

«No, ma potrebbe intervenire e chiedere di trattare con più rispetto persone che lui conosce mentre tutti loro no.»

Sentii una sedia strisciare e con la coda dell'occhio osservai Hayden alzarsi e tornare dentro casa.

«Perchè non è in grado di affrontare una cazzo di conversazione?» sbuffò il mio amico.

«Mal, vai dentro.»

«Cosa? Io-»

Lo guardai e ripetei, «vai dentro, devo parlare con Brandon.»

Per niente contento della mia richiesta si alzò e fece quanto richiesto.

«E lascia stare Hayden!» urlai una volta entrato in casa.

Sapevo che avrebbe potuto cominciare un battibecco con lui ed era l'ultima cosa che volevo. Non ero arrabbiata con lui. O con Brandon. Ma con chi scriveva quelle scemenze e cattiverie.

Sospirai e mi stravaccai sulla sedia osservando l'unico presente davanti a me. La leggera aria gli scompigliava i capelli chiari.

«Se avessi saputo che ci stavano riprendendo non l'avrei fatto, Mak. Non ti avrei mai messo in questa situazione.» disse dispiaciuto.

Annuii, «accetto le scuse ma non sono necessarie. Non abbiamo fatto niente di male. È stato praticamente un bacio a stampo e se anche non fosse stato...non sono affari loro.» mormorai, con una scrollata di spalle.

Inclinò la testa, analizzandomi con quelle iridi color smeraldo, «e lo stesso vale per te e Hayden.»

Si, lo sapevo. Ma era soprattutto per quello che mi stavano insultando. Hayden non si era mai fatto vedere in pubblico con delle ragazze. Possibili frequentazioni. E appena succedeva, questo era il risultato. Magnifico.

«Mi danno della puttana perché sembra ci stia provando con entrambi. E se anche fosse? Non sarebbe un loro problema. Al mondo ci sono cose ben peggiori e importanti.»

«Purtroppo il gossip è sempre più accattivante rispetto alle crisi del mondo.»

Scossi piano la testa mangiucchiandomi le unghie. Non era giusto. Sarei uscita di casa e tutti mi avrebbero guardato come quella che ci aveva provato con entrambi i Miller.

«Lui...è davvero dispiaciuto. L'ultima cosa che vuole è creare questo tipo di situazioni.» mormorò.

«Lo so.» soffiai.

I suoi lineamenti si ammorbidirono e io sbattei le palpebre per evitare di piangere dal nervoso.

«Gloria sta male, non è venuta oggi.» disse a bassa voce, mordendosi il labbro.

Aggrottai la fronte e guardai il piatto con la mia colazione, «e questi--»

«Li ha fatti Hayden. Un modo per farsi perdonare.»

Ora mi sentivo decisamente in colpa per non averli mangiati. Aveva anche portato a tavola la Nutella, mi ricordò la mia coscienza.

«Non ha fatto nulla per cui debba farsi perdonare.» dissi, e ci credevo davvero.

«Be', lui la pensa diversamente.»

Sospirai e alla fine afferrai altri due pancake decidendo anche di aprire la Nutella per spalmarne un po'.

«Non dare retta a quello che dicono, non ne vale la pena.»

Lo so, avrei voluto dire. Sapevo benissimo che non dovevo badare a quelle cattiverie. Di doverle ignorare. Ma era difficile. Era quasi impossibile.

Terminai la colazione in solitudine, dato che Brandon era entrato per raggiungere Malcolm. Mi beai della tranquillità dell'ambiente. Iniziavo ad abituarmi troppo a questo tipo di risveglio e non andava bene.

Quando tornai in casa, mi diressi verso le scale. Sentii delle voci allegre in cima e poco dopo mi scontrai con Brandon e Malcolm in tenuta estiva.

«Andate in piscina?» domandai, dando un'occhiata ai costumi.

«Devo approfittarne, no?» rispose il mio amico con gli occhi da sole sul naso.

Sorrisi e lo guardai scendere le scale quasi saltellando dalla felicità.

«Si sta allenando.» mi disse Brandon prima di seguire il mio amico.

Non avevo mai visto la palestra. E il fatto che lui fosse proprio li, sudato, a sfogarsi, mi portò a muovere le gambe con rapidità e immergermi in un corridoio alla ricerca della palestra.

Quando arrivai in prossimità di una porta aperta, sentii vari sospiri rapidi e colpi secchi. Mi sporsi piano oltre la porta aperta e mi stupii di vedere una vera e propria palestra, di dimensioni ridotte, ma era ben attrezzata. E anche il pavimento rivestito in tappetini di gomma per evitare che si rovinasse se qualche attrezzo fosse caduto.

Hayden era in un angolo, e stava colpendo un sacco da boxe.

Non pensavo facesse boxe. Quello fu una novità per me. E rimasi ad ammirarla soprattutto perché indossava pantaloncini sportivi corti e una maglia aderente nera a maniche lunghe. E un adorabile codino teneva fermi i suoi ricci facendolo sembrare una piccola ananas.

«Mi sembra di ricordare che fossi contro la violenza, Miller.» dissi, con tono leggero nella voce.

«Ed è così.» ansimò, dando un altro colpo al sacco rosso che oscillò per la forza.

«Se il sacco potesse parlare, direbbe tutt'altro.»

Si fermò abbassando le braccia e dandomi la schiena ampia che si stringeva come un imbuto verso la vita. I suoi sospiri erano veloci ma stava cercando di regolarizzarli.

«Non pensavo fossi il tipo che si diverte a prendere a pugni le cose.» ammisi, facendo qualche passo avanti con le braccia incrociate.

Mi lanciò un'occhiata oltre le spalle e si slacciò i guantoni rossi, «non mi diverto, ma mi aiuta.»

Andai a sedermi su una panca e lo guardai mentre si abbassava per recuperare una bottiglia d'acqua e bere. Mi obbligai a non osservare la sua gola mentre lo faceva e studiai l'ambiente. Le pareti erano bianche e c'erano diverse finestre che illuminavano la stanza.

«Come fai ad allenarti dopo colazione? Io potrei vomitare tutto.»

Buttò la bottiglia semivuota a terra e si rinfilò i guantoni. Si mise davanti al sacco e per un secondo mi chiesi se non fossi di troppo, ma poi rispose.

«Sono sveglio da tre ore, Adams.»

Ah. Non lo sapevo. Perché si era svegliato così presto?

Mi torturai il labbro e iniziai ad agitare la gamba con nervoso. Dovevamo parlarne ma lui sembrava più intento a prendersela con la sacca da boxe.

«Non ce l'ho con te, lo sai, vero?» mormorai tra un suo colpo e l'altro.

Si bloccò per qualche secondo prima di riprendere, la mascella era affilata e mi domandai chi stesse immaginando davvero al posto del sacco.

«Mi hai detto che ci avrebbero filmato.» disse a denti stretti, caricando un forte pugno.

«E? Alla fine ho deciso lo stesso di sì e sono stata io a trascinarti nella stanza. Se dobbiamo dare la colpa a qualcuno, è mia. Tu non volevi neanche venire alla festa.»

«Non è colpa tua, non hai fatto nulla di male.» scattò con un ultimo colpo che fece ondeggiare per diversi secondi il sacco.

Di asciugò la fronte passandosi il braccio e poi si tolse definitivamente i guantoni buttandoli a terra. Aveva delle fasciature bianche anche sulle mani e polsi.

«Mi dispiace per quello che stanno dicendo di te.» mormorò, senza guardarmi.

Si sedette al mio fianco ma senza toccare le nostre ginocchia.

«Non ha importanza--»

«Si, ce l'ha. Nessuno dovrebbe permettersi di insultare le persone in questo modo.»

Mi zittii perché le sue parole dure eliminarono ogni mio tentativo di dire altro.

«Sapevo che sarebbe potuto succedere, dopo l'ultima volta. E non avrei dovuto abbassare la guardia in questo modo.» continuò, scuotendo la testa e fissando a terra con sguardo vacuo.

«Sei un ragazzo. Ed eri ad una festa. Hai pensato a divertirti perché è quello che devi fare.»

Schioccò la lingua con fare amaro, «la mia vita non è come la tua. E quando provo a far finta del contrario, succede questo.»

Sospirai. Avrei voluto prendergli la mano che aveva le nocche bianche per il pugno stretto, ma sapevo che non eravamo a quel livello di intimità per farlo. Avevamo un altro livello di intimità, ma non era uguale a quello.

«Sul serio, Hayden. Non dico che mi vada bene, non è così. Ma so che passerà. So di dover affrontare i miei fratelli e quelli a scuola ma non è niente di nuovo...» mormorai amaramente, osservando il suo profilo.

Un rivolo di sudore si perse nei corti riccioli sulla tempia e poi mi ritrovai incatenata ai suoi occhi.

«L'altra volta nessuno ti dava della poco di buono, non è per niente la stessa cosa.» affermò con tono profondo.

Deglutii, «io- um, non parlavo di quello.»

«In che senso?»

Sospirai, grattandomi la guancia, «dopo aver rotto con Jordan, lui è andato in giro a dire...cose sul mio conto. Non vere, ovviamente. Solo perché era arrabbiato. E per un po' di tempo la gente sussurrava, sparlava alle mie spalle ma poi si sono interessati ad altro e tutto è caduto nel dimenticatoio. Ora sarà più complicato perché i social sono un vero inferno, ma sono certa che smetteranno di parlare di me.»

O almeno lo speravo.

Un muscolo guizzò sulla sua guancia mentre si passava la lingua sul labbro, «è per situazioni come queste che sono felice di avere questo sacco, altrimenti a quest'ora sarei già andato a casa di Jordan.»

Abbozzai un sorriso ma lui rimase impassibile, «non è una frase che direbbe uno contro la violenza.»

«Lui è l'eccezione alla regola.»

Ridacchiai piano e mi rilassai. Rispetto a quando mi ero svegliata quella tristezza e rabbia era leggermente svanita.

«Se-» si schiarì la gola, abbassando lo sguardo sulle sue mani, «se non vuoi più continuare, lo comprendo.»

Il fatto che lo avesse pensato, mi procurò una stretta al petto.

«Chi scrive quelle cose ha problemi di invidia e gelosia. Non mi interessa. Non do loro la possibilità di influenzare la mia vita, non sono nessuno.» replicai con serietà, stringendomi nelle spalle.

«Ma influenzano il tuo umore.»

«Non mi aspettavo di svegliarmi con queste notifiche. Sono stata colta di sorpresa, e non di quelle belle...» scossi la testa, «non dico che non accadrà in futuro ma non voglio dare peso alle loro parole.»

«Non devi.»

«Lo so, e per questo dico che continueremo a fare quello che vogliamo.» conclusi con un sorriso sincero.

«Forse è meglio evitare di farci vedere insieme.»

Forse si. «Niente feste.» concordai.

«E pochi contatti in pubblico. Minimi direi.» continuò lui, sfilandosi l'elastico nero e passandosi una mano tra i ricci scompigliandoli.

«Ciò significa anche niente incontri nello sgabuzzino.» ammiccai con un sorrisetto.

Mi lanciò un'occhiata di striscio e l'angolo della bocca gli fremette mentre scuoteva la testa, «è un peccato ma è meglio cosi, si.»

Sorrisi con un peso in meno nel petto per aver chiarito e lanciai un'occhiata alle sue mani. Non mi ero nemmeno accorta che avesse tolto le fasce e immediatamente notai dei taglietti rossi sulle nocche.

«Hayden, ma che diavolo!» afferrai le sue mani senza pensarci e osservai le piccole ferite infette, «come hai fatto a farti male? Avevi le protezioni, o sbaglio?»

«Stamattina l'ho fatto a mani nude.»

«E sei stupido?» lo guardai malamente e poi tornai alle sue mani sfiorando il dorso, «devi disinfettarli.»

«Lo farò.»

Scossi la testa incredula. Come si poteva rovinare queste mie bellissime mani, pensai.

«Sono mie le mani, Adams.» mormorò con confusione.

Strabuzzai gli occhi. Lo avevo detto ad alta voce? Il modo in cui mi stava guardando mi fece intendere di si. Cazzo.

Arrossii, lasciandogli le sue mani e mi grattai il naso mentre lui rideva sottovoce.

«Be', dovresti stare attento e non fare il figo senza protezioni.» borbottai, facendo finta che la mia figura di merda non fosse mai successa.

«Starò attento, mamma

Lo guardai male perché dal tono della sua voce prevedevo che fosse una bugia e dal sorrisetto irritante, era proprio una bugia.

Ruotai gli occhi e poi guardai il sacco. Chissà se riuscivo... Mi alzai sulla panca e lo scavalcai.

«Che stai facendo?»

«Ho sempre voluto saltare sopra uno di questi cosi, sai aggrapparmi come un koala.» confessai mentre cercavo di prendere bene le misure per il salto.

Mentre lui diceva qualcosa io saltai in direzione del sacco ma purtroppo non lo raggiunsi mai perché due mani mi afferrarono bloccando il mio volo d'angelo.

«Ehi!» mi lamentai a testa in giù sulla sua spalla.

«Non è una liana, Adams. Se ti aggrappi, si stacca dal soffitto.» rise con le mani salde sui miei fianchi.

Oh. Girai il collo per vedere l'attaccatura al soffitto e...non ci avevo pensato a quel particolare.

Mi fece scivolare ma non a terra. Aggrappai le gambe attorno al suo bacino mentre lui affondò le dita nelle mie cosce per reggermi.

Inclinai la testa osservando il suo viso, ora non più sudato, «sarebbe stato divertente, però.»

«Sei strana forte.»

«Uno dei miei tanti pregi.»

Premette le labbra sopprimendo un sorriso e poi il suo sguardo cadde sulle mie labbra facendomi annodare lo stomaco.

«Um, dovrei tornare a casa...» dissi con voce bassa, stringendo le mani sulle sue spalle.

Annuì ma allungò il collo e mi ritrovai con le sue labbra incollate alle mie. Leccò e succhiò il mio labbro inferiore e dopo qualche secondo lo liberò. Respirai a fondo con la bocca schiusa e gli occhi spalancati. Che cazzo-

«Eri sporca di cioccolato.» spiegò, come se fosse una motivazione valida per quel mini infarto che mi aveva procurato.

Avvampai e d'istinto mi leccai il labbro sentendo però il sapore di menta e sale delle sue labbra.

Ghignò, «ho risolto il problema.»

Ruotai gli occhi e mi lasciò andare.

«Mi faccio una doccia e ti porto a casa, okay?»

Annuii e mi diressi verso la porta mentre lui recuperava i guantoni da terra.

«Hayden.» lo chiamai prima di uscire da lì.

Si girò facendomi intendere che avessi la sua attenzione.

«Grazie per i pancake.» sorrisi dolcemente.

Si schiarì la gola distogliendo lo sguardo, «riferirò a Gloria che ti sono piaciuti.»

Il mio in cui mi accorsi di star sorridendo una volta in corridoio mi fece preoccupare per la mia salute mentale. Era normale sorridere così tanto? Era normale essere così felici a fianco ad una persona? Forse no, ma sempre per la mia salute mentale mi obbligai a non pensarci. Avrei fatto finta di niente.

Ignorare e andare avanti, era un bel modo di vivere, no?

⚜️

Era passato qualche giorno dalla sera della partita e della festa. Avevo ignorato i social e mi ero rintanata a scrivere e modificare le musiche sul mio vecchio quadernino dal momento in cui avevo deciso che avrei provato a suonare quello che avevo scritto durante quegli anni.

«Cosa prendi?» domandò Myles mentre teneva aperta la porta dello Shake&D.

Il tempo non era dei migliori, grosse nuvole scure avevano coperto il sole e sembrava anticipare un temporale.

«Prenderò una cioccolata calda.»

«Offro io, tu scegli un tavolo.»

Provai a ribattere ma lui mi allontano spingendomi via dalla fila e così acconsentii. Scelsi il mio tavolo vicino alla finestra e attesi il ritorno di Myles con gli ordini.

Mi aveva invitata a bere qualcosa tra un cambio di lezioni e l'altro e avevo accettato volentieri. Lo avevo fatto anche per prendere le distanze da Hayden, magari le persone vedendomi con altri avrebbero smesso di far girare strane voci.

Quando Myles arrivò aveva due tazze fumanti tra le mani.

«Grazie, la prossima volta offrirò io.» sorrisi gentile mentre mescolavo la cioccolata calda e densa.

«Non preoccuparti, ma mi fa piacere che pensi già ad una prossima volta.»

Il mio sorriso si fece più impacciato perché io lo avevo detto in termini di amicizia e speravo che anche per lui fosse così.

«Allora, pronta per il grande giorno?»

Mancano quasi due settimane e non ero ancora pronta.

«Ci sto lavorando ancora ma spero di arrivare pronta, altrimenti potrebbe venirmi un pianto isterico.» schioccai la lingua.

«Sarai pronta, ne sono certo. Inoltre in queste gare c'è sempre qualche persona importante, tipo professore di scuole famose. Bisogna fare bella figura.»

«Davvero? Non lo sapevo.» commentai, dopo aver bevuto un sorso di cioccolata.

Iniziai però ad agitarmi al pensiero di esibirmi davanti a qualcuno che poteva offrire qualcosa per il mio futuro.

I suoi occhi azzurri guizzarono nei miei, «si, certo. Lo scorso anno alla finale si è presentato un professore della Juilliard, ho sentito che ha parlato con alcuni ragazzi.»

«Wow.»

«Già, non dico che verrà mai qualcuno a parlare con me, ma voglio sperare in bene.» ammise, tamburellando le dita sul tavolo.

«Sei bravo Myles, è possibile che accada.» lo rassicurai dolcemente.

«Tu proverai la Juilliard? Io ho diverse opzioni per i college, quella è tra queste ma le chance sono minime, lo so già.»

Mi mordicchiai il labbro, abbassando le spalle, «l'ho sempre sognata ma è una spesa che non potrei mai permettermi.»

«Ci sono le borse di studio.»

«Che non vincerò mai. Non penso neanche di avere un punteggio abbastanza alto per entrare.»

«Ma tu sei brava, a livelli estremi. Si sa che si tiene più conto dell'abilità a suonare dei voti.»

Lo sapevo, e durante il primo e secondo anno mi ero impegnata molto per mantenere un livello alto di voti, con qualche materia extra, ma dopo aver abbandonato la musica avevo deciso di lasciar perdere. Non avrei scelto nessun college in particolare se non quello, per cui avevo già deciso che l'opzione del college non facesse per me.

Mi strinsi nelle spalle, «so che è impossibile quindi ci ho già rinunciato, non voglio darmi false speranze.»

«Capisco.»

Dopo quello l'argomento cambiò e ne fui sollevata, non mi piaceva parlare del mio futuro. Ero tra quelle persone che ancora non aveva le idee chiare e parlarne con chi aveva già deciso tutto mi faceva sentire indietro su tutto. Come se stessi perdendo tempo.

Continuammo a chiacchierare, era totalmente diverso stare con lui dallo stare con Hayden.

Perché li stai paragonando?

Non ne avevo idea ma non avrei dovuto farlo.

E come se il fato mi avesse letto nella mente arrivò un messaggio di Malcolm che mi fece dimenticare di essere con Myles.

-Hayden sa dell'appuntamento

-Non è un appuntamento e perché gliel'hai detto?

La risposta arrivò poco dopo.

-Non pensavo fosse un segreto. Perché non volevi dirglielo?

Sbuffai e bloccai il telefono. Non volevo tenerlo nascosto, non era un segreto ma non era un qualcosa che mi sembrava di dover condividere per forza e nell'immediato.

«Ehi, ci sei? È successo qualcosa?» la voce quasi preoccupata del ragazzo dai capelli rossi mi risvegliò.

Sorseggiai la mia cioccolata e annuii, «si certo, era solo mia mamma,» mentii.

Lui sembrò crederci e tornò a raccontarmi di come una volta spaventò sua sorella con una lucertola nel letto. Non ricordavo nemmeno come fossimo arrivati a quella storia ma ora non mi interessava più sapere il resto.

Hayden sapeva dell'uscita. Si era infastidito? Aveva detto qualcosa? Gli interessava con chi uscissi?

«Mak, hai sentito?» mi schioccò le dita davanti alla faccia.

«No- si, cioè no, scusa. Ero sovrappensiero. Puoi ripetere?» sputai con nervosità mentre allontanavo la tazza di cioccolata ormai vuota.

Lui sorrise e si piegò in avanti appoggiando le braccia sul tavolo, «dicevo che tra poco c'è la festa di Halloween e mi chiedevo se volessi venire con me.»

Oh. La festa di Halloween era tra pochi giorni. E di solito andavo sempre insieme con i miei amici ma effettivamente quest'anno Donna sarebbe andata con Travis, Malcolm non avevo idea di cosa avrebbe fatto e ormai io e Hayden non potevamo più farci vedere ad una festa insieme se volevamo far smettere le voci.

«Intendi come amici, giusto?» mormorai con una mezza risata nervosa.

Non volevo illuderlo, era un ragazzo simpaticissimo ma oltre ad un'amicizia con lui non avrei visto molto.

Per un momento mi sembrò di vedere un lampo di delusione attraversargli le iridi chiare, facendomi sentire in colpa.

«Si, certo,» rispose rapidamente, «come amici.»

Abbozzai un sorriso, «va bene, possiamo andare insieme. Hai già in mente un costume?»

Quel breve momento di imbarazzo venne spezzato con la mia domanda che riuscì a spostare l'attenzione su altro e a decidere cosa avremmo indossato.

Quando lasciammo lo Shake&D erano quasi le sei di pomeriggio e avevo rifiutato il passaggio a casa di Myles perché dovevo passare a prendere delle cose per mia madre per la cena con Hayden.

Alla fine i miei genitori non avevano accettato la proposta di Hayden di uscire a cena, in un ristorante con lui che offriva, ma di farla a casa nostra.

Entrai nel supermercato che era di strada e andai a recuperare ciò che serviva per la cena. Camminavo con le cuffie nelle orecchie e canticchiavo sottovoce mentre attraversavo le corsie e buttavo nel carrello gli articoli.

Quando passai di fronte al reparto dolci non potei che fermare con uno stridio il carrello e avvicinarmi. C'era un pacchetto di Nutella Biscuits proprio nello scaffale più in alto di tutti, ed era l'ultimo.

Non puoi lasciarlo li, mi disse una vocina.

Ascoltai a cuore aperto le parole del mio subconscio e mi avvicinai. La mia altezza non mi aiutava affatto ma misi un piede su uno dei ripiani in basso e mi sollevai. Allungai un braccio, lo sfioravo appena con le dita e proprio quando -dopo varie imprecazioni- ero riuscita a prendere un angolo, una mano lo afferrò prima di me.

Mi voltai già pronta all'attacco. Quello era il mio pacchetto di biscotti alla nutella.

«Ehi, brutto- Hayden?!» mi tolsi le cuffiette e guardai la presenza davanti a me con estrema confusione, «cosa ci fai qui?»

Mi lanciò il pacchetto di biscotti e scrollò le spalle, «un giro.»

«Un giro? In un supermercato?» chiesi con perplessità mentre mi avvicinavo al carrello per mettere dentro il pacchetto.

«Ci sono delle regole su dove si possa uscire?»

Ruotai gli occhi e lo superai spingendo il carrello.

«Dov'è il tuo nuovo amico?» chiese con voce bassa alle mie spalle.

Sogghignai, «quindi è per questo che sei qui. Mi stai spiando?»

«No,» sembrava infastidito, «ti ho vista entrare e volevo salutarti.»

Gli lanciai un'occhiata poco convinta ma lui non mi stava guardando. Camminava con la schiena dritta e le mani nelle tasche. Sguardo imperturbabile e fisso davanti a sé.

«E non hai risposto alla mia domanda.»

«Devo?»

«Perchè non dovresti? Era un appuntamento segreto?»

Mi misi in coda, c'erano tre coppie di anziani e una sola cassa aperta.

«Non era un appuntamento.» affermai con un leggero sospiro.

«E lui lo sapeva?» rimbeccò.

Lo guardai sottecchi, «lo sai non dovrebbe interessarti, vero?»

Si irrigidì e disse a denti stretti, «non mi interessa, infatti.»

Quasi risi, «be', non sembra, Miller.»

«Non mi interessa con chi esci.» ripetè con fare seccato.

«Okay.»

Lo sentii inspirare a fondo ma non replicò. Era infastidito.

Dopo aver pagato Hayden mi aiutò con i sacchetti, nonostante gli avessi detto che non avevo bisogno di aiuto.

«Devo tornare a casa, ridammeli.»

«Ti accompagno.»

Non obiettai perché non ebbi neanche il tempo per farlo, dato che si diresse immediatamente alla macchina lasciandomi indietro, costringendomi a seguirlo avendo i miei sacchetti della spesa.

«Verrai alla festa di Halloween?» domandai dopo aver lasciato il parcheggio.

Non avevamo avuto modo di discuterne dato che non ci vedevamo dalla mattina dopo la festa.

«No, tornerò a New York.» sospirò, facendo scivolare una mano sul ginocchio e lasciare l'altra sul volante. Mi lanciò un'occhiata di striscio e cercai di non far trapelare la delusione, «tu ci andrai?»

«Con Myles, si.» ammisi guardandolo per non perdere niente della sua reazione.

Premette le labbra e annuì stringendo leggermente il volante.

«Penso avremo anche dei costumi simili.» continuai allegramente.

Era una bugia ma questo non poteva saperlo.

«Adorabile.»

«Stavamo pensando a qualcosa sui pirati. Tipo pirati ma mezzi zombie, qualcosa di particolare ma figo.» spiegai.

«E questo sarà un appuntamento?»

Incrociai le braccia e lo osservai divertita, «forse si, forse no.»

Mi lanciò un'occhiata storta e poi tornò alla strada rimanendo in silenzio.

«Potrei mandarti le foto degli outfit che avevo in mente, così mi aiuti.»

«Perchè non può aiutarti il Muppet? In fondo stai andando con lui.»

«Volevo fargli una sorpresa con il mio vestito. Ovviamente sarò una pirata-zombie molto sexy.» commentai, vantandomi e dandomi un colpo ai capelli.

Lui parcheggiò la macchina nella via di casa mia, con più forza del dovuto.

«Sei una terribile bugiarda, lo sai?» mormorò infastidito, voltandosi verso di me.

«Non credi che sarò una pirata-zombie super sexy?»

Accennò un sorriso e si leccò le labbra, «non per quello, sono certo sarai stupenda,» commentò facendomi mancare un battito, «ma è tutto ciò che hai detto prima che è una bugia.»

«Come fai ad esserne così sicuro?» chiesi, sporgendomi oltre il mio sedile e verso di lui.

Osservò il mio viso con un sorrisetto impertinente e avvicinò la testa, eravamo sempre ad altezze diverse ma nettamente più vicini. Mi costrinsi a non far rimbalzare lo sguardo anche sulle sue labbra piegate all'insù.

«So quando menti, Adams.»

«Lo dici sempre, ma come fai?»

I suoi occhi si illuminarono, «quindi stavi mentendo?»

«Non per il vestito. Quello sarà il mio costume e ci andrò davvero con Myles.»

E in risposta il suo volto si tese, «quindi è un appuntamento?»

Era difficile credere alle sue parole quando queste erano le sue reazioni. Forse non se ne rendeva conto nemmeno lui.

«Per ora no.»

Non volevo fargli sapere che non ci sarebbe mai stato niente. Era una carta che volevo continuare a giocare.

Studiò il mio viso, forse alla ricerca di qualche traccia -a me ancora sconosciuta- che gli facesse capire che stessi mentendo ma non sembrò trovare niente.

Premette le labbra e annuì con menefreghismo, «buon per te, Adams.»

Sogghignai e gli diedi un buffetto sul naso che gli fece stringere i denti, «non preoccuparti, rimani ancora il mio amico di benefici.»

«Anche perché sono il migliore che potresti trovare.» replicò con una nota arrogante.

Sempre molto modesto, pensai.

«Magari Myles ha delle doti segrete, potrei scoprirlo e fartelo sapere.»

Scosse la testa incredulo, «sei una bambinetta rompicoglioni.»

«Che brutte parole. Dov'è finito il tuo filtro

Ruotò gli occhi e io sorrisi allegra mentre mi scostavo, «a domani, Miller.»

«Siete sicuri di non voler andare a mangiare fuori?» domandò mentre scendevo con i sacchetti in mano.

«Sicuri e non preoccuparti i miei fratelli portano i più piccoli fuori a cena. Ci sarà solo Ashley ma è innocua.» risposi, rimanendo con una mano attaccata alla portiera.

Quella notizia sembrò sollevargli l'umore, «perfetto, non penso di star simpatico ai tuoi fratelli.»

«No, infatti,» ammisi, «probabilmente ti avrebbero spaccato la faccia per quello che il web sta dicendo di me.»

Strinse i denti e si passò una mano tra i capelli nervosamente, «lo sai che mi dispiace.»

Sorrisi dolcemente, «si, lo so, e so anche che non è colpa tua. Ma i miei fratelli tendono ad essere troppo protettivi.»

«Fanno bene, credo.»

«Be', non sempre.» borbottai annoiata.

Un sorriso si increspò sulle sue labbra e fece un cenno con la testa, «a domani, Adams.»

Come sempre sentii il motore della sua auto sportiva sfumare solo dopo essere entrata in casa. 

⚜️

Le labbra che mi stavano torturando il collo scesero fino alla clavicola e succhiarono un lembo di pelle. Inarcai la schiena e strinsi le presa dei capelli della persona che mi stava provocando tutto quel piacere.

«Hayden...» sussurrai.

La sua bocca scese sui miei seni coperti solo da una sottile canottiera e afferrò la punta dura con i denti. Nonostante il tessuto il calore della sua bocca riuscii a farmi piagnucolare. Strinse il destro e tornò al mio collo con la bocca leccandolo e baciandolo fino a che non sentii i suoi denti mordere il mio lobo.

«Dimmi cosa vuoi.» mormorò con voce profonda che mi fece contorcere le budella.

Le sue dita pizzicarono il mio capezzolo da sopra il tessuto e inarca la schiena con un flebile ansimo.

«Mak, devi parlarmi.» mi baciò la mascella.

Fissai il soffitto scuro con palpebre tremanti, «te, voglio te.»

«Tutto di me?»

«Si.» soffiai con il petto e il ventre in fiamme. Volevo tutto di lui. 

Sorrise contro la mia guancia e fece scivolare una mano tra le mie cosce. Mi accarezzò l'interno coscia con le nocche e poi mi sfiorò da sopra le mutandine bagnate.

«Sento che mi vuoi. E molto anche.» ghignò, spostando il tessuto di lato e toccandomi con delicatezza tra le pieghe calde e fradice.

Gemetti e quando sollevò la testa mi baciò avidamente mordendomi le labbra e succhiando quello inferiore. 

«Non vedo l'ora di essere dentro di te, Adams,» mormorò contro la mia bocca, «e scoparti fino a che non ne avrai abbastanza. Scoparti forte.»

Deglutii con il volto in fiamme- tutto era fuoco animato dalle sue parole e gesti. 

E proprio quando sentii le sue dita premere contro la mia entrata, la sua voce sfumò, tutto di lui sparì e mi ritrovai con gli occhi spalancati e il respiro affannato a guardare le foto appese sopra la mia testa.

Oh, cazzo.

Mi portai una mano sul viso e mi stropicciai gli occhi. Cazzo. Avevo appena fatto un sogno erotico su Hayden. Cristo.

Mi scostai le coperte perchè stavo sudando. Sentivo la mia pelle andare a fuoco ed ero anche eccitata

Come cazzo era successo tutto questo? Perchè la mia mente si divertiva a farmi questi scherzi terribili?

La stanza era in completo silenzio, se non per il respiro regolare di mia sorella. 

Mi serviva un bicchiere di acqua gelida. Scesi dal letto ma mi portai via il telefono, non avevo idea del perchè del mio gesto. Forse si. Forse ero un po' pazza. In punta di piedi, scesi ma mi fermai in corridoio. Guardai il telefono e decisi sul da farsi. 

Non puoi farlo, mi disse la mia coscienza. 

Purtroppo per me, la parte irrazionale prese il comando e mi ritrovai a scrivere sulla sua chat.

-Non so bene le regole della nostra relazione ma cosa si fa quando uno dei due si sveglia in piena notte ed è eccitato?

Bloccai il telefono e al posto di andare in cucina, mi ritrovai a socchiudere le porte del soggiorno e a buttarmi sul divano. La luce notturna entrava ma filtrata dalle tende della finestra. 

Probabilmente non mi avrebbe mai risposto. Non avrei neanche dovuto mandarlo, sarebbe stato imbarazzante l'indomani incontrarlo a scuola perchè avrebbe tirato fuori il discorso. 

Dopo diversi minuti persi le speranze e mi alzai ma, proprio in quel preciso istante, due fari illuminarono la strada e riconobbi un rombo di motore che mai mi sarei aspettata di sentire a quell'ora.

Non osai avvicinarmi e scostare le tende. Non poteva essere lui. Era impossibile. 

Qualche secondo dopo il telefono nella mia mano si accese e con il nodo allo stomaco lo sbloccai per leggere il messaggio.

-Esci

Oh, porca puttana





S/A.

Scusate per il ritardo ma sono andata in vacanza e non ho avuto tempo di scrivere👽❤️

Capitolo tranquillo, o quasi...😏👀

➡️🎃Halloween🎃 è in arrivo, ⚠️attenzione😈☠️

Lasciate una stellina e un commento se vi è piaciuto❤️

A presto, Xx👽

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