It's a Cliché

By -Happy23-

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Hayden Miller è un eccellente pianista, vincitore di moltissime competizioni, prossimo prodigio della Juillia... More

Premessa
Prologo
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12 - Parte 1
Capitolo 12 - Parte 2
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42 - Parte 1
Capitolo 42 - Parte 2
Capitolo 43 - Parte 1
Capitolo 43 - Parte 2
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 53
Capitolo 54
Capitolo 55
Capitolo 56
Capitolo 57
Capitolo 58
Capitolo 59 - Parte 1
Capitolo 59 - Parte 2
Capitolo 60
Capitolo 61
Capitolo 62
Capitolo 63
Capitolo 64
Capitolo 65
Capitolo 66
Capitolo 67
Capitolo 68
Capitolo 69
Capitolo 70
Capitolo 71
Capitolo 72
Capitolo 73
Capitolo 74
Epilogo
Capitolo 1 Bonus - Parte 1
Capitolo 1 Bonus - Parte 2
Capitolo 1 Bonus - Parte 3
Capitolo 2 Bonus - Parte 1
Capitolo 2 Bonus - Parte 2
Capitolo 3 Bonus - Parte 1
Capitolo 3 Bonus - Parte 2
Capitolo 3 Bonus - Parte 3
Capitolo 4 Bonus
Capitolo 5 Bonus
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Capitolo 35

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By -Happy23-

Meredith era qui.

Meredith era stata qui.

Hayden era andato via perché lei era qui.

E non me l'aveva neanche detto.

C'era stato un problema, secondo le sue parole. Ma non era vero. Era semplicemente arrivata lei e lui era corso dalla sua migliore amica.

Dio, non la sopportavo. Perché era venuta? Cosa avevano fatto quella giornata? Lei sapeva della nostra esclusiva? Perché lui aveva deciso di non dirmelo?

Perché volevo picchiarlo?

«Pensi di studiare o continuerai a fissare la finestra?» sussurrò Malcolm al mio orecchio facendomi sussultare sulla sedia.

Feci una smorfia e lo spinsi via, «sono nervosa, lasciami in pace.»

«Potresti provare a parlarci--»

«No,» sbuffai e gli lanciai un'occhiata confusa, «è tutta la mattina che provi a convincermi. Perché?»

Eravamo in biblioteca, in teoria avrei dovuto studiare per un test di biologia ma non riuscivo a concentrarmi. Primo, perché essendo lunedì avevo avuto spagnolo e biologia con Hayden e in entrambe le lezioni mi ero seduta il più lontana da lui ignorando i suoi messaggi che mi chiedevano di parlare. E secondo perchè continuavo a domandarmi cosa diavolo fosse venuta a fare qui, ancora, e perché lui non me l'avesse detto.

Scrollò le spalle, ruotando la penna tra le mani, «è solo che non sai tutta la storia. Magari c'è una motivazione seria del perché ha preferito non dirtelo.»

Socchiusi gli occhi analizzando le sue parole, «sei dalla sua parte adesso?»

«Non esistono parti in questa discussione, Mak,» ruotò gli occhi e proseguì a voce bassa, «se non te l'ha voluto dire, ci sarà un motivo. Non sei tenuta a sapere tutto di lui, capisco tu ci sia rimasta male ma dovresti sentire quello che ha da dire e passare sopra.»

Odiavo quando aveva ragione. Per cui sbuffai e cercai di concentrarmi per studiare.

Passarono alcuni minuti -nei quali ero rimasta a fissare le pagine senza fare niente- quando mi toccò la spalla.

«Mh?»

«Mi vai a prendere un libro?»

Piuttosto che starmene seduta a non fare niente, si.

Mi passai una mano tra i capelli alzandomi e sospirai, «quale?»

«È sulla letteratura americana dell'800, dovrebbe avere una copertina gialla.» rispose a voce bassa.

Annuii e mi allontanai dal tavolo per dirigermi tra gli scaffali della sezione di letteratura.

Entrai in una corsia e feci scorrere rapidamente gli occhi sulle copertine dei libri ben sistemati nello scaffale.

Mi fermai e pensando di averlo trovato, presi il libro dal ripiano ma mi spaventai quando vidi il volto di una persona dall'altra parte che mi fissava con due paia di occhi blu in modo a dir poco allegro. 

«Cristo, mi hai fatto prendere un colpo.» sussurrai, portandomi una mano al petto e sentendo il cuore accelerato. 

Non mi rispose ma in poco tempo fece il giro dello scaffale per fermarsi di fronte a me. Lo ignorai e controllai le pagine di quel libro ma quando mi resi conto che non fosse quello corretto lo rimisi al proprio posto e continuai a cercare.

«Mi stai evitando.»

«Da cosa lo deduci?» domandai indifferente, facendo scivolare lo sguardo sulla parete di libri.

Quel dannato volume non lo trovavo. Malcolm doveva esserselo inventato.

«Dal fatto che mi stai ignorando da due giorni.» replicò piccato.

«Mh.»

«Lo vorresti anche negare?»

Sollevai gli occhi per guardarlo e scrollai le spalle, «è vero, ti sto evitando.»

Dopo aver appreso che qua non ci fosse quel libro, mi spostai di scaffale e lui mi seguì. Di tanto in tanto lanciavo sguardi ai corridoi tra gli scaffali che davano al centro della sala per vedere se qualcuno ci stesse osservando, ma per fortuna nessuno stava prestando attenzione a noi due. Mi fermai nella zona in fondo dedicata ai libri di quell'epoca storica.

Lo sentii sospirare e si appoggiò con una spalla alla fila di libri mentre sentivo il suo sguardo affilato su di me.

«Vorrei continuare a farlo, quindi perchè non fai in fretta a dire quello che vuoi dire e poi sparisci?» mormorai atona, scorrendo lo sguardo sulle targhette delle mensole per cercare ciò che serviva a me.

«Ti ho già detto che mi dispiace per essere andato via, Makayla. E si possono contare sulle dita di una mano le volte in cui ho detto queste parole.» sussurrò a denti stretti.

«Questo dovrebbe farmi sentire meglio?» gli lanciai un'occhiata confusa, «se sbagli, chiedi scusa.»

«Infatti, è quello che ho fatto, ma a te sembra non impor- Puoi guardarmi, cazzo?»

Strinsi le labbra e cercando di mantenere la calma, incrociai le braccia e lo guardai. 

«Non voglio parlare con te.» decretai.

«Ti ho già chiesto scusa, cos'altro devo fare?» aggrottò la fronte con fare frustrato.

Il pensiero Meredith mi tornò subito in mente e non riuscii a stare calma.

«Raccontarmi la verità.» 

«C'è stato un imprevisto e--»

«So che c'era Meredith.» lo interruppi freddamente.

Strinse le labbra e chiuse gli occhi per qualche secondo scuotendo la testa, «non è come sembra.»

«Ah no?» ridacchiai amara, «allora, com'è andata?»

Si accigliò scontento, «pensi davvero che me ne sia andato solo perchè Meredith era qui?»

I suoi occhi avevano alzato un muro di difesa e mi mostrò solo la rabbia di quel pensiero. 

«Non lo so, l'hai fatto?»

«Cristo, certo che no. Lei-» gonfiò il petto passandosi una mano tra i ricci con fare nervoso, «non posso dirti molto, perchè non sono affari tuoi ma stava male ed è venuta qua. È una situazione più complicata di così e dovevo tornare indietro.»

«Lei sta male e prende un volo da New York per venire da te. Wow, voi ricchi siete davvero strani.» commentai con sarcasmo.

«Okay, ti stai comportando da stronza solo perchè era Meredith.» schioccò rimproverandomi.

Forse.

«Lei sapeva che avessi già un impegno - con me

Aprì bocca per rispondere ma la richiuse il secondo successivo facendomi sorridere consapevole che avessi ragione.

«Non è come pensi, sul serio.» provò a migliorare la situazione.

«Non ho molte informazioni per pensare diversamente.» scrollai le spalle.

Per pensare che abbia semplicemente sabotato la mia giornata.

Si leccò il labbro scuotendo la testa e poi si staccò dalla parete, «pensala come vuoi. Ero solo venuto a dirti che dovremmo discutere della Juilliard, il tempo per fare domanda sta scadendo quindi ti consiglio di smetterla di fare la bambina capricciosa e--»

«Non sto facendo nessuna bambina capricciosa, brutto stronzo,» sbottai con voce bassa, inarcò un sopracciglio sfidandomi nel mostrare il contrario e continuai arrabbiata, «non sono affari miei, è vero, ma perdonami se proprio in uno dei momenti più importanti per me la tua cazzo di amica, che non ha nessun sentimento positivo nei miei confronti, si presenta perchè sta male e richiede immediatamente la tua attenzione. E non sono incazzata perchè sei andato da lei, è la tua amica ed è giusto tu lo faccia anche se avresti potuto avvisarmi, ma non ti sei neanche preoccupato di dirmi che il motivo fosse lei.»

«Non te l'ho detto perchè non volevo reagissi così.»

«Dati i precedenti, avresti dovuto farlo.» rimbeccai.

«Va bene, ma dimmi che non avresti pensato quello che stai pensando adesso.» 

Distolsi lo sguardo perchè probabilmente sarei comunque arrivata alla stessa conclusione. Ma insomma, non aveva altri amici a cui chiedere aiuto? Doveva per forza prendere un fottuto aereo per venire qua da lui? 

«Mi dispiace sul serio, Kay,» mormorò, fissandomi intensamente negli occhi, «ma dovevo prendere una decisione e per quanto mi sarebbe piaciuto vederti, Meredith aveva bisogno di me mentre tu no. Quello che hai fatto lo hai fatto per te stessa, dovevi farlo a prescindere dalla mia presenza e l'hai fatto.»

Deglutii sbattendo velocemente le palpebre. Era vero che non avessi bisogno di lui, ma non cambiava il fatto che saperlo tra la folla mi avrebbe fatto molto piacere. E se fossi stata nei suoi panni e uno dei miei migliori amici avesse avuto bisogno di me, sarei corsa da loro senza pensare ad altro. 

Okay, forse mi ero comportata da bambina capricciosa. Più che altro offesa.

«Non ti ho detto di lei perchè non era importante lo sapessi. Sarebbe potuto essere anche Brandon che sarei tornato indietro lo stesso.»

Ma se fosse stato Brandon mi sarei preoccupata anche io. Il fatto era che non sopportavo Meredith. 

Okay, mi ero comportata da bambina capricciosa. 

Mi guardai la punta dei piedi con le guance rosse per l'imbarazzo e borbottai, «um- okay, hai ragione.»

Che fastidio ammettere di essere in torto.

Lo sentii sospirare e vidi i suoi piedi avanzare fino a che non si fermò contro le mie punte e mi irrigidii per la vicinanza. 

«Ehi, guardami, bambina.» affondò le dita di una mano nelle mie guance come se fossero quelle di uno scoiattolo e, appena sollevai lo sguardo, lo guardai male sia per il gesto -che non sopportavo- e sia per il nomignolo affibbiato. Accennò un ghigno, «sei davvero testarda e insopportabile quando fai così, Adams, lo sai?»

«Mollami.» bofonchiai con le guance schiacciate.

«Solo se prometti che la smetterai di ignorarmi perchè mi fa proprio incazzare.»

Ruotai gli occhi, «va bene.»

Sorrise compiaciuto e liberò le mie guance prendendosi di conseguenza un pugno sul petto.

«Questo sancisce la nostra tregua, Adams?»

«Può essere.» agitai i capelli con fare altezzoso e mi voltai per continuare la ricerca del mio libro.

«Cosa fai?»

«Sto cercando un maledetto libro per Mal.» sospirai, fissando i nomi sulle copertine.

«Pensavo l'avessi capito.»

Capire cosa? Mi voltai lentamente e quando vidi il suo sorrisetto feci due più due e imprecai sottovoce.

«Lo ucciderò quel bastardo,» borbottai, superandolo per tornare indietro, «incredibile che si sia fatto sottomettere da certa gentaglia.» 

Mi afferrò per i fianchi e mi ritrovai in pochi secondi contro una libreria e il suo corpo a farmi da barriera per non scappare.

«Gentaglia a chi?» soffiò contro le mie labbra.

Mi trattenni dal non far cadere gli occhi proprio su quelle e rimasi a fissare le sue gemme che avevano ripreso a brillare.

«Siamo nella biblioteca della scuola.» cambiai argomento, facendo fatica a respirare avendo il suo corpo che premeva contro il mio in quel modo.

Si guardò attorno e poi tornò a me con un luccichio negli occhi, «non sta arrivando nessuno.»

«Be', non dovremmo rischiare, quindi, togliti.» 

«Prima rispondi ad una domanda,» tornò serio e lo guardai leggermente perplessa, «di chi era la rosa?»

La rosa? Oh. La rosa.

Sghignazzai. Quella mattina avevo trovato una rosa incastrata nel mio armadietto. Avevo poi scoperto che fosse da parte di mio fratello Gabe, per farsi perdonare per essere rimasto fuori casa due giorni e non aver potuto partecipare alla cena di famiglia di sabato sera e congratularsi della mia vittoria.

Era stato dolce. E molto probabilmente non avrei più ricevuto un gesto simile da parte sua. Infatti aveva anche aggiunto nel biglietto: non venire a cercarmi perché ti ignorerò, sfigata.

«Di qualcuno.»

«Makayla.» grugnì.

«Non posso svelare tutti i miei spasimanti.» 

Definire Gabriel un mio spasimante mi fece quasi vomitare, ma ormai avevo intrapreso questo gioco e non potevo tirarmi indietro. Non dopo averlo visto serrare la mascella infastidito.

«Puoi dirmelo tu oppure posso scoprirlo da solo.»

«Non dovrebbe importartene ma fai pure, detective

Mi fulminò con lo sguardo e mi liberò sistemandosi i polsini della giacca, «dopo vieni a casa mia e non è una domanda.»

Ruotai gli occhi per l'imposizione ma subito dopo lo bloccai afferrandogli il braccio. Si voltò confuso e mi morsi il labbro nervosamente.

«Non te l'ho detto ieri ma...sono passata.»

Dubitavo lo sapesse già. E ieri sera mi ero sentita in colpa per aver deciso di non scrivergli e avvisarlo, ma ero troppo infastidita per sentirlo.

Si pizzicò il naso ma non mi sfuggii il fatto che l'angolo della bocca avesse provato ad incurvarsi.

«Avevi qualche dubbio?»

Arricciai le labbra, sussurrando, «sono troppo presuntuosa se dico di no?»

Avevo rivisto le esibizioni dei miei compagni e, dopo tanti sensi di colpa per essermi sentita stronza, ero arrivata alla conclusione che fossi stata la migliore.

«Lo chiedi alla persona sbagliata, Adams.»

Sbuffai una mezza risata.

«La presunzione è vista tale solo da chi sa di non essere al tuo stesso livello. Tu stai solo ammettendo le tue capacità.»

Non avevo mai analizzato la questione sotto questo punto di vista. Non sapevo neanche fosse corretto il pensiero ma mi sentii meglio nel sapere che lui non mi reputava tale.

Accennai un sorriso, «grazie per la perla di saggezza, ragazzo prodigio.»

Fece un piccolo inchino giocoso, «quando vuoi, Adams.»

⚜️

"Ho perso Jack."

Queste erano state le parole di Brandon appena io e Hayden eravamo arrivati.

Inutile dire l'occhiata glaciale rivolta al cugino seguita da un'imprecazione.

Ma ad ogni modo, questo era il motivo per cui ero rinchiusa in camera di Hayden da almeno venti minuti.

Sentivo Brandon che chiamava Jack a gran voce, come se fosse un cane che potesse sentire e tornare indietro. Non sapevo cosa stesse facendo Hayden ma sicuramente lo stava cercando in un altro modo, forse aprendo i vari mobili e controllando in ogni angolo.

C'era un viscido rettile che strisciava libero per casa e io stavo cercando di non pensarci ma di concentrare l'attenzione sulla stanza di Hayden.

Non aveva molti oggetti personali che la decoravano e per oggetti personali intendevo fotografie. Era davvero minimal come arredamento.

Su una stretta e lunga libreria nera contro ad una parete c'erano diversi volumi, alcuni legati al mondo storico della musica -come bibliografie di grandi compositori- un paio di ripiani con macchinine da collezione, vinili, che scoprii essere per lo più di musica classica e jazz, e nient'altro. E tutto era così tenuto con cura e ordinato.

Quando mi voltai, mi sedetti sulla comoda sedia girevole e tamburellai le dita sulla superficie in vetro della scrivania. Anche qui non c'era nulla di personale. Solo il computer portatile, porta penne, una lampada e alcuni libri di scuola perfettamente impilati.

Poi guardai i cassetti sotto la scrivania e mi chiesi se dentro li ci fosse qualcosa. Non avrei dovuto aprirli per curiosare ma era più forte di me.

Volevo trovare qualcosa di suo. Come su Meredith. O altre informazioni sulla sua vita. Lui non raccontava mai nulla.

Lanciando uno sguardo alla porta per assicurarmi che fosse chiusa, aprii il primo e notai che all'interno ci fossero solo piccoli quaderni, probabilmente di appunti scolastici, e altre penne ed evidenziatori. Nel secondo c'erano cavi elettrici, supposi del computer o telefono, e un paio di cuffie. Quando arrivai all'ultimo, tirai la maniglia ma non si aprì. Aggrottai la fronte e abbassandomi leggermente notai ci fosse una serratura e che quindi l'avesse chiusa.

Perchè era chiuso? Cosa c'era dentro? E dov'era la chiave?

Riaprii gli altri due per cercarla ma non la trovai. Controllai anche sulla scrivania, magari tra i libri o dentro al portapenne ma zero. Della piccola chiave nessuna traccia.

Forse si poteva aprire con una forcina, nei film lo facevano sempre.

Purtroppo per me non ne indossavo una.

Se l'aveva chiuso, doveva contenere qualcosa di privato. Bene, cosa?

La porta si aprì di scatto e io sussultai chiudendo i cassetti che avevo lasciato aperti.

«Trovato?» domandai, il battito più veloce.

Mostrati disinvolta, Mak.

«Era sotto al divano,» rispose e aggrottò la fronte mentre si toglieva la giacca a vento scura, «cosa ci fai li?»

«Niente, mi annoiavo.»

Non sembrava convinto della mia risposta ma lasciò correre.

«Devo farmi una doccia.» disse mentre apriva la porta della cabina armadio.

«Ti aspetto giù.» dissi, alzandomi.

«Puoi restare qui.» rispose da dentro la cabina.

«Oh, okay.»

Uscì con dei vestiti puliti e si diresse verso il bagno. Prima di entrare mi regalò un sorrisetto furbo.

«Cerca solo di non ficcanasare troppo in giro, Adams.»

Ruotai gli occhi colpevole e lui sparì in bagno chiudendosi a chiave.

Non stavo ficcanasando. Volevo solo scoprire qualcosa di lui. Anche se ora la mia attenzione era rivolta tutta a quell'ultimo cassetto chiuso a chiave.

Notai il comodino a destra del letto e attesi di sentire l'acqua della doccia prima di alzarmi e andare verso quello.

Sul comodino oltre ad una lampada, un libro di uno scrittore giapponese e la sua colonia non c'era nulla. Aprii l'unico cassetto e il sangue affluì alle guance alla vista di una scatola con dentro diversi, molti, preservativi.

Be', almeno usava precauzioni...

Dentro oltre ad altri libri e qualche pacchetto di fazzoletti non c'era nulla.

Sbuffai e mi sedetti sul letto. Non era corretto quello che stavo facendo ma cazzo, volevo scoprire cosa ci fosse dentro.

Tu non vorresti che qualcuno curiosasse in camera tua, mi fece presente la fastidiosa vocina della mia coscienza. Vero.

Per cui cercai di non pensarci e mi sdraiai al centro del letto fissando il soffitto scuro. La mia attenzione venne presto catturata da una sagoma sul soffitto, era rettangolare e il colore era più scuro come se ci fosse stato qualcosa che non aveva permesso la perdita di colore dell'imbiancatura.

Poco dopo la stanza venne aperta e puntai con i gomiti nel materasso per trovare un Brandon sorridente.

«Ehi, dolcezza.» salutò calorosamente venendo verso di me.

«Ehi, Brandon.» 

«Non mi sono ancora congratulato personalmente per la magnifica esibizione.»

«Aw, grazie.» sorrisi affettuosamente mentre sedendosi sul bordo mi tirava in abbraccio stretto.

«Gloria aveva preparato dei cupcakes per te, ma li ho mangiati tutti, scusa.» mormorò, con il mento sulla mia spalla.

Risi e continuando a stringerlo fino a che non mi lasciò andare e mi diede un buffetto sulla guancia.

«Sono contento tu abbia risolto con quello scorbutico di mio cugino. Mi mancavi a casa.» disse, sistemandosi sul letto come me. Eravamo sdraiati l'uno a fianco all'altra.

Preferiva me a Meredith?

«Anche tu mi sei mancato e in realtà dovresti ringraziare il tuo riccioli d'oro, mi ha teso una trappola e mi sono dovuta confrontare con Hayden.» sospirai finta indignata, fissando ancora quella sagoma sul soffitto.

Lui rise e io non riuscii a trattenermi.

«La vedi anche te quella sagoma, vero?»

«Mh-mh.»

Girai il collo per guardarlo, «cos'è?»

Lentamente il suo volto si illuminò di un sorrisetto malizioso e io iniziai a pentirmi della domanda.

«Poster di qualche donna nuda?» ruotai gli occhi.

La stanza di Dave e Gabe era tappezzata di quelle robe. Almeno, la parte di Gabe lo era.

«Secondo te il piccolo Mozart è tipo da poster?» storse il naso.

«Non so come Hayden preferisce intrattenere il suo pene.»

Scoppiò a ridere e proprio in quel momento la porta del bagno si aprì mostrando il protagonista della nostra conversazione con addosso un maglione blu scuro e pantaloni della tuta neri con i ricci ancora gocciolanti sulle punte.

«Cosa ci fai qui e perché stai ridendo?» guardò perplesso suo cugino mentre buttava i vestiti sporchi nella cesta subito fuori il bagno.

Recuperò un asciugamano e se lo passò velocemente sulla testa.

«Li rovini così.» dissi osservandolo.

Ruotò gli occhi e smise di farlo lasciando l'asciugamano appeso ad un gancio sulla porta.

«Quindi, di cosa stavate parlando?»

«Di come preferisci intrattenere il tuo pene.» rispose Brandon con estrema naturalezza.

Avvampai e gli diedi un colpo al braccio guardandolo male, «non è vero!»

Inarcò un sopracciglio sogghignando e sbuffai rumorosamente mentre Hayden si sdraiava alla mia destra.

«Quale intrattenimento?» ripetè Hayden con una punta divertita.

Inspirai a fondo e girai il collo verso di lui cercando di non perdere l'attenzione sulle ciocche a boccoli che gli ricadevano sulla fronte, ancora umide.

«Ho chiesto solo cosa ci fosse appeso lassù.» dissi, indicando il soffitto.

Lui non spostò lo sguardo da me e si passò la lingua sul labbro, scrutandomi con attenzione, «uno specchio.»

Ah. «U-uno...specchio?»

Annuì e puntai gli occhi sulla sagoma sentendo il calore affluire verso le guance.

Poi un respiro caldo alla mia sinistra mi fece irrigidire.

«Ha gusti particolari.» sussurrò ghignate.

Nonostante avesse parlato piano, la stanza era silenziosa e Hayden era letteralmente a mezzo metro di distanza da lui perciò lo udì senza troppi problemi.

«Perchè non te ne vai, Brandon?» sbuffò spazientito Hayden, alzandosi subito dopo.

«Sempre così permaloso...» borbottò, scendendo anche lui dal letto.

Rimasi immobile nella mia posizione con diverse domande che non avrei dovuto pensare.

Hayden raggiunse la scrivania e prese il suo portatile mentre Brandon si fermò sulla soglia della porta.

«Resti a cena, dolcezza?»

«Il padrone di casa non mi ha invitata.» schioccai, con un mezzo sorriso.

Hayden mi lanciò un'occhiata annoiata, «vuoi rimanere a cena?»

«Tu vuoi che io rimanga a cena?» ritorsi.

Alzò gli occhi mentre si avvicinava al letto.

«Resterà a cena, dì a Gloria di tornare pure a casa.» disse a Brandon che, alzando una mano, mi lanciò un bacio volante per poi chiudere la porta e lasciarci soli.

«Vieni, forza.» disse.

Si era messo seduto con la schiena contro la spalliera e il computer sulle gambe allungate.

Lo imitai sistemando il cuscino dietro alla schiena e osservai il suo schermo.

«Hai Jack come sfondo.» notai.

«Si, perché?»

«Niente, è-» inquietante, «strano. Pensavo non fossi tipo da sfondo con immagini personali.»

«Perchè no?» chiese mentre apriva la pagina di internet.

«Non so, ti vedo molto serio e professionale anche nella vita privata.»

«Non mi piace mettere in mostra la sfera privata ma questo non significa che sia così impersonale.»

«Metteresti mai come sfondo del telefono o computer la foto della tua ragazza?» Nella lontana ipotesi in cui volessi avere delle relazioni.

«No.»

«Visto--»

«Fammi finire.» sospirò, voltando la testa per guardarmi e mi accorsi quanto fossimo vicini dato che le nostre spalle si sfioravano.

Ruotai gli occhi e agitai una mano in segno di proseguire.

«Ma probabilmente terrei una sua foto nel portafoglio.»

Oh. Quello mi sorprese. Anche mio padre ne aveva una di lui e mia madre quando erano giovani, fatta in quelle cabine automatiche alle giostre di paese.

«Adorabile.» arricciai le labbra e gli diedi un buffetto sulla guancia che evitò scostandosi velocemente con una smorfia.

«Dobbiamo parlare della domanda di ammissione quindi stai attenta.» tornò subito nell'Hayden composto e serioso.

Mi morsi il labbro e lanciai un'occhiata sopra di noi, «ultima domanda--»

«L'ho tolto perché era inutile rimanesse lì, non sfruttando questa casa molto spesso.»

Non sfruttando questa casa molto spesso.

Deglutii, «quindi ce l'hai ancora?»

Mi guardò con la coda dell'occhio e sollevò l'angolo della guancia, «si.»

Boccheggiai come un'idiota senza trovare nulla da dire e lui scosse la testa con un leggero sorriso mentre fissava lo schermo.

«Piuttosto che pensare a cose che non dovrebbero essere di tuo interesse, concentrati su questo.» indicò lo schermo che mostrava la pagina delle informazioni sulla domanda di ammissione del sito della Juilliard.

Nonostante il battito accelerato per l'imbarazzo non mi lasciai intimorire troppo, e con coraggio e sfrontatezza ribattei.

«Saranno di mio interesse.» dissi, fissando lo schermo.

Il secondo successivo il suo respiro si bloccò e sentii il suo sguardo bruciarmi il volto.

«Ah, si?» mormorò roco.

Con un calore che si stava diffondendo nel corpo, lo guardai di striscio con un mezzo ghigno provocatore, «mi hai promesso la più bella scopata della mia vita, o sbaglio? È perciò di mio interesse sapere cosa potrebbe aspettarmi.»

Si passò la lingua sui denti mentre sbatteva piano le ciglia con occhi scuri e carichi di lussuria mentre io tornai allo schermo consapevole di averlo appena zittito.

Non passò però molto tempo da che tornò in lui.

«La migliore.»

«Cosa?»

Il mio stomaco si incendiò quando le sue labbra sfiorarono il mio orecchio.

«Sarà la migliore scopata della tua vita, Adams.»

⚜️

«Sei proprio un vecchio scorbutico.» Brandon sbattè la portiera e si sedette al centro dei tre sedili.

«Sarei un vecchio scorbutico perchè non voglio che la mia macchina venga sfasciata da te?»

«Io non ho mai sfasciato niente.»

«La Mercedes del nonno, l'Audi che hai rubato a tuo padre, la vecchia BMW che--»

«Fatti i cazzi tuoi e guida.» 

Era uno spasso vederli bisticciare. Come promesso, ero rimasta a cena da loro e, dopo brevi discussioni su quale grasso e oleoso cibo calorico mangiare, avevamo deciso per una bella e gustosa pizza, perciò stavamo andando a prenderla. E Brandon aveva provato a convincere Hayden a fargli guidare la sua Porsche ma non c'era stato verso di smuoverlo da suo no secco.

«E mi sono venuti addosso con la Mercedes.» borbottò irritato qualche secondo dopo Brandon.

Guardai Hayden lanciargli un'occhiataccia dallo specchietto, «eri fatto e hai inchiodato in mezzo alla strada perchè pensavi di aver visto un alieno sul ciglio della strada.»

Mi girai di scatto verso Brandon, «stai scherzando?»

Lui ruotò gli occhi, «non ho inchiodato, ho frenato in un modo forse un po' brusco.»

Hayden sbuffò in una mezza risata secca.

«E comunque quello non avrebbe dovuto starmi attaccato al culo,» replicò infastidito per poi continuare, «e c'era davvero una persona. Solo non era un alieno.»

Trattenni una risata e tornai a guardare davanti a me, ma sentii uno sguardo pungente provenire dalla mia sinistra e con la coda dell'occhio guardai Hayden.

«Cosa?»

Alzò una spalla alternando l'attenzione sulla strada e me, «non ti ho mai chiesto se hai la patente.»

Arrossii leggermente, «mi hanno bocciato nella pratica. Due volte. Poi non ho più riprovato perchè avrei dovuto rifare tutto e pagare di nuovo e non era possibile.»

«Due volte.» Hayden sembrò soffermarsi solo su quella parte e ruotai gli occhi.

«La prima volta sono entrata in panico e quando mi ha detto gira a destra, io sono andata a sinistra ma era una strada a senso unico,» spiegai, gesticolando sotto i suoi occhi increduli e divertiti, «e la seconda volta, a detta sua, non mi sono fermata per far attraversare uno, ma quello non era neanche davanti alle strisce. Cosa cazzo ne so io che deve attraversare se non è lì fermo? Sono una veggente per caso?» 

Non mi era ancora andata giù la seconda bocciatura. Esaminatore bastardo.

«Da quanto ho capito c'è un pericolo in meno in strada, e va bene così.»

Stronzo.

«Un giorno ti porto a guidare io, dolcezza. Ci divertiremo.» disse Brandon dai sedili dietro.

«Ditemi quando andrete che mi chiudo in casa.» 

Incrociai le braccia e guardai Hayden annoiata, «tu invece non hai avuto nessun problema, Mr Perfezione.»

Mi lanciò un'occhiata saccente e poi guardò Brandon dallo specchietto facendolo sbuffare.

«Purtroppo, il piccolo prodigio, non hai mai avuto problemi in niente. Nostro nonno era un pilota di Rally e a dieci anni lo portava a guidare.»

Oh, wow. Aspetta- per quello aveva quelle macchinine in camera?  

«La potete smettere con questi soprannomi?» sbuffò, mentre rallentava davanti ad un semaforo rosso con già in fila altre macchine e guardò fuori dal finestrino.

«Tu guidavi già a dieci anni?» 

«Imparo in fretta.»

Ero stupita. Ma sinceramente mi faceva strano l'idea di un piccolo e talentuoso pianista che durante i pochi momenti di pausa, andava a guidare con il nonno pilota di Rally. Il massimo che facevo io era arrampicarmi sugli alberi al parco e rischiare di rompermi una gamba nello scendere.

«Anche tu andavi con loro?» mi rivolsi a Brandon, voltandomi per guardarlo.

Fece un mezzo sorriso, «solo una volta, poi quasi fatto saltare in aria una delle macchine nei box e mi hanno definito pericolo pubblico.»

Schiusi la bocca scioccata. 

«Già...voleva vedere quanto in alto sarebbe andata.» commentò con leggero sconforto il cugino.

Il resto del tragitto per arrivare alla pizzeria fu riempito da aneddoti dell'infanzia e adolescenza di Brandon e le cazzate più grosse che avesse fatto. Come dipingere di arcobaleno un'auto della polizia, correre nudo per il campo della sua scuola del liceo, riempire l'ufficio del preside di preservativi -tenne a precisare non usati- e altre storie divertenti. Avevo scoperto perciò che solo Hayden aveva studiato da privatista per tutto quel tempo mentre Brandon aveva potuto condurre una vita più comune, questo perchè sua madre -Helen- aveva voluto ciò. E anche perchè in fondo, non era mai stato così sotto i riflettori come Hayden.

«Cerca di non farle ribaltare.» disse Hayden mentre si allacciava la cintura.

Avevamo recuperato la nostra pizza gigante, metà piccante e metà salsiccia, ed era compito di Brandon tenerla salva. Il buonissimo profumo stava già riempiendo l'auto e sentii l'acquolina in bocca. 

«Hai così poca fiducia in me, cuginetto.» disse stizzito.

«Perchè ti conosco e so che potrebbe succedere se in mano tua.»

«Succede una volta e vieni etichettato per sempre in questo modo, sai, sei davvero stronzo.» 

«Sembrate una coppia di vecchietti, adorabili,» commentai sorridendo ad entrambi, «e ovviamente tu sei quello scorbutico della coppia.» dissi guardando Hayden.

Mi fece il medio senza distogliere lo sguardo dalla strada.

«Filtro, Miller.» schioccai. 

Mi lanciò un'occhiata annoiata e ridacchiai abbassando il finestrino perché l'aria iniziava a sapere troppo di salsiccia, e allungai la mano fuori sentendo l'aria sfrecciarmi tra le dita.

Questa volta nessuno di noi parlò lasciando spazio ad un tranquillo silenzio. Il cielo sopra di noi era diviso a metà, da una parte si vedevano ancora i colori del tramonto ma che piano piano prendeva delle sfumature di un azzurro scuro verso la parte opposta segnando già la sera in arrivo.

Ci fermammo ad un semaforo e distrattamente continuai a guardare fuori proprio quando vicino ad un'aiuola lunga separava le corsie, vidi muoversi qualcosa. Assottigliai lo sguardo e mi sporsi fino a che non vidi un qualcosa di scuro e piccolo sbucare fuori e zampettare lento.

Oddio. Senza dire niente, controllai stesse arrivando qualche macchina, e poi aprii la portiera.

«Ma che- Makayla, che cazzo fai?!» sbottò Hayden mentre attraversavo velocemente la corsia per raggiungere l'aiuola.

Nel mentre udii anche un piccolo miagolio ed ebbi la conferma di aver visto giusto. Mi abbassai e guardai tra i cespugli.

Lo richiamai con versi strani fino a che non vidi sbucare fuori da un cespuglio di rovi un animaletto a quattro zampe, con il pelo nero e tutto alla rinfusa, la coda dritta e gli occhietti lucidi e azzurri.

Miagolò con una vocina stridula e tenera mentre socchiudeva gli occhi.

«Ehi, piccolo.» mormorai, afferrandolo per il corpicino.

Miagolò più forte e appena lo strinsi al petto iniziò a fare le fusa facendomi stringere lo stomaco.

«Makayla! Cosa diavolo stai facendo?!» sentii dire da Hayden in macchina.

Lo accarezzai tra le piccole orecchiette e poi mi alzai correndo verso di loro.

«Guardate!» feci vedere loro con una faccia da cucciolo il gattino stretto contro il petto.

«Oh cazzo, è piccolissimo!» esclamò Brandon sbucando dai sedili posteriori.

Hayden sembrava scioccato, «hai rischiato di morire per un gatto?»

«Non c'è in giro nessuno ed è un gattino, guarda che tenero.» lo allungai verso il finestrino e lui miagolò forte facendo sorridere Brandon.

Hayden lo guardò impassibile.

«Entra in macchina.» sibilò, passandosi una mano tra i capelli.

«Solo se può venire anche lui.» negoziai, rimanendo contro la portiera e tenendo stretto il micino.

«Non sai neanche da dove viene e potrebbe avere delle malattie.»

«È la stessa cosa che ho detto quando ti hanno portato a casa dall'ospedale.» commentò Brandon.

Risi mentre Hayden lo guardò omicida.

«Dai, guarda che musetto. Non puoi essere così insensibile, cugino.»

«Non lo voglio in casa mia,» ribattè e poi mi guardò rapidamente, «ed entra in auto, Cristo.»

Il semaforo nel mentre era diventato ancora rosso ma per fortuna in giro non c'era nessuno quindi non stavamo disturbando nessuno.

«Non possiamo lasciarlo in strada, potrebbero investirlo.» gli dissi con un piccolo broncio. Di solito funzionava. Almeno, con i miei genitori e fratelli.

Stava lottando contro se stesso. Tamburellò le dita sul volante per poi buttare fuori un respiro profondo e borbottare un 'va bene'.

Felice, risalii in macchina e lasciai il piccolino sulle mie cosce mentre mi allacciavo la cintura.

«Resterà solo qualche ora, poi lo portiamo da un veterinario e ci penseranno loro.» disse ma io e Brandon lo ignorammo perché anche lui allungò la mano per accarezzarlo.

Il gattino strusciò il musetto contro le nostre mani continuando a fare le fusa e a farmi innamorare di questa palla di pelo.

Era minuscolo. Stava letteralmente sul palmo di Brandon e quella codina col pelo tutto elettrico era adorabile.

«Vuoi accarezzarlo?» chiesi ad Hayden.

«No.» rispose senza guardarmi.

«Perchè sei così scontroso verso un innocente e indifeso gattino?» gli chiese Brandon con fare scocciato.

«Sai che non mi piacciono quegli animali.»

«Perchè no?» aggrottai la fronte.

«Primo, sono molto più difficili da curare, secondo rompono le cose e terzo...ti ci affezioni più facilmente.»

«Ed è un problema perché?»

A quella domanda non rispose perché eravamo arrivati e si concentrò ad aprire il portone della villa.

Al posto di scendere in box, lasciò la macchina nell'ampio cortile ed uscimmo tutti insieme. Hayden con un cipiglio burbero. Brandon con le pizze. E io con un affettuoso batuffolo nero che miagolava perché voleva le carezze dietro le orecchie.

«Non lasciarlo in giro.» disse Hayden appena entrai dopo di lui in casa.

«Dobbiamo dargli qualcosa da mangiare.» disse Brandon affiancandomi.

«Cosa avete?»

«I topi di Jack.» replicò seccato Hayden superandoci e prendendo le pizze dalle mani di Brandon.

Lo guardai scioccata e poi abbassai lo sguardo verso il gattino stretto contro il mio petto, «non preoccuparti, lui è antipatico solo perché non ti conosce.»

«E non mi conoscerà mai perché non resterà qui.»

«Non ascoltarlo, dallo a me.» disse Brandon allungando le mani e lo misi nei suoi palmi.

Il gattino si rannicchiò tra esse e mi trattenni dal baciargli la testa perché per quanto Hayden fosse noioso, non sapevo se avesse qualche malattia.

«Lavatevi le mani o non mangiate.» sentii dire da Hayden dalla cucina.

Noi eravamo ancora in soggiorno, vicino al tavolo in vetro.

«Si, Sheldon, un secondo.» ruotai gli occhi.

«Ho un'idea, seguimi.»

Ignorando i lamenti di Hayden, seguii il cugino al piano superiore.

Una decina di minuti dopo, io e Brandon tornammo -con le mani pulite- e la palla di pelo in una scatola di scarpe che cercava di scappare. Lo portammo in cucina e io riempii una piccola ciotola di latte e gliela misi all'interno. Sapevo che non fosse la scelta più adatta e uno stereotipo alimentare dei gatti, ma era letteralmente l'unica cosa che potevamo dargli al momento. Dubitavo che mangiasse Nutella o pezzi di salsiccia.

«C'è un centro per animali a venti minuti da qui.» commentò Hayden, tenendo la pizza in una mano e usando il telefono con l'altra.

«Non l'hai nemmeno accarezzato una volta.» mi lamentai, mordendo la mia fetta e osservando il gattino che si era arrotolato a ciambella nella scatola lasciata a terra.

«E non intendo farlo.»

Perché non voleva animali con i quali potevi davvero affezionarti e avere un rapporto? I rettili non potevano darti nulla, per quanto lui fosse attaccato a Jack.

«Questo sabato andremo al luna park, te l'ha detto Mal?» chiesi a Brandon per cambiare argomento.

Ci sarebbero stati anche quelli della squadra, infatti era stata Donna ad avvisarci. E supposi che anche Hayden fosse a conoscenza di quella serata dato che si erano organizzati quando erano in spogliatoio.

«Si, vuole sfidarmi agli autoscontri.»

Ridacchiai, «è il suo gioco preferito.» 

E cercava di tamponarti con molta aggressività.  

«Tu verrai, vecchio?» chiese a Hayden, dopo aver dato un grosso morso alla sua fetta di pizza con la salsiccia.

Io iniziai già a sentire le labbra pizzicare ma continuai a mangiare lo stesso.

«No.»

«Non fare il solito asociale.» lo rimproverò Brandon, seccato.

«Non faccio l'asociale, ma dovrei stare con quelli della squadra e non ho voglia.»

«Pensavo che Travis ti stesse simpatico.» dissi.

Mi guardò rapidamente per poi girarsi completamente con fare preoccupato, «perchè insisti a mangiare il piccante se sai che ti fa male?»

«Oh, bene, quindi non sono i miei occhi ad avere un problema. Hai davvero dei gommoni al posto delle labbra.» 

«Non sono gommoni, sono un po' gonfie.» risposi annoiata a Brandon.

Hayden scosse la testa con ormai con fare scoraggiato mentre mi toccavo le labbra effettivamente più gonfie di quanto mi aspettassi. Ma era troppo buono quella pizza con quel salame, non potevo smettere.

«E comunque Travis è l'unico con cui riesca ad andare d'accordo, ma sappiamo benissimo con chi è amico e non voglio passare un secondo di più con quel bastardo.»

L'aria iniziava a farsi più tesa ora che Jordan era stato nominato. Io e Brandon ci guardammo rapidamente e mi regalò un sorriso per rassicurarmi.

«Stai con noi.» propose lui con leggerezza.

«L'ultima volta--»

«L'ultima volta avete dato spettacolo per un gioco del cazzo. Questa volta cercherete di tenere le mani a posto e di comportarvi in modo normale.» sospirò come se fosse la cosa più semplice al mondo.

Ma in fondo non era così difficile. E poi sarebbe stato pieno di gente, famiglie e bambini, probabilmente anche la mia, e non per forza tutti dovevano soffermarsi su di noi se non facevamo nulla di insolito.

«Lo sai che non mi piace stare in mezzo a tanta gente.»

«Questo perchè preferisci stare solo in mezzo alle sue gambe.» replicò Brandon a bocca piena, pulendosi le mani nel tovagliolo di carta.

Il mio volto si infiammò e da come Hayden strinse il bicchiere capì che non avesse gradito il commento.

Ma al posto di insultarlo -cosa che gli costò molto non fare- replicò con una scrollata di spalle, «perchè so quale priorità sia migliore.»

Non pensavo che il mio volto potesse infiammarsi maggiormente, ma in quel preciso istante credetti di andare a fuoco. Con il cuore che martellava nel petto, incrociai fulminea lo sguardo di Hayden che questa volta, sembrava più colpito e divertito.

Le labbra gli si incurvarono in un sorrisetto sfacciato.

«Oh, non fare l'innocente, Adams,» schioccò la lingua, «non ti si addice.»




S/A.

Chi non ama i gattini? 🐈‍⬛

➡️Non dimenticatevi di quel cassetto👀

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A presto, Xx❤️👽

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