It's a Cliché

By -Happy23-

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Hayden Miller è un eccellente pianista, vincitore di moltissime competizioni, prossimo prodigio della Juillia... More

Premessa
Prologo
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12 - Parte 1
Capitolo 12 - Parte 2
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42 - Parte 1
Capitolo 42 - Parte 2
Capitolo 43 - Parte 1
Capitolo 43 - Parte 2
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 53
Capitolo 54
Capitolo 55
Capitolo 56
Capitolo 57
Capitolo 58
Capitolo 59 - Parte 1
Capitolo 59 - Parte 2
Capitolo 60
Capitolo 61
Capitolo 62
Capitolo 63
Capitolo 64
Capitolo 65
Capitolo 66
Capitolo 67
Capitolo 68
Capitolo 69
Capitolo 70
Capitolo 71
Capitolo 72
Capitolo 73
Capitolo 74
Epilogo
Capitolo 1 Bonus - Parte 1
Capitolo 1 Bonus - Parte 2
Capitolo 1 Bonus - Parte 3
Capitolo 2 Bonus - Parte 1
Capitolo 2 Bonus - Parte 2
Capitolo 3 Bonus - Parte 1
Capitolo 3 Bonus - Parte 2
Capitolo 3 Bonus - Parte 3
Capitolo 4 Bonus
Capitolo 5 Bonus
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Capitolo 5

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By -Happy23-

Le parole di Ethan mi erano rimaste impresse nella mente per tutta la serata. Non riuscivo un secondo a togliermi dalla testa il pensiero di Hayden in quella veste. 

E non andava bene perchè mi sentivo una psicopatica. Di certo lui non pensava di me in nessun modo, figuriamoci nell'aspetto sessuale, per cui questo mi faceva sentire come se stessi commettendo un grosso sbaglio.

A complicare il tutto c'era il fatto che se da una parte la parte razionale di me cercava di non pensare a lui e obbligava quella irrazionale a seguire quella regola, tutto ciò che succedeva a scuola portava nella direzione opposta.

Quella giornata non avevo lezioni in comuni con Hayden ma per i corridoi non si parlava che di lui e l'uscita con la Diva -confermando il fatto che non fossi l'unica ad aver notato quanto tempo stessero passando insieme- e una notizia molto più succulenta che riguardava il fatto che fosse stato richiamato dal coach della squadra di football per partecipare ai provini della nuova squadra che si sarebbero tenuti in quei giorni della seconda settimana di scuola.

«Te lo immagini con la divisa della squadra? Con quei pantaloncini bianchi...» disse Malcolm con tono sognante mangiando un hamburger.

Malcolm prendeva in giro me ma credevo che anche lui avesse una cotta per Hayden.

E comunque si, me l'ero immaginato e il mio corpo si era surriscaldato anche fin troppo per cui avevo smesso di immaginarlo.

Ancora non avevo ben capito le dinamiche ma, dalle voci di chi frequentava con lui l'ora di educazione fisica tenuta in quella mattinata, il coach aveva deciso di far giocare l'intera classe a football e aveva scoperto un nuovo talento nella classe: Hayden Miller. 

Ovviamente doveva essere bravo anche in quello, non gli bastava essere un prodigio musicale. 

Dalle ragazze che lo avevano spiato mentre discuteva con il coach, era stato scoperto che lo avesse invitato a partecipare alle selezioni per la squadra, non si era capita la risposta di Hayden ma già si ipotizzava uno scontro tra lui e Jordan, in quanto avrebbe partecipato come possibile sostituto del runningback, attualmente ancora Jordan.

Ma l'unica persona che avrebbe potuto regalarci più informazione era Donna, purtroppo però aveva deciso di pranzare con il quarterback, Travis, sugli spalti e privarci di nuovissime informazioni che immaginavo lui possedesse già.

«Hai parlato con William alla fine?» decisi di cambiare subito argomento e distogliere l'attenzione da Hayden che mi stava già riempiendo fin troppo la testa.

«Dopo... abbiamo parlato.»

Tipico di Malcolm.

«Ha detto che gli era più facile al campus perchè nessuno ci conosceva e non aveva timore di essere scoperto. Qui non è ancora pronto a farlo sapere e che quindi non vuole niente di serio.»

«Oh... mi dis-»

«Ehi, sfigata.»

Mi lamentai con uno sbuffo e alzai la testa in direzione della voce di mio fratello.

«Che vuoi?»

«Mrs Kreene vuole parlare con te dopo pranzo.»

«Come fai a saperlo?»

Alzò gli occhi e rispose prima di andare in fila dai suoi amici, «ho finito lezione con lei e me l'ha detto.»

Guardai Malcolm con le sopracciglia alzate e alzò una spalla, «cosa vorrà?»

«Non ne ho idea.»

La professoressa Kreene insegnava musica e non avevo mai avuto nessun problema con lei, anzi, ero una delle sue preferite per il mio passato musicale.

«Tornando a William,» ripresi il discorso dopo aver mandato giù un pezzo del panino, «mi dispiace.»

Era dispiaciuto anche lui, ma non voleva darlo troppo a vedere, «nessun problema, vorrà dire che ci vedremo solo per scopare. Mi sta bene.»

Non era vero ma non volevo insistere troppo perchè Malcolm non era uno che amava parlare troppo dei suoi sentimenti.

Gli raccontai del fatto che fossero venuti a trovarci Ethan e Jamie e mi disse che ero stata una stronza per non averglielo detto perchè avrebbe voluto salutarli. In realtà voleva salutare Ethan, per un periodo aveva avuto una specie di cotta segreta per lui.

Quando iniziai a parlare anche di Hayden e dei messaggi mi insultò di nuovo per non averglielo detto subito e a quanto pare anche lui confermava la teoria di Ethan.

«Dio, non ci credo che te l'abbia detto in quel modo...» rise e storsi il naso ridacchiando.

«Si è stato strano ma si è capito il concetto.»

«Già e secondo me l'ha capito perchè in fondo Ethan è simile a lui.»

Strabuzzai gli occhi per quell'assurdità, «Ethan e Hayden non sono simili. Non in quello.»

«Come puoi dirlo?»

«Um-, be', lo spero. Sai mi fa senso pensare a mio fratello in quel modo...» ammisi con una smorfia disgustata.

«A me no,» ribattè velocemente facendomi sorridere, poi continuò, «dico solo che nei modi di fare hanno un non so che di simile. Intelligenti, un po' misteriosi, attirano l'attenzione anche se stanno in silenzio...»

«Mi stai dicendo che dovrei scoparmi mio fratello?»

Mentre dicevo quella frase Gabriel passo di fianco al nostro tavolo con il vassoio in mano e mi guardò come se fossi un alieno e con un'espressione disgustata.

Ma che cazzo...

«Spero solo di non essere io.»

«Levati.»

Malcolm rise per la situazione e gli feci il medio per poi scuotere la testa, «va bene un po' sono simili ma non in tutto. Ethan si sarà scopato mezza scuola.»

«Non conosci il passato di Hayden, magari si è scopato tutte le fan che ha incontrato.»

Schioccai la lingua al palato in disaccordo, «non stiamo parlando di una rockstar, Mal. È un musicista. Non mi sembra davvero il tipo.»

«Non mi da l'impressione di uno che si tiri indietro ad una scopata, Mak.» commentò con una risata secca.

«Io credo che non sia uno di quelli che gli basti che respirino.»

«Smettila di sognare, tesoro. Se non vuoi niente di serio, prendi qualsiasi cosa.»

Non sapevo neanche io cosa volessi. Perchè pensavo a queste cose quando non lo conoscevo nemmeno? Mi aveva totalmente fritto il cervello. Pensavo che la cotta della me tredicenne fosse solamente una crush passeggera ma ora stava diventando fin troppo insistente il pensiero di lui.

«Vado dalla Kreene, a dopo.» dissi dopo aver dato l'ultimo morso al panino.

Uscii dalla mensa con lo zaino su una spalla e mi diressi verso l'aula di musica. Speravo fossi li, Gabe non mi aveva detto dove incontrarla.

Camminai lenta e nel mentre rimuginai alla discussione con Malcolm. Hayden era davvero uno di quei ragazzi? Perchè volevo sperare nel contrario? Ero cresciuta in mezzo a fratelli più grandi e tutti loro avevano avuto la fase dello 'scopiamo qualsiasi buco', scusate il francesismo-

«Adams

Di colpo interruppi i miei pensieri e i miei passi, lentamente mi voltai verso la sua voce. Era al suo armadietto e lo stava chiudendo. Perchè continuava a chiamarmi per cognome?

«Miller.»

«Sai chi è la professoressa Kreene? Una ragazza mi ha detto che mi stava cercando ma non so chi sia e dove cercarla.»

Questo era uno strano gioco del destino. Qualcuno si stava divertendo, non è cosi?

Gonfiai le guance e mi agitai le braccia per poi buttare fuori l'aria, «si. Vuole parlare anche con me.»

«Ah.» poi si schiarì la gola e avanzò verso di me, «ti seguo.»

Dopo quello scambio di messaggi e i saluti della giornata precedente, nessuno dei due aveva più sentito l'altro. Lui sembrava non essere stato toccato minimamente dall'evento di ieri, io invece provavo ancora quella fitta allo stomaco ogni volta che ripensavo al tono e allo sguardo usato.

«Oh, um, Kreene è la professoressa di musica. È stata la mia insegnate durante il primo e secondo anno.»

«Hai idea del perchè vuole vederci?» chiese, camminando a testa alta e sguardo dritto.

«Nope

Mi domandai se anche oggi avesse trascorso qualche momento con la Diva.

Quando raggiungemmo l'aula, la porta era già aperta e lei seduta alla scrivania. Hayden bussò sul legno dello stipite per renderla partecipe della nostra presenza. Appena ci vide un caldo sorriso si aprì sul volto stanco dall'età. Mrs Kreene era quasi prossima alla pensione, mi faceva molta tenerezza ma sapeva farsi rispettare anche dalle nuove generazioni più sfaticate e con la risposta sempre pronta, come me.

«Signorino Miller e signorina Adams, prego venite.»

Le sorrisi e la salutai mentre entravo in classe seguita da Hayden. Non sapendo cosa fare mi sedetti sul banco di fronte alla scrivania, incrociando le caviglie e facendo dondolare le gambe mentre mi aggrappavo al legno ai lati delle mie cosce, mentre Hayden si sedette sulla sedia.

«Spero di non aver interrotto il vostro pranzo.»

«Non si preoccupi.» rispose Hayden con cordialità.

«Di cosa voleva parlarci?» chiesi, mordicchiando il labbro con nervoso.

«Oh, si...» iniziò e rovistò tra i fogli sulla scrivania alla ricerca di qualcosa, «per un'amante della musica come me è impossibile non conoscere i vostri nomi, il suo soprattutto signorino Miller. Sono certa che avrà già sentito questo ma lei ha davvero un dono per la musica.»

Iniziai a sentire i palmi sudare. Non avevo idea di cosa stesse cercando ma già l'intro non premetteva niente di buono.

Hayden si schiarì la gola e mormorò semplice un 'grazie'.

«Eccolo.» esclamò con un sorriso incorniciato da rughe dell'età.

Era un volantino e me lo passò: Music School Competition.

«So che lei non suona più, signorina Adams e immagino che lei, Miller, non abbia tempo per questo tipo di competizioni, ma speravo poteste dare un'occhiata. Ogni genere è ben accetto, abbiamo già alcuni partecipanti ma con voi penso ci siano più chance di vincere.»

La scuola vincitrice riceverà 5.000$

«Sono, um, tanti soldi. Cosa vorrebbe farci?» chiesi con perplessità e stupore.

Nel mentre avevo sentito Hayden alzarsi e fermarsi alle mie spalle per leggere il volantino stretto tra le mie mani. Ignorai il brivido creato per la sua presenza e vicinanza a me e cercai di concentrarmi sulla professoressa. Ma era davvero difficile farlo quando ero immersa nella sua area personale e il suo profumo aveva iniziato ad invadermi le narici.

«Volevo usare i soldi per creare una vera aula di musica e non questa topaia e anche comprare strumenti nuovi. La scuola utilizza tutti i fondi per lo sport e non guarda le altre attività.»

Abbozzai un sorriso guardando gli occhi limpidi e sinceri della donna e poi tornai a guardare il foglio.

«Ugh, è- è un bel pensiero ma... non suono da molto.» mormorai, mordicchiando il labbro e scuotendo piano la testa.

E non avrei saputo dove e con chi riprendere. Non avevo un pianoforte in casa, ovviamente, e non potevo permettermi di iscrivermi in qualche scuola di musica solo per una competizione. 

«Sono d'accordo con la mia compagna, professoressa. Trovo che sia un gran progetto ma anche io non penso di poterne fare parte. Sono qui per prendermi una pausa dalla musica e questo non rientra nei miei piani.»

Una pausa? Hayden Miller era a Greenville per una pausa?

Quella notizia mi sconvolse e non poco. Nessuno aveva più parlato del perchè della sua presenza e permanenza in città, ma credevo fosse per provare qualcosa di nuovo, non un fatto del genere. Perchè mai doveva prendersi una pausa da ciò che lo aveva sfamato, dato popolarità, la possibilità di suonare in palchi importanti e tutto ciò che chiunque al suo posto avrebbe sempre sognato.

«Io capisco le vostre decisioni ma- Makayla, pensaci, avere uno spazio a disposizione per tutti sarebbe importante. Se ci fosse stato prima, forse non lei avrebbe dovuto abbandonarlo, avrebbe continuato ad esercitarsi qui. Alunni come lei potrebbero continuare o iniziare sogni che al di fuori della scuola sarebbe difficile potersi permettere.»

Lei sapeva il perchè della mia decisione e sapeva dove andare a colpire per farmi annodare la gola e convincermi a dire di si.

«Io-» mi morsi il labbro guardando ancora il foglio, «non saprei neanche dove trovare un posto per esercitarmi.»

«No, certo. Non voglio metterla in difficoltà. Ѐ stata solo un'idea.»

«Mi dispiace.» mormorai sincera e con una terribile stretta al cuore.

Provò a sorridere e alzò le esili spalle, «nessun problema cara. Ci impegneremo al massimo con gli altri alunni, sono molto bravi anche loro e magari è l'anno buono, no?»

Annuii con un lieve sorriso e dopo di che scesi dal banco. Stavo ancora stringendo il foglio tra le mani, lo fissai per un'ultima volta sapendo di non poter assolutamente accettare e lo riposi sulla scrivania a fatica.

Era un bel progetto. Probabilmente aveva anche ragione, se ci fosse stato magari non avrei dovuto smettere di suonare.

Lasciai velocemente l'aula avendo bisogno di aria fresca. Iniziava a soffocarmi quella situazione, soprattutto con Hayden.

«Adams, aspetta.»

Oh no.

La campana suonò e mi persi tra la folla di studenti ignorando la fastidiosa sensazione di essere osservata.

⚜️

Quando anche l'ultima campanella suonò, uscii fuori dalla classe in fretta.

Volevo raggiungere al più presto il mio armadietto per prendere le mie cose e uscire da scuola. Donna avrebbe avuto ancora le selezioni di cheer, quindi non avrebbe potuto portarmi a casa. Malcolm non avevo idea di dove fosse ma gli avevo scritto che avrei camminato perchè volevo stare per conto mio.

Dopo aver recuperato le cose dal mio armadietto mi incamminai con passo svelto verso l'uscita.

Ero nervosa. L'incontro con la prof Kreene mi aveva appesantito il petto e mi aveva fatto tornare a galla ricordi che cercavo di ignorare.

Quando l'aria calda e il sole del pomeriggio mi colpirono, mi maledii per non avere degli occhiali da sole. Mi sarei fatta una bella camminata per smaltire il nervoso ma senza gli occhiali quel sole era una tortura.

«Adams.»

Maledizione, oggi non riuscivo ad avere un momento di calma.

Nel cortile c'erano diverse macchine, tra cui un grosso macchinone nero, nel lato del guidatore c'era un uomo seduto, sembrava addirittura essere in giacca e cravatta.

Hayden era contro la portiera del passeggero e stava parlando con la Diva, ovviamente.

Dovevo chiedere a Malcolm il suo nome, di certo lui lo sapeva.

Lei mi ignorò e si appoggiò alla macchina con il telefono tra le mani.

C'era davvero qualcosa tra i due?

«Che c'è?» chiesi in uno stanco sospiro.

Avanzò allontanandosi da lei e dal suv nero.

«Vorrei parlarti.» disse con tono piatto, infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni.

«Possiamo fare un'altra volta? Devo già tornare a casa a piedi e non voglio perdere altro tempo-»

«Ti do un passaggio, così possiamo parlare.»

«No, um

Mi morsi la lingua perché si era già girato ignorandomi e ora stava dicendo qualcosa alla ragazza. Lei sorrise e annuì per poi andarsene.

Okay, strano. Pensavo tornasse a casa con lui, sinceramente.

«Vieni?» disse dopo aver spalancato la portiera.

Gonfiai le guance, sapevo che non avrei dovuto accettarlo ma c'era qualcosa dentro di me che mi spinse a farlo.

«Si, arrivo.» schioccai la lingua al palato e a passo rapido lo raggiunsi per poi infilarmi nella macchina.

Miseriaccia! Era una di quelle macchine a sei ampie sedute, di due file con i posti rivolti uno di fronte all'altro.

Mi misi in fondo, verso il finestrino di destra e lui si sedette vicino a quello sinistra, c'era un posto libero tra noi e mi sembrava davvero troppo poco.

«Dovresti darmi l'indirizzo cosi posso dirlo ad Albert.»

Albert era quella persona che guidava? Aveva anche l'autista?

Dio, che spocchioso.

Gli dissi l'indirizzo e pensavo di cogliere qualche critica o giudizio nei suoi occhi, invece rimase impassibile al fatto che abitassi in una delle periferie della città.

«Di cosa volevi parlare?» incrociai le braccia e le gambe, sentendomi un po' più protetta dal suo sguardo vigile e composto.

Si tamburellò le dita sulla coscia e si schiarì la voce, «non pensavo che avessi smesso di suonare...» diede voce ai suoi pensieri con espressione accigliata, «se devo essere sincero mi sono sempre chiesto se avrei mai rincontrato l'unica persona che è stata in grado di battermi.»

Okay, si voleva affrontare quel discorso? Non ero pronta. Mi avrebbe dovuto dare un preavviso.

Se qualche mese fa mi avessero detto che sarei stata in macchina con Hayden Miller a parlare di quella vittoria, probabilmente gli avrei riso in faccia e detto di andare a farsi un giro in manicomio perché era pazzo.

Non sapevo cosa dire. Avevo i nervi tesi e agitavo il piede con insistenza.

Lui lanciò un'occhiata proprio a quello e io lo bloccai sentendo del calore diramarsi dal petto. Non volevo che pensasse che fossi agitata perchè fossi con lui.

«È vero ciò che ha detto?»

Aggrottai la fronte non capendo.

«Se ci fosse stato uno spazio, avresti continuato?»

Le sue gemme blu mi incatenarono al sedile e feci fatica a distogliere lo sguardo, nonostante mi stessero creando difficoltà nella comunicazione.

«Oh, si. Um, molto probabilmente avrei potuto continuare.»

Sicuramente non con la mia insegnante, ma con una che non chiedeva tutti quei soldi per delle lezioni. Non avevo niente contro Rhonda, quelli erano i prezzi e non li aveva scelti lei, ma per me erano troppo alti.

«Se vuoi davvero aiutarla in quel progetto e partecipare alla competizione, puoi esercitarti da me.» affermò con serietà, scrollando piano le spalle.

Boccheggiai ma non uscì niente. Il mio cervello non aveva neanche elaborato la sua richiesta, si era sconnesso appena finì di parlare e mi aveva abbandonato.

Non capivo se le mie orecchie avessero compreso le sue parole dal tanto pulsare, oppure avevano fatto finta di non sentire e non trasportare il messaggio al cervello.

Hayden mi aveva offerto di andare a casa sua per suonare?

Anche ripeterlo nella mia mente sembrava una barzelletta, un'assurdità.

«I-io...» fu tutto quello che le mie corde vocali riuscirono a formulare.

Ero davvero scioccata.

«Da quanto ho capito e intuito, non hai un posto per riprendere ed esercitarti, perciò se vuoi davvero farlo per aiutare Mrs Kreene, puoi venire da me.»

Allora avevo capito bene. Ma nella mia mente risuonava comunque all'assurdità.

«Lo fai perché ti faccio pena? Perché non voglio la tua compassione...»

Nel corso della mia breve vita ne avevo ricevuta molta per i problemi economici che c'erano in famiglia e la odiavo. Potevamo andare avanti senza l'aiuto di nessuno e potevo trovare una soluzione da sola, se avessi voluto.

Si accigliò al mio tono di accusa e scosse piano la testa, «stavo- volevo solo aiutare, mi sei sembrata quasi colpevole per non aver accettato e ho pensato che se ci tenevi così tanto, potevo offrire un aiuto.»

Non mi ero sentita colpevole. Non era colpa mia se non potevo permettermi di pagare delle lezioni o di affittare un pianoforte per suonare.

Ero solamente dispiaciuta di non poterla aiutare.

Forse ti sentivi anche colpevole, credeva in te...

Mi morsi la lingua e poi mi passai una mano tra i capelli con nervoso, «anche se volessi riprendere non saprei neanche da parte iniziare. È passato troppo tempo.»

«Nessuno perde il talento, Adams.»

Si ma se non lo si allenava, si arrugginiva e io ero parecchio arrugginita.

«Faccio finta che non lo stai facendo per compassione e ti dico che apprezzo il pensiero ma no, non voglio riprendere un qualcosa che poi dovrei abbandonare di nuovo. È già stato difficile la prima volta.»

Ormai avevo accettato il fatto che quella strada, per quanto l'avessi amata e l'amassi ancora, non potevo percorrerla. Ci avevo rinunciato e mi andava bene, avrei fatto altro. Non sempre tutto andava come uno voleva, no?

Premette le labbra e annuì, non era convinto ma sembrava aver accettato la mia decisione.

«Siamo arrivati.» mi comunicò, con un cenno al finestrino e voltai la testa, i finestrini erano scuri ma riuscii ad intravedere casa mia.

«Be', grazie per il passaggio.» dissi mentre aprivo la portiera.

Non rispose e interpretai quel silenzio per un "meglio che tu vada" e cosi feci.

«Adams...»

Deglutii. Mi voltai, lo zaino stretto su una spalla e una mano sulla portiera. Gli occhi fissi nei suoi.

«Pensaci.»

Non risposi. Non annuii. Semplicemente chiusi la portiera e mi voltai.

⚜️

Quel pensaci di Hayden mi aveva tormentata per tutto il pomeriggio.

La richiesta a sorpresa della professoressa Kreene di suonare in una competizione tra scuole mi aveva totalmente spiazzata.

La musica per me era sempre stata un rifugio ma soprattutto sentivo l'appartenenza a qualcosa. Non eccellevo in niente. Non ero studiosa o atletica come Donna o intelligente come Ethan. Non c'era niente che mi aveva appassionata, niente che mi facesse dire 'da grande, voglio diventare questa, da grande voglio fare questo'.

Essendo all'ultimo anno di superiori e dovendo scegliere un community college, perchè il sogno della Juilliard ormai era svanita, quella domanda me l'ero posta spesso in quei mesi. Avevo passato intere notti estive a pensare a cosa avrei voluto fare, dove mi vedessi.

E l'unica immagine che il mio cervello riusciva ad elaborare era sempre stata quella di ambire a diventare una concertista solista.

Mi piaceva stare al centro dell'attenzione ma allo stesso tempo non ero obbligata a parlare o a guardare in faccia nessuno, ascoltavano quello che avevo da dire tramite la musica.

Da quando avevo toccato per la prima volta dei tasti, mi ero sempre immaginata di essere su un palco e mille occhi puntati addosso. E quando mi esibivo per le competizioni, mi piaceva sentire l'adrenalina della gara e quella piccola parte narcisista che si riempiva di orgoglio. Mi piacevano gli applausi e i complimenti a fine esibizione.

Diventare una concertista solista era però un sogno che sapevo sarebbe rimasto irreale. Da piccola mi accontentavo dell'idea di poter fare qualsiasi lavoro dove servisse me ed un pianoforte.

Io passavo le giornate ad attendere con ansia quell'ora di lezione con Rhonda e a perdermi tra le note di un vecchio spartito.

Era il mio piccolo spazio.

Crescendo con cosi tanti fratelli e sorelle a volte non si capiva dove finisse e iniziasse la linea dell'altro. Si faceva tutto assieme e a volte ti perdevi.

Ma quello era il mio mondo. Non era di nessuno. Ed ero brava e questo mi faceva credere ancora di più in me, mi faceva pensare che le probabilità di farcela non fossero cosi limitate.

Poi di punto in bianco, quando ti viene detto che non ci sono più soldi e che si rischia di perdere la casa, nonostante tu abbia solo quindici anni, capisci che il mondo non è solo fatto di trofei e sogni, ma di realtà, e quella realtà per alcuni è bella per altri lo è un po' meno.

Per altri è fatica, sudore e pianto. Per altri è lotta e rinuncia per poter andare avanti. E impari che se puoi aiutare le persone che ami lo fai e cosi cresci, e impari ad essere altruista anche se questo significa richiudere delle speranze e sogni e trasformarle solo in bei ricordi. E per questo capita di fare anche pensieri egoisti: se non fosse stato per colpa di questo, ora sarei qua, o sarei cosi...

Non era facile per una ragazzina, non lo sarebbe stato neanche per un adulto, ma quando ti trovi di fronte a una difficoltà grave, cresci e comprendi il mondo prima degli altri. Capisci che non tutto è rosa e fiori e che puoi scivolare a terra e farti molto male, ma con la forza e il sostegno di chi ti sta accanto puoi rialzarti e proseguire, a piccoli passi ma si può fare.

Ed era quello che dovetti fare. Rinunciare a qualcosa per il bene della mia famiglia che era economicamente a pezzi e aiutarla.

Ora la situazione era migliorata, non rischiavamo più di perdere tutto ma si viaggiava tra alti e bassi. Diverse volte avevo pensato di iniziare un lavoro per riprendere a studiare musica ma ci sarebbe stato il problema di chi badava ai più piccoli, per cui dovetti abbandonarlo. E un po' quella cosa mi faceva soffrire.

«Makayla?»

Ero in garage e la voce di mia madre la sentii in lontananza.

«Si!»

Stavo cercando tra i vecchi scatoloni riposti in garage i miei trofei e le coccarde delle vittorie.

«Tesoro, cosa ci fai qui? Cosa stai cercando?»

Ero in piedi su una sedia e guardavo dentro le scatole riposte sugli scaffali.

«Cerco la scatola dei trofei.» risposi senza guardarla.

C'erano mille scatole qua. Dai vecchi giochi di Ethan e Jamie alle biciclette e monopattini riciclati che usavano i gemelli e le gemelle.

«Oh, e come mai?» mormorò, avvertii una nota di amarezza, «prova in quello nell'angolo in basso.»

La guardai per capire dove stesse indicando e poi scesi dalla sedia per raggiungerlo e tirarlo fuori.

«Makayla?»

«Mh...»

Mi sedetti a terra nonostante la polvere e lo misi tra le gambe. Era pesante e appena lo aprii trovai quello che cercavo.

«Come mai vuoi rivedere queste cose?» chiese con gentilezza ma anche perplessità.

Una volta che fu deciso del mio ritiro, per evitare di pensarci e rimanerci ancora male, decisi di prendere tutti i trofei in camera mia e chiuderli in una scatola.

Cuore non vede, cuore non duole. Giusto?

Alzai gli occhi e incrociai quelle gemme cristalline che tanto avevo invidiato nei miei fratelli, solo io, Dave e Gabriel avevamo ereditato il colore scuro di mio padre. Perchè? Cos'era questa esclusione?

«Stavo-» premetti le labbra e sospirai, non sapevo neanche io perchè fossi lì. Dopo aver lasciato la macchina di Hayden mi ero buttata sul letto e la mia mente aveva viaggiato nei ricordi facendomi riaprire quella cicatrice dolorosa che speravo di non ritoccare mai più.

Afferrai un vecchio trofeo, ripulii la targhetta di ottone con incise il nome della competizione e le scritte 'First Place'. All'interno di quello scatolone ci saranno state una decina di trofei e almeno una ventina di medaglie con quelle due parole. Quelle paroline che mi avevano sempre fatto sperare di poter diventare qualcuno nel mondo musicale.

«Ugh, perchè avete voluto fare cosi tanti figli...» sputai senza pensarci mentre fissavo una foto di me a undici anni con Rhonda mentre tenevo stretto una medaglia con un sorriso sdentato e gli occhi luminosi.

«Come prego? E si può sapere cosa stai facendo?»

«Niente, lascia stare...»

«No. Cosa significa quello che hai detto?»

Ora il suo tono era più alto e avendo il garage aperto chiunque fosse passato avrebbe sentito e visto.

Ma non mi importava. Dentro di me era scoppiata la scintilla della rabbia per la malinconia.

La guardai accigliata dal basso, era nella sua posizione di battaglia, sguardo severo e braccia conserte, «significa quello che ho detto. Avete deciso di mettere su questa grande famiglia ma poi le cose devono ricadere su di noi.»

«Siamo una famiglia, Makayla. E i problemi si affrontano insieme, ecco perchè ricade su di voi.»

«Si una famiglia che fate fatica a mantenere. Ed è questo che ricade su di noi. Che è ricaduto su di me. Siete stati egoisti a-» specificai senza importarmene del tono aggressivo o del fatto che ora avessi attirato anche l'attenzione dei miei fratelli che erano fuori dal garage.

«Egoisti? Parli del suonare? Per questo stai dicendo queste cattiverie?» sgranò gli occhi, con tono di offesa e indecenza per le mie parole.

Ributtai il trofeo dentro e mi alzai, ora ero anche a io a braccia conserte ed ero pronta a tutto pur di difendere le mie idee tenute sepolte in tutti quegli anni.

«Non sono cattiverie ma la mera verità. Ho dovuto abbandonare quello che più amavo fare perchè eravamo al lastrico e l'ho accettato, non potevo fare niente per non farlo,» gesticolai con nervoso e sentivo anche la vena del collo pulsare, «ma dopo, quando avrei potuto riprendere, trovarmi un lavoretto per pagarmi le lezioni, non potevo fare neanche quello perchè serve qualcuno che badi a loro!» indicai i miei fratelli e sorelle fuori dal garage.

«E secondo te per quale motivo siamo arrivati a quella situazione, eh?»

Mi accigliai perchè non capii il senso di quella domanda.

Con la coda dell'occhio vidi Dave provare a fare un passo, «mamma-»

«No, vuole parlare di questa situazione? Parliamone allora.» sbottò guardando lui e poi me.

Io ero immobile, le braccia incrociate e con gli occhi che bruciavano per colpa delle lacrime di frustrazione.

«Sai quanto ci costavano quelle lezioni? Tuo padre dovette fare ogni giorno degli straordinari per poterle pagare. Stava fuori casa dodici ore per farti andare per quattro volte a settimana in quella scuola!» anche il suo viso era rosso e gli occhi erano velati di una patina lucida mentre mi puntava il dito contro e urlava, «e poi sono arrivate le gare. E secondo te non dovevamo pagare chi ti portava? Ogni settimana dovevi essere in qualche città. E i biglietti dei voli? Chi li pagava secondo te? Abbiamo fatto di tutto pur di aiutarti e vederti felice, Makayla. Abbiamo messo te sopra a chiunque di loro-» indicò i miei fratelli ma non ebbi il coraggio di guardarli, non mentre cercavo di non singhiozzare, «sei stata un costo immenso per noi ma l'abbiamo fatto lo stesso, fino a quando non siamo più riusciti a starti dietro. E si, perdere il lavoro è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Ma quel vaso si è riempito perchè abbiamo speso ogni centesimo per te. E tu ora vieni a rinfacciarmi questo? Badare ai tuoi fratelli è il minimo per tutto quello che abbiamo fatto per te!»

Il suo petto si alzava e abbassava ferocemente, mentre vidi nei suoi occhi la delusione che le stavo dando e la repulsione nel guardarmi.

«Per quella tua ultima competizione abbiamo dovuto usare parte dei soldi che erano per il college di Dave. Perchè anche lui aveva degli obiettivi, ma li ha sacrificati per il tuo. Come tutti noi.»

Quello fu il colpo finale che se non fosse stato per l'appoggio alle mie spalle sul quale ero contro, sarei finita a terra come un soldato colpito dritto al cuore mentre si teneva il petto coperto di sangue.

«Non voglio più sentire una parola su questa questione. Mi hai davvero deluso, Makayla. Tra tutti non avrei mai pensato di sentirmi dire di essere stata egoista da te. Abbiamo fatto di tutto pur di regalarti un minimo di felicità.» le si spezzò la voce alla fine e si nascoste la bocca con la mano per evitare di piangere davanti a me e poi mi diede le spalle allontanandosi e portando via i miei fratelli.

Rimasi a fissarli e come immaginavo non tutti andarono via.

Sentivo quel nodo alla gola ingigantirsi ogni secondo che passava e faceva sempre più male. Abbassai lo sguardo e delle gocce sfuggirono al mio controllo cadendo sul cemento del garage. Guardai la scatola con i trofei e mi chiesi quanto valessero.

Poco dopo due paia di scarpe si fermarono davanti alla scatola.

«Voglio stare sola.» gracchiai con voce rauca e la voglia di piangere.

Non riuscivo più a trattenermi.

«E io voglio una Ferrari.» rispose Dave mentre si inginocchiava e afferrava un trofeo.

Era quello della Junior Music International Competition, la gara in cui avevo battuto Hayden.

Tirai su con il naso e alzai lo sguardo fissando la parete opposta mentre le parole di mia madre mi risuonarono potenti nella mente.

Era stata colpa mia. Avevano addirittura dovuto usare i risparmi per Dave per accontentarmi e io avevo rinfacciato quelle cose come una ragazzina viziata.

«Vederti tornare a casa con questo premio è stata una delle soddisfazioni che da fratello maggiore abbia mai provato.»

Non lo guardai quando si tirò su con quello in mano. Fissai un punto fuori dal garage lontano dai suoi occhi e strinsi denti sentendo le lacrime calde e rammaricate scorrere lungo il viso.

«Siamo una famiglia e ci sosteniamo a vicenda. Non saremo perfetti ma quale famiglia lo è? La cosa importante è restare uniti, sempre, di fronte a tutto.»

Mi morsi la lingua e deglutii a fatica, «l-lo so...» singhiozzai e poi tossii odiando che mi vedesse in quel modo.

Lo sapevo quello. Per questo mi odiavo ancora di più per quanto detto a mia madre. Ma c'era quella vocina che mi ripeteva di avere ragione.

«Ma non è giusto.» continuai, guardando tra le lacrime la strada e sentendo la parte buona lottare con i pensieri di quella egoista.

«Non è giusto?» ripetè con stupore.

Lo guardai con un cipiglio e scossi la testa, «no. Non è giusto rinfacciare a me tutto questo, non è giusto che io mi debba sentire in colpa per le loro scelte. Potevano evitare di iscrivermi, potevano farlo finire quando stava diventando ingestibile la situazione, pote-»

«Si, si potevano fare tante cose, Makayla. Ma hanno scelto di darti ciò che desideravi perché vedevano quanto fossi felice nonostante loro stavano cadendo, tutti noi. Cosa non sarebbe giusto?»

«Questo!» sbottai tra le lacrime, «non l'ho chiesto, cazzo! Non ho chiesto di essere brava in un qualcosa di cosi costoso! Non ho chiesto di andare avanti a fare le lezioni, mai! E non ho chiesto di usare i tuoi soldi-»

«Quella è stata una mia decisione non-»

«Esatto. È stata tua ma ricade la colpa su di me. Io ero all'oscuro di tutte queste scelte. Io non ho mai pregato o fatto i capricci per fare quelle lezioni. Ero felice sì, ma lo ero perché ci avevo costruito un sogno che mi è stato strappato via quando abbiamo toccato il fondo.

Il problema è che il fondo lo si stava già sfiorando ma hanno deciso di provarci lo stesso quando potevano evitare di farmi sperare in un futuro che non avrei mai avuto!»

«Dovresti apprezzare quello che hanno fatto per te e invece ora li incolpi perché ti hanno resa felice per una parte della tua infanzia?» ribattè con rabbia e perplessità.

Mi passai il dorso sulla guancia e ridacchiai amaramente, «n-non li incolpo-»

«A me sembra di si.» disse con sguardo duro, «non so cosa ti sia successo oggi per saltare fuori con queste cazzate ma vedi di tornare in te e scendere dal piedistallo.»

Ringhiai a labbra strette e indurì lo sguardo come il suo, «non sono su nessun piedistallo ma non è giusto ritorcere tutto contro di me per decisioni che hanno preso loro per me

«Esatto, cazzo!» spalancò le braccia, «hanno fatto tutto per te. Cos'è che non capisci? Avresti voluto che non ci provassero neanche perchè poi ti hanno dovuto togliere il giocattolino preferito tra le mani?» chiese con scherno.

Quel suo tono mi fece irritare maggiormente.

«Si, Dave. Avrei preferito la verità fin dall'inizio piuttosto che farmi sperare in un qualcosa che sapevano non avrebbe mai avuto futuro. Perché quel giocattolino, era il mio futuro.» sputai con nervoso indicandomi il petto e dopo aver dato un calcio alla scatola dei trofei e avermi liberato il passaggio me ne andai.

«Si chiede perdono alla principessa per aver provato a fare i genitori!» disse con tono alto mentre camminavo lungo il vialetto.

«Vaffanculo!»

Mi allontanai da casa. Senza meta. Camminai e basta. Con rabbia e le lacrime a farmi compagnia.

S/A.

Hola👽

Non so se preferite i capitoli di questa lunghezza o più corti, se avete preferenze fatemelo sapere nei commenti ❤

Be', qua la storia inizia a prendere una piega interessante... almeno la proposta di Hayden lo è di sicuro☻️

Lasciate un stellina e un commento, mi farebbe molto piacere leggere le vostre opinioni ❤👽

A presto, Xx

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