(Revisione) Assassin Night (C...

By Giusychiacchio

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Kate Brown, un'ereditiera, cresce con il suo maggiordomo Gregor, a quattro anni, dopo la morte dei suoi genit... More

PRESENTAZIONE
1. Kate
2. La Presentazione
4. Tutti contro Kate!
5. L'insegnante
6. La rottura
7. Giornata tra fratelli
8. Vista sotto la doccia
9. Vecchi ricordi
10. L'anniversario
11. L'attrazione fisica
12. L'appuntamento
13. Immagine Rubata
14. Il fratellino
15. Noi Tre Insieme
16. Tra passione e amore
17. Il trauma cranico
18. Sesso Per Dimenticare
19. Le confessioni
20. "CARO DIARIO"
CHAPTER 21
CHAPTER 22
CHAPTER 23
CHAPTER 24
CHAPTER 25
CHAPTER 26
CHAPTER 27
CHAPTER 28
CHAPTER 29
CHAPTER 30
CHAPTER 31
CHAPTER 32
CHAPTER 33.1
CHAPTER 33.2
CHAPTER 34.1
CHAPTER 34.2
CHAPTER 35
CHAPTER 35.2
CHAPTER 36
CHAPTER 37
Capitolo 38
SEQUEL

3. L'inferno

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By Giusychiacchio


CAPITOLO 3


L'inferno


Appostata dietro un cespuglio, respirava quasi a fatica, manteneva la calma nonostante tutto, controllava il respiro per tenere le mani e il corpo fermo, ora si che poteva procedere, portò il mirino all'occhio e smise brevemente di respirare per restare immobile.
Finalmente era pronta, con il dito fece pressione tenendo sotto tiro il soggetto, schiacciò più volte il pulsante e quando si rese contro di aver intrappolato la sua immagine nella fotocamera poté finalmente respirare.
La sua vita stava riprendendo il ritmo di prima e questa la faceva sentire viva, non avrebbe più avuto gli occhi di Gregor che la fissavano in quel modo, si sentiva al dir poco inutile, aveva deluso il suo maggiordomo anche se non lo diceva esplicitamente. Abbassò il capo sulla schermata della fotocamera riguardando le foto del sindaco William Hood e la sua amante di vent'anni più piccola, le bastava solo intrufolarsi nella sua auto e contrattare. Prima con il sindaco e alla fine avrebbe venduto le foto a sua moglie, soldi facili e veloci. Si sollevò di poco per poter guardare cosa stesse accadendo, ma l'unica cosa che riuscì a vedere furono dei piedi. Vide prima scarpe bianche sportive, sollevò a poco a poco la testa passando lo sguardo lungo tutto i suoi pantaloni di jeans, la persona davanti a lei si chinò facendole vedere perfettamente la sua felpa nera semplice che copriva la pelle dal sole.

<<Cosa stai facendo?>>. Per un secondo la sua mente si spense o meglio cercò di formare il piano da capo, l'auto partì a gran velocità portando nel panico la ragazza. Kate afferrò il ragazzo per la maglia per poterlo far abbassare rapidamente, cosa molto semplice che si tramutò in un vero e proprio disastro complicato. Noah si trattenne per non cadere, mentre Kate spingeva il suo corpo. Alla fine, lei ebbe la meglio. Il ragazzo si sollevò rapidamente gli avambracci tentando di sostenersi per non caderle totalmente addosso, chiuse gli occhi per il colpo brusco sfiorando il suo naso con quello della ragazza sotto di lui. <<Cazzo... stai bene?>>. Le chiese quasi dolorante, sperò con tutto il cuore di non essersi ferito o aver fatto male sua sorella, intanto il loro sguardo si incrociò quando Noah aprì gli occhi.

<<Noah>>. La sua voce divenne quasi fioca sotto di lui. Il ragazzo percorse i lineamenti del viso della piccola Kate sentendosi quasi ispirato dalla sua bellezza.

<<Si?>>. Le chiese permettendo ai loro respiri di sincronizzarsi.

Si guardarono negli occhi per pochi secondi, nonostante i loro sette anni di differenza, sembravano coetanei, Noah aveva un qualcosa, come tutti gli altri ragazzi, che li faceva sembrare molto più giovani, quasi immortali. Non percepì l'imbarazzo, si rese conto tardi di aver avuto un bel ragazzo proprio sopra di lei. Ormai per Kate erano come fratelli, non c'era malizia in quello che facevano, ma forse era troppo presto per dirlo, almeno per loro. Di colpo le venne in mente del suo obiettivo, stava scattando delle foto per il suo lavoro. Sollevò di poco la testa spostando i cespugli verdi per poi sospirare e schiacciare il capo sul terreno.

<<Merda!>>. Esclamò, aveva perso una grande opportunità <<Ora puoi toglierti...>>. Continuò fissando ancora i suoi occhi.

<<Oh, giusto>>. Si alzò lentamente pulendosi la felpa in diversi punti, completamente mortificato, guardò la ragazza e serrò le labbra. <<Kate, mi dispiace>>. Disse lui cercando di capire cosa le avesse fatto perdere.

<<Tu sei Noah, giusto? Mi odi anche tu?>>. Distolse lo sguardo afferrando la macchina fotografica, non riusciva a capire perché ci fosse tanto odio da parte dei ragazzi, avevano appena iniziato a conoscerla e lei oltre a mangiare in loro presenza, passava la maggior parte del tempo in camera sua a riguardare le foto da vendere, contrattare con la gente e pensare al prossimo incarico. Non avrebbe affatto dato fastidio.

<<No, affatto>>. Disse lui alzando la voce, era seriamente sincero, adorava la presenza di una ragazza in famiglia, a differenza di alcuni dei suoi fratelli.

Kate prese la fotocamera sul terreno e la pulì con delicatezza passando le dita su ogni punto più chiaro, tolse lo sporco anche sul suo giubbotto di pelle poi guardò Noah con la sua solita espressione fredda.

<<Perché sei qui se non vuoi rovinarmi la giornata?>>.

<<Sarò sincero con te, mi hanno chiesto di seguirti>>. La guardò ancora una volta mortificato, cercò di nasconderlo nonostante lo fosse davvero, anche se guardando la situazione forse aveva capito perché i suoi genitori si preoccupassero tanto per lei, e stava iniziando a farlo anche lui.

<<Lo sospettavo>>. Sospirò ancora guardando intorno, fortunatamente nessuno li aveva visti e Kate si concentrò su Noah.

<<Non dovresti scattare foto in questo modo>>.

<<Perché mai?>>. Chiese scherzosamente Kate, in fondo non voleva una vera e propria risposta, ma Noah lo fece comunque facendole male il cuore, proprio quello che aveva deciso di spegnere.

<<Potrebbero denunciarti>>.

Kate distolse lo sguardo tornando la gelida ragazza che era prima. Noah se ne rese conto proprio dal suo silenzio, smise di parlare camminando in avanti, lo lasciò quasi da solo per poter andar via prima possibile, l'ultimo ragazzo che aveva detto una cosa simile, proprio mentre scattava delle foto e faceva il suo lavoro, le aveva rubato il cuore. Decise di prenderla in modo serio, scherzarci su avrebbe risvegliato in lei delle cose che le facevano male.

<<Lo farebbero se riuscissero a beccarmi>>.

<<Sei sempre così?>>. Kate girò il viso verso il ragazzo. <<Insomma... fredda>>.

<<Non sempre, so essere bollente quando voglio>>. Quelle parole misero in difficoltà Noah, il ragazzo capì perfettamente il doppio senso. Passò una mano tra i capelli distogliendo lo sguardo visibilmente in imbarazzo. <<Scherzo, vedi? Posso essere anche divertente>>. Detto in quel modo serio, con quella espressione fredda, fece gelare Noah. Seguì Kate osservando la macchina fotografica che stringeva tra le mani.

<<Fotografi altro? Oltre alle persone?>>.

<<Certo, dalle ricerche fatte so che sei un fotografo>>.

<<Amo l'arte in generale>>.

<<Cosa fotografi di solito?>>. Chiese curiosa, era un modo perfetto per conoscere meglio uno dei ragazzi con cui avrebbe trascorso quei giorni, o forse mesi, non ne era sicura. Noah affiancò Kate pensandoci su, cosa stupida, lo faceva per lavoro, quindi che motivo aveva di pensare?

<<Non c'è qualcosa di specifico, fotografo ciò che è bello, qualsiasi cosa mi faccia provare almeno del piacere so di doverlo catturare nell'obiettivo>>.

<<Sei profondo, Noah>>. Il ragazzo girò il viso verso la piccola Kate osservando con quanta schiettezza gli parlasse. <<Dico davvero>>. Continuò <<degno di un artista maledetto e tormentato>>. Rimase sbalordito dalle parole di quella piccola ragazzina, a quel punto Noah si chiese qualcosa di importante.

<<Kate>>. Parlò senza rendersene conto. Lei sollevò la testa mostrando uno dei suoi sguardi più freddi. Ad occhi stretti contornati da un nero sottile delle sue ciglia lunghe, dal castano che brillava grazie alla luce, fece quasi ammutolire il ragazzo che aveva di fianco. <<Tu... ecco... quanti anni hai?>>.

Kate accennò un sorriso portando l'attenzione alla casa stavolta, erano arrivati a destinazione, Noah aveva portato a casa sana e salva la piccola sorellina, proprio come gli avevano chiesto i suoi genitori. Nonostante l'avesse vista scattare foto illegalmente, non aveva ancora capito dove fosse la pericolosità di cui i suoi parlavano riguardante il lavoro di Kate.

<<Sicuro di volerlo sapere?>>. Chiese lei fissando la struttura davanti a sé con riluttanza, preferiva restare fuori, all'aria aperta, piuttosto che entrare in quella casa e sentire ancora un'altra parola dei ragazzi che la odiavano.

<<Certo, ci sono così tante domande che vorrei farti, Kate. I nostri genitori ci hanno dato così poche informazioni su di te che una volta vista in casa non sembravi... tu>>.

<<Cos'hanno detto di me?>>.

<<Rispondi alla mia domanda e io risponderò alla tua>>. Kate strinse le labbra trattenendo quel mezzo sorriso che voleva esploderle in viso. Serrò i piedi sul cemento voltandosi finalmente verso di lui, ora aveva una visuale su quel ragazzo che stava parlando con lei da vari minuti, decisamente uno dei pochi.

<<D'accordo, furbetto>>. Definizione non adatta di Noah, non lo era affatto, ma stavolta, in presenza di quella ragazza, troppo donna anche per lui, si sentì decisamente più intrepido del solito. <<Ho diciassette anni>>.

<<Diciassette?>>. Richiese per poi distogliere lo sguardo e pensarci su.

<<Mi credevi più grande?>>.

<<Mi aspettavo una ragazzina, ma tu non lo sei, non visibilmente. Sembri una donna ben fatta>>. Kate si limitò ad accennare un sorriso, non era una novità per lei ascoltare quelle parole. Noah ritornò in sé rivolgendo ancora lo sguardo alla giovane ragazzina. <<Giusto, ora dovrò essere io a rispondere. Ci hanno semplicemente annunciato di voler potare in casa una ragazza, figlia di loro vecchi amici>>.

<<E ovviamente tutti siete impazziti dalla gioia>>. Il tono sarcastico misto a ciò a cui aveva assistito, lo fece ridere a crepapelle. <<Dico davvero>>.

<<Scusa, non conosco la loro reazione, non eravamo insieme in quel momento, ma sappi che Daniel è felice come non mai, io sono certo che diventeremo grandi amici, ti piace la fotografia, questo mi darà modo di confrontarmi con te. Aaron e Jack sono stra felici di averti in casa, per non parlare di Jason>>.

<<Cinque su otto, non male>>.

<<Già, Luke, Ethan e Julian sono persone molto riservate, preferiscono il loro spazio personale, la privacy ad una rimpatriata tra fratelli, anche se non sempre sono su questa idea, devi saperli prendere>>.

<<Sembrano sulla stessa frequenza>>. La guardò cercando di capire le sue parole. <<Insomma, la pensano allo stesso modo>>.

<<Oh, loro... preferiscono stare insieme, si scambiano pensieri, idee, si raccontano persino delle notti folle trascorse in compagnia>>.

<<Capisco, non sono molto pratica, non ho fratelli o sorelle>>.

<<Qualcuno con cui parlare?>>. Serrò le labbra ammutolendosi, quell'argomento le faceva ancora male dopo mesi.

<<Avevo una persona importante con cui parlare, ma ora non c'è più>>.

<<Kate, deve essere orribile perdere i propri genitori...>>. La voce, insieme allo sguardo, fece intendere a Kate che fosse davvero dispiaciuto. La ragazza si voltò sollevando le spalle pronta ad entrare. Noah sollevò una mano portandola sulla spalla della ragazza, quel contatto umano la fece rabbrividire, c'erano diverse persone che la toccavano, anche in modo peggiore, soprattutto nel suo lavoro. Lei voleva credere che lui l'avesse fatto solo per poterla rincuorare e non per altro. Kate fissò la mano del ragazzo pronunciando le ultime parole.

<<Non parlo di loro>>. Sollevò di poco lo sguardo, giusto per riuscire a vedere le tende spostarsi dalla finestra della cucina, intravide degli occhi verdi che la fissavano da lontano, quei capelli ricci e scuri gli finivano sul viso. Anche da quella distanza Kate riuscì a vedere quanto fosse bello. Persino Noah si rese conto dell'insistenza di Ethan nell'osservare i due che si parlavano da soli sul vialetto. La cosa passò in osservata, per quanto strana potesse essere, perché mai, uno dei ragazzi che non si era presentato quel giorno, lo stesso che la odiava senza conoscerla, la stava osservando in modo strano, con una certa attenzione.

<<Kate, ora... come ti comporterai con loro?>>. Chiese Noah riferendosi ai suoi genitori. Lei sollevò le spalle.

<<Io so che vogliono che stia bene, vogliono occuparsi di me e tentano in tutti i modi di farmi diventare una di famiglia...>>. Stava pensando ad alta voce, ma era felice di farlo, almeno ne avrebbe parlato con qualcuno.

<<Ma?>>.

<<Niente ma, Noah. Devo solo essere riconoscente e non farli preoccupare>>. Diede una risposta matura per una ragazzina di diciassette anni, pensò Noah fissandola.

Entrò in casa facendo svanire tutte le poche emozioni che aveva provato per quel breve periodo di tempo dimenticandosi di quella strana presenza alla finestra. Aprì la porta ritrovandosi Emma e Mark davanti, con un'espressione preoccupata sul volto. Non erano come Gregor, lui sapeva che sarebbe tornata, ma ora era come vivere con dei genitori, forse era così che si sentiva una ragazza con la costante presenza di due adulti nella propria vita.

<<Kate, com'è andata?>>. Chiese Emma stringendo la mano di suo marito. La piccola Kate sollevò le spalle subito dopo e strinse le labbra portando in evidenza la macchina fotografica sollevandola di poco.

<<Bene, il mio lavoro per oggi è terminato>>. Girò di poco lo sguardo verso la cucina per vedere il ragazzo che la stava fissando poco prima, fu così sfacciato da avvicinarsi alla porta in legno poggiandosi con il lato sinistro del corpo, portò le braccia al petto e le strinse osservando tutta la figura snella di Kate. La ragazza si allontanò dai due salendo pochi gradini, nonostante avesse incrociato lo sguardo gelido di uno dei suoi fratelli, non aveva alcuna intenzione di fasciarsi la testa in quel modo riflettendo su una cosa simile. Noah fu il solo a pensare che Ethan probabilmente stava architettando qualcosa, forse voleva farle del male o era per scherzo. Non avrebbe permesso a suo fratello di ferirla. <<Resterò per un po' da sola>>. Disse prima di salire le scale e lasciarsi andare in camera sua, completamente illuminata dalla luce del sole, non vedeva l'ora di chiudersi dentro e fare ciò che più le riusciva meglio. Il suo lavoro era sacro. Si sedette a letto osservando attentamente tutte le foto che aveva scattato, belle e brutte, quelle più evidenti e meno. Probabilmente andò troppo indietro con il rullino, c'erano immagini diverse dal solito. Kate portò le dita sullo schermo socchiudendo le labbra, se fosse entrato qualcuno avrebbe visto sul viso di quella ragazzina un'espressione nuova, diversa. Guardò attentamente quel ragazzo accanto a lei che sorrideva in una foto che non ricordava neanche. Se solo avesse potuto vivere quegli attimi ancora e ancora, immergersi nelle immagini vecchie che le facevano male.

<<Bang! sei morta>>. Sollevò la testa stupita notando Mark accanto alla porta della sua stanza, era spalancata, ma lei non aveva sentito nulla, avere finalmente altri problemi oltre al lavoro le stava giocando un brutto scherzo, stavano quasi annullando ciò che aveva imparato in tredici anni di vita. Mark sollevò la mano unendo l'indice e il medio indicavano proprio la testa di Kate, sollevò poco dopo il pollice e sorride da lontano. <<Mai distrarsi, è la prima regola>>.

<<Hai ragione, ora sarei morta e uno di voi avrebbe dovuto togliere il mio corpo dal letto, per non parlare del sangue dalle pareti>>. Mark rise entrando del tutto in camera, era davvero molto silenzioso, il mestiere che faceva lo aveva reso tale.

<<Cosa fai?>>. Le chiese avvicinandosi a lei. Kate sollevò la fotocamera mostrando le foto, ovviamente quelle del suo lavoro. Mark prese tra le mani la macchina fotografica dando un'occhiata veloce, fece scorrere le immagini davanti agli occhi e sul suo viso apparve una smorfia prima di consegnargliela. <<Magari per un po' potresti smettere>>.

La ragazza sospirò scuotendo la testa per poi dire: <<questo è un gran colpo, e poi non posso fermarmi ora... lo sai>>.

<<I ragazzi impareranno molto da te>>.

Si avvicinò alla porta facendole capire che avrebbe dovuto fermarsi solo per insegnare ciò che aveva appreso in tutti quegli anni, sarebbe stata dura, ma se avesse reso felice i suoi "genitori" allora ci avrebbe provato con tutta se stessa.

<<Mark, dimmi solo perché ora>>.

Lui si fermò poggiando una mano sullo stupito della porta e senza girarsi disse: <<è presto per parlarne, ma sappi che ci servirà tutto l'aiuto necessario, soprattutto a te, Kate>>.

Andò via lasciando la porta aperta, lei si sdraiò sul letto guardando il soffitto bianco, poggiò un braccio sulla fronte proteggendo gli occhi dalla luce della lampadina, ora sapeva perché si trovava lì, Mark voleva che i suoi figli imparassero tutto ciò che lei sapeva, ma perché aiutare anche Kate nelle missioni? Lei ci era cresciuta, sapeva cavarsela da sola e pensare che dei ragazzini come loro, che non sapevano neanche come colpire una mosca, potessero proteggerla era ridicolo. Chiuse brevemente gli occhi e quando li riaprì Jason era fermo accanto al suo letto e la scuoteva al quanto preoccupato.

<<Credevo fossi morta!>>.

<<Stavo riposando>>. Il sole illuminava la sua stanza, non sembrava avesse dormito molto, si sollevò prendendo il suo cellulare e dando una rapida occhiata. Aveva dormito un giorno intero e le era servito per pensare. Jason poggiò una mano sulla spalla di Kate e disse: 

<<Hai dormito tanto, e cavolo, non ti muovevi affatto, urlare è stato quasi inutile, per non parlare del tuo respiro>>.

<<Leggero, quasi inesistente. Sono stati i miei ad insegnarmelo>>. Jason la guardò in modo strano, chi genitori insegna alla propria figlia a fingersi morta mentre dorme? <<Avverti gli altri che ci sarà una riunione tra dieci minuti>>.

<<Io... non credo che ci saranno tutti>>. Disse Jason mortificato, lo erano quasi tutti i fratelli Lewis quando parlavano con Kate, per un motivo o l'altro.

<<Convincerò io gli altri>>. Jason uscì dalla stanza conoscendo già la risposta dei fratelli, mentre Kate tolse gli abiti mettendo qualcosa di più comodo: un paio di pantaloncini aderenti e un top abbastanza coprente. Chiuse i capelli in due treccine sui lati e fu pronta in un attimo. Avrebbe accontentato Emma e Mark, si sarebbe fatta conoscere dai suoi fratelli e sarebbero stati uniti, proprio come volevano loro, ma era anche ciò che desiderava Kate?
Si specchiò sistemandosi per bene e chiuse gli occhi prendendo un grande respiro. Doveva mostrare a persone che non la volevano lì di che pasta era fatta, forse era proprio quello che doveva fare per riprendere tutta la sua vita nelle proprie mani, si sarebbe lasciata indietro il passato iniziando a lavorare nuovamente dopo ciò che era accaduto. Tutto quello che in quegli anni aveva imparato da Gregor, era pronta ad insegnarlo ai ragazzi. Si voltò avvicinandosi a passo lento verso la scrivania, afferrò il cellulare e chiamò, dopo giorni, il suo maggiordomo. Attese brevemente lasciandosi prendere dalla pressione e l'emozione. Era come un nonno per lei e avere la sua opinione era importante.

<<Kate>>.

Sembrava al quanto tranquillo, ma era soltanto la sua solita voce, non voleva che Gregor si dimenticasse di lei. Con una semplice parola secca ammutolì il suo maggiordomo e sé stessa.

<<Stai bene? Come ti trattano lì?>>. Continuò lui attendendo una sua risposta.

<<Non posso lamentarmi...>>.

<<Questo non è un bene>>. Parlò l'uomo dall'altra parte del telefono. Kate accennò un lieve sorriso guardandosi intorno, stava solo cercando qualcosa di interessante, anche se la sua stessa stanza era davvero diversa da quella che aveva a casa sua. Questa era piena di colori, diversa, mentre quella che aveva a New York aveva colori neutri, niente poster, oggetti appariscenti come piacevano alla mamma, un letto matrimoniale, una tv che non accendeva quasi mai per tutti gli impegni che aveva e una scrivania che usava ben poco. Ovviamente anche un bagno, per non parlare della cabina armadio veramente grande. Usava ben poco la sua stanza, non c'era quasi mai e ciò significava che non aveva nulla di suo che ricordasse al mondo esterno che quella era la sua camera da letto, neanche l'armadio stesso, nessuno sapeva realmente quali fossero i gusti di Kate, cosa avrebbe indossato in un giorno qualunque, era sempre costretta ad indossare abiti che non davano nell'occhio, il suo abbigliamento cambiava quando si trattava di qualche festa, Gregor le diceva di indossare cose vistose, scollate e ben visibili, soprattutto durante le missioni di notte.

Ripensò alla stanza e a ciò che aveva al proprio interno, quello che le mancava era il un vecchio vaso di sua madre comperato all'asta per ben 100.000 dollari, probabilmente la cosa meno costosa che avesse in casa, ma le ricordava indirettamente Evelin, il suo modo di essere e la sua eleganza, quindi lo teneva ben stretto e custodito in camera sua. 

<<Va tutto bene, Gregor. Ci sentiamo domani>>.

Riattaccò senza aspettare alcuna risposta, non voleva che si preoccupasse troppo, nonostante sembrasse tanto freddo e insensibile era in realtà un nonno per lei. Kate uscì dalla stanza afferrando la sua fotocamera, scese le scale che in quel momento sembravano interminabili, si perse tra i suoi pensieri, ma quando arrivò all'ultimo gradino sentì le voci dei ragazzi lamentarsi nella stanza accanto. Emma e Mark cercarono in tutti i modi di calmarli senza alcun successo.
C'erano davvero tutti e le loro voci si placarono quando lei entrò nella stanza. Li fissò uno ad uno e quando si avvicino ai loro genitori mostrò la macchina fotografica decisa.

<<Ok ragazzi, ora voglio che ascoltate molto attentamente Kate>>.

Mark parlò chiaro ma non furono felici, non tutti almeno.  

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