(Revisione) Assassin Night (C...

By Giusychiacchio

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Kate Brown, un'ereditiera, cresce con il suo maggiordomo Gregor, a quattro anni, dopo la morte dei suoi genit... More

PRESENTAZIONE
2. La Presentazione
3. L'inferno
4. Tutti contro Kate!
5. L'insegnante
6. La rottura
7. Giornata tra fratelli
8. Vista sotto la doccia
9. Vecchi ricordi
10. L'anniversario
11. L'attrazione fisica
12. L'appuntamento
13. Immagine Rubata
14. Il fratellino
15. Noi Tre Insieme
16. Tra passione e amore
17. Il trauma cranico
18. Sesso Per Dimenticare
19. Le confessioni
20. "CARO DIARIO"
CHAPTER 21
CHAPTER 22
CHAPTER 23
CHAPTER 24
CHAPTER 25
CHAPTER 26
CHAPTER 27
CHAPTER 28
CHAPTER 29
CHAPTER 30
CHAPTER 31
CHAPTER 32
CHAPTER 33.1
CHAPTER 33.2
CHAPTER 34.1
CHAPTER 34.2
CHAPTER 35
CHAPTER 35.2
CHAPTER 36
CHAPTER 37
Capitolo 38
SEQUEL

1. Kate

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By Giusychiacchio


CAPITOLO 1


KATE

POV KATE

<<Ricordo quel giorno come se fosse ieri. Le strade erano ricoperte di bianco per i fiocchi di neve che scendevano lentamente dal cielo, il distacco tra la finestra e il camino era poco ed io ero seduta proprio lì al centro. Spostavo lo sguardo più volte verso le lastre di vetro pronta a saltare in piedi e abbracciare le due persone più importanti della mia vita, il fuoco riscaldava metà del mio corpo, anche se il mio corpo tremava come una fogliolina spintonata giù da un albero proprio dal vento di quell'inverno>>. Specificai ricostruendo la scena davanti ai miei occhi nocciola, qualcosa che era accaduto quando avevo solo quattro anni e lo ricordavo alla perfezione, come se fosse accaduto ieri, ad una ragazza di diciassette anni, proprio ciò che ero. Accennai un sorriso e continuai il discorso fissando quelle persone intorno a me, lo stavo raccontando ad una cerchia di sconosciuti, nonostante il tempo trascorso lì con loro. <<Forse per il freddo, forse l'eccitazione, non riuscivo più ad attendere, volevo vederli. Gregor>>. Venni interrotta dall'uomo seduto alla sedia difronte alla porta d'ingresso.

<<Kate, specifica per i nuovi arrivati>>. Mi limitai ad annuire.

<<Gregor è il mio maggiordomo, lui mi guardava attendendo alla porta tra il soggiorno e il corridoio, come tutte le sere, mi preparò la sua ottima cioccolata calda, come quella sera. In realtà me ne dava un po' di notte, i miei non volevano che assorbissi troppi zuccheri. Di nascosto dai miei genitori, Gregor me ne preparava una a tarda sera, quando mi fu portata quel giorno fui davvero sorpresa, probabilmente era già tardi. I miei erano molto severi, ma lui ci teneva a me, mi trattava come se fossi sua nipote>>. Abbassai lo sguardo sulle dita facendole giocherellare tra loro in attesa forse di essere fermata, anche se dai loro sguardi capii di dover proseguire, ormai erano incuriositi. <<Passo dopo passo si avvicinò a me e mi prese la mano sollevandomi dal tappeto bianco di peluche, un grande batuffolo rotondo che spesso mi faceva da letto quando i miei tornavano tardi dal... loro lavoro>>. Mi soffermai su quelle due parole facendo uscire un lieve sospiro dalle mie labbra, tramutato lentamente in sorriso meno evidente del solito. <<Mi condusse davanti all'albero di Natale ben decorato mostrandomi una delle decorazioni, l'angelo azzurro che mi avevano regalato proprio i miei, lo portò tra le mie mani e mi disse:

'Stringilo, piccola. Tienilo stretto e li sentirai vicini'. 

Lo feci, più e più volte ma quella sera non funzionò. Non sentì quella sensazione di sicurezza, quel solletico alla pancia che mi faceva sorridere di cuore, al contrario c'era silenzio e nient'altro.

FINE POV

Descrisse tutto nei minimi particolari fissando il muro che aveva davanti, tutti intorno la guardarono stupita dalla freddezza nel raccontare l'accaduto, sembrava davvero senza cuore, come se avesse ormai superato la morte dei suoi genitori, ma solo lei conosceva la realtà, era a conoscenza della sua condizione mentale, era l'unica che poteva descrivere come stesse in quel momento, anche la sola a ripetere sempre di stare bene per la presenza di una persona importante nella sua vita. Gregor era sempre rimasto con lei, nonostante gli anni passassero, non aveva mai abbandonato quella piccola donna. Kate sollevò la testa costudendo ancora una volta quel ricordo nella sua mente dopo averlo esposto a persone che neanche conosceva, lo richiuse dentro chiudendolo a chiave. Fissò i visi delle persone presenti intravedendo varie emozioni sul viso di tutti: la tristezza, la compassione e la paura erano le espressioni più evidenti che riusciva a vedere su molte persone, come quel giorno, in quel posto più caldo dell'esterno.

<<Kate, sei un nostro membro da molto tempo ormai. Perché proprio adesso?>>.

Il responsabile fece una domanda diretta alla piccola Kate, parlava spesso delle cose che la facevano stare poco bene, esponeva spesso i suoi pensieri riguardo alle persone sedute in cerchio, ma non aveva mai parlato della sua vita privata, non avrebbe neanche volendo, tutto ciò che era, che faceva parte di lei, doveva rimanere nascosto. La ragazza sollevò le spalle, e con la sua espressione, che non lasciava trasparire alcuna emozione, disse:

<<Se ci pensi è come... un dolce addio>>.

Aveva pienamente ragione, guarita del tutto, non avrebbe più avuto bisogno di alcun supporto, poteva ricominciare a vivere la sua vita. Felice come non mai, di poter finalmente riprendere a lavorare, si alzò da quella sedia insieme agli altri. Nonostante il tempo trascorso lì, non aveva davvero stretto delle amicizie, quelle erano solo persone che si incontravano tutti i giorni in un punto preciso, in una struttura che molti conoscevano come "il covo" scherzosamente nominato in quel modo dalle persone passate in precedenza e guarite. Kate uscì dalla struttura a passo lento, voleva godersi la sua libertà, fiera di essere riuscita a superare tutto.

<<Kate...>>. L'uomo alle sue spalle la seguì fino all'esterno per poter parlare con lei, tra le mani stringeva ancora la cartellina con i nomi dei diversi pazienti. <<Pensavo che sarebbe meglio se tu continuassi a venire>>.

<<Sto bene>>. Disse secca con tutta la sicurezza che aveva dentro, niente avrebbe reso quel giorno orribile.

<<Noto con gran sorpresa che è così, magari però tenerti qui qualche altro giorno e accertarmi che tu...>>. La ragazza non gli permise di continuare quella conversazione, almeno ci provò sollevando una mano per poter chiamare un taxi.

<<Carl, hai notato un miglioramento in me, no?>>.

<<Certo, è così...>>.

<<Allora sto bene>>.

<<Avresti bisogno anche di un supporto psicologico, Kate>>.

<<Vuoi che mi portino via?>>. Gli chiese fissando i suoi occhi scuri, quella sicurezza che mostrava spaventava anche l'uomo più grande del mondo.

<<Certo che no, ma è quello che accadrà se qualcuno dovesse dire alle persone che vivo da sola con il mio maggiordomo>>.

<<Capisci che sono preoccupato per te, hai solo diciassette anni e potresti ricaderci...>>.

Le strade affollate di New York rendevano difficile riuscire a trovare un taxi, soprattutto per la piccola Kate, nonostante il suo atteggiamento maturo da adulta metteva molte persone in difficoltà, era difficile per gli altri trovare un modo adatto di comportarsi con lei o di approcciare, anche se, gli uomini lo facevano e basta ignorando la sua giovane età. Kate fece un passo in avanti scendendo da quel marciapiede, mettendo fine alla vicinanza che c'era tra i due. Aprì la portiera del taxi giallo e girò lo sguardo ancora una volta verso l'uomo ben vestito, l'insolita passione di Kate, amava gli uomini vestiti in un certo modo, probabilmente tutta la sua vita era stata influenzata proprio da quello, viveva in una villa di due piani, grande e spaziosa, poteva avere tutto ciò che desiderava, compreso auto di lusso. Da bambina aveva spesso frequentato cene di beneficenze organizzate dalle persone più potente e ricche di New York, l'azienda di famiglia avrebbe fatto parte di Kate molto presto, attualmente se ne occupava il suo maggiordomo, semplicemente per la sua età.

<<Addio, Carl>>.

Fu l'ultima cosa che gli disse, prima di entrare in quel taxi che non faceva per niente parte di lei, per quell'ultimo giorno voleva solo rilassarsi e godersi la sua amata New York, fregandosene del fatto che avrebbe ripreso la vita spericolata di tutti i giorni. Probabilmente Carl aveva ragione, sapeva che dopo ciò che era accaduto con Jayde, Sebastian e Axel, lei avrebbe dovuto stare lì per almeno altri tre mesi. Ammirò la città facendo percorrere al conducente una strada decisamente più lunga rilassandosi, quel posto le ricordava tanto due persone importanti che avevano fatto parte della sua vita, che l'avevano messa al mondo e non solo. Non avrebbe mai e poi mai dimenticato il ragazzo che aveva fatto parte di lei per pochissimi mesi facendola innamorare di quel posto ancora di più, di se stessa e soprattutto, di averle fatto provare emozioni e sensazioni nuove, mai provate prima d'ora. Probabilmente era anche colpa di Sebastian se il sesso era parte di lei. Lo sguardo della piccola Kate finì sul cancello nero e altro della sua villa aperto, non lo era mai, neanche dopo la sua classica passeggiata.

<<Si fermi qui>>. Disse al conducente porgendogli una somma abbondante di denaro. Il taxi si fermò subito dopo ubbidendo alle sue parole. I sospetti in Kate crebbero quando sul vialetto intravide un'auto sconosciuta. Attese che la volante gialla andasse via prima di camminare verso la villa a passo lento. Portò una mano dietro la schiena sollevando la maglia di poco, tanto da riuscire ad afferrare qualcosa di pericoloso tra i pantaloni, precisamente sul retro. Sentì il rumore sottile della porta che si apriva lentamente, quella bianca che avrebbe condotto all'ingresso, non sembrava il modo di aprire di Gregor, nulla lo era, compreso le voci provenienti da casa sua. Fu molto più rapida della porta. Estrasse la pistola che aveva alla schiena puntandola subito contro la donna e l'uomo che varcarono l'ingresso poco dopo. Socchiuse gli occhi prendendo la mira, sarebbe stato semplice da quell'angolazione ucciderli entrambi con un colpo solo, ma la voce di Gregor la fermò.

<<Kate, mettila giù>>. La voce gelida di Gregor fece ubbidire immediatamente quella ragazza. Kate abbassò l'arma osservando la coppia che, insieme, esclamò un forte. 'È tornata'

Kate soffermò lo sguardo sui capelli castani della donna. Erano raccolti in una coda e solo poche ciocche le finivano sul viso solleticandole le guance. Dovette chiudere e riaprire gli occhi più volti per poter rendersi conto che non fosse sua madre ormai defunta, le somigliava tanto, aveva quasi lo stesso portamento, ma il colore dei suoi occhi era decisamente differente, fu proprio quello a farla tornare in sé. I suoi genitori non erano assolutamente in vita, e lei non poteva di certo essere sua madre. Spostò lo sguardo sull'uomo dietro di lei che la fissava quasi incredulo, come se avesse visto un fantasma, fu talmente convincente da farle credere di esserlo realmente. Diede una rapida occhiata al suo stesso corpo per poi fissarli ancora, di una cosa era certa, Kate non era assolutamente un fantasma.

Kate non poté evitare di chiedersi se fosse la donna che si sarebbe presa cura di lei, in ritardo, nonostante i suoi diciassette anni sperava ancora in una famiglia che avesse potuta salvarla, era uno dei suoi pensieri più bui e profondi, spingeva sempre in fondo i suoi sentimenti, poter avere una famiglia, una madre e un padre, vivere lontano da tutto e tutti, soprattutto da quella vita, era la cosa che più sperava. Ovviamente, come suo pensiero più oscuro, lo teneva dentro senza mai liberarlo, al tal punto da non sapere neanche lei di volerlo. Quel lavoro, quello stile di vita, era tutto per lei. Nata e cresciuta per fare lo stesso lavoro dei suoi genitori, costretta soprattutto da Gregor. Gli occhi di Kate studiarono attentamente quell'uomo dai capelli neri, li portava ben curati, come se si fosse preparato per poterla incontrare. La camicia azzurra gli stava a pennello, faceva quasi a cazzotti con gli occhi scuri, velati con un leggerissimo verde intorno all'iride, così sottile da dover prestare davvero tanta attenzione per poterlo notare. Non portava alcuna cravatta, probabilmente per il suo lavoro non avrebbe dovuto indossarla o forse aveva preso un giorno per poter andare da lei. Per un breve secondo, Kate si sentì davvero fortunata, ma poi tornò in sé, sulla terra ferma. Chi erano quelle persone? E cosa volevano da lei?

Girò il viso fissando la donna stavolta. Quell'abito corto e raffinato le stava talmente bene da sentire una strana connessione, come se sua madre non se ne fosse mai andata via. La donna dai capelli castani si voltò verso suo marito e, solo dai loro sguardi, notò quanto amore provassero l'uno per l'altro. Sollevò la mano poggiandola sul dorso di quella del suo uomo facendo brillare le loro fedi e, con una voce leggera, disse: è lei, Mark. Non ci credo.

<<Kate, vorrei presentarti delle persone>>. La ragazzina portò la pistola al suo posto attirando l'attenzione della coppia. Si avvicinarono a passo svelto, non avevano affatto paura di lei. <<Loro sono i signori Lewis>>. Kate sollevò di poco lo sguardo verso Gregor, aspettando un suo cenno, per poi fermare lo sguardo sui due e cambiare espressione. Sorrise, ovviamente fu finto, palesemente forzato. Sollevò la mano davanti a loro e parlò facendo ascoltare per la prima volta la sua voce.

<<Sono Kate Brown, piacere di conoscervi>>.

<<Tesoro, non...>>. Mark fu interrotto da sua moglie. Fece pochi passi in avanti giusto per mettere fine a quella distanza. Strinse la ragazza chiudendo gli occhi. Kate girò la testa verso Gregor lasciandosi abbracciare, non ricordava neanche l'ultima volta che aveva ricevuto un abbraccio così caloroso.

<<Ehm...>>. La voce di Kate fece allontanare la donna visibilmente emozionata. La ragazza intravide quasi le lacrime dentro i suoi occhi, stavano per uscire, nonostante la donna cercasse di trattenerle. Suo marito le poggiò una mano sulla spalla per darle supporto morale.

<<Mi dispiace essere così invadenti, vorremmo presentarci per bene per poterti spiegare un po' di cose>>. Disse limitando la conversazione. Kate osservò l'uomo che portò la mano verso la porta, avrebbero parlato tanto, lei avrebbe appreso la situazione e poi? Dove volevano arrivare? Cosa sarebbe successo alla ragazza? Kate fu la prima ad entrare in casa sua, da brava padrona di casa, li fece accomodare in soggiorno, su uno di quei comodi divani in tessuto.

<<Prego, accomodatevi>>. Allungò la mano verso il divano più lungo per far accomodare loro, mentre lei scelse la poltrona più vicina alla porta, probabilmente la sua mente le diceva di scappare. Prima di sedersi, tirò fuori la pistola dai pantaloni osservando la loro impassibile espressione, che in seguito divenne più che preoccupata. <<Gregor, potresti preparare una tazza di...>>. Fissò i due chinandosi in avanti. <<Cosa prendete?>>.

<<In realtà noi vorremmo solo parlarti>>. A parlare fu proprio l'uomo, la donna accanto a lui guardava in modo strano Kate, come se la ammirasse, e in un certo senso era così.

<<Gli ospiti in casa mia prendono sempre qualcosa. Gregor, prepara un po' di tè fresco e un paio di quei biscotti che hai preparato stamattina>>. Il maggiordomo si limitò ad annuire prima di entrare in cucina e lasciarli da soli. Kate tenne stretta l'arma con una mano accomodandosi per bene con la schiena contro lo schienale della poltrona, accavallò le gambe e rivolse uno sguardo agghiacciante ai due. <<Non abbiate timore, la tengo con me per ogni evenienza, probabilmente non mi darete modo di usarla>>.

<<Lo sappiamo, tesoro>>. La voce calma della donna mise in difficoltà ancora una volta la freddezza di Kate.

<<Credo che possiate iniziare a parlarmi di voi, non ho chiesto i vostri nomi>>.

<<Io sono Mark e lei è...>>.

<<Somigli tanto a tua madre>>. La donna si lasciò sfuggire un piccolo commento che mise tristezza ai presenti. Kate chiuse più volte gli occhi prima di sollevare il busto. <<Scusami...>>. Disse impacciata. <<Sono Emma>>.

<<Conoscevate i miei genitori?>>. Chiese la piccola molto più interessata alla conversazione.

<<Mi dispiace per ciò che è accaduto, Kate>>. Continuò la donna impaziente. <<Evelin e Benjamin non lo meritavano>>.

<<Capisco...>>. Continuò Kate. <<Non mi è chiara una cosa, siete venuti per parlarmi di loro due?>>. Si guardarono prima di procedere nel discorso.

<<Se non ti ferisce allora si, vorremmo che sapessi di più sul loro conto>>.

<<Gregor mi ha già detto tutto ciò che devo sapere; quindi, se volete qualcosa da me, sappiate che non avrete nulla>>. Gregor si avvicinò con il vassoio pieno pronto a poggiare il tutto sul tavolino, ma Kate lo fermò alzando una mano. <<Stavano andando via>>. Poggiò le mani sui braccioli gonfi spingendo il suo corpo in avanti per potersi finalmente alzare, quando, la voce dell'uomo, la fece sospirare.

<<Ma non ti ha parlato di noi>>. L'uomo dai capelli neri diede una rapida occhiata al maggiordomo chiedendo un piccolissimo aiuto.

<<Siedi, Kate, è importante>>. Gregor fu molto più convincente. Per quanto fosse un semplice maggiordomo, aveva cresciuto quella ragazza come una nipote. Kate si sentiva particolarmente in debito con lui, voleva sempre essere perfetta ai suoi occhi e lo rispettava in un modo che neanche i due consorti presenti capivano. La ragazzina schiacciò il corpo nella poltrona lasciando andare un altro sospiro, stavolta venne interpretato come un fastidio verso quell'ordine.

<<Grazie>>. Disse la donna con la dolcezza nella voce tale da far sciogliere anche Kate. <<Kate...>>. Continuò lei portando il busto in avanti per poter esserle più vicino. <<Conosciamo i tuoi genitori da anni, io avevo a malapena dodici anni quando studiavamo insieme>>. Ricordare quei momenti la fece sorridere di cuore, persino il suo aspetto cambiò, divenne addirittura più radiosa di prima. <<Conoscemmo i nostri mariti in una missione speciale, Benjamin si innamorò perdutamente di tua madre al primo sguardo, come dargli torto>>. Continuò lei abbassando la testa. <<Era bellissima, raggiante, con uno sguardo che uccideva, ti entrava dentro e capiva ogni tuo stato d'animo. La chiamavano "la donna dagli occhi di ghiaccio" non solo per il colore dei suoi occhi, ma anche per quello sguardo, Kate. Il tuo stesso sguardo>>. Disse l'ultima frase mostrando a Kate quanto dolore avesse dentro per aver perso la sua migliore amica. L'uomo accanto a lei le prese le mani tentando di consolarla ancora, mentre Gregor, poco distante da loro, distolse lo sguardo ricordando la madre di Kate. Quella donna tutto pepe che nessuno poteva dimenticare, aveva lasciato un qualcosa dopo la sua morte, che si era rotto. Tutti gli uomini la desideravano, tutte le donne volevano essere lei, nonostante il suo cuore freddo e lo sguardo di ghiaccio, Evelin sapeva conquistare chiunque le stava accanto. La piccola Kate aveva tanto di lei, Gregor, nonostante non lo dicesse mai, era fiero di com'era, di come l'avesse cresciuta, era pur sempre la sua bambina.

<<Devo dedurre che ci sia altro?>>. Chiese la piccola Kate accennando un piccolo sorriso, essere paragonata a sua madre la faceva sentire decisamente potente.

<<Devo tutto a tua madre, in una missione mi salvò la vita, è davvero un ricordo speciale per me. Le promisi che saremmo state amiche per sempre, avremmo cresciuto i nostri bambini insieme, nonostante avessero scelto di tardare la tua programmazione>>. Sorrise ricordando i suoi meravigliosi figli che presto avrebbe conosciuto Kate. <<Quel giorno non c'ero>>. Guardò suo marito malinconica. <<Non eravamo con loro. Abbiamo abbandonato lo spionaggio dopo la nascita dei nostri bambini, mentre Evelin e Benjamin vivevano per questo lavoro, avrebbero fatto di tutto pur di continuarlo>>.

<<Lo so... è per questo che continuerò ad onorare la loro memoria prendendo il loro posto>>. Preoccupati, i due si guardarono negli occhi, prima di rivolgersi alla ragazza.

<<Avremmo una richiesta da farti>>. Mark sorrise a sua moglie prima di guardare ancora Kate incuriosita, nonostante non lo facesse vedere. <<Sappiamo del tuo lavoro e, non ti chiederemo di smettere, ma vorremmo che tu venissi a vivere con noi>>.

<<Venire da voi?>>. Chiese cercando di non ridere. <<Che richiesta bizzarra. Perché?>>. Cercò lo sguardo del suo maggiordomo, che stranamente non disse nulla.

<<Avevamo promesso che se mai sarebbe accaduto qualcosa a noi due, o ai tuoi genitori, ci saremmo presi cura dei nostri figli>>. Rispose Emma sorridendole.

<<Volete farmi da genitori?>>.

<<Non proprio>>. Aggiunse Mark. <<Vedila più come... tuoi tutori, vecchi amici dei tuoi genitori, conoscenti che vorrebbero prendersi cura di te>>.

<<Sapete che ho diciassette anni e la licenza di uccidere, vero?>>.

<<Si>>. Disse Mark ridendo. <<Sappiamo molto su di te, ma non ci importa, vorremmo solo viverti un po'. Sarà come avere un pezzo di loro con noi ancora una volta>>. Le loro mani si stringevano per poter avere una risposta positiva, Kate se ne rese conto grazie al corso di Gregor sul comportamento del corpo. Diede una leggera occhiata all'uomo in piedi accanto a lei e sospirò.

<<Volete solo questo?>>. Chiese sospettosa, ma si fidava di Gregor e, visto che non azzardava una sola parola, si convinse da sola.

<<Certo, solo questo>>.

<<Vorrei dirvi che non smetterò di combattere, non mi tirerò indietro nelle missioni e continuerò con lo spionaggio>>.

<<Non ti fermeremo>>. Continuò la donna. Kate sì alzò e annuì.

<<E va bene... ditemi... dove si va?>>. Non riuscì a credere ai suoi occhi, i due si alzarono da quel divano come se avessero appena avuto un altro bambino.

<<Prendi l'occorrente, tutto ciò che ti serve insomma. Possiamo anche comperare ciò che vuoi una volta arrivati a Rochester>>.

<<Datemi solo due minuti>>. Annuirono in silenzio lasciando un po' di tempo alla piccola e il suo maggiordomo.

<<Ora saranno loro a prendersi cura di te...>>. Gregor si fece spazio tra loro raggiungendola, le poggiò le mani su entrambe le spalle e con rammarico la guardò negli occhi. Trattenne brevemente il respiro specchiandosi nello sguardo della giovane ragazza che aveva davanti a sé. Avevano un rapporto di amore e odio, qualcosa di strano, come se l'eccessivo sentimento che provavano l'uno verso l'altro portava ad un contrasto di emozioni. Gregor era severo con lei, quanto bastava, spesso eccessivamente, ma solo per evitare che potesse uccidersi. <<Ci sarò nonostante tutto>>.

<<So cavarmela anche da sola, ma terrò conto della tua presenza>>. Disse cercando di essere forte. Gregor la salutò con un sorriso. Come avrebbe fatto tutto solo senza la figlia acquisita?

<<Gregor, davvero, ancora grazie>>. Gregor si voltò verso Mark porgendogli la mano e stringendogliela amichevolmente. Anche se doveva lasciarla andare, si comportava sempre in modo elegante. La piccola Kate salì le scale con rammarico, fissò un'ultima volta le scale, il corrimano in legno, quei gradini alti per non parlare della sua meravigliosa stanza scelta per lei da sua madre. Raccolse poche cose mettendole in un borsone abbastanza largo, un paio di completini da sera, qualche maglia, dei pantaloni, circa tre costumi da bagno per ogni evenienza, due paia di scarpe diverse e molti completi sportivi per potersi allenare. Sospirò fissando per l'ultima volta la sua camera e scese rapidamente, come se fosse soltanto una stanza qualsiasi, Gregor le diceva sempre di non legarsi agli oggetti, soprattutto alle persone, per non soffrire. Diede un'ultima occhiata al suo maggiordomo per poi uscire e raggiungere l'auto. In silenzio, con la pistola nel pantalone e la testa iperattiva, ammirò la strada che stavano percorrendo.

Erano in auto da ormai 14 minuti circa, in pieno e assoluto silenzio. Nessuno azzardava una parola, avevano il terrore di sbagliare qualcosa, soprattutto con la piccola Kate, la guardavano attraverso lo specchietto per poi scambiarsi sguardi complici, l'uno spingeva l'altro a parlare, a dire almeno qualcosa in più su ciò che la attendeva una volta giunti a casa. Probabilmente se le avesse parlato Emma si sarebbe rotto rapidamente il ghiaccio, tra ragazze ci si capisce sempre, anche se, Kate non era affatto come le altre, questo mise in difficoltà Mark. Come si sarebbe dovuto comportare con lei? A casa aveva unicamente figli maschi, di cosa avrebbe potuto parlare con una ragazza di diciassette anni? In piena adolescenza. Navigava in un mare di incertezze e domande, non avrebbe potuto condividere una birra davanti ad una partita di football, pascare con Kate non sarebbe stato il massimo, ma forse sottovalutava la ragazza. Fu proprio lei a rompere il ghiaccio.

<<Quindi avete conosciuto i miei genitori, com'erano?>>.

Fu una domanda diretta ma a lei piaceva sentir parlare dei suoi genitori, la loro vita per lei era come leggere il libro più bello che avessero mai pubblicato. Così si avvicinò ai sedili anteriori mettendosi nel mezzo e ascoltando ogni singola parola, intanto i metri si accorciavano, così come i km, i minuti si allungavano diventando quasi ore.

Gli occhi di Kate brillavano e, incantata, si lasciò trasportare dalla voce di entrambi che ridevano ricordando i momenti trascorsi insieme ai genitori della piccola Kate.

<<E ricordi il picnic? Quella giornata mangiammo talmente tanto da stare male. Evelin era l'unica ad avere ancora tanta forza, ci scattò delle foto molto buffe. Oh e anche...>>.

Emma si fermò dando una rapida occhiata a suo marito Mark, gli fece segno di guardare Kate, la sua testa era appoggiata quasi sulla spalla della donna e sorrideva con gli occhi chiusi. Aveva una tale felicità sul viso, la dolcezza di una bambina nonostante non lo fosse più da anni ormai. Stavano parlando da ore, si erano lasciati trasportare dai ricordi.

<<Perché ti sei fermata?>>. Le chiese Kate aprendo un solo occhio, pensavano stesse dormendo, invece riusciva ad immaginare meglio la vita passata dei suoi genitori in quel modo. Le loro avventure insieme e la gioia che trasmettevano a chi gli stava intorno. <<Non sto dormendo, mi aiuta solo ad immaginare meglio. Sembra di essere lì insieme a voi>>. Sollevò la testa ringraziando con lo sguardo, i suoi occhi parlavano molto più della sua bocca. Divenne seria di colpo e riuscirono ad intravedere, oltre al suo lato dolce e allegro da bambina, anche il lato responsabile e maturo da donna che aveva ormai detto addio alla sua famiglia. Guardò ancora fuori cercanso un'altra conversazione, sapeva benissimo cosa chiedere. <<Mi allenerò anche qui?>>.

<<Perché ti sei fermata?>>. Le chiese Kate aprendo un solo occhio, pensavano stesse dormendo, invece riusciva ad immaginare meglio la vita passata dei suoi genitori in quel modo. Le loro avventure insieme e la gioia che trasmettevano a chi gli stava intorno. <<Non sto dormendo, mi aiuta solo ad immaginare meglio. Sembra di essere lì insieme a voi>>. Sollevò la testa ringraziando con lo sguardo, i suoi occhi parlavano molto più della sua bocca. Divenne seria di colpo e riuscirono ad intravedere, oltre al suo lato dolce e allegro da bambina, anche il lato responsabile e maturo da donna che aveva ormai detto addio alla sua famiglia. Guardò ancora fuori cercanso un'altra conversazione, sapeva benissimo cosa chiedere.

<<Kate, saresti disposta ad allenare delle persone?>>. Mark non fu molto chiaro, ma lei non si preoccupava di quello che avrebbe dovuto fare, era pronta a tutto, qualsiasi cosa, probabilmente anche ad allenare qualcuno, e poi cosa sarebbe accaduto dopo? Si avvicinò alla portiera ammirando il paesaggio che la circondava attraverso il finestrino socchiuso, sorrise ancora una volta avendo uno dei suoi sbalzi d'umore.

<<Posso farlo>>.

<<Fantastico, sono sicuro che possono aiutarti se li addestri>>. Più confusa di prima, sollevò le spalle.

<<Sicuri? Io posso cavarmela anche da sola>>.

<<Siamo più che sicuri>>.

<<Con le dovute conseguenze?>>. Si ammutolirono non rispondendole più, era una domanda troppo scomoda persino per loro. <<Com'è casa vostra? avrò una stanza tutta mia? beh si... non posso dormire con voi però mi starebbe bene anche il divano. Non pretendo nulla, che sia chiaro, ma mi piacerebbe una stanza tutta mia per la privacy. E la cucina? avete un cane o un gatto? Sto parlando troppo vero? mi capita spesso, ma se volete sto zitta>>.

Risero in coro mentre l'auto rallentava sul vialetto per fermarsi subito dopo, la piccola Kate si stava finalmente aprendo con loro, anche se per poco tempo, solo dopo mesi, avrebbero potuto scoprire almeno l'1% di quella ragazza chiusa, ma anche molto estroversa. Le quattro ore passarono tra le chiacciere, si rese conto di essere arrivata quando l'auto finalmente si fermò. La ragazza guardò fuori ammirando quella meravigliosa villa. Completamente nera e bianca con le finestre ovunque e grandi balconi come sculture moderne, il vialetto enorme era la cosa che più preferiva anche se c'era poca erba su cui si sarebbe tanto voluto sedere e ammirare il cielo.

<<La porto io, Kate. Vorrei che conoscessi delle persone>>. Mark le prese il borsone dalle mani conducendola all'ingresso di quell'abitazione, troppo grande per due persone, anche se la sua era il doppio e ci vivevano a malapena lei e Gregor. La porta venne aperta con facilità senza chiavi e con una spinta leggera la fece spalancare del tutto, come se qualcuno li stesse aspettando tenendola ben aperta per loro, o magari era un quartiere tanto sicuro da lasciarla sempre in quel modo. A passo leggero, Kate oltrepassò la soglia notando un enorme corridoio davanti a sé e delle scale che portavano al piano di sopra.

<<Quante persone vivono qui?>>. Disse sbalordita dallo spazio dell'ingresso immaginando, che tutte le stanze, oltre a quella, fossero tanto grandi, lo dedusse semplicemente sollevando la testa e ammirando le scale in legno bianco che portavano alle varie porte, una accanto all'altra. Emma le fece segno di seguirla nella stanza accanto interrompendo ancora una volta i suoi pensieri. Kate fu attirata da una delle voci maschili, prima di rendersi conto che c'erano altre persone, oltre a loro due, troppe e tutte insieme che brontolavano, impaziente si voltò verso Mark dandogli una piccola occhiata il quale le sorrise per rassicurarla, non avrebbe mai immaginato di avere finalmente una ragazzina in casa, amava i suoi figli, ma avere una bambina era davvero tutt'altra cosa, sarebbe stata la principessa di casa, unica e sola per Mark, forse con Kate si sarebbe comportato come tale. La ragazza girò l'angolo per poter raggiungere il luogo indicato dai due che l'avevano portata in quella casa, si rese conto solo dopo della loro felicità improvvisa. Si sarebbe aspettata due o forse tre fratelli più piccoli, ma quando la porta si spalancò, rimase stupita nel vederli tutti lì. Cinque ragazzi grandi e alti difronte a lei. Si sistemarono mettendosi in riga uno accanto all'altro schiarendosi anche la voce. 

<<Loro saranno i tuoi nuovi fratelli>>.

DUE ORE PRIMA

<<Dovrebbe arrivare tra circa due ore>>. Disse Noah, si occupava spesso di tutto quando i fratelli non ne avevano voglia, era il quarto dei fratelli. Afferrò tutto ciò che era fuori posto sistemandoli in vari scaffali, lanciò gli abiti che avevano lasciato i ragazzi, sul pavimento, proprio contro Luke, il secondogenito. Inizialmente si alzò dal divano sbuffando, non aveva alcuna intenzione di conoscere un'altra persona, soprattutto una ragazza che avrebbe dovuto vivere insieme a loro, avrebbe sicuramente invaso i suoi spazi, la privacy, avere un'adolescente urlante e paranoica in casa non era il massimo, stava giudicando la piccola Kate ancora prima di averla conosciuto. Prese coraggio dall'entusiasmo degli altri fratelli, ridevano felici e scherzavano sull'aspetto fisico della loro piccola sorellina, sui suoi comportamenti e chi ci sarebbe stato per le diverse difficoltà di Kate, senza sapere che probabilmente era la più forte tra loro. Luke alzò il corpo dal divano e aiutò gli altri a mettere in ordine, ciò che provava lui lo avevano percepito anche i suoi fratelli; disprezzo verso Kate. Mentre Aaron uscì dalla cucina con un vassoio coperto da un panno bianco, il profumo riusciva a fuoriuscire attirando a sé chiunque fosse in quella casa.

<<Torta al cioccolato? La mia preferita>>. Disse Jason, il più piccolo dei fratelli correndo verso la torta coperta. Aaron allontanò il vassoio rapidamente poggiandolo sul tavolo, allungò la mano davanti a loro e disse secco:

<<Non è per voi!>>.

L'aveva preparata per la nuova sorellina, era felice come Jason. Il ragazzo, impaziente, andò a sedersi alla finestra della cucina osservando le auto che passavano fuori, una dietro l'altra, non stava più nella pelle, voleva conoscerla.

<<Non ci siamo tutti, almeno potevano aspettare domani>>. Disse Luke, ma Aaron gli rispose.

<<Sai che ci tenevano tanto>>. Luke non sembrava apprezzare molto la presenza di una ragazza in casa, oltre la madre. Nonostante gli altri avessero degli impegni lavorativi, avevano preso una pausa per poter supportare i loro genitori e incontrare la piccola Kate, cosa non apprezzata da ben tre fratelli, due dei quali non erano presenti. <<Jack, scendi dai!>>.

Il sesto dei fratelli scese dopo un rimprovero dal suo "gemello" era così che li chiamavano. Aaron e Jack erano complici, sempre insieme, nonostante avessero età differenti, circa due anni in meno quest'ultimo, si capivano sempre alla perfezione, facevano tutto insieme, tranne sul lavoro. Aaron era un medico, amava salvare vite, mentre Jack insegnava in una scuola di musica, amava suonare e cantare, non tutti erano a conoscenza del suo talento, ma quello sarebbe sicuramente stato il suo anno fortunato. Scese le scale facendo brillare i suoi occhioni marroni come due diamanti al sole.

DUE ORE DOPO

Kate guardò i ragazzi uno ad uno. Il primo sulla sinistra era davvero altro, sorrideva alla ragazza con uno dei suoi sorrisi più belli. I suoi capelli erano ricci e di un castano chiaro, mentre gli occhi di un azzurro molto brillante. Kate fece scendere lo sguardo su tutto il corpo del ragazzo, decisamente in forma, con un abito molto elegante, cosa che apprezzava particolarmente: indossava una giacca e una cravatta abbinata, una camincia bianca che metteva in risalto il completo azzurro come i suoi occhi.

Al suo fianco c'era suo fratello, i suoi capelli abbastanza lunghi, decisamente più biondi di quelli del primo e ricci proprio come molti di loro, ricordavano quelli di Mark, mentre Emma li aveva decisamente lisci. La pochissima barba che contornava il suo viso le fece credere che fosse il più grande. La fissava con gli occhi azzurri, chiari come il mare, ma anche tanto freddi e profondi, un grande abisso che la fece rabbrividire, questo incuriosì molto la piccola Kate, non smise un secondo di fissarlo, nessuno le aveva mai fatto quell'effetto. Luke, anche vederla, non cambiò affatto idea su di lei, non voleva decisamente averla intorno, odiava comunque l'idea di averla a casa. Il suo abbigliamento era molto più libero, portava una t-shirt nera, pantaloni abbastanza stretti e una collana con un plettro che scivolava sul petto ben scolpito. Le scarpe sembravano abbastanza eleganti, lucide e nere. Aveva qualcosa di diverso dagli altri e Kate se ne rese conto subito.

Il ragazzo accanto a lui, accennò un sorriso guardando la piccola Kate, il suo sguardo le percorreva il corpo, forse non si aspettava una ragazza simile. La stava idolatrando con lo sguardo, come se fosse appena entrata una bellissima opera d'arte. I capelli del ragazzo erano castani, corti e lisci, gli occhi di un verde terribilmente particolare, quasi nell'azzurro. Kate non aveva mai visto nulla del genere, sembrava una vera e propria opera d'arte. Sembrava un ragazzo semplice, più tranquillo degli altri, simile a lei, ci teneva sicuramente molto alla privacy e al suo spazio personale.

La ragazza girò lo sguardo poco dopo notando altri due fratelli, sembravano a dir poco affiatati, lo si capiva dagli sguardi e dal mondo in cui erano vicini, molto simili, ma anche diversi: uno aveva i capelli biondi, corti e lisci, un ciuffetto piccolo si teneva su attirando l'attenzione di Kate, i suoi occhi azzurri erano talmente chiari da penetrare in qualsiasi occhio e far venire i brividi, sembrava davvero un modello. Mentre il ragazzo accanto a lui aveva i capelli castani e lisci, molto scuri proprio come gli occhi. Avevano entrambi la stessta corporatura, alti allo stesso modo.

Accanto ai due c'era l'ultimo dei fratelli, o almeno non c'erano altri, le mostrò uno dei suoi sorrisi più brillanti, felice di accogliere la nuova ragazza nella sua casa e soprattutto nella sua vita. I capelli erano di un castano scuro come gli occhi, sembrava davvero il più piccolo dei ragazzi, e anche il più dolce, quasi ingenuo dallo sguardo, ma era tutto da vedere.

Kate non fece altro che guardarli senza spiccicare una parola, stava già studiando il loro comportamento e quelli di alcuni le erano già molto chiari.

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