Potremmo ritornare

By letsforgethim

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«Io qua non ci voglio più stare» aveva pensato Alice, ormai un anno prima. E se n'era andata via veramente, a... More

1. Il Murphy's
2. Occhi verdi
3. L'amore è una maledizione
4. Colazione e chiacchiere
5. Tanti perché
6. Soliti venerdì
7. Ciuffo ribelle
8. Allianz Stadium
9. Scherzo degli astri
10. Vinovo
11. Scelte
12. È stato un piacere conoscerti
13. A pranzo con Higuain e Dybala
14. Una come lei
15. Due anni della mia vita
16. Sonya
17. Fortunata al gioco, sfortunata in amore
18. Ti piace Paulo?
19. Sei qui per lei?
20. Morto un papa se ne fa un altro
21. Countdown
22. Chi è quella?
23. La quiete prima della tempesta
24. Non gli piacciono le bionde
25. Mi fai stare bene
26. Il lunedì più lunedì di sempre
27. Sotto la stessa luna
28. Un ufficio per due
29. L'ora della verità
30. Non ti merita
31. Una serata in discoteca
32. Quant'è piccola Torino
33. Mi vuoi baciare?
34. Firenze
35. Ci sono storie senza lieto fine
36. Italia-Svezia
37. L'arte di saper perdonare
38. Tensione
39. Occhio per occhio, dente per dente
40. Amici
41. Invito a cena
42. Dimenticami
43. Incontri inaspettati
44. La verità
45. Pelle contro pelle
46. Tu vali la pena
47. Quando tutto torna alla normalità
48. Al centro dell'attenzione
49. Un nuovo capitolo della sua vita
50. Juventus-Real Madrid
52. Dove tutto ha avuto inizio

51. In famiglia

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By letsforgethim

Il sole di Carrara colpiva direttamente il volto di Alice, costringendola a strizzare gli occhi e allo stesso tempo avvolgendola in quel tepore che tanto le era mancato e che solamente un sole di inizio giugno, che preannuncia l'arrivo imminente della stagione estiva, riesce a regalare.
Colpiva anche le sue spalle, lasciate pressoché nude, a coprirle ci pensavano solo quelle inutili sottile spalline della canottiera che aveva addosso, e colpiva anche le sue braccia mentre era intenta a dare una sistemata ai capelli, portandoseli dietro le orecchie per cercare di dar loro una piega quantomeno decente.

Quel giorno aveva scelto di indossare una minigonna di jeans a vita alta in cui aveva infilato la canottiera rossa e ai piedi un paio di Converse alte, dello stesso colore vivace.
Quando si era guardata allo specchio, prima di partire, era quasi scoppiata a ridere fissando il suo riflesso: chiunque non la conosceva e la vedeva per la prima volta non avrebbe fatto molta fatica a scambiarla per una diciassettenne, al massimo per una diciottenne, ma poco importava.

Amava il sole, amava il caldo, l'estate e trovava semplicemente meraviglioso poter dimenticare e mettere da parte per qualche mese i maglioni, le giacche, i giubbotti, le sciarpe di lana, i pantaloni lunghi, le calze, gli stivali, per fare spazio ad outfit colorati, ad abiti corti e leggeri, shorts, magliette a mezze maniche, canotte.

Era così di buonumore - sarà stato per via del caldo, sarà stato il pensiero di essere in ferie, sarà stato l'essere ritornata nella sua amata Toscana, per di più assieme a Federico, o sarà stato un mix di tutte quelle cose - che nemmeno l'ansia che la corrodeva dentro per l'imminente incontro con i genitori del suo ragazzo riusciva a toglierle il sorriso dalle labbra, sembrava quasi fosse incollato lì.

Si girò verso di lui, trovandolo intento a guardarla, un po' come se la stesse studiando, poggiato contro il cofano della macchina, le braccia conserte al petto.

«Andiamo?» le chiese, un largo sorriso dipinto in volto.
Anche lui come Alice era contento di essere a casa, nella sua amata Carrara, e di poter passare del tempo assieme ai suoi genitori e a sua sorella.

Alice era così bella, pensò.
Essere lì con lei non faceva altro che ricordargli tutte le volte che ci erano venuti nei due anni in cui erano stati insieme, a partire dalla primissima volta che l'aveva portata lì per farle conoscere i suoi genitori - ancora rideva se ripensava a quanto era stata in ansia lei, preoccupandosi ben oltre il dovuto; l'aveva inondato di messaggi per chiedergli cosa doveva mettersi, cosa doveva dire, come doveva comportarsi e lui, come sempre, si era divertito a prenderla in giro prima di prenderla sul serio e risponderle che qualsiasi cosa si fosse messa andava bene e che doveva solamente essere se stessa.

Alice annuì e gli strinse la mano che le aveva porto, mentre nell'altra aveva la borsa e la busta rosa con dentro il peluche di Minnie che aveva comprato per Olivia giorni prima.
Era in giro per il centro quando aveva visto quel pupazzetto in una vetrina dei tanti negozi di giocattoli presenti, e non ci aveva pensato su molto prima di entrare a comprarglielo, sicura che le sarebbe piaciuto.

I suoi genitori non chiudevano mai durante la giornata il cancello di casa, Federico lo sapeva bene, era un'abitudine che avevano trasmesso anche a lui.
Attraversò il vialetto, continuando a stringere la mano di Alice nella sua, sentiva che nonostante in apparenza sembrasse completamente a suo agio c'era una parte di lei che era nervosa, tesa.

«Sei tranquilla?» le domandò, guardandola, prendendo del tempo prima di suonare al campanello.

Alice si voltò a guardarlo: alla luce del sole gli occhi di Federico apparivano ancora più chiari e intensi di quanto non lo fossero di solito, sembravano sprizzare scintille.
Gli sorrise e annuì con un gesto del capo, sebbene ora che si trovava ad un passo dall'entrare in casa aveva iniziato a sentire un mare di inquietudine agitarsele dentro.

«Sì? Sicura?»

«Fede, non lo so» si trovò ad ammettere.

«Alice, ascoltami. Loro sono sempre gli stessi, non sono cambiati e non è cambiato nemmeno l'affetto che provano per te, forse è solamente aumentato. Non vedevano l'ora di poterti rivedere e te l'ho detto, mia mamma mi ha persino minacciato di non osare presentarmi senza di te. E non c'è bisogno che parli di Gaia perché sai benissimo da sola che è pazza di te - le parole del ragazzo sembravano sortire l'effetto desiderato, Alice infatti annuì, sorridendo più rilassata - E se non ti senti a tuo agio basta che me lo dici, inventiamo una qualche scusa e ce ne andiamo via, ok?»

«Ok.»

Federico le sorrise, aumentando la stretta sulla sua mano, il suo tacito modo per dirle che lui c'era, era lì, era al suo fianco.

Era riuscito a farla sentire un po' meglio, ma Alice continuava a non sapere cosa aspettarsi.
La sua paura più grande era il pensiero che la famiglia di Federico avesse iniziato a vederla sotto una luce diversa visto che era stata lei il motivo per cui il figlio aveva lasciato Firenze, allontanandosi così oltre che dalla sua squadra anche da loro.

Non le occorse molto tempo, però, per capire che non era affatto così e che Federico aveva perfettamente ragione: il loro affetto nei suoi confronti era solo cresciuto.
A farglielo capire ci pensarono gli occhi di Gaia che, non appena la ragazza ebbe aperto la porta e l'ebbe riconosciuta, si illuminarono, mentre un ampio sorriso le incurvava gli angoli delle labbra verso l'alto.

«Alice - la strinse a sé in un abbraccio caloroso e le diede un bacio per guancia -, quanto mi sei mancata! Sei sempre più bella» si complimentò, non riuscendo a toglierle gli occhi di dosso.

«Anche tu mi sei mancata tanto, Gaia. E grazie.»

Federico si intromise, fingendo un colpo di tosse, «Ciao sorellina, anche per me è un piacere rivederti.»

Gaia gli lasciò una pacca scherzosa sul braccio, «Non essere geloso, sono contenta di vedere anche te - asserì, abbracciandolo affettuosamente, e poi li invitò entrambi in casa - Su, entrate.»

Qualche minuto più tardi, dopo essere stati tutti e due salutati e abbracciati a turno da Alberto e Paola con la stessa affettuosità e lo stesso trasporto dimostrato da Gaia - soffermandosi a ripetere giusto un paio di volte quanto li fosse mancata Alice e quanto fosse bello averla lì con loro di nuovo -, si trovavano in salotto ad essere riempiti di domande: come stavano, come era andato il viaggio, quanto si fermavano, com'era Torino, quando sarebbero andati a Firenze, quanto avevano in mente di fermarsi.

Non era cambiato niente, poté constatare con tanto piacere e con altrettanto sollievo Alice, e piano piano, incominciò a sentire tutta la tensione abbandonarle il corpo.

«Allora, Alice, Federico ha detto che lavori in uno studio legale. Come ti trovi?» le domandò Alberto.

«Bene. A dire il vero molto bene. Ci sono tremila cose da fare ogni giorno, ma sicuramente preferisco applicare sul campo i miei studi piuttosto che fotocopiare fogli o preparare caffè, che è ciò che ho fatto le prime settimane.»

Più tardi, dopo la lunghissima chiacchierata e quando era ormai giunta l'ora di apparecchiare la tavola, Gaia seguì sua madre in cucina e invitò Alice ad andare con loro, non perché avessero bisogno di particolare aiuto - Paola aveva già preparato quasi tutto -, ma semplicemente per poter parlare con lei lontana da suo fratello.

«Come vanno le cose, Ali? Tra te e Fede, voglio dire» le chiese mentre sistemavano i tovaglioli.

«Va tutto bene» sorrise Alice e, aggiunse tra sé, meglio di così non credeva sarebbe potuto andare.
«È un'altra persona quando sta con te. Mi mancava vederlo così felice e mi mancava vederlo con te.»

«Alice - intervenne Paola -, dimmi, ti tratta bene? Perché se ha bisogno di una tirata alle orecchie ci penso io.»

Alice rise e poi scosse la testa, «No, per il momento non ce n'è bisogno, si sta comportando bene.»

«Ottimo, mi fa piacere sentirlo» disse prima di regalarle un sorriso al quale sarebbe stato impossibile non rispondere.

«Oddio, mamma, adesso voglio raccontare ad Alice di quando ti ho quasi fatto venire un infarto - informò Gaia sua madre, un sorriso divertito sulle labbra al solo ripensare a quello che era accaduto. Quando il fratello l'aveva chiamata per dirle che le cose tra lui e Alice si erano sistemate, lei si trovava lì, a casa dei genitori; era uscita a parlare in giardino, un po' perché tra Mami, Olivia e suo padre che stava dando di matto perché la Fiorentina aveva appena preso goal e un po' perché detestava che le persone la guardassero mentre era impegnata in una telefonata, e quando era tornata dentro sua madre le aveva chiesto chi era. E lei aveva deciso di prenderla un po' in giro e le aveva risposto distorcendo un pochettino la realtà: era Federico, aveva detto, ha chiamato perché vorrebbe che andassi da lui a Torino a conoscere la sua nuova ragazza - Avresti dovuto vedere la sua faccia, Ali! Continuava a chiedermi se fossi sicura che non si trattasse di te, se avessi capito bene, chi fosse quell'altra. È stato esilarante.»

«Per te, forse, per me assolutamente no» la corresse sua madre.
Era affezionatissima ad Alice, le voleva bene quasi come se fosse figlia sua, faceva parte della sua famiglia e non riusciva a pensare a suo figlio senza quella ragazza al fianco anche perché, ne era più che certa, nessuna sarebbe stato in grado di renderlo felice come sapeva renderlo felice lei e nessuna lo avrebbe amato come meritava di essere amato e come Alice sola era in grado di fare.

Lei si sentì quasi in colpa per aver anche solo dubitato dell'affetto di quelle persone.
Non fece in tempo a dire niente perché la voce di Federico la distolse dai suoi pensieri.

«Stavate parlando di me?»

Alice si voltò verso di lui e nel momento stesso in cui i suoi occhi incontrarono quelli del ragazzo e poi la bambina che teneva tra le braccia fu come se tutto all'improvviso uno storme di farfalle le si fosse liberato nello stomaco e come se un fuoco le avesse incendiato le guance.
E l'intensità con cui lui rispose al suo sguardo non fecero altro che peggiorare la situazione.

Gaia alzò gli occhi al cielo, «Che egocentrico - sbottò - L'hai svegliata tu?» gli domandò poi.

«Ti pare? Ha cominciato a piangere e sono andato a prenderla.»

Alice finì di sistemare i bicchieri e poi andò da lui.
Olivia era bellissima, ancora più bella di quanto non lo fosse in foto; aveva i capelli castano chiari, gli occhi grandi, pieni di sfumature ambrate e delle lacrime che aveva da poco finito di versare e le guanciotte così piene che le venne voglia di riempirgliele di baci.
«Ciao, piccolina» la salutò, lasciandole una carezza sulla manina e guadagnandosi la sua attenzione.
La guardò con gli occhi colmi di curiosità infantile e le sorrise, cogliendola alla sprovvista.

«Incredibile - mormorò Federico in tono scherzoso -, ti ci sono voluti meno di quindici secondi per piacere anche a lei.»

Alice rise, «Me la fai tenere?» gli chiese, allargando le braccia verso la bambina.
Olivia non aspettò la risposta dello zio e si sporse verso di lei.
Alice la prese, tenendola ben stretta a sé e le baciò entrambe le guance, lasciandoci sopra il segno del rossetto, rendendola così - se solo fosse stato possibile - ancora più dolce.
La bambina sembrò trovare divertente giocare con la collina che la ragazza aveva al collo.

Gaia e sua madre continuavano a guardare quella scena in silenzio, intenerite, fino a che la più giovane non chiese, dal nulla: «Quando avete intenzione di farne uno anche voi?»

***

«Da quando sono chiusi là dentro?» si informò Giulia, fissando la porta del soggiorno quasi del tutto chiusa.

Lei, Alice e sua madre erano in cucina; Elena stava caricando la lavastoviglie mentre le due ragazze erano sedute sul tavolo con due bicchieri di tè freddo davanti.

Alice diede un'occhiata all'orologio e «Da esattamente trentadue minuti. Trentatré adesso. Ok, io vado a vedere cosa stanno combinando.»
Lei e Federico avevano passato la notte a Carrara e quella mattina erano arrivati a Firenze, per pranzare con la sua famiglia, a cui si era aggiunta Giulia.
Fece per alzarsi, ma l'amica le posò una mano sul braccio e la fermò.

«Tesoro - intervenne bonariamente anche sua madre -, staranno discutendo di cose da uomini, no? E se in cinquantadue anni di vita ho imparato a conoscerli almeno un po' credo fortemente che il tema principale sia il calcio.»

«Se si fosse trattato di quello babbo mi avrebbe chiamata con loro, quando invece ha espressamente chiesto di lasciarli da soli» ribatté.

«Andiamo, Ali, cos'hai, paura che lo stia torturando? - rise Giulia, ricevendo in risposta un'occhiataccia - E comunque c'è anche Elia con loro.»

«Wow, questo sì che mi fa sentire meglio» esclamò, ironica, alzando gli occhi al cielo.
Aveva provato ad ascoltare, ma la porta chiusa non aiutava per niente, riusciva solo a sentire il borbottio delle loro voci, senza distinguere le parole.
Il fatto di non sapere cosa suo padre stesse dicendo a Federico la faceva impazzire, l'unica cosa che le rimaneva da fare era sperare che non fosse troppo duro nei suoi confronti.

«Perché non andate in giardino ad approfittare di questa giornata di sole invece di stare dentro? Appena Federico esce gli dirò di raggiungervi.»

E così fecero.
Alice si abbandonò a sedere sul dondolo di legno, la faccia rivolta verso il sole alto nel cielo, mentre Giulia scelse una delle due sedie a sdraio lì vicino, allungando le gambe bianche nella speranza di farle abbronzare anche solo un minimo.

«Mi spieghi come fai tu ad aver quel colorito già ai primi di giugno?» sbottò invidiosa verso Alice, riuscendo a farla ridere.

«Appena ha iniziato a fare caldo ho messo una sdraio sul balcone e passo lì praticamente tutti i sabati e le domeniche.»

«Non sei fatta per le città senza mare vicino, te. Comunque… com'è andata ieri?»

«Avresti dovuto vederli, Giu, sono stati semplicemente meravigliosi, non so come ho potuto dubitarne. Non hanno fatto altro che ripetere quanto li fossi mancata, quanto era bello che io e Federico fossimo tornati insieme. Sembrava che niente fosse cambiato.»

«Te lo avevo detto, tu ti preoccupi sempre troppo.»

«Ma lo so, me l'ha detto anche Fede, però sono fatta così - aggiunse, stringendosi nelle spalle - Gaia mi ha detto che aveva fatto credere a Paola che lui aveva una nuova ragazza, che non ero io, e ha detto che per poco non era scoppiata a piangere.»

Giulia sorrise, «Sono tutti innamorati di te in quella casa. E la piccolina, l'hai vista?»

La mora annuì con la testa, «È bellissima. È stata tutta la sera attaccata a me e Federico. Oddio, Giu, non ti immaginerai mai cosa ci ha chiesto Gaia!»

«Cosa?» domandò, incuriosita.

«Quando abbiamo intenzione di farne uno noi.»

Giulia si tirò su a sedere e si voltò a guardarla, parandosi con una mano gli occhi dalla luce del sole per riuscire a guardare meglio l'amica.
«E? Lui cos'ha detto?»

«In realtà niente, però mi ha sorriso e mi ha guardata in una maniera che non serviva aggiungesse altro.»

«Ali, ti giuro, ho le palpitazioni come se fosse successo a me» disse, portandosi una mano al cuore e facendola così scoppiare a ridere una seconda volta.

«Sei tutta scema, sappilo.»

«Giusto perché tu lo sappia, sono completamente e indiscutibilmente d'accordo con Gaia, quindi affrettatevi a figliare - Era già in grado di immaginarsi Alice con in braccio un bambino che, visti la madre e il padre, non sarebbe potuto che essere semplicemente meraviglioso - Oh, oh, arriva il nostro futuro papà.»

Alice la ammonì con lo sguardo, non riuscendo, però, a trattenere una risata: Giulia era totalmente impazzita.

Federico andò a sedersi accanto a lei.
Alice si voltò a guardarlo, prendendogli il viso tra le mani.
Moriva dalla voglia di baciarlo in quel momento, ma non lo avrebbe mai fatto davanti a Giulia.

«Sei tutto intero?» gli chiese, scrutandoli attentamente il viso.

Federico sorrise, «Perché, cosa credevi?»

«Era in ansia perché pensava ti stessero torturando» rispose al suo posto Giulia, divertita. Poi si alzò, voleva lasciarli a parlare da soli - Vado a bere qualcosa dentro.»

«Allora, che ti ha detto mio padre?» gli chiese Alice.

«Vuoi proprio saperlo?»

«Perché, è così terribile?»

«Ti cito le sue parole: Fai soffrire mia figlia un'altra volta e ti taglio i piedi così non potrai mai più toccare un campo da calcio, intesi?»

Alice sgranò gli occhi, incredula, e si portò le mani al volto: voleva sotterrarsi.
«Dimmi che mi stai prendendo in giro» lo supplico.

Federico scosse la testa in segno di diniego, «No. Però ha aggiunto che sono un bravo ragazzo e che mi vuole bene.»

«Ah, ti vuole bene? Pensa se non te ne avesse voluto… - il viso del ragazzo era rilassato e un piccolo sorriso gli era disegnato sulle labbra, non era la faccia di uno che se l'era presa, non c'era nemmeno l'ombra di rancore o di un qualsiasi altro sentimento negativo. Alice fece scivolare la mano in quella di lui - Amore, mi dispiace da morire, mio padre ha esagerato questa volta.»

«No, Ali, non ti preoccupare. Davvero. Lui vuole solo la tua felicità, è normale che si preoccupi.»

Lei annuì, seppure poco convinta: poteva sicuramente usare parole più gentili.
«Me lo dai un bacio?»

Glielo chiese con un tono di voce talmente implorante e con gli occhi che esprimevano anch'essi quello stato d'animo che Federico si sentì intenerire all'istante.
E poi, si chiese, che razza di domande gli faceva?
Come avrebbe mai potuto dirle di no?
«Solo se ti togli quella maschera risentita dal viso e mi regali un sorriso.»

Alice alzò gli occhi al cielo e solo dopo si decise a sorridere.

«No - Federico scosse la testa, storcendo il naso -, troppo poco convinta.»

«Senti, Bernardeschi, me lo vuoi dare 'sto bacio o no?»

Certo che sì, ma prima voleva prendersi un po' gioco di lei, il solo fatto che avesse già perso la pazienza lo aveva fatto divertire.
Portò le mani sui suoi fianchi, iniziando a farle il solletico e in meno di due secondi Alice era piegata in due dalle risate lamentandosi di lasciarla andare e cercando, senza risultato, di divincolarsi dalla sua presa.
La trasse contro di sé, i loro volti ad un palmo di distanza, occhi negli occhi, le prese il viso con una mano e finalmente la baciò, togliendole anche quel po' di fiato che le era rimasto.

«Quanto sei bella» le sussurrò una volta che si furono staccati, carezzandole una guancia.

Alice gli sorrise dolcemente e si accoccolò a lui, la testa poggiata contro il suo petto, il battito regolare del suo cuore a farle da sottofondo, e le sue braccia che la stringevano.
Avrebbe potuto rimanere così anche per sempre.

Rimasero per un po' in silenzio, godendosi il sole e quel momento di pace e felicità assoluta.

«Alice?» la chiamò poi lui; c'era ancora una cosa che voleva farle sapere e quello era il momento giusto.

«Dimmi.»

«C'è un'altra cosa che mi ha detto tuo padre, prima.»

«Che cosa?»

«Che ora che siamo tornati insieme potrei anche ritornare a giocare a Firenze.»

Alice perse un battito, le gote erano diventate ad un tratto più accaldate, e non per via del sole.
Alzò la testa per riuscire a guardarlo, puntando gli occhi azzurri, inquisitori, in quelli verdi di lui.
Era sinceramente spaventata nel fargli la domanda che aveva sulla punta della lingua, aveva paura di quale sarebbe stata la risposta - nel caso in cui Federico ne avesse avuta una già pronta - e aveva paura della sua reazione a quello che si sarebbe sentita rispondere.

«E tu, cosa gli hai detto?»







Buon pomeriggio a tutti quanti!

Capitolo immenso, sono più di tremilatrecento parole, mi auguro che vi sia piaciuto.
Mi sembrava carina l'idea di un capitolo dedicato interamente alle famiglie dei nostri due protagonisti ed eccolo qua.
Io non ho particolari osservazioni da fare, aspetto voi e i vostri commenti.

Visto che è il penultimo capitolo mi piacerebbe anche sapere cosa vi è piaciuto di più di questa storia, qual è stato il vostro capitolo preferito (o capitoli), scene che vi sono piaciute particolarmente, personaggi che avete amato e personaggi che magari avete detestato, cosa avreste cambiato, quindi, sempre se vi va, fatemi sapere!

E, prima che mi dimentichi, nel prossimo ci sarà un salto temporale di circa tre anni.

È tutto.

Con affetto,

M.

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