Potremmo ritornare

By letsforgethim

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«Io qua non ci voglio più stare» aveva pensato Alice, ormai un anno prima. E se n'era andata via veramente, a... More

1. Il Murphy's
2. Occhi verdi
3. L'amore è una maledizione
4. Colazione e chiacchiere
5. Tanti perché
6. Soliti venerdì
7. Ciuffo ribelle
8. Allianz Stadium
9. Scherzo degli astri
10. Vinovo
11. Scelte
12. È stato un piacere conoscerti
13. A pranzo con Higuain e Dybala
14. Una come lei
15. Due anni della mia vita
16. Sonya
17. Fortunata al gioco, sfortunata in amore
18. Ti piace Paulo?
19. Sei qui per lei?
20. Morto un papa se ne fa un altro
21. Countdown
22. Chi è quella?
23. La quiete prima della tempesta
24. Non gli piacciono le bionde
25. Mi fai stare bene
26. Il lunedì più lunedì di sempre
27. Sotto la stessa luna
28. Un ufficio per due
29. L'ora della verità
30. Non ti merita
31. Una serata in discoteca
32. Quant'è piccola Torino
33. Mi vuoi baciare?
34. Firenze
35. Ci sono storie senza lieto fine
36. Italia-Svezia
37. L'arte di saper perdonare
38. Tensione
39. Occhio per occhio, dente per dente
40. Amici
41. Invito a cena
42. Dimenticami
43. Incontri inaspettati
44. La verità
45. Pelle contro pelle
46. Tu vali la pena
48. Al centro dell'attenzione
49. Un nuovo capitolo della sua vita
50. Juventus-Real Madrid
51. In famiglia
52. Dove tutto ha avuto inizio

47. Quando tutto torna alla normalità

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By letsforgethim

Federico aveva ragione: Alice non era mai stata al Catullo, ne aveva sentito parlare, questo sì, ma era la primissima volta che ci metteva piede.
Erano appena entrati dentro e ad una prima veloce occhiata la ragazza aveva già deciso che le piaceva - o forse era semplicemente che avendo lui accanto a sé qualsiasi posto andava più che bene.

L'ampia sala era illuminata da luci soffuse, bianche e gialle, il risultato di quell'unione contribuiva a rendere tutto l'ambiente più elegante e romantico, quasi magico.

I colori che primeggiavano erano il grigio delle pareti e il bianco, in tutte le sue varie tonalità: dal bianco avorio delle tovaglie al bianco di titanio delle sedie fino al bianco panna del pavimento.

Non c'erano molte persone - trattandosi di un giorno feriale la cosa non la sorprese -, ma tutte quelle che erano presenti fecero la stessa identica cosa quando lei e Federico attraversarono la sala seguendo il cameriere che li stava accompagnando verso il loro tavolo: si girarono nella loro direzione, guardandoli con evidente curiosità.
Alice si sentì un tantino a disagio nel sentirsi al centro dell'attenzione, con tutte quelle paia di occhi puntati addosso.
Li vedeva e li sentiva parlottare, sicuramente si stavano chiedendo se quello fosse veramente Federico Bernardeschi e chi invece fosse la ragazza sconosciuta accanto a lui.
Si era scordata cosa volesse dire essere la fidanzata di un calciatore e gli ospiti di quel ristorante erano riusciti a farglielo ricordare in tempo record.

Strinse la mano del ragazzo, istintivamente.

«Tutto bene?» le chiese lui.

Alice annuì, rassicurandolo con un sorriso.

Si era abituata già una volta a tutto quello, poteva benissimo tornare a farlo.

Il tavolo che aveva prenotato Federico era in fondo; quando aveva chiamato ne aveva chiesto uno il più distante possibile dal resto degli altri tavoli - proprio perché si era immaginato cosa sarebbe successo - e il più vicino possibile alle enormi finestre che davano sul fiume e sul Ponte Isabella.
Era stato Andrea a suggerirgli quel posto e, sempre lui, gli aveva suggerito di prendere un tavolo vicino alle finestre.
Sua moglie lo amava da impazzire, aveva spiegato a Federico, ed era sicuro che anche ad Alice sarebbe piaciuto cenare lì.

La osservò mentre era assorta a guardare lo spettacolo che regalavano le luci del ponte che si riflettevano sul corso d'acqua e, dalla sua espressione, capì che ancora una volta il suo compagno di squadra aveva avuto ragione.

«Te l'avevo detto che era un posto in cui non eri mai stata» esordì.

«Già - annuì lei - È bellissimo. Tu ci sei già stato?»

«No. È stato Andrea a consigliarmelo.»

«Chi altri se non lui.»

Lo juventino la guardò, non capendo.
«State perennemente assieme, non mi sorprende che sia stato lui. Anzi, mi sarei stupita se fosse stato qualcun altro a consigliartelo» si spiegò.

Lui sorrise, perfettamente conscio che quella era la semplice verità.
Tra tutti Andrea era quello con cui si era trovato meglio sin dall'inizio, probabilmente perché avevano un carattere molto simile.
Era la prima persona che Federico cercava con lo sguardo non appena arrivava ad allenamento o quando entrava in mensa; gli piaceva passare il tempo con lui, non era sempre necessario usare tante parole perché Andrea riusciva a capirlo da uno semplice sguardo e questa era una delle qualità che più gli piaceva.
«È una brava persona, e un ottimo amico - era difficile riuscire a contare tutti le dritte che gli aveva dato, sia in campo calcistico che non, o tutte le volte che gli aveva chiesto se stesse bene, se avesse voglia di parlare -, ed è simpatico.»

«Non riesco a capire cosa ci faccia alla Juventus» commentò Alice facendo scoppiare a ridere Federico.

«Sei terribile» scosse la testa, ancora divertito.

Alice si strinse nelle spalle, non riuscendo a trattenere un sorriso.

«Dai, ordiniamo.»

Erano bastati pochi minuti perché entrambi si dimenticassero della gente che avevano attorno, era come se tutto d'un tratto ci fossero solamente loro due dentro a quel ristorante.
Nemmeno questo stupiva Alice, con Federico era stato sempre così, aveva una facilità disarmante nel farle dimenticare tutto quello che la circondava - le persone, il lavoro, i problemi - e farla sentire felice.

Lo ascoltava parlare della sua giornata, dei suoi compagni, dell'allenamento, di Gaia e di come gli aveva quasi perforato un timpano quando le aveva detto che erano tornati insieme - «Oh mio Dio, io lo sapevo!» aveva gridato contenta; quando era riuscita a tornare più tranquilla aveva aggiunto che non vedeva l'ora di vederla e di farla conoscere a Olivia.

Poi lo guardò mentre era lui ad ascoltarla raccontare della sua giornata, ridendo quando si lamentò di tutte le volte che il suo capo le aveva fatto correggere un atto per poi farle cancellare tutte le modifiche perché si era reso conto che andava benissimo la prima copia che Alice gli aveva presentato la mattina presto.

Non riusciva a fare altro se non pensare a quanto Federico fosse bello - era bellissimo lui, era bellissima la sua risata, era bellissimo essere tornati alla normalità - e a quanto le fosse mancato.

Di una cosa era certa: era l'uomo della sua vita, lo pensava ogni volta che lui la guardava negli occhi, e non avrebbe mai più permesso a niente e a nessuno di portarglielo via.

Quando ebbero finito di mangiare, Federico le chiese se voleva fare una passeggiata prima di andare a casa - il cielo era terso, senza nuvole ed era fresco, ma di quel fresco tipico delle serate primaverili, perfettamente sopportabile -, lei accettò con un cenno del capo.

L'aria le accarezzava gentilmente il viso e le scompigliava i capelli mentre camminava a fianco del ragazzo, avvolti in un silenzio rassicurante, interrotto solo dal rumore dalle macchine che di tanto in tanto sfrecciavano sulla strada.

«Com'è giocare in Champions?» gli chiese poi Alice.
Voleva sapere tutto, recuperare tutto quello che gli era successo, le sue nuove esperienze e tutte le nuove emozioni che aveva provato l'anno prima.

Federico ci penso un po' su prima di rispondere, tornando mentalmente alla sua prima partita in Champions League, «A dire il vero non te lo so spiegare a parole, è difficile. Passi dal giocare contro squadre e giocatori che più o meno hanno il tuo stesso livello all'affrontare club tra i più forti d'Europa se non di tutto il mondo. È stato entusiasmante, e lo è tutt'ora ogni volta che scendo in campo e fanno partire l'inno.»

«Immagino» annuì; era emozionante guardarla, una partita di Champions, essere in campo a giocarla doveva essere mille volte meglio.

«Perché non vieni a vedere la partita di andata dei quarti? È in casa» le suggerì.

«Juventus-Real Madrid?»

«Sì. Lo so che non sono due squadre che ti fanno impazzire, ma puoi farlo per me.»

Alice si voltò a guardarlo, «Se me lo chiedi così non riesco a dirti di no» asserì, e lui sorrise.

«E comunque potrai ammirare il miglior giocatore al mondo dal vivo.»

Lei inarcò un sopracciglio, «Pensavo avessimo detto Juventus-Real Madrid, non Juventus-Barcellona.»

Federico scoppiò a ridere.
Avevano discusso - se così si poteva dire - tante di quelle volte in merito a chi fosse il più forte tra Cristiano Ronaldo e Leo Messi, e anche questa volta lui aveva detto quella frase appositamente per vedere la sua reazione.

Gli erano mancate tutte quelle piccole cose: passeggiare insieme, punzecchiarsi, ridere.

«A che pensi?» gli domandò, girandosi e vedendolo di qualche passo dietro di sé, fermo a guardarla.

«Niente, solo che ti stavo immaginando con la maglia della Juve.»

«Ah no, Fede, questo non me lo puoi chiedere.»

Allungò un braccio verso di lei.
Alice gli prese la mano e gli si avvicinò, lui le spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio prima di prenderle il viso con entrambe le mani, mentre quelle di lei erano scivolate lungo i suoi fianchi.
Stava per baciarla quando vennero interrotti dal flash improvviso di una fotocamera che li fece girare entrambi verso la direzione da cui proveniva quella luce.

«Abbiamo compagnia» sbuffò.

«Che importa?» domandò Alice, stringendosi a lui e poggiando le labbra contro le sue, in un bacio dolce e lento allo stesso tempo.

***

C'era un tacito accordo tra Alice e la sua coinquilina: mai lasciare che un ragazzo passasse la notte nel loro appartamento quando c'era anche l'altra in casa; non importava se si trattava del solo condividere lo stesso letto o di fare altro, appena arrivava l'ora di andare a dormire il ragazzo veniva educatamente invitato ad uscire fuori dalla porta e, nel cento per cento dei casi, si era sempre trattato di Manuel.
Quella sera, però, Sara non era in casa, era andata da lui ovviamente - Alice non si ricordava cosa le avesse detto, ma c'entrava qualcosa il compleanno di un qualche membro della sua famiglia -, così lei aveva chiesto a Federico di passare la notte lì con lei.
«Rimango solo perché mi dispiacerebbe lasciarti sola» le aveva detto il ragazzo.

«Ah, sì? Quindi resti solo perché ti faccio pena? - gli aveva domandato lei, il tono scherzoso, mentre era impegnata ad aprire la porta. Fortunatamente Nicola si era ricordato di lasciarle le chiavi sotto lo zerbino come si era raccomandata - Vieni. Vuoi qualcosa da bere?» gli aveva chiesto mentre si avviava verso la cucina.

«No, sto bene così.»

Aveva bevuto un bicchiere d'acqua e poi era tornata in salotto da lui.
Gli aveva dato le spalle e «Ti prego, aiutami a toglierlo» lo aveva quasi supplicato, indicandogli la cerniera del vestito che percorreva la schiena.
Non potevano fare tutti i vestiti con cerniere laterali invece di metterle dietro, rendendo in tal modo impossibile indossarne o toglierne uno senza dover chiedere aiuto a qualcun altro?

Federico le aveva posato una mano sul fianco mentre con l'altra apriva lentamente, molto lentamente, la cerniera.
«È tutta la sera che aspettavo di farlo» le aveva sussurrato all'orecchio con voce roca, facendola rabbrividire.
La mattina dopo Alice si era svegliata prima di lui, la sveglia non era ancora suonata, ma ci aveva pensato il suo orologio biologico a farle aprire gli occhi qualche minuto prima che quel dannato allarme iniziasse a riprodurre quel suono che a volte le pareva di sentire persino nei suoi incubi.

Cercò di scostare il braccio di Federico delicatamente, per evitare di svegliarlo e lasciarlo dormire ancora per qualche minuto.
Lo guardò: il ciuffo disordinato gli copriva la fronte e l'espressione rilassata del suo viso contribuivano a dargli un'aria terribilmente dolce, quasi fanciullesca.

«Dove vai?» mugugnò contro il cuscino, senza aprire gli occhi e aumentando la presa sul fianco di Alice, rendendole difficile alzarsi.

«Vado a preparare la colazione.»

«È già ora di alzarsi?» piagnucolò, gli occhi ancora chiusi.

Alice rise, divertita, «Hai ancora dieci minuti, spendili bene. E se mi lasci andare magari...»

Federico allentò la presa, controvoglia, e lei poté finalmente scendere giù dal letto.
La prima cosa che le capitò sott'occhio fu la camicia di lui, così la prese e se la infilò, ispirandone a pieno il profumo.

Mentre aspettava che il caffè fosse pronto apparecchio il tavolo, preparò della spremuta e del pane tostato.

«Oh, eccoti, pensavo non ti alzassi più.»

«Sai, stavo cercando la mia camicia, ma a quanto vedo ha trovato un nuovo proprietario. Comunque perché i miei vestiti stanno meglio a te?» chiese prima di avvicinarsi a lei per lasciare un veloce bacio sulle labbra.

Alice si strinse nelle spalle, «Questo non lo so, però so che tu stai meglio senza.»

«Meglio senza cosa, senza camicia o senza vestiti?»

«Intendevo senza camicia, Federico» rispose, allontanandolo da sé, mentre le guance le si erano colorate di un leggero rosso.

Lui rise, divertito dal suo imbarazzo.

Alice versò il caffè in due tazze, la spremuta in due bicchieri colorati - non in quello azzurro, Sara era capace di non parlarle per un giorno intero se una cosa del genere fosse successa. Una volta, era un sabato sera, Alice era tornata a casa abbastanza ubriaca e l'ultimo dei suoi pensieri era il bicchiere in cui si stava versando l'acqua; il giorno dopo la sua coinquilina aveva visto il bicchiere, il suo bicchiere, nel lavello e l'aveva ignorata per mazza giornata, solo mezza perché quella volta Alice aveva la scusante dell'alcol -, prese il pane e portò tutto in tavola.

Si sedette sulle sue gambe, il bicchiere con la spremuta in una mano, l'altra invece poggiata sulle sue spalle.

«Sono d'intralcio?»

«No, rimani.»

«Se vuoi qualcos'altro basta dirlo. C'è anche dello yogurt.»

«Va benissimo così. Grazie - le sorrise - Il burro...»

«Cinquanta per cento di grassi in meno di quello normale» lo rassicurò.

Prese una fetta di pane e cominciò a spalmarci sopra un po' di burro
«Tu non mangi?» domandò ad Alice.

«Non ho tanta fame.»

«Dovresti mangiare di più, ti si sentono le costole - lei si strinse nelle spalle, incurante - Dà un morso» le disse, avvicinando il pane alla bocca.

Alice alzò gli occhi al cielo, ma lo accontentò addentandone un pezzo.
Finì la sua spremuta e lasciò il bicchiere sul tavolo.

«Cos'è 'sta storia della barba?» gli chiese; gli accarezzò una guancia, passando la mano sulla pelle, ispida, per la barba non rasata.

«Perché, non ti piace?»

«Mi fa il solletico» rispose, mentre intanto la sua mano era scesa più in basso, a carezzargli la base del collo e le spalle.

Alice lo sentì sospirare e poi voltarsi verso di lei, guardandola dritto negli occhi, «Più vai avanti così e più mi rendi difficile andarmene.»

«Devi già andare?» sbuffò.

Federico annuì, «Devo passare da casa a cambiarmi e a prendere il borsone - rimase per qualche istante in silenzio, domandandosi se fosse giusto chiederle quello che voleva chiederle già dalla sera prima o se non fosse troppo presto. Alla fine si lasciò guidare dal suo istinto - Alice, stavo pensando… perché quando torno dalla trasferta a Ferrara non vieni da me?»

«Okay, certo» rispose lei.

«Intendo dire, perché non vieni a vivere con me?»

Quella domanda così improvvisa la colse del tutto alla sprovvista.
Distolse per un attimo lo sguardo, riflettendo su quell'idea.

«È una cosa che abbiamo già fatto, non è nulla di nuovo. E se non ti piace l'appartamento possiamo cercarne un altro insieme, o anche una casa. Credo sarà più comodo invece di dover fare tremila giri la mattina. E poi io voglio vivere con te, andare a dormire con te, svegliarmi al tuo fianco, fare colazione insieme, tornare dopo allenamento e trovare te a casa. Non solo ogni tanto, ma ogni giorno.»

«No...»

«No

«No, nel senso che il tuo appartamento va benissimo, non c'è bisogno di cambiarlo.»

«Quindi è un sì?» chiese ancora lui, gli occhi che gli brillavano di felicità.

«È un assolutamente sì - annuì. La sola idea la stava facendo sorridere, contenta come una bambina - Che c'è, avevi seriamente paura ti dicessi di no?»

«Non lo so, forse.»

«Federico, ti amo e ci sono così tante cose che dobbiamo recuperare e vivendo insieme sarà più semplice farlo. E anche io voglio dormire con te, svegliarmi al tuo fianco, aspettare insieme a Wendy e Spike che tu torni da allenamento o da una partita... Non vedo l'ora.»










Buon pomeriggio, ragazzi.

Allora, che dite, vi piacciono quei due?

Guardate come ride felice Federico nella gif.

Ah, il ristorante citato esiste veramente e dalle foto su Internet sembra molto bello.

Onestamente non ho molto da dire ultimamente, solo che sono abituata a salutarvi e lasciare un capitolo senza spazio autore mi destabilizza.

Spero vi sia piaciuto, perdonate eventuali errori.
Ovviamente aspetto di leggere i vostri commenti.

Un bacio grande.

M.

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