Potremmo ritornare

By letsforgethim

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«Io qua non ci voglio più stare» aveva pensato Alice, ormai un anno prima. E se n'era andata via veramente, a... More

1. Il Murphy's
2. Occhi verdi
3. L'amore è una maledizione
4. Colazione e chiacchiere
5. Tanti perché
6. Soliti venerdì
7. Ciuffo ribelle
8. Allianz Stadium
9. Scherzo degli astri
10. Vinovo
11. Scelte
12. È stato un piacere conoscerti
13. A pranzo con Higuain e Dybala
14. Una come lei
15. Due anni della mia vita
16. Sonya
17. Fortunata al gioco, sfortunata in amore
18. Ti piace Paulo?
19. Sei qui per lei?
20. Morto un papa se ne fa un altro
21. Countdown
22. Chi è quella?
23. La quiete prima della tempesta
24. Non gli piacciono le bionde
25. Mi fai stare bene
26. Il lunedì più lunedì di sempre
27. Sotto la stessa luna
28. Un ufficio per due
29. L'ora della verità
30. Non ti merita
31. Una serata in discoteca
32. Quant'è piccola Torino
33. Mi vuoi baciare?
34. Firenze
35. Ci sono storie senza lieto fine
36. Italia-Svezia
37. L'arte di saper perdonare
38. Tensione
39. Occhio per occhio, dente per dente
40. Amici
41. Invito a cena
42. Dimenticami
44. La verità
45. Pelle contro pelle
46. Tu vali la pena
47. Quando tutto torna alla normalità
48. Al centro dell'attenzione
49. Un nuovo capitolo della sua vita
50. Juventus-Real Madrid
51. In famiglia
52. Dove tutto ha avuto inizio

43. Incontri inaspettati

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By letsforgethim

Il nuovo anno aveva portato con sé diversi cambiamenti per Alice, alcuni più rilevanti e altri meno.

Per iniziare era cambiata la sua mole di lavoro, aumentando impressionatamene - finite le ferie Cortesi si era dovuto recare a Milano per partecipare ad alcuni convegni e si era fermato là qualche settimana per terminare di sbrigare degli affari; quando era tornato aveva passato oltre un mese in tribunale, lo si vedeva allo studio di rado, perciò lei si era dovuta occupare oltre che del suo lavoro anche di quello del suo capo, incluse tutte le consulenze che erano state prefissate con nuovi e vecchi clienti -, tanto che alcune sere non riusciva a tornare a casa prima delle otto e, per di più, era finita a lavorare persino di sabato mattina, guadagnandosi occhiatacce e rimproveri da parte dei suoi amici che non facevano altro che ripeterle di smetterla di sgobbare e farsi sfruttare in quel modo.

Alice non la vedeva così, il suo capo ovviamente le pagava tutti gli straordinari - più che generosamente, doveva aggiungere - e non le dispiaceva più di tanto lavorare: dovendo stare concentrata su quello che faceva, la sua testa non rimaneva libera di pensare a cose a cui non doveva pensare, quindi era più che di aiuto.

Passare più tempo tra le mura dello studio legale di conseguenza l'aveva portata a trascorrere più tempo anche con i suoi colleghi, li incrociava più spesso per i corridoi quando faceva avanti e indietro tra il suo ufficio e quello di Cortesi o quando era alle macchinette per prendere un caffè, capitava anche più di tre o quattro volte al giorno che ci andasse: senza una determinata dose di caffeina in circolazione nel suo corpo non era per niente in grado di affrontare la giornata, in particolar modo la mattinata.
Era piacevole scambiare quattro chiacchiere con loro, i discorsi che facevano rimanevano tutti su un terreno neutro: il più delle volte si scambiavano qualche battuta sui loro capi e, quando avevano più tempo e riuscivano a fermarsi più a lungo, gli argomenti principali erano la Serie A e il calcio in generale oppure come avevano trascorso il breve weekend.

Un'altra cosa ad essere cambiata era stato il suo taglio di capelli.
Aveva sentito il bisogno di iniziare l'anno con un cambiamento radicale e la prima idea che le era venuta in mente era stata quella, così aveva fissato appuntamento dal parrucchiere per uno dei primi giorni di gennaio.
Dopo che era tornata a casa non aveva fatto altro che continuare a guardarsi allo specchio, pentita, domandandosi cosa le fosse passato per la testa.
Erano anni che teneva i capelli lunghi, andava dal parrucchiere ogni tanto, giusto per farsi tagliare le punte, non ricordava neanche l'ultima volta che i capelli avevano fatto fatica a raggiungerle le spalle.
Perché era quello che aveva detto al parrucchiere, senza esitazioni, «Voglio un caschetto che arrivi alle spalle.»
Quando poi finalmente avevano iniziato a crescere e allungarsi sotto le spalle, erano anche tornati a piacerle, ma si era ripromessa che non avrebbe mai e poi mai fatto la stessa scemenza per una seconda volta.
Questo a riprova di quanto fosse una persona abituale.

Tante altre cose, invece, erano rimaste immutate.
I venerdì sera al Murphy's, ad esempio, perché quella era il loro appuntamento fisso ed era difficile, se non impossibile, rinunciarvi.
Alice adorava i suoi amici e adorava passare la serata con loro, quel locale era quasi come il loro mondo, un mondo isolato dai problemi che per il tempo in cui rimanevano lì dentro si lasciavano alle spalle, prima di varcare la porta.

Nemmeno Nicola era cambiato, ma questo era solo un bene perché lei gli voleva bene così com'era, nonostante alcune volte la facesse impazzire per quanto era insistente su determinate questioni.
Aveva continuato per settimane a tartassarla, ripetendole che la vedeva spenta - doveva ancora capire cosa intendesse con quell'aggettivo e soprattutto da cosa si vedesse che eraspenta, insomma, mica era una lampada o altro - e insistendo perché uscisse con il suo vicino di camera al campus universitario, Giacomo.
Alla fine Alice aveva ceduto e aveva accettato, un po' perché non ne poteva più di sentire il suo amico parlare sempre di quel ragazzo e un po' perché anche a lei non era sembrata una cattiva idea, in fondo non c'era niente di male, così aveva accettato la richiesta su Instagram del ragazzo - non aveva idea da quanto tempo fosse rimasta lì - e lui le aveva scritto quasi subito.

Non era stato niente di che, nessuna cena romantica, avevano solamente preso un caffè insieme un sabato pomeriggio.
Nicola aveva ragione, Giacomo era davvero un bel ragazzo e nel poco tempo che ci aveva trascorso assieme le aveva fatto capire di essere anche un ragazzo alla mano, gentile, divertente - l'aveva fatta ridere con estrema facilità -, però non faceva per lei, tutto quello che poteva dargli era la sua amicizia, nulla di più e non era stato tanto difficile da capire nemmeno per lui dopo che si era avvicinato per lasciarle un innocente bacio sulle labbra e lei aveva girato la testa di lato, lasciando che le baciasse la guancia.

L'unica forma di amore in cui aveva da sempre creduto Alice era l'amore a prima vista: se dopo il primo scambio di sguardi non provava niente, sapeva perfettamente che non ci sarebbe mai potuto essere qualcosa che potesse andare oltre ad una amicizia.
Era un'inguaribile romantica, ne era consapevole, ma non ci poteva fare nulla.
Con Giacomo non aveva provato niente di niente.
Sapeva da sé quale fosse la ragione - lui non era Federico, non aveva i suoi occhi, non aveva la sua voce, non aveva la sua risata, non le faceva venire le cosiddette farfalle allo stomaco ogni volta che osava anche solo sfiorarla -, ma per autoconvincersi continuava a ripetersi che semplicemente non era pronta per una relazione.
E poi stava benissimo anche da sola, o no?

Era un sabato mattina di inizio marzo e lei era già fuori casa, tra meno di un'ora la aspettava una riunione di lavoro allo studio: visto come stavano andando gli affari, Cortesi e Tozzola stavano pensando di allargare la loro società ed erano in cerca di un nuovo socio.

I raggi del sole scaldavano l'aria frizzante, rendendo più sopportabile le temperature ancora basse e regalando un piacevole tepore all'unica parte del corpo che le persone potevano scoprirsi, le guance e, nel caso di Alice, anche le gambe, visto che la gonna le copriva a fatica le ginocchia.

Si era alzata di cattivo umore, la sera prima aveva controllato le previsioni del tempo su almeno cinque siti diversi e tutti davano pioggia, ma quando si era svegliata e aveva visto il sole e nemmeno una nuova a coprire il cielo azzurro, aveva immediatamente cambiato faccia, sorridendo.

Aveva fatto colazione e siccome c'era ancora tempo aveva pensato di fare una veloce passeggiata per il centro prima di andare al parcheggio a prendere la macchina.

Guardava le vetrine, innamorandosi di minimo un indumento per negozio.
Aveva voglia di fare shopping, appena sarebbe arrivata a casa dopo la riunione lo avrebbe proposto a Sara, ma conoscendola sapeva che non avrebbe declinato l'invito.
Anzi, cambiò idea tirando fuori il cellulare dalla borsa, glielo avrebbe chiesto subito.

Stava digitando sulla tastiera quando si sentì chiamare.
La prima volta lasciò perdere, credendo fosse solo uno scherzo da parte della sua immaginazione, ma quando sentì ripetere il suo nome da una voce femminile davanti a sé, alzò lo sguardo dallo schermo del cellulare, rimanendo sbigottita nel trovare davanti a sé l'ultima persona al mondo che si sarebbe mai sognata di vedere.

«Alice, mi sembravi te.»

Veronica era in piedi, davanti a lei, addosso un paio di jeans che avevano più strappi che tessuto, un paio di tacchi che non avevano niente a che vedere con loro, un cappotto nero e quel suo solito mezzo sorriso dipinto in volto.

La prima cosa che riuscì a pensare Alice era che quella ragazza non aveva nemmeno un briciolo di buon gusto, la seconda che non se le ricordava così grosse le sue labbra e la terza era che le veniva da vomitare.

Non trovava niente da dire, continuava a fissarla in silenzio.

«Speravo di incontrarti» esordì.

Alice corrugò la fronte, si stava prendendo gioco di lei o cosa?

«Devo andare a lavorare» disse, superandola velocemente e lasciandola indietro di un paio di passi.

«No, aspetta. Voglio parlarti.»

Si fermò, girandosi nuovamente a guardarla, «Parlarmi di cosa, Veronica? - non erano amiche, non avevano niente di cui parlare e onestamente lei voleva solo andarsene il più lontano possibile da lì. Ma che cos'aveva fatto di male per meritarsi un incontro di prima mattina con quella? - Devo andare a lavorare» ripeté.

«Ti chiedo solo cinque minuti, nulla di più.»

«Non c'è niente di cui io e te dovremmo parlare» e detto ciò le voltò le spalle, non voleva perdere il suo tempo con lei.

«Si tratta di Federico» le gridò dietro Veronica, sapendo bene che nominandole il ragazzo avrebbe avuto più possibilità di farsi ascoltare.









Buon pomeriggio!

Innanzitutto vi devo ringraziare per i voti e per tutti i commenti che mi avete lasciato nello scorso capitolo, grazie davvero, non immaginate quanto mi faccia piacere leggervi!

Passando a questo capitolo... so che è più corto del solito - compensa la lunghezza del precedente - ma doveva finire così per lasciarvi un po' sulle spine.

Secondo voi cosa vuole Veronica?
Sono aperte le scommesse.

Al prossimo capitolo!

Sempre vostra,

M.

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