Potremmo ritornare

Par letsforgethim

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«Io qua non ci voglio più stare» aveva pensato Alice, ormai un anno prima. E se n'era andata via veramente, a... Plus

1. Il Murphy's
2. Occhi verdi
3. L'amore è una maledizione
4. Colazione e chiacchiere
5. Tanti perché
6. Soliti venerdì
7. Ciuffo ribelle
8. Allianz Stadium
9. Scherzo degli astri
10. Vinovo
11. Scelte
12. È stato un piacere conoscerti
13. A pranzo con Higuain e Dybala
14. Una come lei
15. Due anni della mia vita
16. Sonya
17. Fortunata al gioco, sfortunata in amore
18. Ti piace Paulo?
19. Sei qui per lei?
20. Morto un papa se ne fa un altro
21. Countdown
22. Chi è quella?
23. La quiete prima della tempesta
24. Non gli piacciono le bionde
25. Mi fai stare bene
26. Il lunedì più lunedì di sempre
27. Sotto la stessa luna
28. Un ufficio per due
29. L'ora della verità
30. Non ti merita
31. Una serata in discoteca
33. Mi vuoi baciare?
34. Firenze
35. Ci sono storie senza lieto fine
36. Italia-Svezia
37. L'arte di saper perdonare
38. Tensione
39. Occhio per occhio, dente per dente
40. Amici
41. Invito a cena
42. Dimenticami
43. Incontri inaspettati
44. La verità
45. Pelle contro pelle
46. Tu vali la pena
47. Quando tutto torna alla normalità
48. Al centro dell'attenzione
49. Un nuovo capitolo della sua vita
50. Juventus-Real Madrid
51. In famiglia
52. Dove tutto ha avuto inizio

32. Quant'è piccola Torino

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Par letsforgethim

Dopo i due bicchieri di vino rosso che si era bevuta a cena, Alice aveva cominciato a sentirsi già più allegra e rilassata rispetto a quando qualche ora prima aveva lasciato il suo appartamento con Nicola e Sara.

«Sto gelando» si lamentò mentre erano in fila per entrare nel locale, stringendosi nel cappotto che aveva indossato sopra al vestito.

«Te l'avevo detto di metterti almeno un paio di calze» la rimproverò bonariamente Sara, a cui Alice rispose con una semplice scrollata di spalle.
Le calze non avrebbero fatto altro che rovinare il suo outfit e lei piuttosto preferiva subire il freddo.

«Ripetimi un po' come hai fatto a prenotare un tavolo qua dentro che devo capire perché io non ci sono mai riuscito» chiese Mario rivolgendosi a Sofia.

Le Chic Privè era una delle discoteche più popolari della città, frequentata anche da personaggi dello spettacolo e personaggi sportivi, ed era quasi impossibile riuscire ad ottenere una prevendita, figurarsi prenotare un tavolo.

«Un mio compagno di corso fa il dj qua» spiegò semplicemente la ragazza, il sorriso a fior di labbra perché, almeno una volta nella sua vita, aveva avuto fortuna.

«Ah, le belle amicizie!» commentò Alessio sorridendo.

La fila stava avanzando, lentamente ma stava avanzando, e finalmente fu il loro turno di entrare e lasciarsi quel freddo alle spalle.
Dopo aver abbandonato i giubbotti nello spogliatoio lasciarono l'anticamera per addentrarsi nella sala da ballo vera e propria.
Era già abbastanza pieno di gente e vennero immediatamente sommersi dalla musica.
C'era gente che ballava in pista, seguendo il ritmo della canzone del momento, mentre altri erano comodamente seduti sui divanetti, forse per riprendere fiato dopo aver ballato oppure, come il gruppo di Alice, erano appena arrivati e avevano bisogno di bere prima di scendere in pista.

Lei e i ragazzi si accomodarono al loro tavolo mentre aspettavano le due bottiglie di vodka - una alla pesca e l'altra alla fragola perché a Lizzie e Mario quella alla pesca non piaceva - che avevano ordinato per iniziare la serata.
Alice si era seduta vicino a Sofia ed entrambe non riuscivano a non muoversi a ritmo di musica, buttando di tanto in tanto un occhio ai ragazzi che si divertivano in pista, fremendo dalla voglia di unirsi a loro.

«È bellissimo il vestito, Ali, ti sta da Dio» si complimentò l'amica, avvicinandosi al suo orecchio perché riuscisse a sentirla.

Alice la ringraziò con un sorriso e «Anche tu sei bellissima» le disse.

Sofia indossava un abito corto, interamente coperto di paillettes rosse, uno scollo a "v" sulla schiena e le maniche a tre quarti.

Arrivò la cameriera e servì il loro tavolo: posò le due bottiglie e i sette piccoli tumbler, già pieni di vodka quasi fino all'orlo - il primo giro veniva sempre offerto dalla casa - e, prima di andare a servire altri tavoli, augurò ai ragazzi una buona serata.

Alice svuotò in un sorso il suo bicchierino e prese la bottiglia alla pesca per riempirselo nuovamente.

«Non scherzavi quando hai detto che volevi sostituire il sangue con l'alcol» commentò Nicola, sorridendo, mentre continuava a guardarla.

Alice scoppiò a ridere, «No, per niente» gli assicurò.

Le si illuminarono gli occhi quando qualche secondo dopo il dj cambiò canzone, mettendo Reggaetón Lento - una delle sue preferite da ballare - e scattò in piedi.

Sofia la imitò senza pensarci due volte, «Andiamo, ragazzi!» chiamò anche gli altri.

«Dai, Nic, prima che finisca la canzone.»

Il biondo accettò la mano che gli stava allungando Alice e si alzò, seguito a ruota da tutti gli altri.

Si fecero spazio tra le persone fino a che non raggiunsero una parte della pista da ballo dove sembrava esserci più spazio per muoversi liberamente senza dare o ricevere gomitate.

Alice non riusciva a smettere di sorridere, in parte per via dell'alcol che aveva già cominciato a mostrare i primi effetti sul suo umore e in parte perché essere lì in mezzo alla pista le aveva ricordato quanto le erano mancati quei momenti di spensieratezza in cui tutto sembrava andare al meglio e dove l'unico problema era cercare di non pestare i piedi a nessuno o il trucco che piano piano si scioglieva per colpa del sudore e doveva essere ripassato.
Le faceva pensare a quanto le mancasse l'estate, a tutte le notti che aveva passato in spiaggia a ballare con il mare a fare da sottofondo.

Canzone dopo canzone cominciava a sentire i piedi sempre più stanchi e indolenziti a causa dei tacchi altissimi che indossava ai piedi, ma comunque non aveva intenzione di smettere.
Però aveva sete, quello sì.

Nicola le si avvicinò, poggiandole una mano sul fianco, «Andiamo a bere qualcosa?» le chiese come se le avesse letto il pensiero.

«Dove andate?» domandò Alessio.

Nicola gli rispose avvicinando il pollice alle labbra, imitando il gesto del bere.

Si fecero largo tra la folla, mano nella mano perché il ragazzo aveva paura di perdere Alice, e si avvicinarono al bancone.

«Due shottini, grazie» ordinò Alice una volta ottenuta l'attenzione del barista.

«Subito» sorrise lui.

«Carino» commentò Nicola all'orecchio di Alice quando il ragazzo si fu girato di spalle e lei annuì per fargli capire che concordava in pieno con la sua opinione.
Era un ragazzo alto, le spalle larghe e i capelli di un nero corvino, tirati indietro grazie a un sacco di gel.
La maglietta a maniche corte lasciava scoperti tutti i tatuaggi che gli ricoprivano il braccio destro.

Una volta serviti avvicinarono i due bicchierini in un veloce brindisi e poi li tracannarono in un solo sorso.

«Gesù Cristo

Alice alzò gli occhi su Nicola, la faccia allegra e distesa di pochi attimi prima era stata sostituita da un'espressione sbigottita, lo sguardo fisso oltre di lei.

«Che c'è?» chiese, ma lui non la ascoltava più, così si girò per vedere cosa avesse catturato la sua attenzione.
Le luci stroboscopiche non le facilitavano di certo il compito di capire cosa stesse guardando Nicola, ma dopo un'attenta osservazione era pressoché impossibile non notare mezza rosa della Juventus seduta ad uno dei tavoli più appartati del locale che, adesso, stava guardando verso di loro.
Alice dovette strizzare gli occhi per riuscire a distinguere i visi dei ragazzi.

«Quant'è piccola Torino» commentò Nicola, dando voce ad una delle cose che stava pensando lei in quel momento.

«Andiamo a salutarli» propose, tornando a guardarlo.
Da sobria probabilmente avrebbe alzato gli occhi al cielo e sarebbe tornata in pista dai suoi amici immediatamente, ma in quel momento il termine "sobria" non era perfettamente consono per descriverla.

«Cosa? - scosse la testa il ragazzo - No, non credo sia una buona idea.»

«Ma non voglio passare da maleducata, li ho visti e non vado a salutarli?»

«Alice, lascia perdere. Fidati, domani mi ringrazierai.»

«Okay, però voglio un altro drink prima di tornare a ballare. Tu?»

Nicola scosse la testa, doveva guidare per portare a casa lei e poi raggiungere il campus e preferiva andare a letto intero, senza causare incidenti per la strada.

«Torniamo dagli altri?» gli chiese lei dopo aver finito il secondo shottino.

«Troppo tardi» rispose lui, con lo sguardo fisso ancora una volta oltre la sua spalla.

***

I ragazzi erano comodamente seduti sui divanetti della discoteca, i drink in mano o poggiati sul tavolino.
Douglas Costa e Alex Sandro erano già completamente ubriachi, e Sturaro e Matuidi erano a veramente poco dal raggiungerli.
Gli altri ragazzi li ascoltavano farneticare senza riuscire a smettere di ridere delle scemenza che uscivano dalle loro labbra.

Federico teneva in mano il suo bicchiere di Long Island, sorseggiando di tanto in tanto dalla cannuccia nera, il piede destro poggiato sulla gamba sinistra e la schiena appoggiata allo schienale del divano.
Era la prima volta che veniva in quel locale e, a dirla tutta, per lui una discoteca equivaleva all'altra.
Non gli piaceva ballare e non gli piaceva nemmeno essere al centro dell'attenzione e venire fermato ogni due minuti da qualcuno che chiedeva una foto, l'unico motivo per cui gli capitava di entrarci - come quella sera - era per poter stare in compagnia dei suoi amici.

«Niente male la ragazza di prima, Pau» asserì Benatia all'improvviso, riferendosi alla tifosa che prima di entrare nel locale aveva chiesto un selfie all'attaccante argentino, senza nemmeno considerare il resto dei ragazzi.

Paulo si strinse nelle spalle, storcendo il naso come a dire Niente di che.

«Era carina. Veramente sexy - continuò il difensore - Dani, dacci la tua opinione.»

Il compagno di reparto posò il bicchiere sul tavolo e alzò le braccia in aria, «Medhi, io sono fidanzato.»

«Vamos, Dani! Solo perché sei fidanzato non vuol dire che tu non veda le altre ragazze - intervenne Higuain - Sto per diventare padre, ma vedo comunque se una ragazza è bella o no» asserì alzando le sopracciglia.

Paulo scosse la testa, ridendo.
Posò gli occhi su Federico e «Berna, che ne pensi?» gli chiese, passandosi la lingua sulle labbra.

Il trentatré si voltò a guardarlo, pensando che Paulo doveva ritenersi fortunato che fosse un tipo tranquillo perché qualsiasi altra persona al suo posto gli avrebbe già tirato un pugno dritto in quella faccia da schiaffi che si ritrovava.

«Non è il mio tipo» rispose, continuando a guardarlo dritto negli occhi.
In realtà non l'aveva nemmeno notata quella ragazza, ma usando quella frase sperava di porre fine a quell'inutile conversazione.

«A proposito di belle ragazze - fece Mandžukić, la testa rivolta verso il bancone - quella non è Alice?»

Al sentire il nome della ragazza sia Federico sia Paulo si girarono automaticamente nella direzione in cui stava guardando lui e poterono constatare che sì, quella era proprio Alice.
Paulo rimase letteralmente a bocca aperta, non l'aveva mai vista con un vestito addosso, se l'era immaginata, quello sì, ma non l'aveva mai vista fino a quel momento con un abito così sexy ed era senza fiato.
Per Federico invece non era la prima volta, ma questo non lo faceva di certo desistere dal pensare a quanto fosse dannatamente bella.

«Pau, chiudi la bocca che ti entra una mosca» lo prese in giro Gonzalo, ricevendo in risposta un dito medio che lo fece scoppiare a ridere.

«Lei sì che è bella» commentò Daniele e tutti si girarono a guardarlo.

«Ma tu non eri fidanzato?» gli domandò Mehdi in tono beffardo, facendo scoppiare tutti in un'altra fragorosa risata.

Paulo bevve l'ultimo sorso che era rimasto all'interno del suo bicchiere e si alzò.

«Dove vai?» chiese Gonzalo, anche se sapeva bene quanto quella domanda fosse inutile.

«A salutare Alice» rispose ovvio e nel farlo guardò di proposito Federico.

Il carrarino strinse la mano libera in un pugno, cercando di non dargliela vinta e mostrarsi impassibile.

***

Alice si voltò, trovandosi faccia a faccia con il numero dieci bianconero.

«Paulo!»

Lui la salutò con un bacio sulla guancia, «Sei… bellissima.»

«Grazie, anche tu - ricambiò sincera - Oh, lui è Nicola, Nic lui è Paulo» li presentò.

«Piacere - lo salutò l'argentino - Vuoi qualcosa da bere?» chiese ad Alice, tornando a rivolgerle la sua più totale attenzione.

«Credo che abbia bevuto abbastanza per stasera - intervenne Nicola - Perché non torniamo dagli altri?» chiese poi a lei.
Non vedeva l'ora di liberasi di quella situazione, ma soprattutto di quello juventino che continuava a mangiarsi con gli occhi la sua amica.
Non aveva la minima intenzione di lasciare Alice da sola con lui, meno che mai adesso che era brilla e poteva combinare qualcosa di cui si sarebbe pentita da sobria anche perché, doveva ammetterlo, Paulo Dybala dal vivo era persino più affascinante, irresistibile e tentatore di quanto non sembrasse da dietro lo schermo di un televisore, e questo non aiutava affatto.
Per sua fortuna Alice sembrò d'accordo con la sua idea di tornare dai loro amici.

«Vorrei restare con te, Paulo, ma è il compleanno di una mia amica e… devo andare.»

Paulo non nascose la sua delusione, ma le sorrise lo stesso.

«Divertiti» le sussurrò all'orecchio prima di lasciarle un lungo bacio sulla guancia - tanto che Nicola ebbe paura che non si sarebbe più staccato da lei - e guardarla andare via con il suo amico.
Tornò anche lui dai suoi compagni, senza però sedersi.

«Allora?» chiese Gonzalo.

«Era con degli amici.»

L'amico allungò un braccio verso l'amico e gli diede una pacca consolatoria - e ironica - sulla spalla, «Andiamo a ballare?»

«Vámonos.»

***

Una volta tornata dagli altri, Alice si era completamente scordata del dolore ai piedi, l'alcol continuava a farla sentire spensierata - tanto che il fatto di essere nello stesso posto di Paulo, ma soprattutto di Federico, non le pesava affatto - e la musica latinoamericana che aveva incominciato a mettere il dj - il suo genere preferito - non faceva altro che metterle ancor più voglia di continuare a ballare.

Solo molto più tardi, erano ormai le tre, sembrò accorgersi delle guance che le andavano a fuoco.
Si spostò i capelli su una spalla, facendosi aria con le mani.
Aveva bisogno di uscire un po'.

«Nic» gli poggiò una mano sulla spalla per richiamarne l'attenzione, che in quel momento sembrava completamente rivolta al ragazzo con cui stava ballando.

Si girò verso di lei, «Tutto okay?»

«Ho caldo, esco un po'» rispose indicando con un cenno del capo le scale che portavano alla veranda.

«Vengo con te?»

«No, passami solo una sigaretta e l'accendino e torna pure dal tuo "amico"» rise.

La veranda era aperta, coperta solamente dalla tettoia di vetro che era stata costruita per tenere l'area al coperto dalla pioggia.
Su tutti e quattro gli angoli si trovavano dei divanetti, tutti vuoti.

Non appena Alice mise piede fuori avvertì l'area colpirle le guance, sentendosi quasi rigenerare.
Si portò la sigaretta alle labbra e aspirò avidamente mentre andava a sedersi sul cornicione - non prima di aver tolto i trampolini che aveva ai piedi e averli lasciati cadere per terra lì a fianco -, poggiò la schiena al muro e fece passare una gamba dall'altra parte, lasciando che fluttuasse nell'aria.
Sentiva la testa pesante.
Chiuse gli occhi, beandosi dell'aria che le accarezzava la pelle e le scompigliava i capelli, il freddo era sopportabile per il momento, così continuò a godersi quella pace, la musica che proveniva da dentro a farle da sottofondo.

Fu solo il rumore della porta, poco dopo, a farle riaprire gli occhi.
Si girò in quella direzione.

Federico era in piedi, i jeans neri che gli fasciavano le gambe muscolose e la camicia bianca, arrotolata sulle maniche, da cui sbucavano fuori gli innumerevoli tatuaggi che gli coprivano le braccia.
Teneva le mani in tasca e gli occhi verdi su Alice, mentre avanzava lentamente verso di lei.

Non sapeva per quale assurdo motivo non riuscisse a smettere di guardarlo, era come sotto incantesimo.

Dio mio quant'è bello.







Salve a tutti!

Questo capitolo non mi soddisfa al cento per cento, ma l'ho letto, letto e riletto una decina di volte senza riuscire a capire cosa non andasse, senza trovare cosa mi potesse portare a dire "Ok, adesso va bene", quindi eccolo qua lo stesso.

Spero comunque sia di vostro gradimento e di non avervi delusi.

Ho passato qualche minuto a pensare se fosse stato meglio finire dove è finito o continuare con quello che accade dopo, ho scelto la prima opzione perché altrimenti sarebbe a mio avviso risultato immenso.

Bene, ho finito.

Se vi va lasciatemi un commento.

Vi auguro buon weekend,

M.

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