Potremmo ritornare

By letsforgethim

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«Io qua non ci voglio più stare» aveva pensato Alice, ormai un anno prima. E se n'era andata via veramente, a... More

1. Il Murphy's
2. Occhi verdi
3. L'amore è una maledizione
4. Colazione e chiacchiere
5. Tanti perché
6. Soliti venerdì
7. Ciuffo ribelle
8. Allianz Stadium
9. Scherzo degli astri
10. Vinovo
11. Scelte
12. È stato un piacere conoscerti
13. A pranzo con Higuain e Dybala
14. Una come lei
15. Due anni della mia vita
16. Sonya
17. Fortunata al gioco, sfortunata in amore
18. Ti piace Paulo?
19. Sei qui per lei?
20. Morto un papa se ne fa un altro
21. Countdown
22. Chi è quella?
23. La quiete prima della tempesta
24. Non gli piacciono le bionde
25. Mi fai stare bene
26. Il lunedì più lunedì di sempre
28. Un ufficio per due
29. L'ora della verità
30. Non ti merita
31. Una serata in discoteca
32. Quant'è piccola Torino
33. Mi vuoi baciare?
34. Firenze
35. Ci sono storie senza lieto fine
36. Italia-Svezia
37. L'arte di saper perdonare
38. Tensione
39. Occhio per occhio, dente per dente
40. Amici
41. Invito a cena
42. Dimenticami
43. Incontri inaspettati
44. La verità
45. Pelle contro pelle
46. Tu vali la pena
47. Quando tutto torna alla normalità
48. Al centro dell'attenzione
49. Un nuovo capitolo della sua vita
50. Juventus-Real Madrid
51. In famiglia
52. Dove tutto ha avuto inizio

27. Sotto la stessa luna

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By letsforgethim

Era pieno pomeriggio quando il treno raggiunse la destinazione finale della sua corsa: la stazione di Santa Maria Novella, a Firenze.
Era gremito di persone, ognuna avvolta nella propria esistenza.
C'era chi andava di fretta, con il timore di perdere la coincidenza e dover aspettare di conseguenza quella dopo; c'era invece chi era appena sceso dal treno, di ritorno dal lavoro, dalle lezioni o, perché no, da una vacanza e si godeva con calma il ritorno a casa; c'erano anche turisti, venuti a visitare quella città, tra le più belle di tutta la penisola, che da ogni angolo gridava arte.
E, per quel giorno, c'era anche un gruppo di persone che non si trovava in stazione per prendere il treno, ma era lì semplicemente per cercare di rubare una foto o un autografo ai ragazzi della Juventus, che dovevano scendere di lì a poco.

Federico aveva passato tutto il viaggio in silenzio, le cuffie nelle orecchie per fare in modo che le parole delle canzoni superassero tutto il casino che facevano i suoi pensieri, e lo sguardo rivolto per il novantanove per cento del tempo fuori dal finestrino.
Il mister gli aveva detto che sarebbe partito dal primo minuto e, per quanto avesse voglia di giocare finalmente da titolare, non sapeva come prendere quella notizia.
Come l'avrebbero accolto i suoi ex tifosi?
E lui come doveva comportarsi?
Doveva esultare se segnava o no?
Oltre a questo c'era anche Alice, il suo pensiero fisso.
Non aveva la minima idea di quello che stava accadendo, non sapeva nemmeno come comportarsi: qualsiasi cosa dicesse o facesse era comunque quella sbagliata.

Andrea l'aveva guardato più volte, capendo perfettamente cosa gli stesse passando per la testa, così come capiva perfettamente che non era il caso di parlargli, sarebbe stato inutile anche solo provarci, in quel momento.

Una volta che il treno si fu completamente fermato e le porte vennero aperte, i ragazzi si preparano a scendere per poi recarsi presso l'hotel in cui avrebbero soggiornato.

Prima di mettere piede fuori dal treno, Federico alzò il volume della musica al massimo, si tirò su il cappuccio del giubbotto e, a testa bassa e a passo spedito, attraversò il piazzale, senza fermarsi come stavano facendo alcuni dei suoi compagni.
Gli mancava del tutto il coraggio di affrontare i suoi ex tifosi.

Sì, era indiscutibilmente un vigliacco.

***

Alice era pigramente stravaccata sul divano - la solita felpa di tre taglie più grande addosso, i pantaloncini del pigiama, i piedi infilati nelle sue pantofole a stivaletto e i capelli legati in una coda alta - ad aspettare le otto e quarantacinque, con la solita ansia prepartita a farle compagnia.

Le capitava così raramente di stare seduta per i fatti suoi, senza fascicoli tra le mani e senza pensare a cosa doveva fare o non fare il giorno dopo, che non le sembrava quasi nemmeno reale.

«Sei sicura di non voler impiegare novanta minuti della tua vita in modo diverso? Tipo facendomi compagnia e guardare insieme un bel film strappalacrime?» le chiese ancora una volta Sara che, per quella sera, le aveva gentilmente lasciato la televisione, preferendo chiudersi in camera e cercare qualcosa da guardare in streaming sul computer.

«Sicurissima» annuì Alice.

«Spero vinciate» le augurò prima di prendere i popcorn che aveva appena tirato fuori dal microonde e dirigersi in camera sua.

Alice allungò un braccio verso il cellulare che aveva buttato lì a fianco e avviò la chiamata verso il numero della sua migliore amica, mettendo il vivavoce.
Appena sentì che lei aveva risposto, senza salutarla, le domandò: «Perché non sei andata allo stadio?»

«Buonasera anche a te, Alice - la salutò lei, facendole alzare gli occhi al cielo - Mio padre ha il turno di notte oggi e non c'era nessuno che voleva accompagnarmi. Sai quanto detesto andare a vedere una partita da sola, è triste.»

«Il tuo boyfriend

«Non è il mio ragazzo, usciamo insieme, ma non è ancora il mio ragazzo - precisò la bionda - E comunque stasera lavorava anche lui. Sostituisce ogni tanto il barista del Rooftop, hai presente?»

Che domande, Alice conosceva ogni angolo di Firenze quasi meglio delle sue tasche.

«Quello in centro?»

«Sì. Mi sembra che ci fossimo anche state insieme una volta.»

«Mi ricordo, era il compleanno di Francesco.»

«Sì, può darsi.»

«Comunque… che fai te?»

«Sono in salotto, faccio finta di studiare mentre aspetto che inizi 'sta partita. Hai visto le formazioni?»

Alice poggiò la testa sullo schienale del divano, «Sì, ho visto» rispose.

«Gioca Fede.»

«Sì, ho visto» ripeté, apatica; c'era bisogno di sottolinearlo?

«Peccato non giochi il tuo argentino - la punzecchiò allora Giulia, cambiando protagonista della conversazione - Cosa avresti fatto se avesse segnato?» continuò a stuzzicarla.

Ce l'avevano tutti con Paulo o era solo una sua impressione?

«Beh, come prima cosa avrei sicuramente esultato e poi sarei andata davanti a casa sua ad aspettare che tornasse da Firenze» la prese in giro.

Giulia scoppiò a ridere.

«Vedo che non hai perso il senso dell'umorismo - commentò tra una risata e l'altra - Come pensi finirà?» chiese quando finalmente riuscì a smettere di ridere.

«Non ne ho la più pallida idea, Giu. L'unica cosa di cui sono certa è che si porteranno a casa i tre punti. Come sempre» aggiunse, sbuffando sommessamente.

E, a riprova del suo scarso ottimismo, aveva già preparato il pacchetto di sigarette bianco e rosso della Marlboro, insieme all'accendino, lì sul tavolino; ne avrebbe avuto bisogno dopo tutto il nervosismo che le sarebbe toccato accumulare per i due tempi di gioco.

«Io sono ottimista, invece» affermò l'amica.

«E quando non lo sei? - obiettò Alice. Giulia era il suo opposto in quel caso: era sempre stata di indole ottimista, nutriva una grande fiducia nelle persone e pensava sempre in maniera positiva, mentre Alice tendeva sempre a guardare il mondo e le persone con razionalità, senza aspettarsi niente o, al limite, aspettandosi il peggio - Sta per iniziare, ci sentiamo dopo.»

Entrambe le squadre iniziarono con grande aggressività e Alice era contenta di vedere la fiducia con cui la Fiorentina si era approcciata alla partita.
La prima vera occasione per la sua squadra arrivò al diciottesimo minuto: Benassi crossò in mezzo e Chiellini toccò la palla con un braccio; l'arbitro inizialmente concesse il calcio di rigore, ma, dopo la consultazione del VAR, venne annullato.

«Figurati se non riuscivano a rubare pure con il VAR» fu il commento sprezzante di Alice.

Ormai si era abituata a vedere Federico in bianconero, ma vederlo con quella divisa addosso mentre giocava contro la sua ex squadra, rendeva tutto più amplificato.
Il Franchi l'aveva fischiato da quando aveva messo piede sul manto erboso e, ogni volta che il pallone finiva tra i suoi piedi, i tifosi viola sembrava non aspettassero altro per tornare a manifestare il loro dissenso nei confronti di quel traditore tornando a fischiare.

Certo, pensò, che quell'epiteto gli calzava alla perfezione e, ne era certa, fosse stata lì allo stadio lo avrebbe fischiato insieme a tutti gli altri tifosi, senza se e senza ma.
Un conto era militare in una squadra, dare il meglio di sé per la maglia, senza promettere niente, e tutt'altro conto era dichiarare di amare i colori che si indossava, promettendo di volere diventare il trascinatore, la bandiera, per poi dimostrare l'esatto contrario.

Il primo tempo finì in parità, era un vero peccato che nessuno tra i due tiri di Chiesa e Simeone, effettuati proprio negli ultimi minuti di gioco, fosse finito in porta.

Anche il secondo tempo cominciò con lo stesso ritmo del primo.

Gli equilibri vennero spaccati verso il cinquantaseiesimo minuto.
Il numero trentatré si era guadagnato una punizione dal limite e si era incaricato di batterla: rete.

La cosa che più aveva fatto incazzare Alice - perché era così che si sentiva: incazzata nera - non era stato il goal, che prima o poi era quasi ovvio arrivasse, no, quello che più l'aveva fatta incazzare era stata l'esultanza che ne era seguita, come se Federico non avesse aspettato altro.

«Ma vattene a 'fanculo! - urlò contro la televisione e le sarebbe tanto piaciuto poterglielo urlare direttamente in faccia - Mi fai schifo» pronunciò, le parole cariche di odio, mentre sentiva piano piano le lacrime riempirle gli occhi.

Quando a quattro minuti dal termine Gonzalo segnò il due a zero, spense, non aveva più senso continuare a guardare.
L'unica cosa che aveva voglia di fare era fumare, aveva un bisogno disperato di fumare.
Afferrò il pacchetto e l'accendino e si recò in camera sua.
Prima di uscire sul balcone si avvolse addosso la coperta di pile viola che teneva sul letto, non era molto intelligente uscire al freddo vestita in quella maniera.
Si appoggiò con la schiena al muro.
Quella sera la luna era piena e non c'era alcuna nuvola ad impedirne la visuale.
Alice avvicinò la sigaretta alla bocca, aspirando avidamente il fumo.
Chiuse gli occhi, scacciando col dorso della mano una lacrima che le scendeva solitaria lungo la guancia.

***

Una volta finita la partita e fatto ritorno in hotel, anche Federico era uscito fuori, non era in grado di restare chiuso in camera, aveva bisogno di aria e, infilatosi il giubbotto, era sceso giù in giardino.
Si sdraiò su uno dei tanti lettini che erano posizionati attorno alla piscina - chiusa - e alzò gli occhi al cielo, attratto dalla luce della luna.

Tirò fuori dalla tasca del giubbotto il cellulare e chiamò l'unica persona con cui aveva voglia di parlare in quel momento.

«Federì» sentì rispondere la voce di Danilo Cataldi dopo un paio di squilli, calda, rassicurante, allegra.

«Ho fatto una cazzata» mormorò, un misto tra una domanda e un'affermazione.

Sentì l'amico sospirare dall'altra parte del telefono, «Vuoi la verità?» gli chiese.

«Assolutamente.»

«Hai fatto una cazzata - affermò. Lui, personalmente, non avrebbe mai esultato contro una sua ex squadra, meno che mai contro la squadra che l'aveva cresciuto, come aveva fatto la Fiorentina con Federico - Perché l'hai fatto?»

«Ma che ne so, Danì - rimasero per qualche attimo in silenzio, Federico impegnato a cercare di mettere insieme le parole per articolare alla meglio i pensieri che gli affollavano la mente e Danilo pazientemente in attesa che lui parlasse, senza mettergli pressione - Non hanno fatto altro che fischiarmi. Ogni volta che prendevo palla cominciavano i fischi, e gli insulti. E quando ho visto la palla dentro alla porta mi è venuto naturale esultare, ma non per il goal in sé, ma perché sono riuscito a dimostrare che nonostante tutto sono riuscito a fare il mio lavoro.»

Non sapeva nemmeno se quello che aveva appena detto avesse senso o meno, né tanto meno sapeva se Danilo era riuscito a capirlo.

«Mi odieranno ancora di più dopo stasera. Se possibile» aggiunse, sorridendo tristemente.

«Fede, devi capire che è normale che ti odino e che ti fischino. Che cosa ti aspettavi, che ti accogliessero a braccia aperte? Si sentono traditi da te. Si sentono traditi perché dopo tutte le tue promesse alla fine li hai abbandonati, te ne sei andato. Loro non lo sanno perché sei andato alla Juve, pensano che tu li abbia traditi, preferendo vestire i colori di una squadra - che tra l'altro sai bene come viene vista a Firenze - che ti può dare soddisfazioni, invece che continuare a vestire i colori viola, rimanendo nella mediocrità.»

«Non è così.»

«Lo so, Fede, io lo so che non è così, ma loro no.»

Il trentatré chiuse un occhio e alzò il pollice della mano destra - quella con cui non teneva il telefono - verso la luna.
Gliel'aveva insegnato Alice.
Quando stavano lontani perché lui doveva partire per una qualche trasferta o per gli impegni con la Nazionale, gli aveva detto di guardare la luna e «In qualsiasi parte del mondo tu sia, se alzi la mano verso il cielo e chiudi un occhio, vedrai che la luna non è mai più grande del tuo pollice. L'ho visto in un film. Mi fa pensare che nonostante tutto non siamo poi così distanti, visto che almeno siamo sotto la stessa luna» gli aveva spiegato.

«Stai pensando ad Alice?» azzardò Danilo.

«Sì. Non voglio nemmeno immaginare come l'avrà presa. Già mi odia così, figuriamoci adesso...»

«Non ti odia» affermò, sicuro.

«Forse hai ragione, forse non mi odia, ma semplicemente le sono totalmente indifferente.»

«Ci hai parlato? Parlarci seriamente, dico.»

«Non c'è mai modo...»

«A Federì, non devi aspettà il modo - lo interruppe Danilo. Quando perdeva la pazienza il suo accento romano cominciava sempre a farsi sentire di più rispetto a quando parlava normalmente - Lo devi trovare e parlare con lei, seriamente. Ma che c'hai, che fine ha fatto il Federico che conoscevo? Te ne stai fermo a guardà? Vattela a riprendé!»







Buonasera a tutti.

Questo capitolo era dentro alla mia testa da mesi e finalmente sono riuscita a metterlo per iscritto e farvelo avere.

Spero vi sia piaciuto e chiedo perdono se ho perso qualche errore per strada.

Allora... ho un po' di cose da dire.

Comincio da qua: vi avevo detto che per le partite mi sarei attenuta alla realtà; Fiorentina-Juventus di cui ho parlato qua è la partita di ritorno che si è giocata qualche mese fa, ma nella storia è l'andata.
Ho dovuto fare questo "cambiamento" per questioni di diciamo comodità legate alla trama.
Il risultato, i marcatori e il resto (occasioni, rigore annullato) è tutto come nella realtà.

Per quanto riguarda la frase sulla luna: è una citazione del film Dear John che penso abbiate visto tutti.

La gif l'ho scelta perché l'espressione di Federico mi sembrava abbastanza sofferente da rispecchiare il suo stato d'animo lungo tutto il capitolo.
Spero piaccia.

Basta così direi.

Che cosa vi aspettate accadrà?

Stellinate e commentate, se vi va, perché mi fa solo piacere.

Vostra,

M.

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