Quando quello stesso pomeriggio il mister mandò tutti negli spogliatoi alla fine dell'allenamento, Federico, invece di seguire i suoi compagni e andare a cambiarsi, prese il corridoio che portava alla sala da boxe.
Impiegò meno di un minuto a sistemarsi le fasciature - era meglio non rischiare di ridursi le nocche della mani a come se le era ridotte Mario - e poi cominciò a dare dei colpi decisi al sacco, fermandosi di tanto in tanto per riprendere fiato o per spostare il ciuffo che continuava a ricadergli sul viso.
La sessione di allenamento di quel pomeriggio non lo aveva per niente stancato, tutt'altro, e quando il mister li aveva mandati a cambiarsi gli sembrava di aver cominciato neanche un'ora prima.
Le uniche soddisfazioni di quella giornata erano stati i goal che era riuscito a fare su punizione a Buffon: uno nell'incrocio dei pali - oggettivamente quello migliore -, uno facendo passare la palla sotto alla barriera e l'altro entrato in porta grazie ad un rimbalzo che aveva ingannato il portiere sulla traiettoria del tiro.
Voleva tornare a casa stanco morto, così avrebbe potuto andarsene direttamente a letto a dormire invece di passare la serata a pensare ed autocommiserarsi.
Sentiva le mani e i muscoli delle braccia ad ogni colpo sempre più stanchi, gocce di sudore gli imperlavano la fronte, ma non aveva intenzione di smettere, quello era l'unico modo per dar sfogo a tutto il mare di emozioni che teneva dentro.
Come se le cose non fossero già state abbastanza difficili di loro, ci si era dovuto mettere in mezzo pure Dybala.
Ma non lo biasimava, no di certo.
Non era colpa sua se Alice era meravigliosa e riusciva a piacere a chiunque, senza nemmeno sforzarsi.
Non era colpa sua se era capace di metterti di buon umore con un semplice sorriso, se sapeva conquistarti con uno semplice sguardo con quegli occhi azzurri che si ritrovava, se sapeva essere fragile, forte, divertente, sensuale allo stesso tempo.
No, non poteva di certo biasimare il compagno di squadra se si era infatuato di lei, poteva solo incolpare se stesso di essersela fatta sfuggire e di non avere la minima idea su come riprendersela.
Diede un pugno talmente forte che lo fece imprecare: «Cazzo!»
Si prese la mano dolorante con l'altra, stringendo le labbra per il dolore e la tenne così per qualche secondo, fino a che il dolore non sembrò alleviarsi.
Prima di ricominciare decretò che fosse meglio infilarsi i guantoni.
Federico non era uno che mollava al primo ostacolo, era uno che l'ostacolo lo abbatteva quasi senza farci caso e, se non ci riusciva la prima volta, continuava a provare e provare fino a quando non raggiungeva il suo obiettivo.
Era testardo, incrollabile, era fatto così, sia nella vita sia sul campo da gioco.
Era un leone, questo gli aveva detto una volta Alice.
Andava sempre a vederlo giocare quando la Fiorentina era in casa e quel giorno l'aveva aspettato fuori dagli spogliatoi assieme alle altre fidanzate e mogli dei suoi compagni di squadra e, una volta saliti in macchina, gli aveva detto - ancora si ricordava perfettamente le esatte parole -: Sembravi un leone oggi in campo, Fede.
Lui l'aveva guardata ridendo e lei gli aveva spiegato il perché di quell'affermazione: non aveva la fascia al braccio, ma visto da fuori sembrava il capitano, un po' come il leone che è a capo del branco e poi, i capelli così lunghi, sembravano quasi una criniera.
Non sapeva cosa fare, non aveva la minima idea di come farsi perdonare da lei.
Era come se si fosse costruita uno scudo per tenerlo il più lontano possibile da sé.
«Non voglio pensare al poverino che ti stai immaginando di colpire al posto di quel sacco.»
Federico si girò verso la voce alle sue spalle, che aveva riconosciuto subito come quella di Andrea.
«Meglio che non te lo dica» sorrise.
«Non è che per caso sono io?» gli domandò il difensore, portandosi una mano al petto.
Federico scoppiò a ridere, negando con la testa.
«Meno male - sospirò sollevato -, perché sei davvero bravo.»
«È tanto che sei qui?»
Dissentì, «Stavo uscendo, Giorgio mi ha detto che quasi sicuramente eri qui» gli spiegò, guardandolo intensamente negli occhi - Ascolta, Federico, forse ti sembrerò noioso, e ci sta che tu lo pensi, ma mi preme richiedertelo: è tutto a posto? Se vuoi possiamo andare a prenderci qualcosa e parliamo.»
«Ti ringrazio - disse togliendosi i guantoni e lasciandoli cadere per terra -, però è tutto a posto.»
«Va beh - si arrese l'altro -, allora io me ne vado. Ci vediamo domani.»
Federico si prese la testa tra le mani, scombinandosi i capelli e poi riportandoli indietro con noncuranza.
«Andre, aspetta! - lo richiamò e il difensore tornò a voltarsi, con un sorriso disegnato sulle labbra - Forse una birra non farebbe male» disse stringendosi nelle spalle.
Parlarne con qualcuno non poteva che fargli bene, almeno si sarebbe tolto un peso di dosso.
Il sorriso di Barzagli si allargò, «Vatti a fare una doccia, ti aspetto nel parcheggio!»
Mezz'ora dopo erano seduti uno di fronte all'altro ad un tavolino del bar che aveva scelto Andrea, con due birre davanti.
Avevano preso quello più in disparte, per avere maggior privacy e poter parlare tranquillamente.
«Certo che estorcere una parola a te è davvero faticoso» commentò scherzosamente il numero quindici.
Federico alzò lo sguardo dalla bottiglia che teneva tra le mani e gli sorrise.
«È complicato - prese un sorso di birra mentre Andrea continuava ad aspettare pazientemente che iniziasse a parlare. Sospirò, non sapeva seriamente da dove incominciare - Hai presente Alice?»
«Alice? Quella bella ragazza che lavora per il presidente?»
Federico sorrise, non si sbagliava quando diceva che piaceva a tutti.
«Ci siamo conosciuti a Firenze, tre anni fa ormai. Siamo stati insieme due anni.»
A volte gli sembrava che quei due anni se li fosse solo immaginati nella sua testa, che non erano mai esistiti nella realtà.
«Perché ti ha lasciato?»
«Come fai a sapere che è stata lei a farlo?» domandò alzano le sopracciglia.
«Perché, dalla tua espressione da cane bastonato, capisco che se dipendesse da te ora saresti con lei invece che a bere birra con questo vecchio» rispose indicandosi con le mani.
Nonostante tutto Federico riuscì a sorridere.
«Che cos'hai combinato?»
Prese un respiro profondo, cercando di riordinare tutto il mare di parole che erano rinchiuse dentro alla sua testa.
«Sono andato a letto con un'altra - Barzagli aprì la bocca, ma la richiuse subito dopo, preferendo non interromperlo - Prima di andare in ritiro, una sera sono uscito con alcuni dei ragazzi della squadra. Siamo andati in una discoteca di Firenze. Tutto quello che ricordo di quella notte è che ho bevuto troppo, dopo ho avuto come un… blackout. La mattina mi sono svegliato in una camera che non conoscevo, a letto con una ragazza che non era Alice» fece una pausa, la voce si gli era incrinata.
Andrea continuava ad ascoltarlo senza mettergli fretta, senza fare domande.
«Sono uscite delle foto, di me che uscivo da casa di Veronica e poi anche foto sue.»
«Veronica sarebbe quella…?»
Il ragazzo annuì prima ancora che Andrea avesse terminato la domanda.
«La conoscevo da tanto tempo, avevamo un gruppo di amici in comune e quando uscivamo insieme c'era anche lei. Ma per me tutto finiva lì, non l'ho mai considerata più di una conoscente, non l'ho mai guardata in quel modo - scosse la testa sconsolato - Mi sento così patetico. Ho rovinato due anni di relazione per cosa? Per una notte di sesso. Cristo - sbottò - Non ho mai dato la colpa a lei perché le cose si fanno in due, però lo sapeva benissimo che ero fidanzato e chiunque si sarebbe accorto che ero ubriaco fradicio, qualsiasi cosa io abbia fatto poteva fermarmi.»
«Probabilmente, se tu non provavi niente, lei sì - suppose Andrea - Senti, Fede, scusa la domanda, ma non ti ricordi proprio niente?»
«No, niente.»
«Non ti è mai venuto in mente che potrebbe non essere successo niente?»
«E' stata la prima cosa che le ho chiesto quella mattina» annuì Federico.
Magari ti ha solo detto una bugia, avrebbe voluto dirgli Andrea.
«E Alice come ha fatto a scoprirlo?»
«Ha visto le foto su Internet.»
«Dopo cos'è successo?»
«Io ero in ritiro con la Fiorentina e lei era via con i suoi per le vacanze. L'ho chiamata al telefono, le ho mandato dei messaggi, ma non ha mai risposto. Quando è tornata a casa sono andato da lei. Non sapevo nemmeno cosa dirle. Mi dispiace per aver fatto il coglione? Scusa, ho bevuto troppo e sono finito a letto con una? E' stata l'ultima volta che l'ho vista e che abbiamo parlato, parlato per modo di dire perché lei, credo anche giustamente, non voleva più nemmeno sentire la mia voce. Sapevo che non mi avrebbe mai perdonato, poi è partita per Torino e l'unica cosa che mi sembrava giusta da fare era dimenticarla. Penso che non ci sia niente di più difficile che cercare di dimenticare qualcuno che ami. Tutte le volte che mi succedeva qualcosa era a lei che volevo telefonare per raccontarglielo. Quando segnavo era lei che cercavo in tribuna con lo sguardo. Mi mancava, e mi manca, tutto di lei - girò la testa di lato, posando gli occhi in un punto a caso del bar - Non so se ti sembrerò sdolcinato, patetico o che altro, ma ti giuro Andrea che è dalla prima volta che ho incontrato i suoi occhi che ho capito che lei era - che lei è - quella giusta per me.»
Lui sorrise, capendo perfettamente cosa intendesse dire e non trovandolo né sdolcinato né patetico, solo innamorato.
«Che cos'hai intenzione di fare?»
Federico aggrottò le sopracciglia, «Cosa vuoi che faccia? Mi ha detto chiaramente che sta meglio senza di me.»
«Anche mia moglie mi dice che sta meglio quando sono in ritiro, ma prontamente tutte le volte che sono via mi chiama, videochiama, mi scrive dicendo che le manco. Tu l'hai ferita, magari ti avrà anche detto che non ti amava più, ma permettimi di dirti che due anni di relazione non si dimenticano facilmente e l'amore, se è vero amore, non passa via così facilmente. Voglio solo dire, Federico, che a volte le persone, una volta che si sono scottate, tendono a pensarci due volte prima di ricascarci.»
«Adesso penso di sapere chi era il poverino che ti immaginavi prima al posto del sacco» esordì poi il difensore.
Federico alzò la testa.
«Paulo?»
L'attaccante sbuffò, per poi annuire.
«Dovresti dirglielo.»
«E cosa dovrei dirgli? Di non provarci con la mia ex ragazza perché la amo ancora?»
«Io penso che capirebbe.»
Federico scosse la testa.
«Come vuoi. Però con Alice ci devi parlare.»
Fosse facile farsi ascoltare da lei, pensò il carrarino.
Continuarono a bere in silenzio, poi Andrea alzò lo sguardo dalla bottiglia e guardò Federico, «Dimmi la verità, Fede, sei qui per lei?»
Buon pomeriggio a tutti!
So perfettamente di pubblicare dopo un'eternità e mi dispiace seriamente, dico davvero.
È stato un periodo veramente impegnativo su vari fronti e nonostante continuare a scrivere fosse tra le mie priorità non sono riuscita a trovare un attimo libero per farlo.
Le acque sembrano essersi calmate e spero di riprendere il prima possibile il ritmo.
Comunque, tornando alla storia, eccovi un capitolo tutto su Federico che, finalmente, si sfoga con niente di meno che Andrea Barzagli.
Scusate eventuali errori.
Aspetto i vostri commenti, sono curiosa di sapere cosa ne pensate.
Un abbraccio e alla prossima!
Vostra,
M.