Potremmo ritornare

By letsforgethim

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«Io qua non ci voglio più stare» aveva pensato Alice, ormai un anno prima. E se n'era andata via veramente, a... More

1. Il Murphy's
2. Occhi verdi
3. L'amore è una maledizione
4. Colazione e chiacchiere
5. Tanti perché
6. Soliti venerdì
7. Ciuffo ribelle
8. Allianz Stadium
9. Scherzo degli astri
10. Vinovo
11. Scelte
12. È stato un piacere conoscerti
13. A pranzo con Higuain e Dybala
15. Due anni della mia vita
16. Sonya
17. Fortunata al gioco, sfortunata in amore
18. Ti piace Paulo?
19. Sei qui per lei?
20. Morto un papa se ne fa un altro
21. Countdown
22. Chi è quella?
23. La quiete prima della tempesta
24. Non gli piacciono le bionde
25. Mi fai stare bene
26. Il lunedì più lunedì di sempre
27. Sotto la stessa luna
28. Un ufficio per due
29. L'ora della verità
30. Non ti merita
31. Una serata in discoteca
32. Quant'è piccola Torino
33. Mi vuoi baciare?
34. Firenze
35. Ci sono storie senza lieto fine
36. Italia-Svezia
37. L'arte di saper perdonare
38. Tensione
39. Occhio per occhio, dente per dente
40. Amici
41. Invito a cena
42. Dimenticami
43. Incontri inaspettati
44. La verità
45. Pelle contro pelle
46. Tu vali la pena
47. Quando tutto torna alla normalità
48. Al centro dell'attenzione
49. Un nuovo capitolo della sua vita
50. Juventus-Real Madrid
51. In famiglia
52. Dove tutto ha avuto inizio

14. Una come lei

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By letsforgethim

Scoccate le cinque Alice era passata dall'ufficio di Michela per salutarla prima di scappare via da lì, un po' come Cenerentola che, una volta scoccata la mezzanotte, era corsa giù per le scale per scappare via dal palazzo.

Con la differenza che lei, fortunatamente, non aveva perso nessuna scarpa per strada e che né i suoi vestiti si erano trasformati in stracci e né, tanto meno, la sua auto in zucca.

E nessun principe le era corso dietro.

Seduta in macchina si era resa conto di quanto quella giornata l'avesse sfinita, fisicamente e mentalmente, tanto che le era persino passato di mente che era - ancora - lunedì e che quella sera ci sarebbe stata la puntata del Grande Fratello, probabilmente l'unica ragione per cui non si sarebbe immediatamente buttata sotto le coperte per dormire una volta arrivata a casa.

Se fosse arrivata a casa.

Le vie della città erano intasate di automobili e autobus: chi come lei stava tornando a casa dal lavoro, genitori che stavano tornando a casa dopo aver ritirato i propri figli da scuola o qualcuno che semplicemente era uscito per fare un giro.

Quando usciva dal lavoro più tardi non c'era tutto quel traffico e impiegava la metà del tempo per tornare a casa.

Era ferma all'ennesimo semaforo rosso - su cinque beccati fino a quel momento tutti e cinque erano stati di color rosso; la sua solita fortuna, aveva pensato rassegnata -, spense la radio e decise di chiamare Giulia.

Collegò il cellulare alla macchina grazie al Bluetooth e mise in vivavoce.

La sua amica rispose al terzo squillo.

«Ehilà» salutò.

«Stai mangiando?» le chiese Alice sentendo dei rumori di sottofondo.

«Fì - sputacchiò facendola ridere – Tu dove fei?»

«In macchina. Sto tornando a casa.»

Giulia biascicò qualcosa che Alice non riuscì a capire.

«Non ho capito niente, Giu.»

L'amica, dall'altro capo del telefono, ripeté la frase che però Alice nuovamente non riuscì a comprendere.

«La smetti di masticare che non si capisce un cazzo? Altrimenti spengo e ti chiamo dopo.»

La sentì ridere e «Ti ho chiesto - ripeté una volta finito di masticare - com'è andata la giornata.»

«Una meraviglia» rispose ironica e le fece un breve riassunto di quello che era successo, concentrandosi principalmente sul pranzo che aveva condiviso con i giocatori della Juventus.

Giulia rimase in silenzio, attenta ad ascoltare le parole dell'amica.

Quando Alice finì il suo resoconto esordì con un «Ma chi si crede di essere quello là? Che è tutta questa sfacciataggine?», riferito al numero dieci della Juventus.

Anche se la sua interlocutrice non poteva vederla, Alice si strinse nelle spalle.

Era proprio da lei gesticolare mentre parlava, specialmente quando era al telefono.

«Però è simpatico - decise di difenderlo - Insomma, da quel poco che ho visto. E anche Higuain lo è» aggiunse.

«Non avrei mai pensato che un giorno tu, Alice Lombardi, saresti arrivata al punto di difendere quei due» dichiarò Giulia.

Il numero nove e dieci bianconero erano sempre stati i loro bersagli preferiti - specie quando giocavano contro la loro squadra -, riempiti sempre di insulti ed epiteti che facevano ridere tutti quelli che le ascoltavano.

«Non li sto difendendo, ho semplicemente detto che come persone non sembrano male. In campo credo che niente mi potrà evitare di odiarli» ammise facendo ridere Giulia.

Alla rotonda prese la seconda uscita e sbuffò vedendo quella che le sembrava una fila immensa davanti a sé.

Si ripromise di non uscire mai più alle cinque esatte dal lavoro.

«C'è un traffico assurdo» sbottò.

«Sei te che sei voluta andare a Torino.»

«Come se Firenze fosse meno trafficata.»

«Potevi trasferirti… che so, a Moncalvo.»

«Moncalvo

«Sì, ho scoperto che è la città più piccola d'Italia.»

«No, io voglio fare come Napoleone: voglio finire in esilio a Sant'Elena.»

Non sarebbe stato male, pensò, finire su un'isola lontano da tutto e da tutti.

Sparire.

«Quanto sei scema?» domandò Giulia, scoppiando a ridere seguita a ruota da Alice.

«Comunque - proferì, un pochino titubante, quando finalmente riuscì a smettere di ridere - Domani sera ho un appuntamento.»

«E cosa aspettavi a dirmelo?» chiese Alice ferma al semaforo numero sette.

«Ecco… - si fermò per cercare di mettere insieme i pensieri. La verità era che avrebbe voluto parlargliene dal primo momento che il ragazzo in questione glielo aveva chiesto. Come sempre voleva che Alice fosse la prima persona a saperlo ma, allo stesso tempo, non voleva che dicendoglielo lei tornasse a pensare a Federico e alla loro relazione, non più di quanto immaginava stesse già facendo - Tu sei sempre super impegnata con il tuo lavoro e non volevo darti altro a cui pensare.»

Era solo una scusa e Alice lo sapeva bene.

«Andiamo, dimmi tutto.»

«Si chiama Andrea, frequentiamo insieme Antropologia culturale.»

Lo descrisse velocemente: era alto, capelli castani e occhi verdi.

Era intelligente - Uno dei pochi ragazzi intelligenti che mi è capitato di conoscere, precisò -, spigliato e divertente.

Le piaceva parlarci, avevano la stessa opinione quasi su tutto e andavano d'accordo, c'era una bella sintonia.

«Sono contenta, Giu, davvero. Chiaramente mi dovrai raccontare tutto nei minimi dettagli.»

«Grazie, Ali, sarà fatto!» disse e, prima di perdere il coraggio, aggiunse: «E Fede, l'hai visto?»

Alice era finalmente arrivata, parcheggiò la macchina e afferrò il cellulare, scollegando il Bluetooth e infilandolo tra la spalla e la guancia sinistra, in modo da avere le mani libere.

Prese la borsa e chiuse l'auto con la chiave che teneva nell'altra mano.

«Sì - mormorò cercando di dare alla sua voce un tono più distaccato possibile - La mattina era in campo assieme agli altri e a pranzo è entrato in mensa con Barzagli.»

«Non… non avete parlato?» le domandò Giulia e la sentì sorridere.

«Di cosa dovremmo parlare? E comunque no. Ti ho già detto quello che è successo mentre aspettavo Nicola qualche giorno fa, e quello è tutto.»

Giulia non sapeva che dirle.

Appoggiò il mento sulla mano e sospirò.

Non erano loro ragazze ad essere incomprensibili, pensò, erano i maschi ad esserlo, oltre che ad essere dei perfetti idioti.

Terminata la chiacchierata, Alice spense la chiamata.

Quando entrò in casa Sara era accoccolata sul divano con una coperta addosso, intenta a guardare la televisione.

«Ciao!» la salutò senza distogliere lo sguardo dallo schermo.

«Ciao, Sara. Vedo che sei di ottimo umore» scherzò.

«Lascia stare, Ali, è stata una giornata di merda» sbuffò appoggiando la testa al divano sconsolata.

«A chi lo dici!»

Sara si voltò a guardare Alice.

Era un bene che almeno qualcuno la capisse.

«Almeno stasera abbiamo il nostro Malgioglio a regalarci un po' di risate» asserì e si sorrisero complici.

***

Era ormai buio pesto fuori quando Federico mise piede in casa.

Lasciò cadere il borsone per terra e si chiuse la porta del suo loft dietro le spalle.

Wendy e Spike - i suoi due bulldog inglesi - sentendolo arrivare gli corsero allegramente tra i piedi, felici di riavere il loro padrone a casa.

Sorrise dolcemente e si chinò ad accarezzare dolcemente i due cani, «Ehi.»

Loro due rendevano meno amaro il tornare a casa, almeno l'appartamento non era totalmente vuoto.

Dopo aver acceso la luce si tolse il giubbotto e andò verso la cucina, aveva bisogno di bere qualcosa.

Poi si sedette sul divano, Spike gli si accucciò ai piedi, mentre Wendy lo seguì sul divano, poggiandogli il muso sulle gambe.

A volte pensava che fossero in grado di percepire la sua tristezza e volessero stargli accanto per consolarlo e, a modo loro, riuscivano a rubargli un sorriso e a non farlo sentire totalmente solo.

Nell'ultimo periodo gli sembrava che invece di vivere stesse semplicemente esistendo.

Niente andava come avrebbe voluto che andasse: dava il massimo durante gli allenamenti, era tra i primi ad arrivare e tra gli ultimi ad andare via, ma Allegri riusciva a trovare sempre una qualche scusa per tenerlo a scaldare la panchina; se pensava alla sua vita amorosa, poi, c'era da stendere un velo pietoso.

Non pareva esserci neanche una minima probabilità che Alice lo ascoltasse, visto com'era andata l'ultima, e unica, volta che ci aveva provato.

Non lo degnava di uno sguardo.

Possibile che si fosse dimenticata di lui, di loro?

Possibile che avesse smesso di amarlo?

Al solo pensiero il cuore gli si strinse in una morsa.

Dopo aver provato per mesi a parlarle, cercare di farsi perdonare, aveva certo di dimenticarla, anche se quella fase era stata una semplice parentesi durata meno di due settimane.

Aveva cominciato ad uscire tutte le sere, su consiglio di Milan Badelj e Luca Lezzerini - si ritenevano entrambi esperti in affari di cuore e gli avevano assicurato che in meno di un mese sarebbe già sparita sia dal suo cuore sia dalla sua mente -, aveva cercato di guardare le altre ragazze.

Inutile dire che la maggior parte del tempo lo aveva passato seduto al tavolino del locale di turno, da solo, mentre beveva un drink qualsiasi e guardava il telefono aspettando un messaggio o una chiamate che sapeva non sarebbero arrivate.

La verità era che lui una che non era Alice non voleva neanche guardarla.

Danilo glielo aveva detto, gli aveva detto che una come lei non l'avrebbe dimenticata vagando per i locali alla ricerca di una sua sostituta, gli aveva detto che due anni di relazione non si dimenticavano così, e aveva ragione.

E Federico lo sapeva, lo sapeva sin da subito che non sarebbe mai stato in grado di dimenticarla, forse poteva non pensarla per qualche ora, persino per un giorno intero, ma mai sarebbe stato capace di smettere di amarla.

Gli aveva detto che era meglio così, che era meglio che lui non facesse più parte della sua vita; ma lo pensava davvero?

Aveva bisogno di uscire, se rimaneva seduto ancora per qualche minuto rischiava seriamente di impazzire.

Scattò in piedi mentre i due cani lo guardavano curiosi.

Si infilò il giubbotto e il beanie - voleva evitare che qualcuno lo riconoscesse e lo fermasse per strada - e con un fischiò richiamo Wendy e Spike affinché lo seguissero.

Una corsetta avrebbe fatto bene a tutti e tre e, se avesse avuto un po' di fortuna - cosa che nell'ultimo periodo gli mancava - magari avrebbe potuto anche incontrarla.







Giusto orario questo per pubblicare, no?

Però il capitolo era già pronto, l'ho ricontrollato un paio di volte e penso - e spero - siate più contenti di averlo oggi che lunedì.

Allora... Anche in questo capitolo non succede granché, solo una piccola parentesi su quello che passa per la testa del nostro protagonista.

Piccolo spoiler: nel prossimo ci saranno Fede e Alice, insieme.

All'inizio i due cani non erano previsti come "personaggi" della storia, ma poi Federico ha cominciato a pubblicare su Instagram foto e storie con loro così ho deciso di inserirli, sia, come sempre, per cercare di rendere la storia il più verosimile possibile sia perché mi serviranno per un possibile progetto futuro.

Ultima cosa e ho finito: ho passato minuti a cercare una gif adatta e ho scelto quella perché Federico mi sembra pensieroso come lo è nel capitolo.

Perdonate questo spazio autore immenso.

Vi saluto dandovi la buonanotte, per qualsiasi cosa sapete dove trovarmi.

Vostra,

M.

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