Dear Diary - The Vampire Diar...

By Dottie93

151K 3.4K 1.6K

DELENA [AU: Tutti umani] Elena Gilbert è una ragazza di diciotto anni, all'ultimo anno di liceo, ch... More

Dear Diary
Today I saw a boy
And I wondered if he noticed me
He took my breath away
Diary, do you think we'll be more than friends?
I can't get him off my mind (parte 1)
I can't get him off my mind (parte 2)
And it scares me (parte 1)
And it scares me (parte 2)
'Cause I've never felt this way (parte 1)
'Cause I've never felt this way (parte 2)
Does he know what's in my heart? (parte 1)
Does he know what's in my heart? (parte 2)
Should I tell him how I feel...? (parte 1)
Should I tell him how I feel...? (parte 2)
I thought he smiled at me (parte 1)
I thought he smiled at me (parte 2)
As he walked by (parte 1)
As he walked by (parte 2)
As he walked by (parte 3)
As he walked by (parte 4)
Now I can't wait to see that boy again (parte 2)
Now I can't wait to see that boy again (parte 3)
Now I can't wait to see that boy again (parte 4)
Now I can't wait to see that boy again (parte 5)
One touch of his hand (parte 1)
One touch of his hand (parte 2)
One touch of his hand (parte 3)
One touch of his hand (parte 4)
One touch of his hand (parte 5)
One touch of his hand (parte 6)
So, diary, I'll confide in you (parte 1)
So, diary, I'll confide in you (parte 2)
So, diary, I'll confide in you (parte 3)
So, diary, I'll confide in you (parte 4)
He smiled (parte 1)
He smiled (parte 2)
He smiled (parte 3)
He smiled (parte 4)
And I thought my heart could fly (parte 1)
And I thought my heart could fly (parte 2)
No one in this world knows me better than you do (parte 1)
No one in this world knows me better than you do (parte 2)
Please, tell me what to say (Parte 1)
Please, tell me what to say (Parte 2)
Please, tell me what to say (Parte 3)
Diary, tell me what to do (parte 1)
Diary, tell me what to do (parte 2)
Diary, tell me what to do (Parte 3)
...or would that scare him away? (Parte 1)

Now I can't wait to see that boy again (parte 1)

1.7K 59 4
By Dottie93

La verità è una cosa meravigliosa e terribile, e per questo va trattata con cautela.

J.K. Rowling – Harry Potter e la Pietra Filosofale


4 Gennaio

Caro diario,

sono passati dieci giorni da quando Damon è partito per le sue vacanze, e io li ho passati a studiare, e credo che sia l'unico lato fruttuoso di questo periodo, visto che Caroline si è vaporizzata quasi completamente - se non per mettermi in testa strane idee, come sempre -, Bonnie è ancora da sua madre e le uniche occasioni che ho di sentirla sono sporadiche telefonate quando non abbiamo entrambe altri impegni.

E io mi destreggio tra le telefonate sue e quelle che vorrei fare al mio ragazzo ogni dieci minuti.

La mattina che Damon è partito mi sono svegliata nel letto da sola, e devo ammettere che i primi venti secondi in cui mi sono resa conto che lui non c'era ci sono rimasta davvero di merda, pensavo che ci saremmo almeno salutati, o che almeno gli sarebbe venuto in mente di svegliarmi per farmi sapere che se ne andava, che magari ci saremmo rotolati nel letto un'altra volta...

Immagino che abbia fatto la scelta giusta, decidendo di non farlo, perché non penso che sarebbe mai andato via, se ci fossimo anche solo guardati negli occhi, avremmo solo finito per passare un'altra giornata tra le lenzuola.

Non che mi sarebbe dispiaciuto...

La Vigilia di Natale è stata una giornata veramente strana, in un certo senso, non lo so ancora perché non riuscivamo a staccarci e non la finivamo più di fare l'amore, ma è stata anche magica. Non penso di aver passato mai, nella mia vita, una giornata bella come quella, soprattutto perché si è aperto tantissimo con me.

Non ce l'ho avuta con lui soprattutto perché ho trovato una rosa sul cuscino dove aveva dormito con un biglietto - dove abbia trovato il tempo e i mezzi di fare una cosa del genere proprio non lo so, ma sono felice che gli sia passata per la testa una cosa tanto romantica -, in cui mi augurava il buongiorno, in modo veramente dolcissimo, con la sua calligrafia un po' piegata da una parte ed elegante, e non l'avevo mai vista. Ha scritto: "Buongiorno amore" e io penso di aver smesso di respirare per un minuto buono.

Non lo facevo uno da simili nomignoli sdolcinati ma, se non sbaglio, mi ha chiamata in questo modo anche mentre eravamo in intimità, e devo ammettere che la cosa mi piace molto. Al messaggio in cui gli ho scritto "Buongiorno a te" con un cuoricino ha risposto con una linguaccia, giusto per chiarire che non può essere dolce più di una volta ogni ventiquattro ore o rischia di beccarsi il diabete.

Ma riesce a essere dolce ugualmente, sono cose da lui.

In questi ultimi giorni, oggi in particolare, non abbiamo parlato moltissimo, ma penso proprio che voglia un po' godersi la sua famiglia, visto che da quando è arrivato a Mystic Falls l'ho praticamente monopolizzato, anche se ammetto che mi manca da morire.

Ero abituata ad averlo sempre intorno, in qualche modo, e se non eravamo insieme ci stuzzicavamo un po' per telefono, adesso ci sentiamo praticamente solo la mattina o solo la sera, anche solo per un messaggino del buongiorno o della buonanotte.

Devo ammettere che da una parte mi conforta molto perché vuol dire che sta mantenendo la promessa di pensarmi, dall'altro mi piacerebbe sentire la sua voce un po' più spesso.

L'ho chiamato un paio di volte negli ultimi giorni, mi mancava un sacco, ma l'ho sempre preso nei momenti sbagliati, in cui la sua cuginetta reclamava la sua attenzione e così abbiamo parlato poco per cause di forza maggiore.

Devo ammettere che, dal momento che nessuno dei due è un tipo da telefono - lui, d'altra parte ha passato undici anni ad evitare telefonate con la sua stessa famiglia -, anche quando è più libero non va tanto meglio: la conversazione scema presto nel silenzio.

La verità è che mi trovo a disagio, perché non so bene di cosa parlargli, i primi giorni era più facile: vorrei dirgli centomila cose, ma chissà perché alla fine non riesco, mi domando sempre se sia importante, o cose del genere, e finisce che non ci diciamo niente.

Credo che anche lui la pensi come me, in fondo siamo simili per parecchie cose, non mi stupirebbe sapere che è così anche per questa, non ho dubbi che ci sia un motivo simile dietro a tutto questo imbarazzo: eravamo normalissimi anche dopo essere stati a letto insieme, anzi forse eravamo più complici di prima.

Non mi preoccupa l'idea che si senta spaventato dal fatto che sia così coinvolto, in materia sentimentale, in fondo non gli è costato niente - anzi! - darmi il braccialetto con il Nontiscordardime che non ha esattamente un significato banale, e lui me l'ha regalato con questo scopo: potermi dimostrare ciò che non riesce a dire apertamente.

Ma perché di persona è così tanto facile, mentre per telefono no?

Mi piacerebbe vederlo, in realtà. E sì, so che è la cosa che ho scritto di più negli ultimi dieci giorni, ma vorrei tanto, anche se so che non è esattamente possibile, visto che lui ha deciso di essere contro Facebook, su cui almeno ci saremmo potuti permettere una videochiamata.

A proposito di Facebook proprio stamattina sua cugina Arianna mi ha chiesto l'amicizia. Ce ne ho messo di tempo prima di capire che era lei, perché non ricordavo il suo nome, poi ho visto che l'unico amico in comune che abbiamo è Stefan e ho cominciato a collegare i puntini.

Lo so, sono sveglia, ma in mia difesa posso dire che non fa Salvatore di cognome, dev'essere figlia di qualche sorella del loro padre.

In ogni caso, ho accettato, non perché la conosco o l'abbia mai sentita anche di sfuggita nemmeno in sottofondo quando ci siamo telefonati io e Damon, ma perché volevo farmi un po' gli affari suoi, lo ammetto: ero curiosa.

Ho scoperto che studia all'Università di Firenze, ma non so cosa perché non ho ben capito, la pagina era in Italiano e Google Translate non è esattamente attendibile, ma ho avuto la conferma che ha un fidanzato, si chiama Alessandro e stanno insieme da anni.

La cosa però che mi interessava di più erano le foto della loro vacanza. E sì, so anche che suono maniacale o paranoica, o peggio, ma non ci posso fare niente: mi sento già abbastanza stupida senza che ci si metta anche il mio diario a giudicarmi. Comunque, la cosa importante è che c'era un album fatto appositamente per le foto di Disneyland.

Non ho visto un parco giochi più parco giochi di quello, non so se mi spiego: mi sono sentita di nuovo una bambina piccola desiderosa di provare tutte le giostre. Diciamo che mi sono ritrovata ad invidiare Damon come non penso di aver invidiato mai niente a nessuno: scommetto che si stanno divertendo un sacco.

Purtroppo, le uniche foto dove c'è anche lui sono prese di sorpresa e in effetti dubito che si sarebbe prestato volontariamente. So per esperienza quant'è difficile convincerlo a farsi una foto e non capisco perché, visto che è così bello... chissà come ama farle, ma non a se stesso.

Peccato: non è mai rivolto verso l'obiettivo ed è sempre con qualcun altro, però anche il suo profilo si lascia guardare, non ho niente da dire a riguardo.

In compenso, anche se non lo sento molto, è un altro Salvatore quello che si è rivelato essere un chiacchierone attraverso la cornetta. Sono rimasta stupita perché, normalmente, Stefan è taciturno anche di persona, e invece a quanto pare, le vacanze dalla zia gli hanno sciolto la lingua.

All'inizio credo fosse perché era solo e si annoiava a morte, in casa, dopotutto suo fratello l'ha piantato dopo appena una settimana - mi ha confessato che è il massimo che è riuscito a sopportare, e che forse era pure troppo, per fortuna che aveva la prenotazione dell'aereo o sarebbe impazzito.

E si sa che Damon quando si scoccia non ha nemmeno più i filtri base che si concede normalmente, perciò forse è meglio che sia in un altro continente, almeno per suo fratello e per sua madre.

Per adesso il mio migliore amico si è limitato a visitare il posto, ma quel che mi ha stupito è che ha conosciuto una ragazza, cioè... Stefan, non è assurdo? So che non dovrebbe esserlo, ma è solo e lei è, a quel che mi ha detto, in una situazione simile alla sua.

Si chiama Valerie, è francese come Mary - e si sa che queste cose portano più fascino di quanto ce ne sia in realtà -, ed è qui in Virginia per una vacanza in famiglia a cui voleva assolutamente evitare di partecipare. Scommetto che adesso è più contenta, lui dice che vanno molto d'accordo e che insieme si trovano bene, mi fa piacere che Stefan si trovi con qualcuno, anche se dovrà ritornare a casa sua quando le vacanze saranno finite.

Da come ne parla tutto infervorato, credo che gli piaccia. Mi domando se questa non sia la fine della mia crociata Steroline, con la mia migliore amica che ancora va dietro a Klaus - la sera di Natale, per esempio, hanno pomiciato dopo il ballo, e devo dire che me lo immaginavo -, e il mio migliore amico che si trova una bella francesina per consolarsi.

Pazienza, l'importante è che siano felici entrambi. Spero solo che questo non complichi ulteriormente le cose, perché altrimenti chiamo un produttore e faccio inserire la trama della loro faccenda dentro Beautiful.

E questo mi porta a chiedermi se non debba più preoccuparmi del minore dei fratelli che del maggiore.

Soprattutto, devo parlarne a Damon?

So bene che sono pericolosi quando sono insieme: affidare Stefan a suo fratello non è una buona idea, per quanto il mio ragazzo abbia un certo istinto di protezione nei suoi confronti, a volte non sa veramente quand'è il momento di dire basta - è lo stesso che l'ha fatto ubriacare per avere un'idea sulla sua tolleranza alcolica, dopotutto.

Ancora non ho trovato una risposta, anche perché mi viene da pensare che dovrebbe essere lui stesso a condividere questa cosa, se gli va.

Io, intanto, per saggiare il terreno, ho detto a Care che Stefan potrebbe avere trovato una ragazza interessante, solo per vedere la reazione. So che dovrei farmi gli affari miei, ma voglio sapere se lei è interessata a Klaus, a Stefan o a entrambi, e se sì in che misura.

Voglio aiutarla a fare chiarezza, non è che sono solo un'impicciona come di sicuro sosterrebbe il mio ragazzo!

Lei ha fatto semplicemente spallucce con una smorfia poco convinta stampata in faccia. "Elena, sono cose che si fanno durante le vacanze! Sai che novità..." mi ha detto, con la sua aria indifferente. "Solo perché tu non le fai, non significa che non sia lecito."

"Non ho detto questo." le ho fatto notare, offesa.

Perché mi sembra sempre che, ogni volta che tiro fuori qualche argomento scottante, lei non si risparmi a darmi della santarellina?

"La verità è che il tuo è un grido d'aiuto." ha proseguito, ignorandomi del tutto. E devo ammettere che mi è caduta la mascella in terra: ora capisco che c'è una ragione, e valida se non le ho detto niente riguardo al fatto che sono andata a letto con Damon, sebbene lei l'abbia capito da sola e si ostini a voler sapere i dettagli. "Perché il fratello sbagliato ha un appuntamento, e tu non ne hai avuto uno con quello giusto. Sbaglio?"

Giuro, appena ha finito di dirlo, ho pensato che volesse litigare, a volte ha di questi momenti, quando le devono venire, e di solito l'assecondo sempre, perché me ne rendo conto.

Solo che questa storia dell'appuntamento è una spina che ho nel fianco da quando stiamo insieme per davvero, e non ho potuto fare a meno di prendermela.

"Che vorresti dire, scusa?" le ho chiesto, ed ero già sul piede di guerra.

Lei ha scosso le spalle. "Che se vuoi una cosa, te la devi prendere, signorinella." mi ha spiegato, come se mi avesse appena detto che due più due fa quattro. "Secondo me vuole che sia tu a chiederlo. Non c'è altra spiegazione. E non è carino portarti a letto e non pagarti nemmeno la cena!"

Ed ecco il modo di Caroline Forbes di portarti sempre dove vuole lei, sempre avara di pettegolezzi. Non ho parlato più, perché non sapevo proprio che dire: non era questione di cena! Ma davvero si prende in considerazione di andare a letto con un ragazzo solo dopo che ti ha offerto qualcosa?

A me non interessa se non andiamo fuori a far vedere a tutti quanto stiamo bene insieme, io lo amo e basta, non devo dimostrare niente a nessuno.

Penso che se Damon volesse un appuntamento, me lo chiederebbe e stop, dopotutto uno che non vuole assolutamente farmi pagare ogni volta che ci troviamo a fare qualcosa fuori, non si aspetterebbe che sia io a chiedergli... cosa, poi?

Di portarmi fuori a cena? Ma che modo è?

Oppure potrebbe essere che Caroline abbia ragione e che sia io, in definitiva, quella che di Damon non ha capito proprio niente, e devo ammettere che la cosa mi lascerebbe una strana sensazione. E non perché non mi vada giù che la mia migliore amica che lo conosce meno di me abbia capito più di quanto abbia fatto io, ma perché vorrebbe dire che sono un'idiota, se dopo così tanto tempo in cui siamo stati gomito a gomito, l'ha capito prima una che ancora dice di detestarlo, piuttosto che io.

La verità è che mi trovo impreparata. Non me lo immagino nemmeno un appuntamento vero con Damon! Dove mai potremmo andare? Sarebbe oltremodo imbarazzante farmi vedere al Grill a sbaciucchiarmi con il mio nuovo ragazzo quando il mio ex ragazzo serve il nostro tavolo. Proprio non potrei, e poi mi vergogno.

I baci di Damon sono una cosa che non si può descrivere, e non riesco mai a contenermi nemmeno in pubblico. Anzi, a sentire lui non mi contengo in niente che lo riguardi - tralasciando il modo in cui mi sono costretta a zittirmi l'ultima notte che abbiamo passato insieme, che credo finirà nella Top Ten dei momenti più imbarazzanti della mia vita -, ma è più forte di me... non mi basta un bacio a stampo.

Mi domando proprio cosa farò quando lo rivedrò. Ho già una vaga idea, spero solo che per allora le cose si siano movimentate un po' anche per via telematica.

Come se non bastasse tutto questo, mi sento anche una persona abbastanza orribile perché riesco solo a pensare a questo problema, che potrebbe sembrare stupido - e non c'è bisogno di sottolineare che lo è -, quando i miei sono in tensione da un paio di giorni, come succede tutti gli anni, vicino all'anniversario della morte di Katherine.

Tra l'altro, come tutti gli anni, non passa pasto che non si mettano a discutere per cose banali. Ormai io e Jer ci siamo abituati, ma non posso di certo dire che questa situazione mi piaccia: mi fa stare male avere tutta questa angoscia in casa, tanto che non me la sento nemmeno di uscire dalla stanza, e questo implica che ho tanto tempo per pensare alle inezie come un fidanzato che mi scrive solo la mattina o la sera e trovarla una catastrofe mondiale.

Se solo la mamma si decidesse a parlare di cos'è successo quel giorno, magari riuscirei a consolarla un minimo, ma perfino oggi quando ho provato a chiedere se potevo fare qualcosa per lei, si e trincerata dietro un sorriso di plastica e mi ha assicurato che va tutto alla grande, come se fossi scema e non capissi che è una bugia, e che lo dice solo nel tentativo di non farmi preoccupare, senza sapere che così è peggio anche per me.

Mio fratello mi ha consigliato di lasciar perdere, che tanto passeranno in ogni caso i prossimi tre giorni a sembrare "seduti su un letto di cactus", ma io non posso farci niente. Sarà che ho una curiosità morbosa sull'argomento da quando ho saputo che c'è qualcosa sotto, ma proprio non riesco a passarci sopra come lui, che sembra che niente possa turbarlo, tranne l'assenza di Bonnie.

Certo, almeno loro due hanno ancora delle comunicazioni vere, ma non era di questo che stavo parlando. Chissà come riesco sempre a tornare a Damon, in qualche modo, anche se detesto divagare.

Vorrei stare qui a scrivere di lui per altre due ore, perché è senza dubbio un argomento più allegro, ma non saprei che altro dire. Non posso imbrattare pagine e pagine di diario con la questione che mi manca - l'ho già scritto che mi manca? Perché mi manca.

Comunque, ho preso una decisione riguardo al problema che ho in casa - ho bisogno di distrarmi da quello che non me la sento di risolvere, questa è la verità -, domani intendo invitare tutti a fare i compiti delle vacanze a casa mia, ad eccezione, ovviamente, di Bonnie e Stefan che sono in vacanza fuori, e tutto questo per un unico scopo che non è chiaramente quello di studiare per gli esami che si avvicinano pericolosamente - se proprio non voglio considerare il test di chimica che mi attende non appena rimetterò piede a scuola, e diciamo che è un'altra di quelle cose a cui ho deciso di non pensare troppo, o veramente rischio di strapparmi i capelli.

Quest'anno sta succedendo veramente troppo tutto insieme, mi chiedo davvero dove troverò il tempo per prepararmi decentemente alle ammissioni al College, sperando di passarle almeno per dare soddisfazione ai miei, visto che non ho ancora deciso nemmeno se voglio andarci, al College, almeno il prossimo anno.

È una cosa a cui devo ancora pensare bene, e non intendo farlo adesso che è troppo tardi per arrivare a qualcosa di concreto.

Insomma, domani farò qualcosa che avevo promesso non avrei fatto, stavolta non a me stessa, ma a Damon e ai miei: cercare risposte su mia sorella, perché voglio almeno dare un taglio a questa questione irrisolta, per questo ho organizzato un gruppo di studio, per avere una scusa per invitare Tyler a casa mia senza che pensasse a qualche strano doppio fine che non avrei nemmeno se fosse rimasto l'ultimo uomo sulla Terra, e l'ultima cosa che voglio è avere Tyler tra i piedi. Inoltre, diciamo che mi sono anche immaginata la reazione del mio ragazzo che è stato capace, a Miss Mystic Falls, di dimostrarsi geloso di uno che nemmeno conoscevo.

Perché volevo Tyler nel mio salotto?

Semplice: ho sentito parecchie cose su di lui, specialmente da quando Caroline l'ha lasciato, e di storie su di lui ne girano parecchie da allora. Quella che mi ha interessato particolarmente, è quella in cui è finito dallo sceriffo il mese scorso per tentato scasso, che è esattamente quello che mi serve.

Ovviamente è stato tutto passato sotto silenzio come un grande malinteso perché lui è il figlio del sindaco e nessuno del calibro di Richard Lockwood accetterebbe mai di fare una simile figura, perciò è sempre a piede libero e non si è fatto nemmeno un minuto in cella, quella notte.

Una pacca sulla spalla e via, come sempre e come accade per tutti i rampolli di famiglie che sono abbastanza in alto nella scala sociale, sarà anche perché possono permettersi qualunque bravata sapendo che non saranno puniti per i soldi di mamma e papà che vanno in giro per la città tronfi come se potessero basare la loro boria su meriti personali.

Non volevo che un tipo del genere varcasse la soglia di casa mia, ma non sono capace a scassinare una serratura, perciò ho bisogno di aiuto esterno, dal momento che non voglio introdurre mio fratello alla sfera dell'illegalità, dato che so quanto i sedicenni siano sensibili alla ribellione, perciò devo per forza coinvolgere l'unico ragazzo che conosco abbastanza esperto in materia, almeno secondo le voci che girano in città, e so benissimo che anche quelle non sono poi così tanto affidabili.

Immagino che scoprirò domani dove si ferma la fama e dove comincia la realtà. In sincerità non è ciò che mi interessa: quello che mi interessa è entrare in quella stanza, che so essere rimasta conservata esattamente come era più di dieci anni fa e cercare i diari di Katherine.

So che ne teneva perché è una delle poche cose che mi ha raccontato la mamma, e poi è una di quelle che un po' mi ricordo, a causa della perdita selettiva della memoria di cui mi ha parlato Damon, e se non l'avesse fatto lui nemmeno avrei saputo di aver sofferto di una cosa simile.

Ne ho parlato con Bonnie giusto poco fa, e lei mi ha fatto una domanda banale ma significativa. "Scusa, ma cosa pensi di trovarci in quella stanza? Di sicuro non ha lasciato la testimonianza dell'incidente!"

E di questo sono perfettamente consapevole, infatti ciò che mi interessa non è tanto l'incidente in sé, anche se è una delle cose che continua a incuriosirmi perché è il principale motivo per cui papà non vuole che io frequenti Damon, nemmeno fosse un pazzo criminale, ma immagino che questa domanda non avrà mai risposta, ormai, visto che ho fatto promettere all'unico che poteva raccontarmi davvero com'è andata di non farlo perché non voglio ferirlo.

A volte mi domando se non sia meglio così.

Una parte di me - della me vecchia, quella che non si sarebbe mai sognata di mentire ai genitori o di fare qualcosa che loro non approvassero in toto - è convinta che se davvero mi raccontasse tutto, potrei reagire in due modi di fronte alla verità: o accettarla oppure fare come papà. Sarebbe terribile perché io lo amo, e lo amerei anche dopo aver saputo in che misura è coinvolto con la sua morte, non importa quanto potrebbe essere grande.

Ma una cosa del genere mi farebbe stare male da morire, perché sarei completamente divisa tra il mio senso morale e il mio amore per lui, e ho già capito che reprimerlo è uno sforzo inutile.

Ma di qualche risposta ho comunque bisogno, ed è per questo che domani entrerò nella sua stanza: per farmi un'idea su di lei, per sapere dove sta la verità.

Ne ho bisogno.


Aprile 2002

Elena sbatté i suoi occhioni grandi, con le manine sotto al mento, appoggiata al bracciolo del divano, mentre guardava la sua bellissima sorellona che non la stava degnando della minima attenzione, tutta calamitata dalla sua conversazione sul cellulare.

Lei non capiva proprio cosa ci fosse di interessante in quel coso, l'aveva usato solo quando era andata in gita con la scuola, giusto poco fuori città, ma a che le serviva se la mamma tanto era a casa?

Invece, Katherine ce l'aveva sempre in mano, tanto che suo padre, in ore pasti, era sempre costretto a strapparglielo di mano, con suo grandissimo fastidio.

Lo stesso con cui alzò gli occhi al cielo. «La pianti di stare lì a fissarmi?» le domandò, seccata.

«Mi stavo chiedendo se potevi portarmi a casa di Stefan.» disse lei, con tono del tutto casuale, o che voleva esserlo, ma se voleva fregare sua sorella, che ne sapeva una più del diavolo, era ancora molto, molto lontana.

Ma era anche vero che non aveva nemmeno sei anni.

«Perché mai dovrei farlo?» le chiese, nemmeno fosse stata una proposta assurda. «Solo perché ora ho la patente non è che devi stare sempre a scocciarmi, non sono un'autista, e soprattutto non la tua.»

Elena abbassò la testa sul pavimento per nascondere il broncio. «Scusa, Kath.» mormorò, dispiaciuta: le sarebbe tanto piaciuto vedere Damon, e poi anche Caroline aveva detto che sarebbe stata a casa loro, quel pomeriggio...

«Non ci posso credere!» borbottò la ragazza, ora del tutto contrariata, ancora fissava lo schermo del suo telefono. «Questa, poi!»

In fretta e furia si sbrigò a digitare il numero di Mandy, sotto gli occhi della sorellina che ancora si ostinava a fissarla interessata. Ma che cavolo aveva da guardare?

«Ehi, Man, lo sai che ha avuto il coraggio di fare Mason?» esordì così, senza nemmeno salutarla. «Doveva passare a prendermi e non può perché mammina ha deciso che dovevano andare insieme non so dove a trovare non so quale zia! Ma ti rendi conto?» fece una pausa, solo per ascoltare il chiacchiericcio dall'altra parte. «Ma certo che ci va! Per questo non viene da me!»

Elena inclinò la testa, confusa: lo vedeva spesso, Mason, ma non le stava tanto simpatico, e non aveva capito se era il fidanzato della sua sorellona... nei film era diverso: loro non si baciavano mai.

Pensò con orgoglio che lei, invece, il suo principe azzurro l'aveva baciato, e ora si sarebbero amati per sempre. Ridacchiò mentre immergeva la faccia contro i cuscini del divano, al pensiero del suo fidanzatino.

Voleva tanto andare a trovarlo, e magari giocare un po' con Stefan e Care.

«Dici?» sentì dire ancora a sua sorella. «Be', sì... in effetti potrei. Solo che... non lo so, in quest'ultimo periodo è un po' troppo appiccicoso. Non vorrei che si mettesse in testa strane idee.»

Si attorcigliò un dito intorno a una ciocca già riccia, mentre si faceva pensierosa.

«Sì, certo.» continuò. «Questo è vero... è un gran bel passatempo... sì, mi ci sono affezionata, in fondo. Magari adesso gli mando un messaggio per dirgli che sto andando... e così sistemo anche la rompiscatole.» sull'ultima parola, lanciò uno sguardo alla sorellina, con sufficienza. «Certo, noi ci vediamo stasera. Devi dirmi tutto del tuo appuntamento, ovviamente!»

Liberò le mani dai capelli e si affrettò a prendere le chiavi della sua auto, bloccandosi il telefono tra il collo e la spalla, per finire di sentire cosa la sua migliore amica avesse da dirle riguardo all'appuntamento che si era conquistata con un tizio che frequentava il College insieme a sua sorella.

Non le importava solo perché anche Mason andava al College, anche se in California. Non aveva mai capito perché avesse scelto un posto tanto lontano.

«Andiamo, Elagna.» la incitò, ora che aveva fretta di uscire, subito dopo aver attaccato. «Non hai più tanta fretta di vedere il tuo amico Stefan?»

La bimba tirò su la testa dal divano, stupita e confusa. «Mi porti?» domandò, più a se stessa che a Katherine, la quale alzò di nuovo gli occhi al cielo, esasperata.

«È quello che ho appena detto, santo Dio. Muoviti!» le fece cenno di affrettarsi verso la porta e la sorellina la seguì.

«Evviva!» trillò lei, precedendola a quella che era la sua macchina nuova, regalo che le avevano fatto solo ed esclusivamente per renderla indipendente e non dover farsi venire a prendere agli orari più impensati o scroccare passaggi agli sconosciuti.

Quella piccola bugia era servita: aveva raccontato di essere salita in macchina di uno degli invitati alla festa di Mason per non svegliarli, quando in realtà era tornata con Mandy, ma questo le aveva portato un'auto, e allora andava tutto bene.

L'unica pecca era che sua madre le aveva più volte scaricato l'incombenza di portare Elagna – nomignolo che rispecchiava in pieno la personalità di quel piagnucoloso mostriciattolo – a casa del suo amichetto, che, sfiga aveva voluto, fosse il fratellino del suo spasimante più accanito.

Per carità, bello era bello, anche troppo per avere solo quattordici anni, ma a volte era zuccheroso come un cupcake e a lei le cose dolci davano di stomaco.

Sarà stato per quello che, normalmente, gli lasciava poco tempo per parlare. In fondo, era abbastanza bravo in attività che non riguardavano la conversazione.

Prima di scendere nel cortile della villa dei Salvatore, si lasciò precedere dalla sorellina, per risistemarsi il trucco, e lei di certo non pensò nemmeno di aspettarla, troppo ansiosa di entrare in casa.

Elena bussò alla porta col pugno chiuso.

Un attimo dopo, Damon era già sulla soglia, tutto trafelato, pareva aver corso dalla sua stanza, e quando trovò solo la bambina, corrugò la fronte, ma lei, incurante di ciò gli tese le braccia.

«Ciao, Damon!» gli spalmò un bacio sulla guancia non appena il ragazzino la sollevò all'altezza giusta.

Dopodiché si attaccò al suo collo per abbracciarlo stretto.

Come sempre, lui si limitò a qualche pacca affettuosa sulla schiena. «Ciao, pulce.» rispose, alzando un angolo della bocca.

Ma se aveva intenzione di dire qualcos'altro, se lo scordò l'attimo in cui riuscì a scorgere la più grande: ancora non faceva abbastanza caldo per andare in giro in pantaloncini, ma non sono cose di cui normalmente ti curi quando sei Katherine Gilbert e il tuo obiettivo è sollevare l'interesse di un ragazzo scoprendo più pelle del necessario.

Certo, li aveva indossati per Mason, quei pantaloncini, ma questo non le avrebbe impedito di provarli su Damon.

«Ciao, Kat.» riuscì a salutarla, in qualche modo, facendo corrugare la fronte alla piccina tra le sue braccia, quando l'unico saluto che ottenne in risposta fu la ragazza che si toglieva gli occhiali da sole e si ravvivava un po' i capelli.

Senza attendere oltre, Damon mise giù Elena.

«Perché non vai sul retro?» le chiese, condiscendente. «Stef e la mini Barbie sono là... stanno giocando, ti va di andare a vedere che fanno?»

Indecisa, la bimba alternò lo sguardo tra Damon e sua sorella. Non le piaceva mai lasciarli da soli, perché loro sparivano sempre, e lei voleva tanto giocare con lui.

«Tu non vieni?» gli chiese, tirando fuori il labbro inferiore, dispiaciuta. «A giocare...?»

Il ragazzino si concesse un sospiro: quella bimba e il suo fratellino avevano lo stesso modo di fargli gli occhi dolci quando volevano qualcosa. Chissà come lui finiva sempre per accontentare entrambi, e l'avrebbe certamente fatto se Katherine non si fosse schiarita la voce, calamitando l'attenzione su di sé.

«Forse dopo.» Damon tentò di accontentarla, ma senza davvero fare nessuna promessa. «Su, vai, fai la brava.»

La spinse leggermente verso il retro, e la bambina, nonostante il suo sguardo offeso, obbedì, ma solo perché era stato Damon a chiederglielo.

Una volta che fu scomparsa dietro la porta della cucina, per arrivare fino al retro, Katherine si permise di sospirare di sollievo.

«Credevo che non si sarebbe mai levata dalle scatole.» sbuffò, aggiustandosi la borsa sull'interno del gomito. «Questa dove posso metterla?»

Per tutta risposta, Damon, che aveva atteso il suo arrivo con una trepidazione che non avrebbe mai potuto spiegare a nessuno, la gettò a terra, la spinse contro il muro, prima che lei potesse protestare per la poca cura dimostrata per quella borsa che le era costata settimane di preghiere.

La sovrastava di qualche centimetro, ed erano questi, forse, gli unici momenti in cui Katherine si sentiva realmente messa all'angolo da Damon: quando la guardava in quel modo, come se non desiderasse altro al mondo.

La faceva, allo stesso tempo, sentire potente.

E doveva essere questo che la intrigava, di Damon, in fondo: non era il suo carattere, non era il suo bell'aspetto – di bei ragazzi poteva averne quanti ne voleva, dopotutto –, ma questo suo modo di fare a volte improvviso: nei momenti che non erano di intimità, e nemmeno intendevano esserlo – che erano pochi e Katherine intendeva mantenere la media –, era più mansueto di un cucciolo, era in quelli che invece lo erano che lei riusciva a vedere il fuoco che lo animava.

Era eccitante.

Fu per questo che non lo respinse quando chinò la testa a baciarla, o quando si dileguarono il più lontano possibile dal retro, vero la rimessa dall'altro lato della casa, e questo perché i loro incontri non si tenevano mai nella stanza di Damon per paura di essere beccati dai suoi genitori.

Si chiusero la porta alle spalle, e fu quello il tempo che Katherine gli lasciò per respirare, prima di spingerlo su una di quelle orribili sedie che Mary teneva in salotto prima di cambiarle – non che Katherine ci avesse mai fatto caso –, e gli chiuse di nuovo la bocca.

Era il momento del divertimento.


 Gennaio 2015

Elena sbadigliò sonoramente, stiracchiandosi. Si era svegliata presto, preda delle preoccupazioni che la tormentavano da un paio di giorni a quella parte, e non era più riuscita a riaddormentarsi. Aveva pensato di chiamare Damon, poi erano le cinque del mattino e si era ricordata che in Francia dovevano essere le undici e quindi lui era di sicuro già impegnato tra giostre e altri giochi, non le andava proprio di rovinargli la giornata coi suoi problemi.

Così gli aveva mandato un messaggino che recitava "Non riesco a dormire, spero che almeno tu ti stia divertendo" ma non aveva nemmeno visualizzato, il che la portò a sospirare sconsolata.

Comunque non era quello il motivo per cui era in soffitta da due ore buone.

I suoi genitori non ci andavano mai, anche perché la scaletta si tirava giù dal soffitto, nel corridoio, ed era abbastanza pericolante, era già stato tanto se aveva retto il peso di Elena che era piuttosto lieve, sperando di trovare la chiave della stanza di Katherine per non essere costretta ad improvvisare quel gruppo di studio.

A Caroline ancora non aveva detto niente, perché l'avrebbe impiccata piuttosto che farsi costringere a dividere l'ossigeno con Tyler Lockwood in uno spazio che non superava i quattro metri quadri, come il suo salotto.

Ma che ci poteva fare se lei non era riuscita a scassinare la serratura con quella forcina che ora era da buttare, nemmeno con tutte le dritte di quel tutorial su YouTube?

Era vero che su Internet si trovava di tutto, ma per queste cose evidentemente ci doveva essere qualche predisposizione naturale.

Oltre a questo sperava di trovare qualche suo vecchio diario, ma tutto ciò che era riuscita a racimolare erano stati quattro lembi strappati e mezzi bruciacchiati di pagine dall'aspetto piuttosto vecchio.

O forse erano invecchiate in mezzo a tutta quella polvere e quell'umido, questo proprio non avrebbe saputo dirlo.

Si accasciò contro un vecchio mobile, con uno sbuffo leggero che mosse una nuvoletta di polvere proprio sopra al baule che aveva appena aperto, pieno di foto della loro famiglia, anche di quando i suoi genitori erano più giovani.

Elena era rimasta scioccata di quanto potesse somigliare a sua madre quando aveva la sua età, il che l'aveva resa anche più tranquilla dal punto di vista della sua somiglianza con Katherine, sulla quale non avrebbe saputo più che pesci prendere.

Nemmeno lo sapeva perché voleva entrare nella sua stanza, ma da qualche parte doveva pur iniziare per scoprire che era successo quel giorno, e non era solo semplice curiosità, che davvero la stava divorando dall'interno, era soprattutto per riuscire a capire in che modo ciò che era successo aveva rovinato la vita del suo ragazzo.

Il fatto che dovesse prepararsi per andare in biblioteca non rendeva le cose più piacevoli: aveva iniziato a detestare le domeniche, il lavoro diventava inaspettatamente noioso, soprattutto se non c'era nemmeno la vaga possibilità che un certo qualcuno andasse a trovarla per scampare all'attesa del pranzo in cui sua madre voleva che passassero del "tempo in famiglia", cosa per cui Elena si era ben guardata dal lamentarsi sebbene ne avesse avuto tutto l'istinto.

Non le andava nemmeno più di finire le avventure di Catherine ed Heatcliff, visto quanto quella storia la inquietasse. Specialmente se la leggeva nell'ala che non era frequentata della biblioteca, sotto quella luce tremula che filtrava dallo sporco di quella finestra rotonda e vecchia.

Ora che era inverno era veramente un problema che fosse rotta, perché faceva un freddo cane.

Si concesse un altro sospiro, tentando di ignorare la consapevolezza di cosa avrebbe detto Damon se avesse saputo che stava combinando, e si permise di sentirsi meno in colpa perché non lo sapeva, e l'avrebbe saputo solo nel momento in cui le sue ricerche avessero dato i loro frutti.

Sempre ammesso che fosse riuscita a tirarci fuori qualcosa, visto che ancora non aveva idea di cos'avrebbe trovato dietro quella porta.

Si domandò se non fosse anche quello un altro modo per distrarsi, in fondo, dal pensiero di averlo lontano che la stava facendo letteralmente impazzire e che l'avrebbe tormentata per quasi un'altra settimana intera. Come diamine avrebbe fatto, visto che l'ultima telefonata decente era stata per Capodanno?

Chiuse gli occhi, stringendo le mani su quella foto di una Katherine bambina, con i capelli scuri acconciati in due lunghissime trecce, un bel sorriso e le mani sporche di fango: una bambina normale, in un cortile normale, chissà come era finita a spezzare il cuore di Damon.

La riascoltò nella testa, la voce del suo ragazzo, e giusto per avere una scusa per sentirla dopo che non ci riusciva da più o meno due giorni.

«Ehi.» lo salutò, sorpresa ma allegra. Si erano sentiti giusto qualche ora prima: l'aveva chiamato per augurargli buon anno alla mezzanotte francese.

«Ehi a te, ragazzina.» rispose lui, con quello strascico divertito nella voce che fece sorridere anche lei. «Che facevi? Baldoria?»

Lei non poté trattenere una risata. Sì, baldoria.

«Giochiamo a carte.» ammise, stringendosi nelle spalle, quasi che lui avesse potuto vederla. «Il nonno ha insistito per una partita a scala quaranta, inutile dire che ha qualche asso nella manica e nel vero senso della parola. E tu, come mai hai chiamato?»

Non si sentivano spessissimo, magari una volta la mattina, o solo la sera, dipendeva dal tipo di giornata che avevano entrambi: a quando aveva capito, sua cugina si era portata dietro il fidanzato non previsto nel pacchetto e lui rimaneva a fare da babysitter alla cuginetta praticamente tutto il giorno, mentre loro due facevano i piccioncini.

Povero.

Quale che fosse la ragione, in ogni caso, l'aveva fatto ed era questo l'importante.

«Be', pensavo che volessi gli auguri di buon anno.» commentò lui. «Insomma, non è colpa mia se in America siete indietro nel tempo.»

Il fatto che l'avesse detto per sentirsi meno stupido non arrivò mai all'intuito di Elena, la quale era solo felice che avesse deciso di chiamare.

Si rese conto di una cosa un momento dopo. «Aspetta, ma da te sono le sei del mattino...» osservò, stranita. «Hai dormito almeno un po'?»

Lo chiese con una strana preoccupazione perché Damon non era un tipo molto attento alla sua salute, visto quanto beveva, e l'ultima cosa che voleva era che si sentisse male all'estero, così lontano dalla sua famiglia, in un posto in cui i suoi genitori non avrebbero lasciato che lo raggiungesse.

Poi si rese conto che si stava facendo troppi film, come sempre.

«Elena, da quando in qua si dorme la notte di Capodanno?» le chiese lui, come se non gli fosse nemmeno mai passato per la testa in tutta la sua vita, il che era probabilmente vero. «La bambina ovviamente sì, è in camera insieme a mia cugina, e io e Ale siamo in giro a bere a festeggiare.»

Invece di rispondere subito, Elena si ritrovò ad arricciare le labbra al pensiero di due ragazzi giovani e attraenti in giro la notte di Capodanno da soli, potenzialmente ubriachi.

«Non avevi detto che non ci sono pub per ubriaconi?» suonò quasi come un'accusa, in realtà era gelosa marcia di qualunque potenziale ragazza che potesse avvicinarsi al suo fidanzato.

Lo sentì ridere sommessamente, dall'altro lato della cornetta, nel classico modo che aveva quando lei diceva qualcosa che lui si aspettava, e un crampo allo stomaco le tolse il respiro.

Altro che colonia di farfalle.

«Ho mentito.» sussurrò il ragazzo, con fare cospiratorio, e il tono più basso e seducente che gli aveva mai sentito usare per telefono.

Illegale.

Avrebbe dovuto essere ritenuto illegale provocare così palesemente la propria ragazza quando non può fisicamente saltarti addosso.

«Stronzo.» sentenziò, più per quello che le stava passando per la testa che per il fatto che avesse detto una cosa per tranquillizzarla, sebbene le sue intenzioni non fossero state proprio così pure come aveva lasciato ad intendere prima di partire.

«Quando torni giuro che...» ti soffoco di baci. «...te la faccio pagare.»

Ancora una volta, Damon non poté trattenere una risata.

«Elena che fa proposte oscene, aiuto!» fece, scherzoso, ma in un modo piuttosto dolce, tanto che anche lei, nonostante quella evidente provocazione, non poté fare a meno di sorridere e desiderare, per l'ennesima volta, che lui fosse lì per stringerlo a sé.

«Non era una proposta oscena!» preferì, però, precisare. «Era proprio tutto il contrario!»

Chissà se sperava di convincere se stessa o lui. Certo era che non c'era riuscita, in nessuno dei due casi.

«Mmh mmh...» mugolò lui, infatti, a mo' di assenso estremamente poco convinto, e lei sapeva perfettamente che non le avrebbe creduto: aveva un'irritante abilità di sapere sempre cosa intendeva davvero dietro ogni frase che diceva.

Però le piaceva il modo in cui sapeva coglierla senza sforzo.

«Sei ubriaco, per caso?» lo provocò solo un po', perché avrebbe fatto qualunque cosa pur di sentirlo parlare un altro po'.

Poteva illudersi di essere là con lui, a guardare una cascata di fuochi d'artificio che lei sentiva solo in lontananza dalla piazza di Mystic Falls – non aveva avuto voglia di andare con suo fratello e i suoi amici, visto che Caroline doveva fare da bambolina tutta la sera –, e a baciarsi.

Non pensava davvero che una cosa così sarebbe arrivata a mancarle tanto.

«Ma figurati!» Damon lo disse come se gli sarebbe piaciuto essere almeno un po' alticcio. «Devo essere quello sobrio che riporta in albergo questo qui che è peggio di San Stefan. Ci credi?»

Elena non avrebbe saputo dire in quale preciso senso il suo accompagnatore fosse peggio di 'San Stefan' perché o non reggeva l'alcool, oppure non aveva mai bevuto in vita sua, stava quasi per chiedere quando Damon andò avanti per conto suo.

«E sappi che lo capisco dal tono che hai voglia di fare proposte oscene.» perché non poteva certo lasciar cadere l'argomento quando si trattava di metterla in imbarazzo. «Possiamo fare qualche giochino mentre lui continua a vomitare, se vuoi.»

La ragazza corrugò la fronte, leggermente preoccupata per la salute del suo amico. «Sta vomitando sul serio?»

Oltretutto, non sarebbe stato molto romantico dirsi cose carine al telefono – anche se dubitava che fosse quello lo scopo, ma non avrebbe accettato nulla di diverso quando lui era per strada e lei in casa coi suoi genitori – mentre qualcuno gli vomitava vicino.

E non per il disgusto di sentirli scambiarsi smancerie.

«Nah.» ci fu un momento di pausa abbastanza inquietante, in cui Elena sentiva chiaramente dei conati di vomito che le provocarono un latente senso di nausea. «Be', forse qualcosina. La cena... no. Ops. Forse è meglio che vada, dobbiamo rimandare di nuovo i giochini telefonici.»

«Sì, forse è meglio.» concordò lei, ma il sorriso era avvertibile attraverso il tono di voce. «Scemo.»

«Tanto mi adori lo stesso.» ribatté il ragazzo, con quella sicurezza che Elena gli avrebbe volentieri strappato via dalla faccia a suon di baci. «Buon anno, piccola mia. Ci vediamo presto.»

«Lo spero.» fu l'unica cosa che riuscì a rispondere lei, ora sopraffatta dalla malinconia. «Mi manchi tanto.»

Damon concluse la telefonata con un: «Lo so.» molto soddisfatto per cui si sarebbe guadagnato una scarpa, di persona, peccato che lanciarle da lì alla Francia fosse troppo complicato.

A quel ricordo, Elena si ritrovò a sospirare sonoramente forse per la centesima volta nell'ultimo minuto e a sfiorare il suo braccialetto con affetto e nostalgia insieme. Stare a boccheggiare come un pesce fuor d'acqua in attesa di un ragazzo non era mai stata tra le massime aspirazioni della sua vita, ma si annoiava troppo, e non aveva altro a cui pensare che non fosse Katherine, e non era una ragazza che le stesse particolarmente simpatica, nell'ultimo periodo.

Che fosse sua sorella la faceva solo sentire in colpa, dato che non riusciva più a sentirla una parte della famiglia, ma non per quello che aveva fatto a Damon – o non solo – ma soprattutto perché ultimamente si era resa conto di non sapere un bel niente di lei.

Qualche mese prima, se qualcuno le avesse detto che Katherine era una stronza anaffettiva, lei l'avrebbe difesa a spada tratta. Oggi? Be', oggi non conosceva la risposta, ma da quel che dicevano tutti, il suo ragazzo compreso, non sembrava una gran bella persona.

Chissà come mai.

E non era davvero importante nemmeno questo, quando riusciva a pensare solo che Damon le mancava veramente, e veramente tutto di lui, perfino la sensazione dei suoi capelli sotto le dita, o la ruvidità della sua pelle le mattine in cui era troppo pigro per farsi la barba.

Ovviamente aveva avuto la consapevolezza che non sarebbe stata una passeggiata sopportare la lontananza a lungo già da prima che partisse, ragion per cui era stata tanto restia a lasciarlo andare, ma di certo non pensava che sarebbe stato così... difficile affrontare la sua assenza.

Eppure diceva bene il detto: "Ho vissuto tot anni senza, posso viverne altrettanti.". Perfetto. Peccato che non valesse per lei.

Nemmeno si preoccupò di trovarsi patetica, ma per questa volta si trattenne almeno dal mandargli l'ennesimo messaggio che già sapeva senza risposta.

Rimase col telefono a mezz'aria, però, certamente indecisa se non farlo seriamente oppure cedere alla tentazione.

E per fortuna che lo fece quello per lei, perché probabilmente avrebbe stalkerato il suo ragazzo ancora per un po': squillò, anche se non era esattamente la persona che voleva sentire con più urgenza tra le tante che le era capitato di frequentare poco nelle ultime settimane.

Sorrise, però, perché non aveva una sana chiacchierata con un'amica dall'ultima telefonata con Bonnie e aveva bisogno di togliersela dalla testa. «Care?»

Sentì l'amica ridere in modo strano dall'altra parte, era evidentemente in compagnia, e tra le altre cose, da quel che sentiva, sembrava proprio una compagnia con un accento inglese che lei aveva sempre trovato ributtante.

Era affascinante, sì, ma non su Klaus Mikaelson, almeno non dal suo punto di vista – da quello di Caroline certamente sì. Da dove le arrivasse tutto quel disgusto verso di lui proprio non lo sapeva, sarà stato che l'aveva sempre considerato un viscido. Se avesse chiesto alla sua migliore amica, naturalmente avrebbe detto che era tutto il contrario, solo che lo nascondeva bene.

Accidenti come.

«Elena?» la chiamò, dopo qualche attimo di risatine forzate in più, forse per accertarsi che fosse ancora lì. «Ti volevo chiedere se hai voglia di accompagnarmi a fare shopping, più tardi.»

Elena avrebbe tanto voluto distrarsi da tutte le sue preoccupazioni con un pomeriggio di shopping con la sua migliore amica: non c'era niente di meglio di un pomeriggio tra amiche per mettere da parte i dissapori di quei giorni che sembravano non voler proprio finire.

Da una parte c'era l'anniversario della morte di sua sorella, dall'altro l'assenza di Damon che l'aveva fatta sentire più sola di un'eremita.

Ma, ovviamente, non poteva.

«Ho la biblioteca...» ricordò, mogia, più a se stessa che a lei, dato che la forza di volontà per andarci era andata via insieme alla voglia di cercare altre vecchie cose di sua sorella.

Mentre rimetteva a posto le cose che aveva tirato fuori dalla scatola, giusto per non lasciarle in giro, le cadde sulle gambe una vecchia lente da taschino di suo nonno, senza il vetro. Alla fine della cordicella c'era una spilla da balia che serviva per appuntarla a qualche giacca, come i vecchi lord inglesi.

Istintivamente, sorrise: sapeva benissimo che fine intendeva far fare a quell'oggetto.

«Chi se ne frega della biblioteca!» fu la risposta della sua amica, che la distrasse e la fece ridacchiare perché era proprio quella che le era passata per la testa. «È mia nonna, Ele, ci parlo io. Promesso. Ho bisogno di te, della mia migliore amica, ci sono cose di cui ti devo assolutamente parlare.»

«Anch'io ho bisogno di te.» confessò lei, prima di stendere le gambe sul pavimento polveroso con fare rassegnato, col cellulare ancora attaccato all'orecchio, e non le sfuggì il sospiro a dir poco esasperato dall'altra parte della cornetta.

Evidentemente, da entrambe le parti sapevano già quale fosse il problema dell'altra: uomini.

«Tu e il tuo ragazzo siete ancora nella situazione che non vi sentite in modo decente, non è così?» era una domanda ovviamente retorica, per cui Elena non si prese nemmeno il disturbo di confermare, tanto non era necessario, si capiva da come Caroline aveva pronunciato le ultime tre parole: la sua era già una certezza. «Ma che stai aspettando a chiamarlo, di diventare vecchia? Guarda che quello mica aspetta te!»

«Grazie, Care.» fu la sua risposta ironica.

Non aveva bisogno di essere consolata particolarmente su quell'aspetto: in un modo abbastanza contorto ma dolce, Damon le aveva detto di essere innamorato di lei, perciò non aveva davvero paura che potesse tornare a Mystic Falls coi connotati cambiati da qualche francesina di cui di sicuro non avrebbe ricordato neanche il nome.

Era anche vero che ancora non aveva confessato a Caroline che cosa era successo la Vigilia di Natale, ma solo perché non c'era stato tempo di parlarne a modo, e lei era perfettamente consapevole che nel momento in cui si fossero addentrate nell'argomento, avrebbe anche subìto una sfuriata per non aver vuotato il sacco prima, e per questo c'era bisogno di tempo.

Non voleva scendere in dettagli, ma dubitava che lei gliel'avrebbe permesso con la sua curiosità morbosa.

Di sicuro l'argomento sarebbe saltato fuori, e solo questa consapevolezza le aveva legato le budella in un nodo particolarmente difficile da sciogliere. Parlarne con una che analizza ogni singolo dettaglio di ogni minima azione non sembrava una grande idea, soprattutto perché le avrebbe riempito la testa di dubbi che non si era già fatta da sola.

Il che pareva impossibile, ma Caroline riusciva anche in quello.

«Elena, dico davvero.» continuò imperterrita la sua amica. «Sai già che non sono la fan numero uno di Damon Salvatore, ma che cavolo! Sei pazza di lui, vattelo a prendere, prima che si ricordi di essere uno stronzo patentato e si vada a cercare la prima gallina del pollaio.» poi fece schioccare la lingua, forse infastidita dal fatto che l'argomento principale fosse stato accantonato per quello che ancora amava definire uno scorbutico. «Allora, per lo shopping?»

«Ci sarò.» promise Elena, cercando di non sentirsi in colpa per saltare il suo turno di lavoro. Chissà che scusa si sarebbe inventata Caroline, o se avrebbe semplicemente detto la verità.

In realtà, sapeva di non avere molta scelta: non erano molte le persone che potevano dire di no a Caroline Forbes, anzi. Si contavano sulle dita... su due dita, molto probabilmente, e contavano i suoi genitori, anche se suo padre le diceva di no veramente di rado. Comunque, era uno dei due che era nella posizione di farlo.

Non che ne avesse intenzione, comunque: scappare dalla biblioteca era esattamente ciò che voleva.

«Allora ci vediamo tra dieci minuti a casa tua. Sei a casa, vero?» le domandò l'amica, che sembrava essere molto indaffarata. Probabilmente stava cercando le chiavi della macchina. Elena si limitò a mugolare un assenso e a salutarla, prima che le riattaccasse senza aggiungere altro.

Sembrava avere fretta, perciò non ci avrebbe messo molto ad arrivare a casa sua, e dato che non le piaceva aspettare, nemmeno un po', si affrettò a scendere e rimettere a posto la scala perché non fosse in mezzo ai piedi e nessuno si intromettesse nei suoi piani anche solo con domande scomode.

Continue Reading

You'll Also Like

157K 6.2K 65
Chissà perché ci era stato insegnato che i simili erano soliti respingersi, che due menti e due caratteri fin troppo uguali non erano fatti per stare...
50.5K 2.6K 40
Where... Grace Martinez ha passato la sua intera vita sui campi da tennis. All'inizio non apprezzava molto questo sport, ma essendo una persona eccen...
18K 1.1K 39
A volte la vita prende delle svolte inaspettate, costringendo a piegarsi in due e a vivere dolori troppo grandi per chiunque. È ciò che succede a Nel...
10.7K 525 52
@kenanyildiz_official ha iniziato a seguirti...