MITOCITY 3 - La Struttura

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-- sequel di "MitoCity - il Segreto" e di "MitoCity - Il Giocatore" -- "Lei non era mai stata la fiamma che r... More

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- CAPITOLO 54 -

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- 54 -

SOPHY


La morsa delle mani di Ivan si allentò quel tanto che bastava a far prendere a Sophy un respiro disperato e tremante mentre il ragazzo strabuzzava gli occhi. Sophy, con la schiena premuta contro l'asfalto, era pietrificata.

Ma respirava. Respirava di nuovo ed ogni respiro era inebriante e al contempo incredibilmente sbagliato.

Un rivolo di sangue scivolò dalle labbra di Ivan, accompagnato da un rantolo indistinto e Sophy si lasciò sopraffare dal panico.

Che cosa aveva fatto?

La bocca di Ivan si riempì di sangue. Sangue che da quelle labbra colò su di lei. Anche la mano, ancora stretta sul coltello, si riempì del sangue bollente ed appiccicoso che sgorgava dalla ferita.

Sophy strillò e, in un gesto istintivo ed irrazionale, estrasse la lama. Voleva sottrarsi al contatto con quel sangue. Sangue che lei aveva versato. Sangue che, quando la lama abbandonò la carne di Ivan, le zampillò addosso come pompato da un'instancabile fontana.

Sophy chiuse gli occhi e la bocca e strinse le labbra mentre pioggia e sangue le inondavano il viso, i capelli, le mani, il vestito. Ogni cosa.

Il corpo inerme e pesante di Ivan le crollò addosso togliendole nuovamente il respiro. Sophy, incapace di aprire gli occhi per via delle palpebre appiccicose di sangue e di orrore, cercò di allontanare quel peso che le opprimeva il petto, ma il suo tentativo fu vano. Le sue braccia erano deboli come il suo respiro.

Che cosa aveva fatto?

Tentò di sgusciare via, lontana dal corpo senza vita di Ivan, ma non ci riuscì. Provò e riprovò, ma fu sopraffatta dalla debolezza e lentamente si arrese all'immobilità, al silenzio, all'oblio.

I corti capelli di Ivan le solleticavano il collo, ma Sophy cercò di ignorarli. Combatté contro la nausea dovuta all'onnipresente odore di ferro e si costrinse a non pensare al sangue che le imbrattava le mani, il corpo, il viso, le labbra, le palpebre.

Respirare era un'operazione complessa e macchinosa: l'aria puzzolente le bruciava la gola prima di scendere a fatica verso i polmoni compressi dal peso del cadavere di Ivan.

Cadavere.

Quella parola le rimbalzò tra i pensieri annebbiati rendendo la respirazione ancora più complicata, affannosa, disperata.

Ivan era morto. Ed era stata lei ad ucciderlo. Sì, proprio lei. Lei che aveva sempre combattuto per il bene, ora era diventata l'incarnazione del male. Assassina.

Un improvviso senso di calma le lambì le membra formicolanti. Si lasciò cullare da quel labile ed illusorio brandello di pace. Forse, se fosse riuscita ad addormentarsi e a smettere di lottare per il prossimo respiro... Forse allora tutto sarebbe svanito. Lei stessa sarebbe svanita. Per sempre.

«Sophy!»  

Qualcuno la stava chiamando, disturbando la sua bolla di quiete. Sophy si era persa in quella calma oscurità senza tempo. E non voleva lasciarla. Non voleva tornare al suo corpo stanco, a quel vicolo umido, al cadavere che la bloccava contro l'asfalto, alla consapevolezza di essere lei la sua assassina.

No. Quella voce poteva chiamarla quanto voleva, lei non l'avrebbe ascoltata, non si sarebbe mossa, non avrebbe riaperto gli occhi, non avrebbe rinunciato a quella quiete

«Sophy!» 

Eppure quella voce le ricordava qualcosa. Qualcosa di bello, anche se in quel momento era carica di pura angoscia. Lo stesso sentimento che lei aveva provato quando Ivan le aveva puntato contro il coltello.

Il coltello.

Ivan.

Cadavere.

Assassina.

«Sophy!» 

Una rovente nota di disperazione si sommò all'angoscia di quella voce sempre più vicina. Sempre più familiare.

Derek. Forse quella era la voce di Derek. Forse lui, non vedendola tornare, era uscito per cercarla.

«Sophy! Sophy, riesci a sentirmi?»

Sì, ti sento. Avrebbe voluto rispondergli. Ma non poteva farlo, non ne aveva la forza, non ne aveva il diritto.

Il peso sul suo petto svanì eppure non vi fu sollievo.

«Sophy! Sophy, sono io. Sono qui!»

Mani delicate sul suo corpo.

Quelle mani, quel tocco.

Ah, quanto avrebbe desiderato un suo abbraccio in quel momento!

No.

Nessun abbraccio per chi uccide, nessun conforto. Solo dolore. Solo oblio.

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