- CAPITOLO 17 -

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IVAN

Ivan, abbarbicato sul davanzale, stava abbozzando il testo dell'ennesimo messaggio anonimo su un pezzo di carta stropicciato quando, con la coda dell'occhio, notò uno strano bagliore fuori dalla finestra. Fu solo un istante, ma Ivan lo distinse con chiarezza, a pochi metri dalla superficie del lago sottostante. Qualche frazione di secondo dopo dal lago si sollevarono degli alti spruzzi schiumosi che, ricadendo sulla superficie dell'acqua, diedero vita ad increspature circolari che si smorzarono verso la riva.

Ivan strizzò gli occhi per vedere meglio, mentre con una mano frugava nel vicino cassetto in cerca del suo fidato binocolo. Osservò per diversi minuti la superficie solitamente calma del lago muoversi in modo del tutto innaturale. Ivan sapeva che ciò che aveva visto era spiegabile in un solo modo: qualcosa di invisibile era caduto in acqua. Continuò a scrutare la vegetazione in cerca di altri movimenti sospetti. Ne trovò. Gli arbusti si spostarono leggermente a pochi passi dalla riva. Lo stesso movimento poi, avvenne un po' più in là. Ivan osservò quelle stranezze fino a ricavarne uno schema.

Dedotta la direzione che quella bizzarra onda aveva preso, con lo sguardo sempre orientato al paesaggio boschivo sul quale si affacciava l'unica grande finestra della sua baita di legno, Ivan indossò frettolosamente gli scarponi ancora sporchi di fango. Quella poteva essere l'opportunità che stava aspettando da settimane.

Viveva in quella baita immersa nel nulla da quando Nick era salito al potere a MitoCity. L'ex-poliziotto, sebbene non ricordasse più nulla di Sophy e di tutto ciò che era accaduto tra lei ed Ivan, aveva inserito quest'ultimo nella lista delle persone potenzialmente pericolose per la pace di MitoCity per via delle sue origini. Ecco cosa significava essere il figlio di un ex Capo Supremo. Inizialmente Ivan non aveva nemmeno preso in considerazione l'idea di lasciare le comodità della città. Ben presto però, spinto dal clima di estremo rigore instaurato da Donovan e dal desiderio di vendetta scaturito dalla fallimentare collaborazione con Derek, aveva cambiato idea. Durante il sadico torneo indetto dal Giocatore, Ivan era rimasto incuriosito ed affascinato dal modo in cui le Guardie Bianche apparivano e scomparivano portando con sé chiunque desiderassero.  Aveva più volte cercato di seguirne le tracce, come suo padre gli aveva insegnato a fare durante le loro battute di caccia domenicali e così, la sera in cui Sophy era stata portata via dal nuovo Covo, Ivan aveva deciso di non perdere quell'occasione. Non aveva intenzione di trovare l'arena del gioco, né tanto meno di salvare quella ragazza ingrata e viziata, Ivan voleva solo sapere. Con il tempo aveva imparato che non c'era nulla di più importante della conoscenza: scoprire qualcosa che gli altri non sapevano era una grandissima fonte di potere. Era quindi stata quella sete di conoscenza a spingerlo a non perdere le tracce delle Guardie Bianche nemmeno quando, sempre avvolte dalla loro invisibilità, si erano immerse nel bosco illuminato solo da un sottile spicchio di luna. Ivan aveva seguito i loro movimenti sgraziati fino ad un placido laghetto immerso nel bosco.

Poco dopo Ivan aveva visto Sophy apparire nell'arena in cui si stava svolgendo l'ultima prova del torneo. Il Giocatore aveva chiaramente specificato che i giochi non si stavano svolgendo all'interno di MitoCity. Non ci voleva un genio per collegare i puntini mancanti: le Guardie avevano portato Sophy via da MitoCity passando per il bosco.

Ecco perché aveva deciso di trasferirsi lì, in quel bosco nel bel mezzo del nulla.

La piccola baita di legno nella quale Ivan viveva da settimane era stata una piacevole ed inaspettata sorpresa. Pur di allontanarsi dalla città e di scoprire dove si nascondesse l'uscita da MitoCity, sarebbe stato disposto anche a vivere tra i boschi come un selvaggio, ma poi aveva adocchiato quella graziosa baita e per lui era stata una manna dal cielo.

Cercando informazioni nei registri della città, Ivan aveva scoperto che quella semplice struttura era stata costruita da una coppia che, nei mesi estivi, amava trascorrere le giornate più calde in riva al lussureggiante laghetto antistante. Non era riscaldata, non c'era elettricità né acqua corrente, ma c'erano un grande e morbido letto, un bagno chimico ben organizzato, una piccola dispensa ricca di cibo in scatola ed un efficiente fornelletto da campeggio.

La strana onda di movimento passò proprio a pochi metri da dove Ivan, vestito degli stessi colori degli alberi, della fanghiglia e delle fronde, si era appostato in attesa. Tergiversò per qualche secondo poi, senza fare rumore, la seguì.

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