It's a Cliché

By -Happy23-

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Hayden Miller è un eccellente pianista, vincitore di moltissime competizioni, prossimo prodigio della Juillia... More

Premessa
Prologo
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12 - Parte 1
Capitolo 12 - Parte 2
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42 - Parte 1
Capitolo 42 - Parte 2
Capitolo 43 - Parte 1
Capitolo 43 - Parte 2
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 53
Capitolo 54
Capitolo 55
Capitolo 56
Capitolo 57
Capitolo 58
Capitolo 59 - Parte 1
Capitolo 59 - Parte 2
Capitolo 60
Capitolo 61
Capitolo 62
Capitolo 63
Capitolo 64
Capitolo 65
Capitolo 66
Capitolo 67
Capitolo 68
Capitolo 69
Capitolo 70
Capitolo 71
Capitolo 72
Capitolo 73
Capitolo 74
Epilogo
Capitolo 1 Bonus - Parte 1
Capitolo 1 Bonus - Parte 2
Capitolo 1 Bonus - Parte 3
Capitolo 2 Bonus - Parte 1
Capitolo 2 Bonus - Parte 2
Capitolo 3 Bonus - Parte 1
Capitolo 3 Bonus - Parte 3
Capitolo 4 Bonus
Capitolo 5 Bonus
Profilo Instagram

Capitolo 3 Bonus - Parte 2

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By -Happy23-

Donna era rimasta in camera con me per un'altra ora. Aveva pianto sulla mia spalla e poi si era messa a vedere un sito di abbigliamento per neonati. Non sapeva cosa fare. Diceva che non le sarebbe dispiaciuto avere un bambino ma era ancora troppo giovane e la relazione con Travis non era ancora così stabile. Le avevo detto che qualunque decisione avesse preso, io le sarei stata accanto e l'avrei aiutata. Quando l'avevo accompagnata alla porta della stanza, Brandon stava camminando lungo il corridoio ed ero certa che in quel momento, vedendo l'espressione distrutta della mia amica, avesse capito di chi fossero i test. Non fece domande e salutò entrambe per poi andare in stanza.

In quelle ore trascorse con Donna non avevo guardato il telefono e avevo dei messaggi di Lola e Cole, i miei amici del college, che mi chiedevano come stesse andando la giornata e di mandare loro qualche foto di Miami. 

Persi un po' di tempo col telefono tra messaggi e social e poi decisi che fosse arrivato il momento di fare una bella doccia. Il bagno era stupendo e aveva anche una vasca gigante ma avrei optato per la doccia. Hayden non mi aveva scritto ma non ero preoccupata, mi faceva piacere che si svagasse un po' prima del grande giorno. 

Mi spogliai e rimasi solo con il perizoma. Ma, sul punto di andare in bagno qualcuno bussò.

«Servizio in camera!»

Si parla del diavolo...

Mi venne da sorridere ancora prima di aver aperto la porta. Afferrai l'accappatoio dal gancio dentro il bagno e lo indossai non potendo andare ad aprire mezza nuda.

Aprii la porta. I miei occhi si soffermarono su una divinità greca che indossava una camicia nera, sbottonata fino a metà facendo intravedere i suoi tatuaggi e lo stesso era per il serpente sull'avambraccio dato che aveva arrotolato le maniche. Le mie dita fremettero all'idea di toccare la sua pelle. Ora i suoi tatuaggi non erano più un segreto per il mondo e dovevo ammettere che un po' mi dispiacesse. Mi piaceva essere tra i pochi a saperlo ma rimanevo sempre l'unica che poteva toccarlo, quindi continuavo a vincere sempre e solo io. 

«Non vedo il cibo, cameriere.»

Hayden avanzò di un passo e afferrai i lembi della sua camicia.

«È dentro i miei pantaloni, signorina.»

Mi finsi scioccata, «filtro Miller.»

Lui piegò le labbra insù e con un dito afferrò un lembo dell'accappatoio e lo tirò per sbirciare.  

«Non dovresti aprire in queste condizioni. Non sai mai chi potrebbe essere.»

Avrei riconosciuto la sua voce anche tra mille. Mi sollevai sulle punte dei piedi e premetti le labbra contro le sue mentre lui si spingeva contro il mio corpo ed entravamo in stanza. Diede un calcio alla porta per chiuderla e subito dopo afferrò i miei fianchi per farmi allacciare le gambe attorno al suo bacino e mi attaccò contro il muro, continuando a divorare la mia bocca. Avvertii il calore avvolgermi e si intensificò quando una mano risalì da sotto la mia coscia e strinse il mio sedere.

«Com'è andata la cena?» chiesi affannata, tra un bacio e l'altro.

«Bene. Continuavo a pensarti.»

Premette il suo bacino contro al mio e ansimai. Cristo. Lo sentivo già duro. Slacciò la cintura dell'accappatoio e abbassò lo sguardo verso il mio corpo semi nudo. Accarezzò il mio addome con le nocche e si tuffò sul mio collo per torturarlo con la lingua e i denti. Inclinai la testa indietro lasciandogli carta bianca. 

«Doccia?» gracchiò.

«S-si.»

«Perfetto.»

Una volta in doccia, nudi, con l'acqua che colpiva entrambi, lui mi spinse contro la parete fredda. Le sue dita affondavano nella mia carne, si modellavano nelle mie curve. Si nascondevano nei punti più sensibili e bollenti facendomi gemere il suo nome. Le sue labbra non davano tregua alle mie. Le cercavano disperate. Le volevano affamate. Le consumava senza pudore. Mi consumava senza pudore. Gli lasciai fare di tutto. Io, d'altro canto, gli tirai i capelli, gli graffiai le braccia, il petto. Lo strinsi a me e sentii la sua erezione premere contro la mia coscia. Tastai i suoi muscoli. Mi aggrappai alle sue collane.

Lui era la mia droga.

Gemetti quando mi strinse contro a sé. Mi sollevai sulle punte e lui si piegò su di me, chiudendo la bocca attorno ai miei capezzoli, li stuzzicò entrambi e si concentrò maggiormente su quello col piercing perchè era il suo preferito. Nel mentre, le sue mani mi accarezzavano. Mi bramavano. I suoi anelli premevano e lasciavano segni sul mio corpo.

Poi, iniziò la sua scia di baci dal mio seno all'addome, scendendo sempre più in basso. Lo osservai con gli occhi appannati mentre si inginocchiava davanti a me. Aveva posizionato una mia gamba sopra la sua spalla e il suo respiro era a millimetri da me. L'acqua scivolava su di noi. Infilai una mano tra i suoi capelli zuppi e sorrisi.

«Ho sognato proprio questa notte una scena simile.» mormorai.

I suoi occhi si accesero lussuriosi. Si avvicinò e, pensai mi toccasse, invece baciò la mia coscia sinistra e poi il mio inguine. La sua barba mi solleticò la pelle e ansimai. Il mio stomaco si strinse e le gambe tremarono per il supplizio.

«È bello quando i sogni si realizzano, vero?»

Ridacchiai e annuii, «stupendo.»

Continuò a guardarmi. Le mani aggrappate alle mie natiche, per spingermi contro di lui. Quel contatto visivo era più eccitante che mai. Quelle gocce blu mi uccidevano ogni volta.

Malefico com'era, tirò fuori la lingua e leccò il perimetro della mia intimità, senza toccare nulla di essa. Succhiò un lembo dell'inguine finché non lo marchiò. Entrambe le mie mani affondarono nelle sue ciocche bagnate e lo pregai con lo sguardo di smetterla di giocare.

«Però, a volte bisogna sudare per realizzare i sogni.»

Mi baciò l'interno coscia della gamba che aveva sulla sua spalla.

«Hayden--ti prego.» 

«Cosa vuoi, bellissima?»

«La tua lingua.»

«Solo?»

Serrai i denti frustrata, «no. Smettila, sto impazzendo.»

Mi sentivo pulsare. Mi sentivo bisognosa di lui.

«Vuoi venire sulla mia lingua o sul mio cazzo?»

«Entrambi.»

Continuava a torturarmi con quei baci che evitavano il mio sesso eccitato. Strinsi gli occhi e respirai con affanno.

«Guardami.»

Sollevai le palpebre e, quando stabilii un contatto visivo con lui, tirò fuori la lingua e...mi accontentò, rubandomi uno strepitoso gemito e tremore.

Cazzo, si.

Mi trattenni dal non chiudere gli occhi e lui fece lo stesso mentre mi gustava. Invase le mie pieghe segrete che erano anche un po' sue. Spinsi il suo volto contro di me e squittii quando afferrò tra i denti il mio centro sensibile. Lo succhiò avidamente e poi tornò a muovere la sua lingua esperta su di me e dentro di me. Io ondeggiai sulla sua faccia. Continuò a divorarmi finché non venni. Ansimai affannata e leccò ogni mia goccia.

«Durante la cena non vedevo l'ora di questo dessert.» mormorò prima di tornare a sovrastarmi.

Sorrisi appagata e allacciai le braccia dietro le sua testa, spingendolo a baciarmi. Quel bacio sapeva di me. Poi, mi fece girare. Le mani contro il vetro bagnato della doccia. Il mio respiro caldo creava aloni sulla superficie. Hayden accarezzò i miei fianchi, accarezzò le mie curve, risalì verso il costato e poi strizzò il mio seno mentre mi baciava le spalle e la schiena.

Gemetti ancora il suo nome. Lui si strusciò tra le mie natiche e poi tra le cosce. Feci cadere lo sguardo e arrossii quando vidi la sua punta gonfia sparire e sbucare fuori in modo ritmato.

Accarezzò la mia natica destra e poi la schiaffeggiò, facendomi piagnucolare dal piacere. Sentii il suo respiro contro il mio collo e l'altra sua mano pizzicò le punta dei miei seni.

«Ehi, Adams.» sussurrò per poi mordermi il lobo.

Mi lasciai sfuggire una risata.

«Ehi, Miller.»

Salutarci in quel modo era ormai diventata una nostra cosa, e prima non ci eravamo salutati.

«Anche io ho fatto un sogno simile.» disse roco.

La sua erezione scivolava ancora tra le mie cosce, tra le pieghe della mia intimità bollente, andando a colpire con la punta il bottoncino gonfio e sensibile.

«S-si?»

Si spinse contro di me. Chiuse un braccio attorno al mio addome e il suo petto tonico sfregò contro la mia schiena.

«Ne faccio molti, lo sai.»

«Devi pur intrattenerti quando non ci vediamo.»

Rise contro il mio collo, «tu si che mi capisci, bellissima.»

Piegai un braccio indietro e incastrai le dita nei suoi capelli mentre inclinavo la testa contro di lui. Mi baciò la giugulare. I miei occhi si sollevarono e oltre al vetro appannato potevamo vedere i nostri corpi nudi e avvinghiati riflessi nello specchio sopra al lavandino, anch'esso era appannato per il vapore ma riuscivo a scorgere le nostre figure ed eravamo la cosa più eccitante in assoluto.

«Prendimi, Hayden,» soffiai, «prendimi come nei tuoi sogni.»

Afferrò i miei fianchi. Le dita premevano nella mia carne.

«Se lo faccio, le stanze a fianco non riusciranno a dormire.»

Ethan, pensai. Be', avrebbe capito.

«Ma ti prometto che non resterai delusa lo stesso.»

Sorrisi e girai la testa per trovare i suoi occhi affamati.

«Lo so. Sei il migliore, no?»

Sogghignò.

Il mio cuore impazzì.

«Il migliore-» Entrò in me con una spinta secca. Le mie pareti bruciarono e lo sentì spaccarmi a metà. Gridai dal piacere. «-e anche l'unico.»

Liberò i miei capelli dall'elastico e li strinse in un pugno per poi iniziare a sbattere dentro di me. Non ci vedevo più dal piacere. La mia vista era infuocata. Non riuscivo più a distinguere dove finissi io e dove iniziasse lui. Eravamo un tutt'uno e la mia intimità lo accoglieva come meglio poteva, non mi sarei mai abituata alla sua grandezza, e mi concentrai sul momento, sul rumore dell'acqua e dei nostri corpi che si univano. Sul suo respiro affannato e i miei gemiti. Sul dolore che provavo alla cute per il modo in cui tirava i capelli. Per il dolore provocato dalle impronte che lasciava sulle mie natiche. Ma non era un vero dolore, era misto all'estasi e portava tutto al massimo dello stimolo.

Sussurrava cose indecenti. Mi mordeva la spalla. Le dita lasciavano segni nei miei fianchi e a volte torturava il mio seno. Mi diceva che ero bella e affondava con decisione. Mi diceva che non si sarebbe mai stancato di me, che ero la sua medicina, e mi riempiva, gonfiandosi al massimo. Mi diceva che ero la miglior cosa che gli fosse mai accaduta e mi stringeva, scopandomi come se non ci fosse stato un domani. E io gli dicevo che lo amavo e di prendermi più forte.

E lui lo fece. E poi prese anche il doccino.

Abbassai lo sguardo. Vedevo una sua mano coperta di vene stringere i miei fianchi e già quella era una scena paradisiaca. Mi baciò la spalla e avvicinò con l'altra il doccino al mio sesso.

«Hayden...»

All'inizio lasciò il getto normale, mi colpiva dolcemente ma tra i suoi colpi e i tanti getti deboli, stavo già sentendo il mio corpo scalare l'orgasmo.

«Pronta, piccola?» sussurrò al mio orecchio.

Il mio cuore bruciò. Schiusi le labbra per rispondere quando, con un movimento del pollice sul doccino, cambiò la forza del getto - mettendo quella al massimo- e soffocai un urlo di piacere.

Porca. Puttana.

«Oh mio--»

Non riuscii a contenermi con le grida appena lo agitò lentamente e il forte getto mi colpì in diversi punti. Lui sbatteva senza sosta. Pian piano sentii ogni mio muscolo irrigidirsi e poi tremai mentre esplosi in potente orgasmo. Urlai e rilasciai ogni goccia di miele sopra di lui, mentre sentivo le mie pareti contrarsi attorno a lui che si muoveva rapido in me. Gemette il mio nome al mio orecchio e lo sentii venire in me, mentre io stavo ancora cavalcando quell'onda di calore estremo e vibrazione in ogni punto. Poi, lasciò andare il doccino a terra e uscì da me. Fui quasi sul punto di scivolare a terra ma i suoi riflessi furono più svelti. Circondò le braccia attorno a me e mi tenne sollevata e stretta a lui. 

Appoggiai la fronte al vetro mentre entrambi avevamo il respiro affannato e i corpi in post-orgasmo estremo. Le mie gambe tremavano visibilmente e lui mi accarezzò le cosce con una mano. Mi baciò la testa e poi la spalla.

«Non è stato come nel sogno ma si è avvicinato.» gracchiò.

Esalai un sospiro ancora senza forte, «per me è stato un sogno.»

Rise. Lentamente mi fece girare e continuò a tenermi stretta. Mi baciò dolcemente e poi si staccò, guardandomi con gli zigomi rossi. Sorrisi e li sfiorai con le dita.

«Ancora qualche secondo e mi lavo.»

«Tranquilla, Adams,» mi baciò la fronte, «ci penso io.»

Mi aiutò a lavarmi. Insaponò il mio corpo con molta cura e lasciò baci qua e la. La delicatezza che usò in quei gesti sembrava così estranea poco prima. Riusciva ad essere mix indecente di lussuria e gentilezza che mi mandava fuori di senno.

Quando toccò a me lavarlo, mi rese il lavoro difficile perchè non era facile tenere la mente lucida quando si tastava tutto quel ben di Dio, inoltre mi stuzzicava di continuo come un bambino fastidioso. 

«Come si svolge la giornata di domani?» domandai mentre chiudevo la cintura dell'accappatoio.

Lui aveva in vita solo un asciugamano che mi stava facendo sbavare anche le budella. 

«Meeting, allenamento pre-partita e interviste. Non devo svegliarmi presto ma per le nove devo essere nella hall con gli altri.»

Bene. Avrei seguito le interviste, se le avessero trasmesse in diretta. 

«Hai portato i badge per lo stadio?» chiese, guardandomi dallo specchio.

Mi stavo pettinando i capelli bagnati mentre lui li aveva tamponati con una salvietta. Gli continuavo a dire che non avrebbe dovuto farlo per non rovinarli ma non mi ascoltava.

«Certo. Saremo lì per le cinque, credo.»

Il tutto sarebbe iniziato alle sei e mezza e sarebbe terminato per le dieci. Ancora mi sembrava assurdo che fossi ad un Super Bowl, li avevo sempre visti in televisione perché non ci saremmo mai potuti permettere dei biglietti e ora eravamo addirittura nelle zone vip senza nemmeno aver sborsato un centesimo.

«Non so se riesco a salutarti.»

Alzai le spalle, «non preoccuparti, so già che mi penserai tutto il tempo.»

Sorrise ampiamente e poi afferrò il retro del mio collo per farmi girare il volto verso di lui e baciarmi. Quando mi staccai, mi persi nella dolcezza dei suoi occhi.

«Sei agitato?» chiesi.

Schiuse la bocca e aggrottò la fronte. Si appoggiò al lavandino di schiena e capii che la domanda lo avesse toccato più di quanto mi aspettassi. 

«Sinceramente? Si.»

Questo era molto inaspettato.

«Oh,» dissi sorpresa, «davvero?»

In tutti quegli anni, non c'era mai stata una volta che avesse risposto di sì. E lo stesso era in passato per le competizioni di piano.

Allungò una mano per acciuffare un mio boccolo bagnato e si concentrò su quello. 

«Non è per il Super Bowl in sè. So che è una finale importante ma non è quello che mi agita.»

«Cos'è, allora?»

«Sei tu.»

La voce calma con cui lo disse e il calore che emanavano i suoi occhi appena mi guardò, mi fecero rimanere di sasso.

«Io?» accennai un sorriso confuso, «perchè? Voglio dire, non ti ha mai agitato la mia presenza, anzi.»

«Lo so.» sorrise e fece scivolare un braccio dietro la mia schiena per tirarmi contro il suo petto nudo. Appoggiai le mani su esso e lo guardai da sotto le ciglia col mento alzato. Si morse il labbro mentre mi scrutava, «è per il patto.»

Oh.

Sospirò, «lo so che possiamo sposarci a prescindere ma mi piacerebbe che avvenga per questo motivo. Perchè ho vinto la sfida e rispettato il patto. E' stupido lo so--»

«Non è stupido.» dissi con sincerità. Lui mi guardò e lessi il nervosismo nei suoi occhi. «Sarebbe una bella storia da raccontare e l'idea che da domani a quest'ora io potrei essere la tua fidanzata, è qualcosa che mi fa gridare internamente come una ragazzina.»

Hayden mi aveva fottuto il cervello fino all'ultimo millimetro.

Premette le labbra in un sorriso sottile.

Chiusi il palmo sulla sua guancia e sfregai il pollice sopra alla barba corta. «Se vincessi sarebbe un sogno, Hayden. Ma se non dovesse accadere, non ha importanza. Dico sul serio.»

«Se perdessi e ti facessi la proposta, accetteresti lo stesso?»

«No, Hayden, ti direi di trovarti un'altra,» ruotai gli occhi e poi esclamai, «ovvio che accetterei!»

«Ma non sarebbe lo stesso. Mi hai detto che avrei dovuto vincere il Super Bowl.»

«Allora, vuoi che rifiuti?»

«No, stronza.»

Gli strizzai un capezzolo, facendolo imprecare. Mi guardò male e per farmi perdonare gli baciai un lembo di pelle vicino ad esso. 

«Facciamo che a questo ci pensiamo domani,» dissi, il mento premuto contro il suo sterno, «tu gioca come fai sempre e poi si vedrà, okay?»

Strinse le labbra e annuì. 

«Bene.» 

Sorrise e chinò la testa per baciarmi la fronte. Poi, mi diede una pacca sul culo e mi disse di vestirmi se non volevo essere scopata ancora. Quel pensiero non mi dispiaceva ma la stanza a fianco era quella di Ethan. 

Mi lavai i denti e poi uscii dal bagno, lasciandolo solo.

Quando mi raggiunse a letto notai il suo volto leggermente teso. 

«Tutto bene?» 

Spostò le coperte e mi guardò rapidamente, «tu tutto bene?»

Aggrottai la fronte perplessa per quella domanda, e buttai fuori una mezza risata mentre rispondevo di sì. Lui annuì e quando si sdraiò al mio fianco, mi tirò contro il suo petto e accarezzò la mia schiena da sotto la maglia. Appoggiai il mento sul suo petto nudo mentre con una mano accarezzavo il resto del suo torace.

«E' passata la mezzanotte.» disse.

Rabbrividii quando le sue dita sfiorarono il lato del mio seno che premeva contro di lui e mi morsi il labbro. 

«Buon anniversario, amore.» sogghignai.

Poi, rotolò e mi schiacciò sotto di lui per baciarmi fino a togliermi il fiato. 

⚜️

«Hayden, guardami.»

Girò la testa verso di me: i capelli arruffati, la mano destra che teneva due mirtilli era già davanti alla bocca semiaperta, il corpo coperto solo da un paio di boxer. Scattai la foto dal mio telefono e subito dopo si mise in bocca la frutta con un sorrisetto.

«È la quinta foto che fai.»

«Questo è un momento da ricordare.» buttai il telefono in un lato del letto il telefono e mi avvicinai a lui.

Il vassoio con la colazione che aveva ordinato in camera era vicino alle sue gambe e sopra i pancake aveva fatto scrivere col cioccolato '+4, amore'.

«Super Bowl e anniversario insieme non è roba da tutti i giorni.» aggiunsi.

Oltre ad essere anche San Valentino.

Quella mattina ci eravamo svegliati relativamente presto per poter trascorrere quelle ore insieme. Mancava poco più di un'ora dal ritrovo che aveva nella hall con la squadra e avrei voluto fermare il tempo per stare qualche secondo in più con lui. 

«Sai, da un lato mi dispiace sia oggi.» disse.

Mi infilai in bocca un triangolo di pancake e lo guardai, «perchè?»

«Perchè è la nostra giornata e non la passeremo insieme.»

«Stai per giocare la finale del Super Bowl,» ridacchiai, «sei più che perdonato per questo tuo abbandono.»

Accennò un sorriso e mi accarezzò la coscia. «Non stare nelle sale interne. Ti voglio nella tribuna vip.»

«Va bene, capo.»

Lo stadio aveva delle sale interne con tutti i comfort necessari che si affacciavano sul campo, ma erano in alto e non mi avrebbe potuto vedere. Le tribune vip erano invece quasi a bordo campo, le sedute erano delle poltrone molto comode e ognuna aveva un piccolo televisore per vedere meglio la partita.

«Ci sarà anche Meredith,» disse poco dopo e mi guardò, «e Juliette.»

«Wow. Meeting delle ex, signorino Miller?»

Ruotò gli occhi ma era divertito, «Meredith non è mai stata la mia ragazza e lo sai.»

«Non migliori le cose dicendo così.»

«Ehi, ti ricordo che la stessa relazione l'ho avuta con te.»

Inarcai le sopracciglia, «noi non scopavamo.»

Schiuse la bocca ma non disse nulla.

Buttai fuori una breve risata, «è meglio se non parli, Miller.»

Non ero arrabbiata o offesa. Il passato di Hayden era molto passato, ma era comunque qualcosa che mi ingelosiva ed era più forte di me. Lui e Juliette si erano ritrovati dopo molti tentativi su un percorso di amicizia e mi stava bene, ero contenta per lui. Se dovevo essere sincera, come personalità, preferivo quella di Juliette a quella di Meredith.

«Loro due hanno ripreso a parlarsi?»

«Juliette prova a scriverle ma non riceve molte risposte. E posso capire Mer, in fondo ha scoperto che ha finto la sua morte solo un anno fa e io ho dovuto riaprire un capitolo che avevo già chiuso. Non è stato facile per nessuno.»

Juliette era tornata a New York un anno prima e aveva dovuto raccontare tutta la verità a Meredith, la quale era rimasta all'oscuro di una grande fetta di storia. Certo, sapeva del padre di Hayden e di quello che lo obbligava a fare ma lui non gli aveva mai raccontato la verità su Juliette, che fosse viva, perchè lei gli aveva chiesto di non farlo, che lo avrebbe fatto lei quando sarebbe stata pronta. Quando Meredith aveva scoperto il tutto, aveva litigato pesantemente anche con Hayden, il quale aveva temuto ricadesse nel giro della droga ma non era successo, per fortuna. Al momento, le cose tra Meredith e Juliette erano su un binario morto, Meredith non riusciva ad accettare quello che aveva fatto la sua migliore amica d'infanzia.

«Cosa ti ha fatto pensare che fosse una buona idea invitarle entrambe?» chiesi.

«Cosa dovevo fare? Volevano esserci. Staranno in posti separati. Infatti, Meredith può venire con te nella tribuna vip.»

Aveva detto quella frase fissandomi con un sorrisetto beffardo, consapevole che mi stesse provocando. 

«Sei così simpatico, Miller.»

«E tu sei così bambina.»

Gli feci il medio e lui mi diede un pizzicotto alla coscia che mi fece sussultare. Bastardo. Lo colpii sul petto e lui mi afferrò il polso quando provai a strizzargli il capezzolo. E fu così che in un mezzo secondo mi ritrovai sdraiata sul materasso, e lui tra le mie gambe a schiacciarmi con tutti suoi muscoli e la sua bellezza divina. Il vassoio della colazione era a rischio ma a lui non importò. 

Le mie mani lambirono la sua schiena allenata mentre la sua bocca premeva dolcemente sulla mia. Sapeva di mirtillo e cioccolato. 

«Mi fai impazzire quando sei gelosa.» sussurrò roco, tentando le mie labbra.

Incrociai l'oceano quieto dei suoi occhi e schioccai, «non sono gelosa.»

Ridacchiò di gola e abbassò il volto per parlare al mio orecchio, «tu non sei mai stata come Meredith o come Juliette. Sei sempre stata di più, fin dal primo giorno.»

«Il primo giorno mi avresti fatta arrestare.»

Sollevò la testa e i suoi occhi luccicarono, «se non fosse stato da psicopatico ti avrei ammanettata al mio letto da quella notte, Adams.»

La mia bocca si aprì per lo stupore e sentii le mie guance scaldarsi. Sghignazzò e mi baciò dolcemente. Prima una volta e poi due. Il mio corpo venne invaso da brividi e mi strinsi a lui, le mie mani vagarono su di lui e tastai i suoi muscoli definiti. Approfondì il bacio con più intensità e premette il bacino contro al mio, facendomi gemere nel bacio.

«Posso averti un'ultima volta prima di andarmene?» soffiò, staccandosi piano.

Sbattei le ciglia, «non devi nemmeno chiedere, Hayden.»

Prima di spogliarci completamente, avemmo la decenza di spostare il vassoio sul tavolo. Subito dopo mi ritrovai ad ansimare per i suoi tocchi leggeri e i suoi baci caldi sul mio seno e addome. 

Allacciai le gambe nude dietro il suo bacino stretto e feci scorrere le dita lungo la sua schiena fino ad arrivare ai suoi glutei sodi. Li strizzai e lo spinsi contro di me.

«Hai il culo più bello del mio, Miller,» soffiai ad un centimetro della sua bocca gonfia, «non è giusto.»

«Non vedi tutto quello che posso vedere io, Adams. Il tuo è spettacolare.»

Mi baciò con foga e si strusciò sul mio sesso, attivando ogni fiammella che non si era ancora spenta del tutto. Ansimai e graffiai le sue braccia mentre il mio piacere iniziava a lubrificare la sua eccitazione gonfia.

«Ti ricordo che è mattina e la stanza di Ethan è contro questa parete.» lo avvisai.

«Gli dirò che è colpa tua.»

«Già, proprio colpa mia. Devo aver interpretato male quando mi hai chiesto se potessi avermi ancora. Non avevo capito volessi giocare a scacchi.»

Si sollevò leggermente con le braccia e mi fece l'occhiolino, «scacco matto.»

Coglione.

Il secondo successivo, la sua punta premette contro la mia entrata e scivolò con una spinta decisa in me, strappandomi un gridolino di piacere. Ero già fradicia. Non aveva avuto bisogno di fare nulla. Si era impossessato ancora di me e io mi sentivo completa. 

«Piano,» ansimai, graffiandogli la schiena, «per ora

Sorrise, scuotendo la testa, e tornò a baciarmi. La lingua si unì subito con la mia e si intrecciò.

Con Hayden sembrava perennemente di vivere sulla cloud 9. Lui era insaziabile, di tutto. Del sesso. Dei semplici baci. Di carezze. Di sguardi. Voleva sempre qualcosa. E io non potevo non darglielo perché io esattamente come lui. Qualsiasi cosa lui facesse non era abbastanza, ma in senso buono. Mi dava sempre così tanto che ero diventata avara. Ne volevo sempre di più.

Mosse il bacino con maestria e mi rubò quei versi sconci che riempirono la stanza. Le mie unghie arpionarono il suo corpo in più punti: nei suoi fianchi, nella sua schiena ampia, sui suoi bicipiti gonfi.

Le catene dorate penzolavano a ritmo dei suoi movimenti e anche il mio seno balzava a ritmo. Lo afferrava qualche volta, lo strizzava e io mi dovetti contenere perchè era abbastanza evidente quello che si stava facendo, in più il letto picchiava contro la parete quindi non avremmo potuto trovare molte scuse.

Mi dispiace Ethan.

Poi drizzò il busto, afferrò le mie gambe da sotto le cosce aprendole e, tenendole sollevate, iniziò a sbattere in me con precisione e fermezza. Andò in profondità e mi sembrò di sentire il cuore uscirmi dal petto. Mi aggrappai alle lenzuola mentre la velocità delle sue stoccate era insostenibile. Non staccò mai gli occhi da me e io feci lo stesso.

Poteva essere un cliché ma era un fottuto dio greco. Gli addominali tesi e imperlati di sudore, le vene delle braccia e delle mani erano gonfie, le labbra rosse e schiuse mentre gemeva roco, e i ciuffi ribelli oltre la fronte che ciondolavano ad ogni movimento.

Se avessi cercato diavolo sul dizionario avrei trovato il suo nome.

Cercai di soffocare più gemiti possibili ma era difficile. Lo sentivo fin nello stomaco. Colpiva ripetutamente zone che mi facevano ruotare gli occhi indietro e piagnucolare.

Mi toccai il seno. Lo strinsi in una mano e lui imprecò alla vista. Strinse la presa sulle mie cosce e aumentò il movimento del bacino. Afferrai un cuscino e lo premetti contro la mia faccia mentre non riuscivo più a trattenermi e venni urlando contro quello e attorno a lui.

Riversai su di lui ogni goccia di me e lui continuò a muoversi facendomi contrarre i muscoli interni in rapidi spasmi. Poco dopo, uscì da me e mi tolsi il cuscino dalla faccia. Lo vidi venire sulla mia intimità con un fiotto caldo del suo seme e poi scivolò ancora in me, calda, fradicia e troppo sensibile, per rilasciare il resto.

E quella scena pensai anche che avessi cercato indecenza sul dizionario avrei trovato il suo nome.

Uscì di nuovo e lo vidi ancora eretto, grosso e pulsante. Mi lasciò andare le gambe ora molli e respirai a fatica, mentre non distoglievo gli occhi da lui. Aveva lo sguardo rivolto verso il basso. Mosse una mano e poi con due dita raccolse un po' del seme rilasciato su di me, facendomi tremare per il contatto diretto con la mia intimità pulsante e distrutta, e infilò le dita in me. 

Scattai leggermente col bacino e fulminai tornò a guardarmi quando prese ad arricciare le dita. Il rumore acquoso era quasi vergognoso e arrossii profondamente ma allo stesso tempo mi eccitò. Essendo ancora troppo sensibile fu più una tortura ma mi piaceva. Venni ancora tremando attorno alle sue dita e sfilò le dita. Il mio cuore batte all'impazzata alla vista dei miei umori mischiati al suo seme.

Senza troppi pensieri, si portò le dita alla bocca e le succhiò, guardandomi intensamente.

Cristo--non era legale. Hayden non era legale. Non poteva esserlo.

Poi, si leccò le labbra e si abbassò con fare predatore sopra di me. A volte con certi gesti mi faceva sentire davvero una ragazzina alle prime armi. Mi destabilizzava ma in senso positivo. Mi faceva arrossire fino al midollo, come se fosse la prima volta che lo vedevo fare una cosa del genere ma non era così.

«Buon anniversario, bellissima.» E mi baciò.

Cazzo, non vedevo l'ora di vivere tutti gli altri anni della mia vita con lui.

⚜️

«Nash è proprio distrutto.» disse Dave, guardandolo dormire nel passeggino.

Dave, Gabriel, Jamie e Travis erano arrivati quella mattina. Juliette invece aveva disdetto, non voleva causare strane situazioni con Meredith e rovinare la giornata, così aveva scritto ad Hayden. Per quanto riguardava Travis, non sapeva ancora nulla della gravidanza di Donna e lei non voleva dirglielo per ora. Ignorava il problema e stava con Travis come se niente fosse ma glielo leggevo in faccia che avrebbe voluto dirglielo. Ora eravamo in un ristorante a pranzare dopo una breve visita alla spiaggia con i nuovi arrivati e qualche foto ricordo.

Ethan, di fronte a me, mi guardò infastidito, «qualcuno ci ha tenuti svegli la notte e ci ha anche svegliato la mattina.»

Tutti i miei fratelli mi guardarono all'unisono e tossii imbarazzata.

«Non è stata colpa mia--»

Ethan alzò una mano, «è stato disgustoso e non voglio sapere nulla, grazie.»

Mi grattai la guancia rossa.

«Benvenuto nel mio mondo, amico.» disse Brandon.

Lo guardai male, «oh, ma stai zitto.»

La conversazione terminò con l'arrivo dei nostri piatti. Donna aveva ordinato un mega panino farcito che aveva fatto commentare Travis con fare divertito. Lei si era difesa dicendo che l'aria di Miami le faceva venire fame. Io e Brandon ci scambiammo una breve occhiata ma non dicemmo nulla.

«Allora, come funziona dopo?» domandò Gabriel, tagliando la sua fetta di carne.

«Vi devo dare dei biglietti e una volta arrivati seguirete le indicazioni dello staff. Starete tutti nelle sale interne, non so se ci saranno altri o siete solo voi ma è un ambiente meno caotico e avrete tutti i comfort che volete.» spiegai dicendo ciò che mi aveva detto Hayden quella mattina prima di andarsene.

«Tu dove starai?» chiese Violette.

Diedi un morso alla patatina fritta e dissi, «in tribuna vip.»

Gabriel sbuffò, «cosa? Non è giusto, anche io voglio stare lì.»

«Scopati un giocatore di football.» rispose Dave.

Lo fulminai con lo sguardo e lui rise divertito. Ma, in fondo, aveva ragione.

«Comunque è assurdo che per la prima volta in assoluto il Super Bowl cada proprio oggi che è San Valentino.» disse Jamie.

«È vero, è strano.» disse Dave.

«Ehi, oggi il vostro anniversario.» disse Violette con un sorriso rivolto verso di me.

Sorrisi, «yep

«Ora si capisce la scopata mattutina--»

«Gabriel!» esclamò Ethan.

«Che vuoi?»

«Non voglio pensarci quindi stai zitto.»

Sbuffai seccata, «oh, andiamo. Anche io in passato mi sono subite le vostre avventure e non ho detto nulla.»

Ethan assottigliò lo sguardo, «è un po' diverso, credimi.»

«Urla molto, vero?»

Al commento di Brandon, in contemporanea, a Jamie e Dave andò di traverso il cibo, Gabriel lasciò cadere la forchetta sul piatto, Ethan chiuse gli occhi come se stesse avendo un orrendo flashback e io sgranai gli occhi imbarazzata. Travis e Donna sghignazzarono dietro le loro mani.

«Possiamo...cambiare argomento?» intervenne timidamente Violette, accarezzando la spalla di Ethan.

«Si!» esclamammo in coro io e miei fratelli.

⚜️

«Allora...» mi schiarii la voce, «come sta Phil?»

«Ci siamo lasciati due settimane fa.»

«Oh, mi dispiace. Hayden non me l'ha detto.»

O forse sì ma dato che non mi interessava lo avevo rimosso?

Meredith mi ignorò e continuò a scrivere sul suo telefono. Accavallai le gambe e tamburellai le dita sulla mia coscia.

«Sei contenta che abbia raggiunto questo traguardo?»

Lentamente appoggiò i suoi freddi occhi verdi su di me e sospirò pesantemente, «non sei obbligata a fare conversazione. Possiamo anche ignorarci fino alla fine di questa partita.»

«Perfetto.» sorrisi falsamente.

Lei imitò il sorriso e poi tornò scoppiò al suo telefono, scoppiando una bolla con la sua cicca.

Alla fine, quello stronzo mi aveva piazzato a fianco a Meredith e non capivo perchè dato che Juliette alla fine non c'era. 

Ad ogni modo, il mio posto era davvero figo. Oltre ad avere una poltrona comodissima, eravamo in prima fila della sezione vip. Ero praticamente a bordo campo e potevo evitare di seguire la partita dal televisore che avevo davanti a me perché non ce n'era bisogno. Però, il fatto di essere così vicina mi faceva agitare. Quando i Patriots sarebbero entrati avrei avuto una visuale magnifica di Hayden nella sua divisa e mi sarebbe scoppiato lo stomaco dal mix di emozioni che già mi stavano divorando. Se poi avesse anche guardato nella mia direzione, cosa che sicuramente avrebbe fatto perché lo faceva sempre, sarei morta definitivamente.

Il telefono vibrò al mio fianco e lo afferrai. Sul gruppo della mia famiglia continuavano a scriversi e stavano commentando la foto che avevo inviato dal mio posto. Mio fratello Gabe mi aveva insultata perchè ero troppo vicina e non era giusto. In tutta sincerità avrei preferito passare le ore a fianco a quel Neanderthal di mio fratello che Meredith.

Poi, il cuore mi accelerò alla vista di un messaggio di Hayden.

Mancava poco più di mezz'ora all'inizio della partita ed entrambe le squadre erano nei loro spogliatoi. Avevo seguito tutte le interviste di quel pomeriggio dal telefono e, come una fan ossessionata, avevo fatto degli screen degli inquadramenti migliori su di lui. 

-Com'è la visuale, Adams?

Con un sorriso da idiota risposi subito.

-Abbastanza buona da vedere
se guardi il culo di qualche cheerleader, Miller

-Ho il migliore come sfondo del telefono,
non ho motivo di guardarne altri

Ridacchiai e scossi la testa.

-Hai la mia maglia?

-Yep, quella bianca.
E delle graziose trecce

Le trecce erano l'unico modo per combattere l'umidità di Miami.

-Sto già immaginando come sfruttale al meglio più tardi

-Siamo in due

-Piccola ninfomane

-Stronzo

-Hai già ucciso Meredith?

-Abbiamo deciso che ci
ignoreremo per tutto il tempo

-Mi fa piacere che andiate così d'accordo

-È lei il problema, non io.

Me lo immaginai ruotare gli occhi esasperato.

-Tra poco devo andare
-Vuoi dirmi qualcosa?

-Non perdere

Non ricevetti risposta.

Dovevo ammettere che ci rimasi un po' male, mi aspettavo una battutina o altro ma non il nulla.

Quando le squadre entrarono in campo, lo stadio fece partire un boato immenso. In ogni canale americano si stava trasmettendo questa partita e io stavo assistendo dal vivo ad un pezzo della storia dei Patriots.

Ero così emozionata.

Non riuscivo a smettere di sorridere. Anche quando c'era stata l'esibizione delle cheerleader, ce n'era una che più volte aveva provato ad approcciarsi con Hayden in un modo troppo amichevole, ma quel giorno me ne dimenticai completamente.

Nel momento in cui le squadre, allenatore e vari assistenti erano ammassati a bordo campo, i miei occhi non si stavano dal numero 18 colorato di blu, contornato di rosso sullo sfondo bianco della maglia. Stava parlando con altri giocatori della squadra.

Il momento del calcio d'inizio, era anche il momento che segnava l'inizio del gioco.

Hayden si voltò, seppe subito dove trovarmi. Incrociai i suoi occhi da lontano e me li immaginai brillare di sfacciataggine.

Tuttavia, c'era qualcosa che non andava. 

Era un suo rito guardarmi e sorridermi, o mandarmi anche un bacio volante ma adesso, dopo aver incrociato il mio sguardo all'inizio nervoso e poi più confuso per il suo comportamento, lo distolse immediatamente per mettersi il casco.

Potevo sembrare esagerata o paranoica ma c'era qualcosa che non andava, me lo sentivo. Anche durante le interviste, le quali riusciva ad essere sempre professionale e nascondere le emozioni anche nelle domande più pungenti, in certi momenti mi sembrava perso nei suoi pensieri e questo non era da lui.

E poi quel devi dirmi qualcosa, si aspettava davvero qualcosa da me? Anche quella mattina, prima di uscire dalla stanza, avevo notato della tensione nei suoi occhi e si era fermato a fissarmi più del dovuto, come se si aspettasse che gli dicessi altro oltre a 'ti amo'. 

Quei pensieri ambigui vennero spazzati via quando Hayden si mise in campo. La felicità mi fece dimenticare quelle domande e pensai che tutto quello fosse un sogno. Non era ancora reale per me.

Non era reale che la mia vita avesse preso questa piega. Mi sembrava di stare in un film o qualcosa del genere. Tutto quello che desideravo si era realizzato e non potevo che esserne grata.

Hayden Miller era il mio fottuto ragazzo e lo amavo così tanto che sarei morta per lui. E ora stava giocando al Super Bowl.

La mia passione della musica stava proseguendo in modo eccezionale. Due anni fa, dopo aver vinto la competizione più importante in ambito musicale mi erano arrivate molte proposte lavorative oltre che complimenti da personaggi rilevanti di quel mondo. Il mio bellissimo trofeo era nell'appartamento di Hayden, accanto al suo unico secondo posto. Come regalo per congratularsi mi aveva accontentata e avevamo fatto sesso sul ponte di Brooklyn. Era stato molto ansioso ma lo avevamo fatto all'alba e non c'era nessuno. Ne era valsa la pena. 

Poi, ero diventata zia, per ben due volte. La mia famiglia non aveva più le difficoltà economiche di anni prima e riuscivamo a permetterci più cose, ed essere meno stressati gli uni con gli altri.

Ogni cosa aveva preso il suo posto. Tutto scorreva senza intoppi, finalmente.

E ora ero qui, ad osservare il mio magnifico ragazzo sfrecciare lungo il campo, placcare avverarsi e aiutare la squadra a portare a casa quei dannati punti che ci avrebbero fatto urlare di gioia.

Erano trascorsi diversi minuti dall'inizio della partita quando i tifosi dei Patriots iniziarono a fischiare e battere le mani e seguire col fiato sospeso l'infinita corsa del numero 18.

Andiamo...

I compagni di Hayden abbatterono gli avversari. Lui sfrecciava, schivando tutti, col pallone stretto sotto al braccio. Incitamenti provenivano ovunque dalla nostra tifoseria. Anche da me. Gridai il suo nome, sentivo le mie gambe tremare dall'agitazione.

Mancavano pochissimi zone e, poi, il numero 2 dei L.A. Rams arrivò fulmineo e avvenne un placcaggio abbastanza brusco che fece zittire la nostra curva. Me soprattutto. Imprecai sottovoce. Ogni volta che vedevo Hayden a terra mi si chiudeva lo stomaco di botto. Speravo sempre che non si facesse troppo male.

Il tabellone segnò i primi due punti ai Rams e la loro tifoseria esplose in un boato di gioia.

Osservai Hayden tornare dai compagni e solo da come camminava potevo confermare quanto fosse nervoso e anche incazzato per il suo errore.

L'inizio del Super Bowl non prometteva bene.

⚜️

Il campo si stava preparando per il famoso show di metà tempo.

Io però non riuscivo a non osservare quel dannato tabellone.

Stavamo perdendo. E di molto anche.

Non capivo cosa stesse passando nella testa di Hayden, non aveva mai sbagliato come oggi. Non avevo mai visto il suo allenatore così incazzato con lui. Sembrava avere la testa altrove.

Stavo scrivendo a Malcolm, che seguiva la partita da San Diego, quando avvertii una presenza al mio fianco. Alzai la testa e vidi una ragazza con un badge attorno al collo.

«Signorina Adams?» chiese con tono cortese.

«Si, sono io.»

Sorrise, «può seguirmi, gentilmente?»

«Um, si, certo.»

Cos'era successo?

Mi alzai e guardai Meredith. Quella stronza nemmeno stava prestando attenzione alla situazione. Lasciai tutto lì tranne il telefono e seguii questa ragazza.

«Posso chiederle dove stiamo andando?»

Stavamo camminando tra i vari settori dello stadio e prendemmo le scale che avrebbero portato alla struttura interna che si diramava in più strade per raggiungere i vari settori.

«Il signorino Miller vuole parlare con lei.»

Oh.

Non era riuscito a venire da me prima della partita, di certo non immaginavo di vederlo durante, anche se c'era la pausa per lo show. Tuttavia, volevo assolutamente vederlo. Non era Hayden in quel momento e dovevo capire perchè.

Attraversammo vari corridoi e porte finchè non ci ritrovammo nei sotterranei che era il luogo degli spogliatoi. Era pieno di persone. Uomini in giacca e cravatta, telecamere e quant'altro. Mi sentii abbastanza fuori luogo. Sentii anche delle urla maschili provenire dallo spogliatoio, probabilmente era il coach. Ci fermammo davanti ad una porta, la targhetta in acciaio portava il nome di ufficio e la ragazza fece un cenno con la testa e un sorriso.

«Può entrare.»

La ringraziai nonostante la confusione sul mio volto e poi afferrai la maniglia. Entrai piano e trovai Hayden sudato in divisa, cosa che mi fece infuocare le viscere, che camminava avanti e indietro davanti ad una scrivania.

«Ehi, non dovresti essere con gli altri?» dissi, chiudendo la porta dietro di me.

I suoi occhi blu incatenarono i miei e mi bloccai davanti alla porta.

Studiò il mio corpo con un cipiglio e poi mormorò, «il coach mi ha dato cinque minuti.»

Okay.

Sospirai, «che succede?»

Perchè hai la testa altrove?

«Non riesco a giocare.» sbottò, prima di tirarsi indietro le ciocche umide di sudore.

Questo lo avevamo visto tutti, pensai. Ovviamente non glielo dissi ma lo capì dal mio sguardo che si ammorbidii e dalle spalle che si abbassarono mentre sospiravo. Avanzai piano e gli afferrai il volto. Non mi importava del sudore, volevo capire cosa lo tormentava così tanto da non riuscire a dare il meglio di sé. I suoi occhi sembravano preoccupati e da come sentii scattare sotto il palmo la mascella ne ebbi la conferma.

«Hayden, cosa succede?» chiesi.

Aprì bocca ma non riuscì a dire nulla.

«Sei teso per il patto? Hayden non--»

«Perchè non me l'hai detto?» 

«Detto cosa?»

«Che sei incinta.»

Oh...cazzo.




S/A.

Vedi, Hayden, non è come pensi...

E povero Ethan🙃

Lasciate una stellina e un commento, se vi è piaciuto!

A presto, Xx❤️👽

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