It's a Cliché

By -Happy23-

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Hayden Miller è un eccellente pianista, vincitore di moltissime competizioni, prossimo prodigio della Juillia... More

Premessa
Prologo
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12 - Parte 1
Capitolo 12 - Parte 2
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42 - Parte 1
Capitolo 42 - Parte 2
Capitolo 43 - Parte 1
Capitolo 43 - Parte 2
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 53
Capitolo 54
Capitolo 55
Capitolo 56
Capitolo 57
Capitolo 58
Capitolo 59 - Parte 1
Capitolo 59 - Parte 2
Capitolo 60
Capitolo 61
Capitolo 62
Capitolo 63
Capitolo 64
Capitolo 65
Capitolo 66
Capitolo 67
Capitolo 68
Capitolo 69
Capitolo 70
Capitolo 71
Capitolo 72
Capitolo 73
Capitolo 74
Capitolo 1 Bonus - Parte 1
Capitolo 1 Bonus - Parte 2
Capitolo 1 Bonus - Parte 3
Capitolo 2 Bonus - Parte 1
Capitolo 2 Bonus - Parte 2
Capitolo 3 Bonus - Parte 1
Capitolo 3 Bonus - Parte 2
Capitolo 3 Bonus - Parte 3
Capitolo 4 Bonus
Capitolo 5 Bonus
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Epilogo

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By -Happy23-

«A che ora avete l'aereo?» domandò mia madre al telefono.

«Alle-» Cristo, «-alle due di pomeriggio.»

Il mio corpo era in fiamme.

«Quindi tra qualche ora partirete per l'aeroporto

Abbassai lo sguardo, stavo cercando di contenere il respiro ma il mio bacino non faceva altro che incontrare la lingua esperta di Hayden. Gli tirai i capelli quando lui concentrò la sua attenzione sul mio centro sensibile facendomi gemere.

«Cos'è stato? Makayla, stai bene

Strabuzzai gli occhi e mi piantai una mano sulla faccia, «m-mi sono bruciata con la...la pentola.»

«Hayden non dovrebbe lasciarti da sola in cucina. Lo sa che non sai cucinare, vero

Il sottoscritto -che aveva sentito- ridacchiò sopra alla mia intimità e questo mandò vibrazione in tutto il mio corpo che mi fecero arricciare anche le dita dei piedi. Gli diedi uno schiaffetto in testa.

«Si, lo sa,» strinsi i denti quando arricciò le dita dentro di me, «mamma--i-il dito mi fa molto male...ci sentiamo dopo!»

«Mettici su del--»

Chiusi la chiamata e buttai il telefono sull'isola per poi infilare entrambe le mani nei suoi capelli e agitare i fianchi a ritmo dei suoi colpi di lingua e dita in me.

Non era così che sarebbe dovuta iniziare la nostra colazione ma non mi dispiaceva questo plot twist: io sdraiata sull'isola e lui con la faccia in mezzo alle mie cosce.

«Ti odio...» ansimai, «e me la pagherai.»

Mi aveva afferrata per i fianchi e fatta sdraiare sul marmo freddo per poi riempirmi di baci il petto, l'addome e scendere verso l'infermo. Perché è il modo migliore per iniziare la giornata, aveva detto quando gli chiesi se fosse necessario, e anche perché ho sognato che accadeva.

Poi, mia madre aveva chiamato e quel bastardo mi aveva obbligata a rispondere altrimenti mi avrebbe lasciata a secco.

In risposta succhiò con forza il mio bottoncino gonfio e pulsante e mi fece squittire e dimenare sull'isola. Porca puttana. Gli afferrai la mano che era aggrappata sulla mia coscia e gliela portai sul mio seno, sotto alla maglia, non perse tempo a stringerlo e a stuzzicare le punte già dure e ansimai senza pudore. Le sue dita lavoravano in me, si arricciavano e premevano in quel punto speciale che mi faceva stringere lo stomaco.

«Oddio--Hayden...»

Sentivo l'orgasmo stare per travolgermi.

Gli tirai i capelli e capì cosa volessi. Il suo corpo sovrastò il mio e presto sentii il mio sapore sulle sue labbra lucide. Mi baciò con foga mentre continuava a muovere le dita in me, i miei talloni quasi scivolarono dal bordo per gli spasmi che stavo avendo. Dal mio seno, chiuse la mano attorno alla mia gola mentre intrecciava la lingua alla mia.

Venni poco dopo. Con leggeri gemiti che si persero tra le sue labbra e con tremori che invasero ogni mio arto. Riversai il mio piacere sulle sue dita e lo sentii colarmi nell'interno coscia.

Quando smisi di tremare, Hayden ruppe il bacio e premette le labbra sulla mia guancia per poi sfilare le dita da me e portarle nella mia bocca. Lo fissai ancora ansimante mentre gliele succhiavo e mi persi nel buio perverso delle sue iridi. Subito dopo tornò col volto tra le cosce e mi ripulì facendomi quasi venire una seconda volta sulla sua lingua.

Mi aiutò a sedermi sul bordo e si infilò tra le mie gambe ancora fuori uso e mi strinse le guance per poi baciarmi a stampo. Poi, mi baciò ancora e si allontanò creando un leggero schiocco umido. Ancora eccitata perché non potevo resistergli, premetti la mano dietro al suo collo e spinsi contro di me mentre l'altra viaggiò sul suo corpo coperto solo dai boxer. Sapevo fosse eccitato ma ne ebbi la conferma quando lo sentii premere nel tessuto nero. Lo accarezzai da sopra e lui grugnì nel bacio.

Lentamente mi tirai indietro e lo guidai con me. Inarcai la schiena quando sentii il marmo sotto essa e avvinghiai le gambe dietro al suo bacino.

Entrambi sapevamo che dopo quella giornata non ne avevamo più molte per noi. Anzi, quasi nessuna. Una volta tornata a casa, sarei partita con i miei amici poi avrei passato del tempo con la mia famiglia mentre lui sarebbe tornato a New York con Brandon. Lui sarebbe partito quattro giorni prima rispetto l'inizio delle lezioni e insieme avremmo trascorso solo mezza giornata. Sarei tornata a New York, per poi starci definitivamente, e lo avrei visto per poche ore.

Morsi le sue labbra e le succhiai come se fossero vitamine per il mio corpo. La mia mano si muoveva sul suo addome e poi si infilò nei boxer, massaggiandolo dalla base fino alla punta umida e turgida. Gli procurai un gemito di gola che mi fece arrossire e me lo registrai per bene nella mente.

«Dimmi cosa vuoi, amore.» sussurrai, sfiorando le labbra con le sue in un gioco di provocazione.

Provò a baciarmi ma non glielo lasciai fare e mi ritrovai a sorridere. Allora, decise di baciarmi la mascella e poi scendere verso il collo. Chiusi gli occhi beandomi delle sue labbra e nel mentre, continuai a massaggiare la sua lunghezza d'acciaio.

«Ti voglio,» mi leccò un lembo di pelle, «ti voglio prendere su quest'isola e poi voglio quei dannati pancake.»

«Anche io voglio i pancake.» ridacchiai.

«Solo quelli?»

Sorrisi, «prima il resto.»

Sollevò la testa dal mio collo e mi baciò rapidamente.

«Apri bene le gambe, bellissima.» ammiccò prima di abbassarsi i boxer ed entrare in me facendomi gridare dal piacere.

⚜️

«Duecentodieci...duecentododici. Ecco, è questa la casa.»

Donna fermò la macchina e la parcheggiò davanti al marciapiede essendo libero un posto. La casa in questione mi era stata consigliata dai nonni di Hayden. Una volta saputo che sarei andata a Charleston con i miei amici, mi avevano detto che conoscevano dei proprietari con una villetta fronte mare che avrebbero dovuto vendere tra pochi mesi. Questa coppia gentilissima ci aveva permesso di stare per quei quattro giorni senza spendere un centesimo perchè eravamo amici di Dorothea e Jeremy.

«Wow. E' proprio bella.» disse Donna, studiandola dall'esterno.

«E si affaccia sul mare.» aggiunse Malcolm.

Il mare era ad un centinaio di metri. Bastava attraversare la strada ed eri nell'immensa spiaggia.

Mentre entrammo, mandai un messaggio ad Hayden avvertendolo del nostro arrivo sani e salvi. Ci eravamo lasciati la sera prima, dopo il volo, mi aveva accompagnata a casa e io avevo cercato di non piangere sapendo che la volta successiva che lo avrei rivisto lui sarebbe poi partito per la Stanford. Lo avevo abbracciato forte e avevo stretto i denti mentre mi sussurrava che sarebbe andato tutto bene e di pensare di divertirmi con i miei amici.

«Davanti a questa finestra mi farete tante foto.» annunciò Mal, indicando una bow window che si affacciava sulla strada e di conseguenza sul mare.

C'erano due stanze da letto al piano di sopra e due bagni -uno al piano inferiore e l'altro al secondo- scegliemmo tutti di dormire nella stessa stanza e nello stesso letto.

«Si fa a rotazione per dormire al centro.» avvisai mentre lasciavo cadere il borsone dalla spalla al bordo del letto.

«Concordo.» dissero in coro.

Chi dormiva al centro era quello più sfigato e bloccato. Non avrei passato tre notti in quel modo.

«Che ne dite di cambiarci e andare in spiaggia?» chiesi, guardando fuori dalla finestra che c'era nella stanza.

«Va bene ma prima devo cagare.»

Io e Donna guardammo Malcolm con fare disgustato.

Lui ruotò gli occhi, «lo sapete che l'aria del mare mi fa questo effetto.»

«Bene, allora tu usi il bagno al primo piano. Non voglio morire asfissiata.» disse Donna.

Lui le fece il medio ma alla fine scese al piano inferiore.

In spiaggia ci portammo solo i teli e una borsa di tela con della frutta e dell'acqua fresca. Faceva caldo ma il vento ti permetteva di stare senza ombrellone e non morire sotto al sole. Il costume che avevo era un due pezzi e purtroppo si vedevano i segni che mi aveva lasciato Hayden in quei giorni. Sia sul seno che sulle cosce. Per fortuna quelli sulle natiche erano spariti. Malcolm non poté che commentare il mio stato e io gli feci uno sgambetto facendolo cadere di faccia nella sabbia.

Tra le nostre conversazioni cercammo di non toccare il tasto relazioni. Questo perchè Malcolm stava ancora cercando di non pensare al rifiuto ricevuto da Brandon; Donna e Travis si erano lasciati non riuscendo a trovare un punto di incontro e io, sì, ero con una relazione ma non volevo pensare al fatto che avrei dovuto salutare Hayden in pochi giorni.

«Pensavo di farmi un piercing al capezzolo...» iniziò Malcolm, mentre si lanciava in bocca un chicco d'uva, «e di tagliarmi i capelli.»

«Cosa? No!» esclamai e allungai una mano verso i suoi boccoli dorati che gli sfioravano il collo, «non puoi tagliarli.»

«Vero,» disse Donna, con gli occhiali da sole più grandi della sua faccia, «accettiamo il piercing ma non toccare i capelli. Non potrai fare più le tue acconciature.»

«E non potrai più farti tirare i capelli quando scopi.» aggiunsi.

«Non mi raso mica a zero,» disse con un leggero sorriso, «solo una spuntatina.»

«Ma sei già perfetto per sembrare un sexy surfista di San Diego. I capelli un po' lunghi sono la caratteristica principale.»

«Dici?»

«Assolutamente si. Non tagliarli.» dissi.

«Mh, ci penserò allora,» sospirò, «ma il piercing voglio farlo. Pensavo anche quello al cazzo ma credo faccia tanto male.»

«E soprattutto non puoi scopare per un po'.» disse Donna.

Lui fece una smorfia, «giusto.»

«Esistono piercing per il pene?» domandai sorpresa.

«Certo, ce ne sono molti. Vuoi vedere le fo--»

«No!» gli bloccai la mano che stava per raggiungere il telefono, «posso immaginare, grazie.»

«Puoi sempre proporlo al tuo boy...» ghignò Donna.

«Ehi,» alzai un dito, «abbiamo detto niente conversazioni sui ragazzi.»

«Oh, andiamo. Sei l'unica felice. Puoi benissimo sbattercelo in faccia, non ce la prendiamo.»

«E se Hayden vuole sbattermelo in faccia io non--»

Tirai a Malcolm una sberla sul braccio che lo fece ridere di conseguenza.

«Non ci hai detto com'è andata la vostra fuga nella Grande Mela.» disse Donna, allungando le gambe sottili sul telo.

Giocai con la sabbia fuori dal telo e alzai le spalle guardandoli da dietro le lenti degli occhiali da sole, «è andata bene. Mi piace molto New York. Quando avremo tempo di vederci ti farò vedere i punti più belli.» dissi, rivolgendomi alla mia amica.

«Sei stata sul ponte?»

Il sorrisetto fastidioso del mio amico mi fece gonfiare le guance e sbuffare rumorosamente. Loro sapevano della mia fantasia ed essendo Malcolm una pettegola petulante non poteva non tirare fuori l'argomento.

«Si, è molto luminoso e molto grande.» 

«Ah, capisco,» continuò, «e hai visto anche l'alba o il tramonto?»

Le mie labbra non poterono che incurvarsi in un sorriso ma non risposi. Mi limitai a scuotere la testa e dirgli sottovoce quanto fosse coglione. Loro due risero e continuarono a stuzzicarmi per avere una risposta.

«Sono la tua migliore amica. Devi dirmelo se hai scopato davvero sul fottuto ponte di Brooklyn.»

Grazie a Dio attorno a noi non c'era nessuno. La spiaggia era molto ampia e non era così affollata da avere persone attorno.

Mi guardai i piedi, avevo messo uno smalto rosato e si stava già rovinando.

«Makayla Adams, rispondi imm--»

«Non abbiamo scopato!» esclamai esausta e divertita, «ma...»

«Ma?» dissero in coro.

«Lui ha fatto qualcosa.»

«Ti sei fatta fare un ditalino sul ponte di Brooklyn, che piccola depravata.» disse Malcolm senza mezzi termini.

Arrossii per quella verità peccaminosa.

«Ora che siete stati aggiornati anche sulla mia vita sessuale, possiamo cambiare argomento.»

«Sei noiosa. Io vi aggiornerò ogni volta che il mio biscottino farà centro.» disse Malcolm.

«Non sei obbligato.» rispose Donna con una smorfia.

«So che è di vostra vitale importanza saperlo.»

Ridacchiai, scuotendo la testa e continuammo a chiacchierare finchè non arrivò il tramonto.

Quando tornammo in appartamento eravamo tutti sudati, accaldati e con la sabbia in posti che non sarebbe dovuta esserci. Io feci la doccia per prima avendo i capelli lunghi e Donna e Malcolm iniziarono a preparare la cena con ciò che avevamo preso in un market sotto casa.

Cercai di non perderci le ore sotto il soffione e mentre lasciavo in posa il balsamo, mi lavai il resto del corpo. Mentre passavo le mani sulla mia pelle, realizzai che sulle spalle e sul petto fosse più calda di quanto sarebbe dovuta essere e questo perchè mi ero leggermente bruciata. Avevo anche il segno del costume e di quei maledetti laccetti.

Una volta terminato, chiusi l'acqua e mi avvolsi nell'accappatoio che mi ero portata da casa. Spannai lo specchio con la manica spugnosa e mi specchiai. Le guance, il naso e la fronte erano rosse, le lunghe ciglia umide e le labbra leggermente rovinate per il vento. Afferrai il telefono sul ripiano vicino al lavandino e mandai una foto con la linguaccia ad Hayden. Poi, tamponai i capelli e approfittai del caldo per lasciarli asciugare da soli. Districai solo i nodi con il pettine e poi mi asciugai. Passai abbondantemente la crema idratante sul mio corpo e mi vestii con un paio di mutandine, pantaloncini corti in cotone e una maglia a maniche corte che avevo rubato a Hayden.

Quando scesi, Donna si catapultò al piano di sopra per lavarsi.

«Cosa faccio?» saltellai verso sinistra, dove si trovava la cucina.

Qualcuno aveva già apparecchiato il tavolo in legno.

«Taglia i pomodori.» disse Malcolm, mentre pesava gli spaghetti sulla bilancia.

Gli chef Donna e Malcolm avevano deciso per una spaghettata con pomodorini. Mi misi all'opera e ne mangiai un paio mentre li tagliavo.

«Lancia uno.»

Afferrai un pomodorino e presi la mira per poi lanciarlo verso Malcolm. Lui si mosse e il pomodorino centrò la sua bocca spalancata.

«Hai già preparato le valige?» domandai mentre versavo i pomodorini nella padella con aglio e olio.

«Si,» disse, «e mia madre sta piangendo da una settimana.»

Sorrisi leggermente, «sei dall'altra parte dello stato. Non è facile per loro. Sei anche figlio unico.»

«Non sto andando in guerra.»

«Che c'entra? Sono tristi ma felici della tua partenza, è normale.»

Sentii una vibrazione e mi voltai vedendo il mio telefono acceso.

«È il tuo bello?» chiese Malcolm mentre afferravo il telefono dal tavolo.

«Yep.»

Mi morsi il labbro mentre aprivo la nostra chat.

-Si vedono le lentiggini

Allargai la foto ed effettivamente si vedevano le macchioline sul naso e sugli zigomi.

-Non ti piacciono?

-Scherzi? Sei stupenda, solo sembri davvero una bambina
-E mi sento sporco a fare certi pensieri

Arrossii e digitai sullo schermo.

-Idiota

-Avete cenato?

-Non ancora. Malcolm è appena andato a farsi la doccia

-Posso chiamarti?

«Mak! Mi aiuti a mettere la crema?!» urlò Donna dal piano di sopra.

-Devo aiutare Donna a fare una cosa. Ti chiamo io

-Ti aspetto

⚜️

Quei quattro giorni erano passati più veloci del previsto. Presto fummo nuovamente a Greenville un po' abbronzati ma anche malinconici.

Eravamo fuori casa di Malcolm e lo stavamo abbracciando con le lacrime agli occhi. Lui in giornata sarebbe partito per San Diego.

«Chiamaci, okay?» disse Donna, staccandosi e asciugandosi le guance.

Mi allontanai anche io e mi morsi il labbro tremante.

«E non fare lo stronzo che si dimentica di n-noi.» dissi.

«Non ci sarà nessuno più fastidioso di voi, sarà difficile rimpiazzarvi.»

Gli tirai un pungo sulla spalla e lui sorridendo mi tirò ancora in un abbraccio.

«Ci sentiremo sempre. Promesso.»

Io e Donna ce ne andammo a forza e il viaggio in macchina tra noi due era silenzioso. Lei sarebbe partita un paio di giorni dopo di me ma ci saremmo viste ogni volta che avremmo avuto un momento libero. Juilliard e Columbia non erano distanti, solamente avremmo avuto impegni diversi e sarebbe stato difficile farli combaciare. Mi lasciò a casa e le promisi che appena sarebbe arrivata a New York ci saremmo viste.

Quando entrai in casa, trovai tutta la mia famiglia ad attendermi.

Quello sarebbe stato l'ultimo giorno che avrei trascorso con loro perchè l'indomani sarei partita per New York con tutte le mie valigie. Avrei trascorso qualche ora con Hayden e poi lo avrei accompagnato in aeroporto insieme a Brandon.

Era tutto così strano per me. Stavo davvero per realizzare il mio sogno.

Un anno fa mai avrei pensato di trovarmi in questa situazione e ora non vedevo l'ora di iniziare questo percorso. Ero molto emozionata e quello era ciò a cui mi aggrappavo per non pensare alla distanza con tutte le persone che amavo.

Trascorsi ogni singolo momento con i miei fratelli e misi in valigia le ultime cose.

Prima dell'alba eravamo già tutti svegli. 

Mio padre, aiutato da Ethan e Jamie, caricò i miei bagagli in auto. Il tragitto verso l'aeroporto stranamente era silenzioso ma ci pensò mia madre a riempirlo ricordandomi di chiamarli e di cambiare la stanza se la mia compagna fosse sembrata troppo pericolosa. Ovviamente le dissi che lo avrei fatto solo per tranquillizzarla.

E poi mi trovai nuovamente lì, nel giro di pochi giorni, davanti ai controlli dell'aeroporto. Le due valigie che avevo portato le avevo già imbarcate in stiva, e ora viaggiavo solo col mio cuscino portato da casa e un borsone da mettere sotto al sedile e con dentro il necessario per quelle ore.

«Quando tornerai?» domandò Connor mentre mi abbracciava, «tu sei l'unica che gioca con noi.»

«Be', grazie...» intervenne Dave offeso.

Sghignazzai e poi guardai i gemelli, «tornerò presto, non preoccupatevi. E ricordatevi di non giocare sul letto.»

«Va bene.» risposero in coro.

Poi fu il turno di Charlotte e Vivienne che stavano piangendo e allora piansi anche io. Promisi loro che ci saremmo sentite spesso e che volevo sapere tutti i gossip del nuovo anno delle medie. Gabriel indossava gli occhiali da sole quindi era difficile capire se stesse piangendo, tuttavia, mi abbracciò e rimasi sorpresa dal gesto. Non era uno che amava i gesti affettuosi e che li mostrava. Dave era felice per me e il suo sorriso contagiò anche me, ma non fu abbastanza per farmi sparire le lacrime perchè mi sarebbe mancato molto. Tutti mi sarebbero mancati. Quando fu il turno di Jamie e Ethan, pensai di star male. Ethan mi sollevò da terra e mi sussurrò che fosse fiero e che sapeva avrei fatto grandi cose.

Persi altri cinque minuti con i saluti e poi mi voltai, senza guardare indietro. Salii quell'aereo consapevole che quella sarebbe stata la svolta della mia vita.

⚜️

«Si può sapere che diavolo hai messo dentro?»

«Vestiti. Scarpe. Borse. Piastra. A--»

«E si sente.»

Hayden mise le due valigie nel bagagliaio della sua macchina e poi entrò.

«Perchè hai portato un cuscino?» domandò, indicando i sedili posteriori su cui l'avevo lasciato.

«Non è un ma il mio cuscino.»

«Scusa, principessa.»

Alzai le spalle altezzosa e scosse la testa.

«Vuoi fare colazione?» domandò mentre usciva dal parcheggio dell'aeroporto.

«Ho fatto colazione in aeroporto.»

Il volo era partito alle sei di mattina e ora erano le otto passate. Era una bella giornata a New York. Almeno, per quanto riguardava il tempo. 

«A che ora hai il tuo volo?» non potei fare a meno di chiedere mentre il nodo, che si era formato durante il viaggio, si stava stringendo.

«Alle quattro. Il volo è di circa sei ore. Arriverò che saranno le sette di sera.»

«Travis ti viene a prendere?»

«Si.»

Bene.

«Ti ha già mandato le foto della stanza?» domandai, avendo bisogno di non stare in silenzio e pensare.

«Si. Prendi il telefono e guarda se vuoi.»

Volevo e quindi presi il suo telefono dal portaoggetti della console e lo sbloccai. Il mio cuore fece una capriola alla vista della mia faccia come sfondo del suo telefono e andai in galleria.

«Sembra spaziosa,» dissi, sfogliando le foto, «e avete il bagno in camera.»

«Se non lo avesse avuto, avrei preso un appartamento.»

Sapevo il perchè e odiavo il fatto che non fosse a proprio agio con gli altri per via delle cicatrici.

Quando arrivammo nel suo appartamento, lasciò le valigie all'ingresso. Brandon mi avrebbe aiutata a portare tutto al dormitorio una volta tornati dall'aeroporto per Hayden.

«Hai sete?»

«No, sono a posto.»

Sorrise. Subito dopo si piegò e mi afferrò le gambe e mi buttò sulla sua spalla. Rilasciai un grido sorpreso e poi risi mentre iniziava a camminare verso le scale.

«Potevo usare le mie gambe, lo sai?» dissi, le braccia penzoloni.

«Per una volta che faccio il galante, ti lamenti?»

«Scusa, mio gentiluomo.» schioccai per poi strizzargli il culo.

«Ehi! Giù le mani,» disse, «o lo faccio anche io ma non sarò così delicato.»

Ridacchiai e quando entrò nella sua stanza mi buttò sul suo letto. Mi tolsi i capelli dalla faccia e gli feci il medio mentre lui rimaneva in piedi davanti al letto.

«Non vieni qui?» domandai, sdraiandomi di schiena.

Non rispose. Lo guardai camminare verso il pianoforte e aprì il coperchio. Aggrottai la fronte mentre il mio stomaco si strinse. Stava per suonare?

«Ricordi che ti ho fatto sentire un pezzo che stavo scrivendo?» domandò, mentre si sedeva e mi guardava da oltre la spalla.

«Si.»

Certo che lo ricordavo. Avevo assistito in esclusiva ad una sua nuova composizione. Una piccola parte della nuova composizione.

«L'ho finita. Volevo fartela sentire.» disse.

«Oh.»

Sogghignò, «vuoi, Adams?»

Sbattei le palpebre e arrossii, «si, certo che voglio sentirla.»

Rotolai sulla pancia e tirai fuori il telefono dalla felpa. Non era molto vicino, anzi, essendo vicino alla vetrata era distante dal letto. Inoltre, era leggermente girato di spalle. Vedevo parte del viso e per lo più la mano destra.

«Posso filmarti?» domandai, l'imbarazzo era palpabile nella mia voce.

«Fai quello che vuoi, Kay. Se vuoi lo faccio nudo.»

Assottigliai gli occhi, «hai mai suonato nudo?»

«No ma se la cosa ti interessa, posso sempre farlo.»

Scossi la testa divertita e appoggiai il telefono orizzontalmente sul materasso pronta a registrarlo. Si prese qualche secondo prima di iniziare a suonare.

Non mi sarei mai stancata di vedere e sentirlo suonare. Per quanto lui si fosse allontanato per me lui era compositore nato e avrei ascoltato ciò che creava anche in punto di morte. Sarebbe stato un bel modo per andarmene, se dovevo essere sincera.

Ascoltai la melodia e cercai di non emozionarmi ma fu difficile perché quelle dolci note stavano cullando il mio cuore in una ninna nanna speciale.

Era una composizione che sembrava farti toccare le stelle con un dito. Ti faceva navigare su queste onde dal sapore dolce. Ti faceva sentire leggera.

L'idea che finalmente fosse uscito da quell'oscurità che lo inghiottiva da quando era piccolo e che riusciva a liberare in piccole porzioni con la musica, mi spaccava il cuore dalla felicità.

Chiusi gli occhi e ascoltai la musica che riempiva la stanza. Ascoltai il mio cuore bruciare con tanta emozione per lui. Hayden riusciva sempre a colpire i punti più profondi delle persone. Riusciva ad entrare nelle loro viscere e rimanerci con le sue paure e inquietudine. Ma quella canzone, sfiorava come una carezza il cuore. Lo cullava e gli sussurrava che sarebbe andato tutto bene, che ora era al sicuro.

Quando riaprii gli occhi, la musica stava ormai rallentando e intuii stesse per terminare.

Schiacciò l'ultima nota e nella stanza tornò il silenzio.

Si voltò e fece un mezzo inchino, spalancando le braccia e chinando in avanti la testa. Sorrisi e bloccai il video per poi scendere dal letto e andare verso di lui che si rigirò per abbassare il coperchio.

Lo abbracciai da dietro, le braccia attorno al collo, e gli baciai la tempia e poi la guancia.

«Perchè vuoi farmi piangere?» borbottai, il magone che mi infiammava la gola.

«Non volevo farlo,» ridacchiò e afferrò le mie braccia, «vieni qui.»

Scavalcai la panca e poi mi sedetti sulle sue gambe. Mi ressi incrociando le braccia dietro al suo collo e lui le chiuse dietro la mia schiena. Appoggiai la fronte alla sua dopo che mi lasciò un bacio su essa.

«È per te.» mormorò.

Piagnucolai, «no, non dirlo, ti prego.»

«Ma è così. È solo merito tuo.»

Inspirai a fondo e strinsi gli occhi lasciando andare le lacrime. L'aveva scritta per me. Si sentiva leggero e lo aveva raccontato attraverso la musica. E si sentiva finalmente così grazie a me.

«È stupenda,» tirai su col naso, «...sei incredibile.»

«Grazie.»

«Grazie a te,» sorrisi tra le lacrime, «grazie per creare queste meraviglie.»

Appoggiai la mano sul suo collo e agguantai le sue collane. Manca poco, mi ricordò una fastidiosa vocina.

«Mi mancherai, Hayden,» soffiai, il labbro che tremava, «sarò stupida a piangere e a continuare a dirlo ma è così. Mi mancherai come l'aria.»

Deglutì e il suo pomo d'Adamo si mosse.

«Lo so, piccola. Mi mancherai anche tu. Da morire.»

Premetti le labbra e lo abbracciai forte. La sua mano si aprì contro la mia nuca e mi massaggiò la testa mentre io piangevo contro la sua spalla. Forse ero esagerata ma quello era ciò che provavo e non lo avrei nascosto. Non a lui.

«Ci chiameremo, okay?» promise continuando a stringermi, «scrivi e chiamami ogni volta che vuoi, Adams. Anche se è piena notte, io ti risponderò.»

«A-anche tu. E possiamo anche v-videochiamarci.» singhiozzai.

«Si, lo farò anche io e lo possiamo fare. Infatti, mi hai ricordato una cosa...»

Mi scostai con la fronte aggrottata per la confusione. Lui mi asciugò le guance. I suoi occhi erano lucidi mentre mi scrutava.

«Cosa?»

«Brandon ha un computer che non usa più. È funzionante e non ha problemi. Gli ho detto di dartelo, cosi puoi usarlo per studiare ma principalmente per vedere me in videochiamata.»

Sorrisi e fui grata di quel gesto.

«Non dovevi scomodare nessuno, Hayden, ma ti ringrazio, ancora una volta.» dissi a cuore aperto.

Lui mi osservò in silenzio. Mi sistemò le ciocche dietro le orecchie e raccolse col pollice una lacrima che scendeva dall'occhio sinistro.

«Sono solo tre ore di fuso. Non sarà così tanto complicato sentirci.»

«Hai ragione,» tirai su col naso, «lo sai che piango non perché h-ho paura che non possiamo farcela ma solo perché sarai lontano e la tua assenza farà molto male.»

Mi accarezzò le guance e la sua espressione si ammorbidì, «lo so, Kay. So quello che provi, okay? Credimi, bellissima, so perfettamente cosa stai provando.»

Deglutii e giocai con i suoi capelli, la mano appoggiata alla sua spalla.

«Probabilmente verrò qua a dormire quando mi mancherai più di altri giorni,» mormorai, fissando le mie dita che si infilavano nei suoi baby ricci sul retro del collo, «e mi infilerò qualche tua felpa. Me le hai lasciate un po', v-vero?»

«Non mi sono portato via l'armadio, Adams. Non sono come te.»

Sbuffai in una risata smorzata, «il mio armadio si è dimezzato parecchio per colpa tua. Non ho molto ormai.»

«Hai i miei vestiti.»

«Effettivamente potrei fare degli outfit carini con le tue camicie e maglioni.»

«Visto? Probabilmente risolto.»

Continuai a sorridere ma diventò sempre più forzato. Quando tornai a guardarlo negli occhi lui sospirò e mi passò l'ultima volta le nocche sulle guance.

«Penserai a me? Quando sarai sola, penserai a me e a quanto vorrei farti stare bene?»

Dal tono caldo della sua voce mi fece infuocare le viscere. Mi mordicchiai il labbro e sorrisi con le guance rosse.

«Difficile non farlo,» ammisi debole, «soprattutto quando sarò in questa stanza.»

Accarezzò le mie cosce nude e si sporse in avanti per baciarmi dolcemente.

«Voglio che tu mi dica quando ti senti sola,» gracchiò prima di mordermi io labbro e tirarlo, «e il farò di tutto per essere con te. E aiutarti

«E se sei nel bel mezzo di una lezione?»

«Che si fotta la lezione.»

«Filtro, Miller.»

Sorrise e mi baciò ancora.

«Anche tu devi dirmi quando ti senti solo.» dissi piano.

«Lo farò.»

«Bravo ragazzo.»

Chiuse gli occhi e fece cadere la testa sulla mia spalla, «dillo ancora e ti scopo su questo pianoforte.»

Ridacchiai ma il mio corpo e il mio cuore aveva bisogno di lui un'ultima volta.

Incastrai le dita tra i suoi capelli mentre lui prendeva a mordicchiare la pelle del mio collo facendomi appesantire il respiro.

«A che ora devi essere in aeroporto?» soffiai, spingendo il mio corpo tra le sue braccia.

«Abbiamo tempo, Adams.»

Sorrisi mentre mi lasciava un bacio sulla mascella e poi uno sulla guancia, fino ad arrivare all'angolo della mia bocca.

«Ti voglio dentro di me,» sussurrai, la bocca a pochi millimetri dalla sua e le mie mani che si avvinghiavano alle sue ciocche, «ti voglio dolce e poi ancora ma...un po' meno dolce. Per l'ultima volta.»

Le sue dita si infilarono sotto alla felpa e mi accarezzarono i fianchi. Scorsi un sorrisetto che mi fece sobbalzare il cuore.

«Un po' meno dolce, eh?»

Avvampai.

«Voglio sentire la tua mancanza il più tardi possibile.»

«Non sai cosa stai chiedendo, Adams.» gracchiò, la voce carica di piacere.

Tornò ad afferrarmi le cosce e con un colpo rapido si alzò dalla panca con me avvinghiata al suo corpo. Mi rubò un bacio e mi premetti contro di lui.

«Dopo oggi, mi sentirai per un bel po', bellissima.»

Persi la cognizione del tempo quando, dopo avermi fatta stendere sul letto e spogliato di ogni strato di tessuto, dedicò tutte le attenzioni possibili al mio corpo.

Sembrò venerare il mio corpo con le sue mani e labbra. Lo baciava e accarezzava come se fosse la cosa più preziosa al mondo e io mi sentii la cosa più preziosa per lui.

Mi agitavo sotto di lui quando si soffermava in quei punti che mi facevano rabbrividire dal piacere e ansimare debolmente. Gli accarezzavo i capelli mentre le sue labbra succhiavano e baciavano il mio collo, il mio seno e il mio addome. Le sue mani massaggiavano le mie curve e lo faceva cosi abilmente che non sembrava neanche un ragazzo di diciannove anni.

Quando raggiunse le mie cosce le abbracciò e le strinse tra le sue braccia spalancandole e riservandosi della vista proibita. Ansimai più intensamente e inarcai la schiena quando si tuffò in mezzo con la lingua. Mi lasciai andare e mi sciolsi ai suoi tocchi, sia quelli rapidi che quelli più lunghi e affamati. Piagnucolai il suo nome che sembrò eccitarlo e affondò di più la lingua in me. La sentivo assaporarmi da dentro, colpire le mie pareti interne. Il suono che si creava per quel contatto era quasi indecente.

Purtroppo per me non mi fece venire ma tornò a baciarmi l'interno coscia per poi risalire sul mio addome. Gli afferrai i capelli e lo tirai verso di me. Mi baciò con foga, la lingua si unì subito alla mia, e io gemetti in quello scontro passionale. Le sue mani sfioravano e accarezzavano ogni centimetro del mio corpo caldo e bisognoso di lui.

A quel punto, lo toccai io. Anche lui era già senza vestiti. Mi aggrappai e strinsi le sue braccia muscolose, il suo petto tatuato e la schiena che portava cosi tanto dolore. Lasciai che le mie dita sentissero i suoi muscoli contrarsi per ogni movimento. Raggiunsi la sua eccitazione e gemette di gola nel bacio. Lo stimolai con la mano e sentii le sue venature gonfiarsi contro il mio palmo.

«Non sai quanto cazzo di mancherai, Kay.» disse roco, staccandosi con respiro pesante.

La mia mano era ancora attorno a lui e stava stuzzicando la sua punta. Tra le mie cosce c'era un disastro.

«Ma ti penserò ogni singolo istante,» mi baciò al centro del petto e tremai, «quando mi sveglierò e quando andrò a dormire, ci sarai tu nella mia testa,» baciò il seno, sopra al cuore palpitante, «sei il centro di tutto per me. Se sono quello che sono ora, se faccio quello che faccio adesso...è solo grazie a te e non potrai mai dimenticarlo.»

Sbattei le palpebre per non piangere e allora lo baciai. Nel mentre, infilò un braccio sotto il mio bacino e si posizionò tra le mie gambe aperte. Tremai per l'anticipazione. Mi morse il labbro mentre con la sua punta mi stuzzicava. Scivolò tra le mie labbra andando a colpire il mio bottoncino pulsante. Gemetti e affondai le unghie nella sua schiena ampia e possente.

«Mi mancherà questo,» sussurrò, premendo nella mia entrata, «mi mancherà poter stare con te ogni volta che voglio.»

«Anche a me...» riuscii a dire con voce strozzata.

Premette le labbra sulle mie e con un colpo di reni decido si fece spazio tra le mie pareti fradice. Ansimai e mi aggrappai a lui sentendo il mio corpo infiammarsi alla nostra unione.

Come promesso, i suoi movimenti erano lenti e sembrò gustarsi ogni secondo. Lasciò che le mie pareti si aggiustassero attorno a lui, che si modellassero nonostante il bruciore per la grandezza.

La stanza venne invasa dai nostri ansimi, dal suono che facevano i nostri corpi ad ogni colpo, dal nostro odore che era peggio della droga. Sentivo i suoi muscoli flettersi ad ogni movimento, vedevo i suoi muscoli delle braccia e gli addominali contrarsi e il fatto che tutta la sua pelle fosse lucida per il sudore, lo rendeva ancora più illegale.

Gli afferrai la mascella e lo baciai mentre le sue mani erano affossate nel materasso, ai lati della mia testa e quando mi perdevo ad ammirare quella meraviglia, il mio cuore sembrava esplodere. Affogavo nei suoi occhi e tornavo a respirare ogni volta che mi baciava.

«Sei tutto ciò che mi serve, Kay. Sei tutto per me,» sussurrò a fior di labbra, «non dimenticarlo mai.»

Mi baciò la spalla e poi ruotò il bacino andando a colpire il punto magico. Cazzo. Graffiai la sua schiena e allacciai le gambe dietro di lui lasciando che lo colpisse con stoccate lente ma decise. Continuò a baciare il mio collo e lo sentii gemere al mio orecchio. Solo quello mi fece ruotare gli occhi dal piacere.

Il mio respiro si fece affannato, i liquidi si stavano riversando sulle coperte e il suono era diventato ormai indescrivibile. La testiera del letto sbatteva contro al muro ed era ormai certo che entrambi stessimo per arrivare al culmine. Le vene del suo corpo erano in rilievo e sfiorai quelle sul braccio mentre gemevo il suo nome come una preghiera.

«Ti amo.» sussurrai quando incrociò i miei occhi.

Mi baciò con veemenza e colpì l'ultima volta quel punto per farmi poi venire e sconquassare internamente. Le mie pareti lo soffocarono in spasmi veloci e continuò a muoversi facendomi gridare. Lo sentii riempirmi e ringraziai l'esistenza della pillola.

«Ti amo.» rispose, rallentando i movimenti.

Non uscì da me e continuò a baciarmi mentre il mio corpo cercava di reagire all'orgasmo.

«Quanto tempo ti serve per riprendere e non essere più dolce?» chiesi, le mie dita che scorrevano lungo il suo braccio.

Il ghigno che prese vita sul suo volto mi diede già la risposta che aspettavo.

Uscì e mi fece girare la pancia in giù con le ginocchia piegate e il bacino sollevato. Mi afferrò i polsi e li piantò sopra la mia testa mentre le sue labbra tracciavano baci lungo la mia spina dorsale.

«Non ne uscirai bene, Adams.» mormorò.

Le sue dita trovarono la mia intimità piena di lui e fradici dei miei umori. Gemetti e arricciai le dita quando le infilò due dita e le pompò senza problemi.

«Hayden--scopami più forte che puoi.»

La mia richiesta gli procurò una debole risata e poi lo sentii nuovamente contro il mio corpo. Il petto nudo e duro che premeva contro la mia schiena e le sue labbra che sfioravano il mio orecchio.

«Hai appena firmato la tua condanna, principessa.»

Ne avrei firmate altre cento per vivere ancora quello che era successo dopo.

⚜️

«Ricorda anche della mia esistenza, cuginetto.»

«E tu ricorda di non usare il mio appartamento per le tue notti di fuoco.»

«Il tuo è più bello del mio. Ovvio che lo farò.»

Ridacchiai sentendoli parlare mentre si abbracciavano e quando si scostarono sapevo fosse arrivato il mio turno. Hayden mi lanciò un'occhiata e un sorrisetto sbieco come da dire 'oh, Adams, cosa devo fare con te?'. Brandon ci lasciò il nostro spazio e appena sentii le sue braccia avvolgermi, strinsi le mie attorno a lui e premetti la fronte contro il suo collo, piangendo.

«Scrivimi appena atterri, o-okay?»

Accarezzò la mia schiena e mi baciò la testa, «certo.»

Le ore precedenti le avevamo passati a ricordarci di chi eravamo. Sia sul letto che in doccia. I miei muscoli chiedevano riposo ma non era quello il momento.

Indietreggiai e gli afferrai il volto, passandogli le dita tra i capelli mentre sentivo le lacrime salate bagnarmi le labbra.

«T-ti seguirò ad ogni partita,» deglutii e incastrai i nostri sguardi con un lieve sorriso, «sarò la tua cheerleader personale da lontano.»

«Il primo touchdown è sempre per te, Adams.»

Sorrisi tra le lacrime e tirai su col naso, «mi organizzerò e verrò a vederti, promesso.»

«Va bene,» passò il pollice sui miei zigomi, «e tu fammi sentire quello che scrivi. Ora non puoi più agitarti perchè non sarò lì a guardarti.»

Risi e poi scossi la testa, «sei tu, Hayden. Mi farai agitare sempre.»

Mi farai sempre battere il cuore come se fosse la prima volta.

Serrò i denti e mi strinse le braccia attorno alla vita per poi baciarmi con dolcezza. Affondai le dita nelle sue ciocche mentre lui intensificava il bacio e io mi sollevai sulle punte dei piedi.

Ce ne fregammo di essere al centro dell'aeroporto, con centinaia di persone che ci passavano vicino. Assaporai ancora una volta le sue labbra prima di rompere il bacio quando annunciarono l'imbarco del suo volo.

«Devo andare.» mormorò.

«Lo so,» ingoiai a fatica, «divertiti, Hayden.»

Mi regalò un magnifico sorriso e mi stampò un altro bacio sulle labbra e l'ultimo sulla fronte, «ci vediamo, bellissima.»

«Ci vediamo.»

Con difficoltà, mi allontanai dalle sue braccia e Brandon si avvicinò per l'ultimo saluto.

Mi lasciai tenere da Brandon e lo osservai salire e allontanarsi sulle scale mobili. Ero fiera ed ero felice per lui. Meritava quella nuova vita. Ma mi sarebbe mancato. 

Restammo fermi per diversi minuti ad osservare quelle scale mobili che portavano le persone a destini diversi. Le fissammo anche se lui non c'era già più, poi Brandon mi strinse la spalla e sollevai la testa incrociando i suoi occhi verdi luminosi.

«Sei pronta, piccola pianista? Ora è il tuo turno.»

Riuscii a farmi ridere e, ingoiando la tristezza del momento, annuii, «sono pronta.»

Juilliard sto arrivando.


Fine


S/A.

It's a Cliché è ufficialmente terminata. 

Lacrimuccia🤧🥹

Non sono di molte parole quindi questi ringraziamenti saranno brevi ma molto sentiti. 

Un Grazie immenso a chiunque mi ha seguito dall'inizio e a chi si è aggiunto man mano. Grazie per tutti i commenti, per tutte le stelline. Grazie per avermi seguito fino alla fine, so che è stato un luuungo percorso ma, ehi, ce l'abbiamo fatta. 👏👏

Sono molto soddisfatta di questa storia. Non è niente di speciale, qualche drama e momento cupo sì, ma è una semplice storia d'amore che personalmente mi ha fatto innamorare dei due personaggi...è un cliché.

Spero che Hayden e Makayla mancheranno un po' anche a voi come mancheranno a me, perchè significa che vi hanno lasciato qualcosa.🖤 🐍🎼

Tra non molto procederò a revisionare il tutto e se dovessero arrivarvi delle notifiche di capitoli, non preoccupatevi, è solo per la revisione. Grazie anche a chi ha risposto al sondaggio sulla copertina e manterrò quella di adesso. 

TUTTAVIA non sono ancora psicologicamente pronta a lasciarli, perciò avrei delle idee per capitoli bonus che nel caso verranno pubblicati tra un po'. 

➡️ Ditemi nei commenti se volete leggere altri piccoli momenti dei nostri protagonisti.

Spero che se dovessero venirmi idee per altre storie, mi seguiate anche in quelle!💙

Come sempre, lasciate una stellina e un commento se vi è piaciuto il capitolo.

Ora mi dileguo, grazie ancora per tutto! ️👽

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