It's a Cliché

By -Happy23-

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Hayden Miller è un eccellente pianista, vincitore di moltissime competizioni, prossimo prodigio della Juillia... More

Premessa
Prologo
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12 - Parte 1
Capitolo 12 - Parte 2
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42 - Parte 1
Capitolo 42 - Parte 2
Capitolo 43 - Parte 1
Capitolo 43 - Parte 2
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 53
Capitolo 54
Capitolo 55
Capitolo 56
Capitolo 57
Capitolo 58
Capitolo 59 - Parte 1
Capitolo 59 - Parte 2
Capitolo 60
Capitolo 61
Capitolo 62
Capitolo 63
Capitolo 64
Capitolo 66
Capitolo 67
Capitolo 68
Capitolo 69
Capitolo 70
Capitolo 71
Capitolo 72
Capitolo 73
Capitolo 74
Epilogo
Capitolo 1 Bonus - Parte 1
Capitolo 1 Bonus - Parte 2
Capitolo 1 Bonus - Parte 3
Capitolo 2 Bonus - Parte 1
Capitolo 2 Bonus - Parte 2
Capitolo 3 Bonus - Parte 1
Capitolo 3 Bonus - Parte 2
Capitolo 3 Bonus - Parte 3
Capitolo 4 Bonus
Capitolo 5 Bonus
Profilo Instagram

Capitolo 65

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By -Happy23-

Hayden era rimasto.

Dopo quel terribile momento di incertezza dove tutto sembrò sgretolarsi sotto ai piedi, alla fine aveva deciso di ascoltare le mie suppliche non era andato via.

O meglio, mi aveva detto che non sarebbe andato via ma aveva bisogno di restare da solo e ragionare. Fidandomi di lui, e del fatto che mi avesse giurato guardandomi negli occhi che sarebbe tornato, lo avevo lasciato andare.

Nell'assenza di Hayden, avevo raccontato a Brandon tutto l'accaduto ed era rimasto scioccato, oltre che dispiaciuto per essere andato via quella sera.

I giorni passarono e pian piano tutto tornò alla normalità. Hayden ogni volta che poteva mi accarezzava la mano e mi lasciava baci sul dorso, come se potessero alleviare il dolore che sentiva nel vedere quella cicatrice su di me. Ai miei genitori avevo detto di essermi bruciata mentre cucinavo. 

A scuola cercavamo di ignorarci il più possibile per non far parlare di noi ma era difficile. Vedevo coppie nei corridoi che si scambiavano dolci effusioni mentre io e lui dovevamo scambiarci messaggi di nascosto e, ogni tanto, capitava di fare cose vietate ai minori nello sgabuzzino del bidello. O nei bagni. O in biblioteca. 

Alla fine, avevo anche scoperto perché Hayden fosse scomparso il giorno dell'audizione. Me lo aveva raccontato durante il volo di ritorno.

A quanto pare aveva incontrato due agenti della DEA.

Si, cazzo. Agenti federali antidroga.

Quando me l'aveva detto ero rimasta a bocca aperta per qualche secondo, completamente scioccata. Non avevo assolutamente idea che l'organizzazione di Rojas fosse così conosciuta da essere tenuta d'occhio da un servizio federale del genere.

Raccontò che erano entrati in contatto con Juliette diversi mesi prima ed era stata lei a proporre l'idea di parlare con Hayden, ma solo se promettevano che lui non sarebbe stato processato in alcun modo. L'accordo venne accettato e firmato e fu così che parlarono con Hayden.

Hayden, nonostante la titubanza iniziale, raccontò tutto quello che sapeva e che sarebbe servito a loro. Mi disse che erano sorpresi dalla sua partecipazione all'operazione, non si aspettavano un "tradimento" del genere.

Il piano per buttar giù l'organizzazione era quello di beccarli sul fatto e processati per i vari crimini commessi e confessati da Juliette, Hayden e anche Elijah. Perciò, avrebbero dovuto assistere ad uno degli eventi che venivano organizzati.

Tutto questo sarebbe potuto finire, mi dicevo ogni volta che ripensavano a questa storia.

Hayden sarebbe stato protetto dall'accordo e suo padre, Rojas e tutti quelli che ne facevano parte sarebbero stati arrestati.

La sola idea di un possibile finale sembrava ancora lontana ma non così impossibile.

«Non ti muovere, okay?»

«Okay. E se devo starnutire?» chiesi.

Hayden sospirò pesantemente, «me lo dici e mi fermo.»

«Okay. Ma fa tanto male?»

«Il dolore è soggettivo, Adams.»

«Non mi puoi drogare?»

«No, che non ti drogo!» mi guardò male, «se non vuoi farlo--»

«Voglio farlo.»

Hayden mi stava per fare un tatuaggio.

Era da molti giorni ormai che avevo deciso di voler fare un tatuaggio. Avevo visto un disegno carino su Pinterest -quell'app era una benedizione- di una chiave di sol fatta con i gambi di due fiorellini. Mi ero subito innamorata della delicatezza del disegno. Avevo deciso di farlo piccolo, proprio come piacevano a me. Quando lo avevo proposto ad Hayden aveva subito accettato di farmelo lui.

Come non avrei potuto approfittare della bravura ed esperienza di Hayden?

Ora mi trovavo sdraiata sul tavolo in soggiorno di casa sua. Hayden aveva preparato tutto il necessario e avevo già il disegno stampato sulla pelle, appena sotto alla curva del seno destro.

Per evitare di denudarmi sapendo che ci sarebbe stato anche Brandon in casa, avevo indossato sotto alla felpa un top morbido che potevo spostare senza problemi.

«Okay...» presi un profondo respiro e sbattei le ciglia guardandolo, «sono pronta.»

Le mie mani sudavano e se a destra avevo Hayden con la pistola per tatuare in mano, alla mia sinistra Brandon stringeva la mia per darmi sicurezza.

«Non durerà a lungo, dolcezza. Tranquilla.» mi rassicurò.

Annuii e fissai Hayden che ancora non aveva iniziato.

«Sicura?»

«Si, vai.»

«Ricorda di non muoverti, Kay.»

Attivò la macchinetta e quel zzz paralizzò il mio corpo. Smisi per un momento di respirare e strinsi la mano di Brandon quando Hayden appoggiò la pistola.

I piccoli aghi colpirono la mia pelle e il dolore si fece sentire in fretta ma dopo qualche secondo realizzai che non fosse così terribile.

«Ci sei?» mi lanciò una rapida occhiata il tatuatore aka il mio ragazzo, «mi fermo?»

«No. È- pensavo peggio.»

Era come ricevere tantissimi pizzicotti sotto forma di spillo. Era un dolore sopportabile.

«Brandon ha pianto durante il suo primo.» disse Hayden mentre tatuava.

Guardai Brandon e sorrisi, «davvero?»

«Si,» alzò gli occhi, «ma avevo sedici anni e non è stata una grande idea disegnarmi delle stringhe sui piedi. Ci sono tante ossicine.»

«Hai delle stringhe tatuate sui piedi? Perché?»

«Perchè avevo perso una scommessa.»

«E l'hai fatto lo stesso? Sei scemo?» aggrottai la fronte.

Alzò le spalle, «ho molti tatuaggi stupidi ma non mi pento di nessuno.»

Hayden sbuffò, «nemmeno di go deep sul fondoschiena?»

Strabuzzai gli occhi e trattenni una risata. Parlare mi stava aiutando a non pensare al dolore.

«Effettivamente di quello a volte ho dei ripensamenti. Qualcuno fraintende.» ammise quasi sconfitto.

«Go deep, eh?» ammiccai.

«No, dolcezza. Nessun occhiolino. Io sono sempre attivo.»

Impossibile. Questo significava che--

Sogghignò, «già, ma non dirlo riccioli d'oro che lo sai.»

Questo sì che era una notizia succulente e interessante...

«Ti prego,» schioccai, «sarà la prima cosa che dirò appena lo vedrò.»

«Fatti gli affari tuoi, bambinetta.»

Saettai con gli occhi su Hayden e mi trattenni dal commentare quanto fosse bello mentre era tutto concentrato.

«Malcolm è una zabetta sulla vita degli altri,» dissi, «gli farebbe bene avere un po' della sua stessa medicina.»

Mi lanciò un'ultima mentre passava un pezzo di carta da cucina imbevuta di disinfettante sul disegno, «come se tu invece non sapessi tutto della vita di tutti. Tra i due non si chi sia peggio.»

«Se so certe cose è perché lui me le racconta.»

Io ero solo una persona molto curiosa che apprezzava i gossip altrui.

«A proposito,» iniziai, «Sebastian è uscito con Heather.»

«Lo so.» rispose Hayden senza mai perdere la concentrazione.

Aggrottai la fronte, «lo sai? Come lo sai?»

«Tu come sai che sono usciti?»

«Be', me l'ha detto lui...» dissi ovvia e poi ragionai, «aspetta, te l'ha detto lei? Voi vi scrivete?»

«Parliamo, a scuola,» sospirò e sollevò lo sguardo, «non farti strane idee, Adams.»

«Non mi faccio strane idee ma è molto evidente che ti scopa con gli occhi.»

«Sei adorabile.» Brandon mi diede un buffetto sul naso.

Lo guardai male.

«Non mi scopa con gli occhi e se devo scommettere su di chi sia stata l'idea di questa uscita, scommetterei su di te.»

Era vero. Era stata una mia idea.

Lo avevo fatto solo per farle perdere interesse in Hayden. Sebastian era un bel ragazzo e potevano distrarsi a vicenda in questi ultimi mesi di scuola, no?

«Non so di cosa tu stia parlando, Miller. E comunque lo fa. E mi guarda male ogni volta che mi vede a biologia.»

Passò ancora il pezzo di carta umido e la mia pelle bruciò leggermente.

«Heather è quella che ti sei fatto a settembre?»

Se lo sguardo avesse potuto uccidere, a quest'ora Brandon sarebbe già morto, perché eravamo in due ad averlo trucidato con lo sguardo.

«Oh, Mak, non essere gelosa. Sei decisamente meglio te.» sorrise Brandon.

«Non sono gelosa.» sputai.

Hayden ridacchiò mentre muoveva la pistola contro la mia pelle.

«Si, lo sei.» disse.

«Non lo sono,» dissi sicura, «ogni volta che vi vedo, ripenso alle parole di Malcolm che mi ricordano di chi delle due ti scopa.»

Io, ovviamente.

«Che divertente uso di parole ma lo accetto,» disse, «anche se dovresti fare a meno di questi pensieri perché, come sai bene, non è lei che mi interessa.»

«Lo so,» e mi fidavo di lui, «ma mi sta sul cazzo e non posso farci niente.»

Passata una buona mezz'ora, mi trovai davanti allo specchio, con il bordo del top che mi schiacciava la parte sotto della tetta destra, e un sorriso immenso sulle labbra.

«Oddio...È stupendo!»

Lo era davvero. Così piccolo e così definito.

Hayden era sorridente mentre applicava la pellicola e l'appiccicò con dei pezzi di scotch adatti alla pelle.

Era grande tra i quattro e cinque centimetri. Era molto fine ed era identico al disegno che avevo visto. Hayden aveva davvero mille talenti.

«Grazie...» gli afferrai la felpa per tirarlo verso di me e baciarlo.

«Ricorda cosa devi fare per curarlo quando sarai a casa.»

«Certo.»

Mi lasciò un altro bacio e poi tornai ad ammirare quell'opera d'arte.

Il mio primo tatuaggio. Che bello!

Però, c'era un problema, a casa avrei dovuto fare attenzione a non farlo vedere perchè i miei genitori non lo sapevano.

Scattai qualche foto e scacciai la mano di Hayden quando si intromise per dare una palpata alle mie tette da dietro.

Subito dopo mi ritrovai a scattare foto idiote di noi due davanti allo specchio fino a che non mi prese a mo' di sposa e mi buttò sul suo letto.

«Tra due giorni è il tuo compleanno, vecchio.» sorrisi tracciando il contorno delle sue labbra.

Ero sdraiata sopra di lui, a mo' di koala in cerca di affetto, e le sue mani si muovevano tra l'area della mia schiena e glutei.

«Grazie per ricordarmelo ogni giorno, Adams.»

«Prego. Hai trovato qualcosa che vuoi fare?»

In quei giorni gli avevo chiesto cosa desiderasse fare ma la sua risposta era sempre la stessa: io non li festeggio.

Alzò una spalla, «oltre a farmi te?»

Ruotai gli occhi, «si,» risi, «oltre a quello.»

«Mh, Travis vuole che vada alla festa che ci sarà dopo la partita. Vuole che festeggi con la squadra.»

Perchè Venerdì sarebbe stato il suo compleanno. E anche serata di partita.

«E tu non vuoi?»

«Voglio tornare a casa e stare con te.» rispose come se fosse una ovvietà.

Sentii le farfalle svolazzare e mi morsi il labbro sorridendo.

«Non dobbiamo starci a lungo,» attorcigliai delle sue ciocche sulle dita, «prometto.»

«Mi da fastidio ignorarti in mezzo alla gente.»

Avevamo sempre evitato questo discorso anche se aleggiava ogni volta che ci guardavamo da lontano tra i corridoi o a mensa.

Incrociai i suoi occhi, «vorresti...renderlo pubblico?»

Premette le labbra, «stiamo insieme da un mese; mia madre ha già fatto la sua orrenda mossa per allontanarci, la questione Rojas e mio padre sta per finire davvero. Sai che la mia preoccupazione erano loro ma sono stanco di dover rinunciare a ciò che amo per colpa loro.»

Avremmo potuto esporci ma ad essere sincera a me non dispiaceva così tanto questa relazione.

Era privata, chi doveva sapere lo sapeva. Degli altri non mi interessava molto. Certo, magari le ragazze avrebbero smesso di provarci con lui ma dovevo ammettere che c'era tutta questa certezza.

«Cosa?» mi accarezzò la mascella, l'espressione attenta.

«Perchè con Juliette non l'hai mai resa pubblica?» chiesi, gli occhi bassi sulle sue collane.

Si bloccò momentaneamente e sbattè le ciglia.

«Rojas voleva tenere nascosta la vita di Juliette. Mostrarla al mio fianco, magari durante cene o eventi, l'avrebbe resa un bersaglio facile.»

Giusto. Che idiota.

«Perchè questa domanda?»

«No, niente, solo-» mi mordicchiai il labbro, «-voglio dire, l'ultima volta che ci hanno filmati non è andata bene per me e non dico che non ti importi di quello che potrebbe succedere se--»

«Uoh, frena, frena,» mi fissò accigliato, «so quali sono i rischi, okay? Non permetterei mai che un branco di sconosciuti ti insulti o dica cattiverie su di te. Non lo accetto. L'ho detto perchè pensavo volessi che fossimo più una coppia normale.»

«Lo voglio.» dissi.

Mi sarebbe piaciuto poter uscire solo con lui e non avere l'ansia di essere fotografata dai miei compaesani e rischiare che la mia vita fosse messa alla mercé di tutti.

A New York questo problema non esisteva perché era una città immensa e Hayden sapeva come evitare la gente. Ma Greenville era una piccola città e le voci giravano in fretta.

«Lo voglio, davvero,» ripetei, «ma mi piace il fatto che sia una relazione così privata.»

«Okay,» mi accarezzò la schiena, sorridendo, «non è un problema per me, Kay. Lo sai che mi piace tenere le cose per me è che...non so, tu mi sembri qualcosa di cui posso mostrare con orgoglio. Non come un trofeo ma, quando mi guardando, voglio che le persone sappiano chi è il motivo della mia felicità, tutto qui.»

E con quelle parole sprofondai sempre di più in quella trappola che sapeva di cioccolato e pepe nero.

Il sapore del nostro amore, di noi, me lo immaginavo così.

«Sai, c'è una cosa che mi piacerebbe che succedesse,» gli presi il viso tra le mani, «che mi baci dopo una partita.»

«Alla faccia della riservatezza, Adams.» sorrise.

Arrossii e arricciai le labbra, «è vero ma è da quando ho visto A Cinderella Story che voglio una scena del genere nella mia vita.»

«Non so cosa sia ma accetto senza problemi.»

«Davvero?» sorrisi come un'idiota.

«Certo, bellissima,» ghignò, «baciarti dopo una vittoria, magari dopo un fantastico touchdown all'ultimo minuto, è un immenso cliché che sinceramente ho sognato un paio di volte.»

«Noi siamo un cliché, Miller.»

«Dici?» strinse lo sguardo, «nei cliché le ragazze provano a fare una sega al proprio ragazzo nella biblioteca della scuola?»

Ops...

«Sicuro. E alla fine, sempre come tipico cliché, scopano di nascosto tra gli scaffali.»

Sogghignò e stringendo la mia vita mi fece rotolare. Ridacchiai mentre si infiltrava tra le mie gambe e allacciai le braccia dietro al suo collo.

«Dobbiamo sperare che non ci siano telecamere o finiremo in guai grossi, piccola provocatrice.» strofinò il naso contro al mio prima di baciarmi dolcemente.

Un leggero schiocco si udì quando si staccò.

«Mi piacciono i guai se sono con te.»

«Tu sei un guaio vivente, Adams. E ora riceverai la tua punizione per questo.»

⚜️


«Uuh, le cose si fanno ufficiali!» ghignò Malcolm appena entrai nella sua macchina.

«Le cose sono già ufficiali,» dissi, «ora le rendiamo pubbliche.»

Era Venerdì. La sera della partita e giorno del compleanno di Hayden.

Quella mattina mi ero svegliata con l'adrenalina alle stelle ed entusiasta di vederlo.

Gli avevo dato il suo primo regalo nei bagni della scuola e non c'era bisogno di entrare nei dettagli di cosa fosse. Il secondo regalo glielo avrei dato durante la festa e il terzo a casa sua.

Ora io e Malcolm ci stavamo dirigendo verso la scuola e io indossavo la sua maglia da football col numero 18 stampato in grande sulla schiena e in forma ridotta sul davanti.

Ero nervosa.

Sapevo che avrei ricevuto occhiaie contrariate e confuse perché sembravo solo una stupida fan ossessionata ma ero molto di più e lo avrebbero scoperto quella sera.

Come sempre gli spalti erano colmi di persone. Sembrava che tutta la città venisse alle nostre partite. Malcolm ed io prendemmo posto vicino alla ringhiera che dava sul campo. Cercai di non far caso alle occhiate che ricevevo e il mio amico mi distrasse tirando fuori il telefono e scattando qualche foto da mandare a Brandon. Purtroppo doveva studiare per un esame.

Scorsi Donna tra le altre cheerleader mentre provavano la coreografia e io e Mal ci sbracciammo per farci salutare da lei. 

«Verrete alla festa?» chiese lui, il vociare attorno a noi era molto confusionario e alto.

«Si,» dissi, fissando la squadra avversaria allenarsi, «ma prima facciamo un salto a casa.»

Avrebbe dovuto farsi un doccia e io mi sarei dovuta cambiare.

«Un salto a casa e qualche salto sul letto?»

Feci una smorfia e gli diedi una leggera spinta, «che coglione.»

«Sul serio,» mi fissò, «in poco più di un mese avrai scopato più di me.»

«Dubito altamente di aver superato il tuo numero di performance.»

«Io ti consiglio comunque di andarci piano.» scrollò le spalle.

«Perchè?»

«Soffrirai di astinenza, amica,» mi fissò ovvio e poi aggiunse, gesticolando con la mano, «quando tu andrai alla Juilliard e lui- aspetta, lui dove andrà?»

Non mi avevano ancora scritto quelli della Juilliard.

«Non lo so,» ingoiai un certo sapore amaro, «a breve arriveranno le risposte dei college a cui ha fatto domanda.»

E poi, avremmo dovuto affrontare l'argomento futuro.

Quella nuvola funesta che a breve ci avrebbe colpito, si arrestò quando i nostri giocatori entrarono in campo e io urlai insieme agli altri a pieni polmoni. 

Hayden era tra gli ultimi e il mio sorriso si allargò a dismisura quando incrociò il mio sguardo prima di infilarsi il casco e mettersi a cerchio con il resto della squadra.

Oggi non c'era spazio per i brutti pensieri. 

Oggi era la giornata di Hayden. Niente l'avrebbe rovinata.

Hayden

I miei compleanni non erano mai stati altro che un giorno come un altro. 

I miei genitori non avevano mai organizzato feste, non avevano mai fatto preparare torte e non mi avevano mai fatto regali. Dicevano che non avevo bisogno di tutte queste cose, che erano inutili. E mi sentivo in colpa ad accettarli quando zia Helen o i nonni me li facevano. Soprattutto perchè li scartavo sotto lo sguardo infastidito di mia madre.

Per me, il mio compleanno era un altro giorno che mi ricordava che non tutti nascevano in famiglie funzionali. Non potevo lamentarmi per l'ambiente super benestante in cui ero nato, ma non potevo essere felice per come ero stato cresciuto. Per questo, molto spesso, mi ritrovavo ad essere invidioso di Makayla. Loro non avevano molto, quasi niente, eppure avevano quello che io non avevo mai avuto. L'amore della famiglia. Una vera famiglia.

Crescendo, avevo sempre rifiutato qualsiasi tipo di festeggiamento. Se le persone volevano farmi gli auguri mi andava bene, ma oltre a quello non mi interessava altro. Meredith e Juliette si erano sempre fermate ad un semplice 'Buon compleanno, Hayden'. Con Brandon, invece, c'era stata di mezzo anche qualche canna oltre a quella frase. 

Ovviamente Makayla aveva stravolto anche quello.

Quella mattina mi ero svegliato con un messaggio lunghissimo arrivato alle due e mezza di notte -orario in cui ero effettivamente nato- che mi aveva fatto commuovere come un idiota e pensare a quanto cazzo l'amassi. 

A scuola, oltre ad aver ricevuto gli auguri dalla squadra e anche dal coach, avevo ricevuto un bellissimo e profondo regalo da quella piccoletta ficcanaso che riusciva a farmi battere il cuore con solo uno sguardo. Nel bagno della scuola mi aveva fatto battere altro, nella sua bocca.

Ora, mentre correvo verso la end zone con la palla stretta tra braccia e schivavo gli avversari, l'unica cosa che avevo in mente era di non veder l'ora di fare quel dannato touchdown per poi correre da lei e baciarla di fronte a tutti.

Aveva anche indossato la mia maglia e non sapevo nemmeno l'avrebbe fatto. Quando l'avevo vista mi ero trattenuto dal non prenderla e portarla negli spogliatoi. 

Era fottutamente bella e sexy in quella maglia e ora si era aggiunta un'altra fantasia tra le altre mille.

Sentivo i fischi e le grida dei tifosi ma in un qualche modo le mie orecchie sentivano solo quelle di Makayla.

Superai la linea bianca con un sorriso e sollevai le braccia con la palla stretta in mano.

Un boato riempì il campo e quando mi voltai venni travolto dai miei compagni di squadra.

Avevamo vinto.

«Sei un cazzo mostro, fratello!» mi abbracciò Travis e stranamente mi lasciai andare anche io dandogli delle pacche sulla schiena.

Quando venni liberato dai ragazzi i miei occhi fluttuarono rapidamente verso il bordo campo. Alcune stavano cheerleader stavano incitando con salti e applausi mentre scorsi Donna correre verso di noi. Sapevo sarebbe andata da Travis perché accadeva ad ogni partita e sinceramente mi dispiaceva che Makayla non avesse mai potuto farlo.

Ma quel giorno, la vidi scavalcare la recinzione e mentre toglievo il casco non riuscii a smettere di sorridere come un perfetto cazzone.

Il suo piccolo corpo mi travolse e si lanciò avvinghiandosi con braccia e gambe a me. Non persi tempo a stringere un braccio attorno a lei mentre le nostre bocche si univano, per la prima volta, di fronte all'intera scuola.

E li, in mezzo al campo, sotto un cielo diviso tra in gran parte già i colori della notte e in lontananza ancora quelli del tramonto, mi sentii più vivo e felice che mai.

Lasciai scivolare il casco a terra e le tenni il viso con una mano, incastrando le dita nei suoi capelli dietro al collo e continuai a deliziarmi del suo sapore mentre ignoravamo il resto del mondo.

«Non toccava a me venire da te, Adams?» scherzai quando ci staccammo con i respiri pesanti e due magnifici sorrisi.

«Non riuscivo ad aspettare...»

La baciai ancora e poi mi staccai per evitare di lasciarmi troppo andare. La feci scendere e scrutai quella maglia che le stava molto grande ma che aveva annodato al fianco.

«Sei bellissima.» mi leccai le labbra mentre la stringevo a me con un braccio. Lei mi guardava col mento alzato e gli occhi che brillavano più delle stelle. «Sappi che ti voglio scopare con questa addosso.»

«Sappi che era questo l'intento.»

Sorrisi e afferrai ancora il suo viso per lasciarle un altro bacio perché non ne avevo mai abbastanza di lei.

«Ti aspetto alla macchina, okay?» dissi, guardandola negli occhi.

Annuì, «andremo alla festa, giusto?»

«Devo pensarci. Questo tuo abbigliamento mi sta davvero dando alla testa.»

Ruotò gli occhi e si allontanò premendo le mani sul petto coperto della protezioni, «sbrigati, Miller.»

Ci separammo ma non la persi di vista nemmeno un secondo. Aspettai che raggiungesse i suoi amici prima di sparire per andare in spogliatoio.

⚜️

Non riuscivo a smettere di fissare il suo culo fasciato in un paio di jeans in pelle super aderenti a gamba svasata. E nemmeno quel top a collare argentato con strass che le cadeva solo sul seno per poi allacciarsi con due fili striminziti dietro alla schiena completamente scoperta dato che aveva legato i capelli. Di profilo i suoi seni erano visibili, alti e sodi. E si vedeva leggermente anche il tatuaggio che le avevo fatto un paio di giorni prima.

«Sei proprio sicura di volerci andare?» le chiesi mentre mi allacciavo i bottoni della camicia in camera e lei era in bagno a finire di truccarsi.

Mi lanciò un'occhiata storta, «staremo massimo un'ora, okay? Poi potrai togliermi anche questi vestiti.»

Sogghignai ricordandomi di come prima le avessi chiesto gentilmente di aiutarmi a farmi una doccia.

«Bene. Sei pronto?» uscì dal bagno e indossò una giacca di pelle.

«Potresti tenerla su tutto il tempo?» chiesi, uscendo dalla stanza con lei al mio fianco.

«Geloso che altri possano guardare?»

«No,» anche, «ma ogni volta che io ti guardo è difficile non eccitarmi.»

«Be', provaci.» mi diede una schiaffetto sulla guancia prima di baciarmi e scendere le scale.

Che stronza.

Quando arrivammo alla festa, non ci impiegai nemmeno un secondo a intrecciare la mia mano con quella di Makayla mentre entravamo nella casa. Quando i miei compagni di squadra mi videro fecero partire da tutti un coro di urla e applausi.

«Finalmente!» Travis mi circondò le spalle con un braccio, avevo notato che Jordan non fosse presente, «finito di darci dentro con la tua bella?»

«Ma sta zitto...» sorrisi, scacciandolo via.

Tra tutti, Travis era quello con cui mi ero trovavo meglio. Era una brava persona e da quando si era allontanato da Jordan era anche migliorato.

«Un attimo di silenzio per favore!» urlò Zion, uno della squadra, nel soggiorno tutti si zittirono, «facciamo tutti un fortissimo buon compleanno per il nostro fottuto campione: Hayde, Miller!»

Era esattamente in questi momenti che volevo sparire.

Odiavo avere troppa attenzione e adesso, mentre tutti i presenti alzavano i loro bicchieri in cielo e urlavano buon compleanno, la soglia della troppa-attenzione era salita alle stelle.

Ringraziai tutti con un gesto di mano e poi trascinai Makayla lontano da quella folla. Uno dei corridoi era abbastanza vuoto.

«Scappiamo già?» sorrise mentre si appoggiava al muro.

«Troppi occhi.»

«Su di me o su di te?»

«Entrambi.»

Ma più su di lei.

Allacciò le braccia dietro al mio collo e, grazie a quei stivaletti con tacco che indossava, non dovetti chinarmi più di tanto per baciarla.

«Buon compleanno, bellissimo.» sussurrò.

«È il terzo che mi dici.»

«E la giornata non è ancora finita.»

«Questo è il primo compleanno che vorrei non finisse mai.»

«Il primo di tanti,» mormorò e poi iniziò a frugare nella borsetta finché non tirò fuori una scatolina nera, «...tieni.»

«È per me?»

«E per chi sennò?» ridacchiò mentre l'afferravo, «forza, aprila. È una cazzata. Cioè- a me piace ma non è niente di troppo costoso perché come sai--»

«Smettila.»

Premette le labbra e annuì, «scusa. Apri.»

Non ero mai stato nemmeno da regali. Non mi piaceva che altri spendessero soldi per me. Ma Makayla riusciva a sorprendermi sempre e dovevo ammettere che un po' iniziava a piacermi quel pizzicore alle dita e alla bocca dello stomaco mentre scartavo i suoi regali.

Tirai un lembo del fiocco per poi sollevare il coperchio.

Osservai l'interno. C'era un anello quadrato in acciaio con incisa la lettera K.

Kay.

Era semplice e ricordava lei. Mi piaceva molto. Inoltre mi piacevano anche i gioielli, quindi era andata sul sicuro.

«Un anello, Adams,» sogghignai mentre lo infilavo nel medio della sinistra, «è un regalo per me o per te?»

Si morse il labbro mentre fissava la mia mano e col suo regalo e poi mi fissò colpevole.

«Decisamente per me,» ammise e afferrò la mia mano, «ti piace?»

«Lo adoro.»

«Non è oro come vedi perché--»

Le afferrai la mascella e feci un passo avanti premendo le mie labbra contro alla sue per farla stare zitta.

«Mi avresti potuto anche regalare un tuo paio di mutande usate che sarei stato il più felice di questa terra.»

«Mh,» sbattè le ciglia, «buono a sapersi.»

Sorrisi, scuotendo la testa e, dopo averle stampato un bacio sulla fronte ringraziandola sottovoce, tornammo dagli altri.

Makayla mi venne rubata da Donna e Malcolm che la portarono a ballare e io raggiunsi gli altri compagni sul divano. Da qui potevo vederla muoversi in quegli strass e pantaloni di pelle che lo avrebbero fatto venire duro a chiunque. Questo, infatti, mi faceva venire voglia di portarla via da lì ma resistetti.

«Come si sente ad essere lo stronzo più fortunato della terra, eh?» Noah mi diede una pacca sulla spalla, «tutti gli scout sono pazzi di te e hai Makayla Adams come ragazza, amico! Sei una cazzo di calamita per la fortuna!»

Accennai un sorriso verso Noah, uno dei giocatori difensivi della squadra, e questo aprì un discorso con tutti gli altri. Notai che ora anche Jordan fosse presente, distante, con una delle cheerleader addosso, ma che di tanto in tanto lanciava sguardi a me. Era da mesi che io e lui non ci scambiavamo parole, se non in campo e solo quando era necessario.

«Alla fine ce l'hai fatta...» disse Jordan sedendosi su una poltrona che risultava alla mia destra.

«A fare cosa di preciso?»

Lui sorrise tra sé, girandosi una bottiglia di birra tra le dita.

«Sai,» spostò lo sguardo verso di lei e la lustrò come se io non fossi presente, «quelle come lei sono davvero come la droga.»

«È ora di fartela passare, Hughes» dissi seccato, «eravate due ragazzini.»

E tu eri e continuavi ad essere un emerito coglione.

«Tranquillo, Miller,» mi guardò beffardo, «non la toccherò più.»

Anche perché se l'avesse fatto gli avrei staccato le dita.

«Ma non nego di sognare ancora la sua bocca che--»

Mi alzai di scatto preso da una rabbia profonda e Travis venne a bloccarmi. Jordan rimase seduto indisturbato a sorseggiare la sua birra.

«Hayden, andiamo,» Travis mi fece indietreggiare, «ti vuole solo provocare.»

«Che carini che siete...» rise quel coglione, «vi regalate a vicenda i braccialetti dell'amicizia?»

Travis si girò e gli strappò la bottiglia di mano, «perchè non te ne vai a casa, Jordan? Sei ubriaco e non sei obbligato a rovinare la festa a tutti.»

«Che succede?»

I miei occhi saettarono su Makayla che arrivò affiancata dai suoi amici. Superò Travis e si mise di fronte a me con fare preoccupato.

«Ehi, cos'è successo?»

«Niente,» fissai Jordan a pugni stretti, «per ora.»

«Be', finalmente l'hai data a qualcuno, Makayla. Era ora.» commentò, alzandosi.

Lei si girò a braccia conserte, «e per fortuna il qualcuno non sei tu. Sai, mi dispiace per quelle povere ragazze che dovranno sempre finire il lavoro da sole.»

«Oltre che aprire la bocca per sparare cazzate, ora apri anche le gambe. Sei contenta di questo salto di livello?»

Makayla afferrò il mio polso e cercò le mie dita. Intrecciò le mani e cercò di rilassarmi mentre dentro di me, quello che volevo fare, era spaccare la faccia a questo coglione.

«Non perderò tempo a parlare con te, Jordan. Fatti in giro e smettila di rovinare la serata a me o a Hayden.» decretò prima di voltare le spalle a tutti e allontanarsi.

Le nostre mani erano ancora unite e la seguii fino al piano superiore della casa e poi dritta in bagno.

«Cosa ti ha detto?» domandò dopo che chiusi a chiave la porta.

Se ne stava in piedi, le braccia incrociate e lo sguardo da rimprovero.

«Che pensava ancora a te. Alla tua bocca.» serrai i denti.

Sospirò a fondo e si avvicinò a me afferrandomi il viso tra le mani. Mi scrutò con quegli occhi scuri e sinceri. Così belli. Mi piaceva specchiarmi in quelle distese di miele scuro, riuscivo a captare l'amore per me.

«Lo sai che lo dice per provocarti.»

«Io penso sia vero e--»

«E non mi interessa. È una persona che mi fa schifo e non voglio tu perda tempo con lui. Nemmeno a discutere.»

Sospirai e annuii. Non era semplice.

La tirai contro di me e le sorrisi lievemente.

«Andiamo a casa?» le chiesi, le mie dita che scivolavano su e giù sulla sua schiena nuda.

«È già passata un'ora?»

«Per me ne sono passate almeno quindici di ore...»

Ridacchiò e si morse il labbro, «penso sia arrivato il momento del tuo ultimo regalo.»

Sentii i miei occhi illuminarsi, «ah si? Cos'è?»

«Io

Il mio stomaco si chiuse e sentii il sangue accumularsi verso un unico punto.

«Tu sei sempre il mio regalo.» mormorai.

«Perché sono fantastica, lo so,» mi fece sorridere, «ma questa sera, in queste ultime ore del tuo giorno...potrai farmi quello che vuoi.»

Cristo.

«Tutto quello che voglio?»

Annuì, «tutto quello che vuoi.»

Porca puttana.

«Andiamo a casa,» la voce mi uscì roca, «ora




S/A.

➡️ Capitolo tranquillo, o quasi 👀❤️‍🔥😏

Per darvi un'idea, questo è il tatuaggio:


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A presto, Xx 👽❤️

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